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Autore: Phoenixstein    23/08/2014    2 recensioni
Alternate Universe in cui Derek e Stiles si sono conosciuti condividendo un appartamento durante gli studi universitari. La convivenza non è delle più facili. Dunque si odiano o si amano?
Dal testo:
Andò a bussare alla porta della camera adiacente, forte abbastanza da interrompere l’incontro sessuale del suo coinquilino. «Stiles! Non mi interessa quanto sia piacevole la compagnia della tua ragazza, piantala con questo casino o ti apro la gola a morsi.» gridò, a scanso di equivoci. Sapeva essere molto diretto e anche piuttosto minaccioso, Derek Hale. La musica s’interruppe ma lui era già tornato nella sua stanza, sicuro che le sue parole avrebbero sortito l’effetto sperato. Non vide così Stiles aprire la porta poco più tardi e scappare furtivamente in compagnia della rossa Lydia Martin. Li sentì ridacchiare in corridoio prima di uscire di casa, però, e tanto gli bastò.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Questo è il secondo prompt di _ems che riesco a fillare. Meglio tardi che mai, no? Ancora grazie per la fiducia, dolcezza.

Volevo scrivere qualcosa di leggero e carino, spero di esserci riuscita…

Grazie anche alla mia metà francese per avermi fatto da beta.

 

 

 

 

Two in a flat

 


 

Di ragazze e cene scroccate

 

Stiles aveva portato una ragazza in casa. Quando chiuse la porta a chiave e alzò il volume dello stereo, Derek suppose che fosse per impedire il diffondersi di suoni molesti attraverso le pareti. “Oh, ma andiamo.” pensò, maledicendo il giorno in cui gli era piombato in casa come coinquilino. D’altronde aveva storto il naso già quando aveva saputo che era una matricola. Non c’è da aspettarsi niente di buono dalle matricole (né da chiunque altro, del resto).

Era martedì, quattro e diciassette del pomeriggio, Derek intento a memorizzare i concetti dell’ultima lezione. I suoi occhi scorrevano meccanicamente le pagine, sfiorando al volo le parole-chiave sottolineate senza capirne davvero il senso. Sentì battere un paio di colpi, evidentemente un palmo contro la parete, nell’impeto di chissà quale passione. Alzò gli occhi al cielo, trattenendo un ringhio di frustrazione stretto in gola. Aveva una minima concezione di rispetto per la presenza altrui, quell’idiota?

La risposta arrivò da sola quando fu la testata del letto a cozzare contro il muro con cadenza ritmica. Derek scattò in piedi, la sedia che scivolava rumorosamente all’indietro e una pagina del libro che si sollevava per il repentino spostamento d’aria.

Andò a bussare alla porta della camera adiacente, forte abbastanza da interrompere l’incontro sessuale del suo coinquilino. «Stiles! Non mi interessa quanto sia piacevole la compagnia della tua ragazza, piantala con questo casino o ti apro la gola a morsi.» gridò, a scanso di equivoci. Sapeva essere molto diretto e anche piuttosto minaccioso, Derek Hale. La musica s’interruppe ma lui era già tornato nella sua stanza, sicuro che le sue parole avrebbero sortito l’effetto sperato. Non vide così Stiles aprire la porta poco più tardi e scappare furtivamente in compagnia della rossa Lydia Martin. Li sentì ridacchiare in corridoio prima di uscire di casa, però, e tanto gli bastò.

 

«Nessun’offesa, Stiles, ma come fa a piacerti? Voglio dire… “ti apro la gola a morsi”?» Lydia esibì la sua approssimativa imitazione di Derek davanti a una tazza di frappuccino

«Oh no, quella è una storia- Uh, credo di avergli detto che ha i denti da coniglio, una volta, e lui mi aveva risposto qualcosa tipo “Sento l’irrefrenabile istinto di strapparti via a morsi le corde vocali con i miei denti da coniglio, così la pianti di assillarmi”.»

«Hm-hm, è inquietante lo stesso, te ne rendi conto?»

«No, io… No, lo conosco. Non lasciarti impressionare dalle minacce, ormai è praticamente una specie di gioco fra me e lui.»

«Se lo dici tu.»

«Ad ogni modo, grazie per avermi aiutato! Non riesco a credere che ci sia cascato. Siamo stati davvero bravi a sbattere il letto contro il muro e tutto il resto.»

«Credo ancora che il tuo piano sia il più bislacco di sempre, lo sai, vero? L’ho fatto solo perché ti voglio bene.»

«Lo so, sì, ma… funzionerà. Doveva capire che… sai, ci so fare anch’io. Cioè, che non sono lo sfigato vergine che in realtà sono

«Stiles, dovresti smetterla di commiserarti. Sei intelligente, sei un bel ragazzo, sono sicura che se ti guardi attorno troverai qualcuno che-»

«Ma l’ho trovato, Lydia!»

La rossa alzò gli occhi al cielo e sospirò, scuotendo i suoi magnifici boccoli. Il suo migliore amico era talmente testardo da battere perfino lei. «Sai cosa intendevo. Un ragazzo carino, simpatico, che ti faccia stare bene.»

«Ch- Io sto già bene!» esclamò Stiles - con fin troppa convinzione perché fosse vero -, nascondendo poi la faccia dietro una lunga sorsata di caffè.

Erano una decina d’anni che Stiles non stava bene. Era anche abbastanza bravo a nasconderlo, ma con la morte di sua madre si era aperta nel suo cuore una voragine, una voragine sul cui bordo lui camminava. La mancanza di autostima che l’aveva investito durante l’adolescenza aveva fatto il resto, rendendolo agitato e pieno di complessi. Ciononostante, tonnellate di sarcasmo e un’intelligenza arzilla come poche, facevano di lui una mosca bianca.

Quando rincasò - verso l’ora di cena -, l’ingresso era stato invaso da un delizioso profumino che gli fece gorgogliare lo stomaco. Si diresse verso la cucina, naso freneticamente al lavoro, guidato dalla scia che prometteva qualcosa di buono e sfrigolante.

«Hmmm!» esordì, facendo leva sulla spalla del suo coinquilino per spiarvi oltre. Hale rimestava in padella quelle che sembravano uova strapazzate al curry con tocchetti di pollo.

«Gira al largo.» disse Derek, spiaccicandogli in faccia la mano destra per spingerlo via senza scomporsi minimamente.

«Andiaaaaamo, non vorrai farmi morire di fame!» obiettò Stiles, lasciandosi cadere su una sedia nelle vicinanze.

«Ogni giorno pianifico la tua morte in mille modi diversi, ti ringrazio di avermi appena suggerito il numero milleuno.» rispose l’altro, voltandosi per mostrargli un sorrisetto sardonico e compiaciuto che l’altro catalogò sotto “adorabile”. Sapeva bene che Derek era solo un brontolone, un cane che abbaia ma non morde, ed il modo in cui si ostinava a ostentare la sua apparente aria da “odioilmondointero” faceva sempre più acqua da tutte le parti.

«Ma se non mangio non riesco a dormire, e se non riesco a dormire sarò costretto a…»

«…restare sveglio a guardare porno tutta la notte?»

Stiles colse la palla al balzo. Il fatto che in realtà passasse le sue notti insonni pensando a lui nella stanza accanto era del tutto irrilevante. «Nah, per oggi sono a posto. Sai, io e Lyd-»

«Non mi interessa. Non voglio sapere.»

E quella che cos’era? Gelosia? Il più piccolo strabuzzò gli occhi, cercando di capire se fosse solo uno scherzo della sua immaginazione. Derek sembrava essere diventato nervoso al solo sentire nominare la rossa… Doveva esserci un inghippo da qualche parte, oppure… oppure il suo piano stava avendo un esito inaspettato e comunque vantaggioso.

«Allora, mi farai assaggiare?» insistette, tamburellando le dita sul tavolo apparecchiato.

«Alza le chiappe dal mio posto.» fu la risposta di Derek.

Stiles non si diede per vinto e, saltando su come una molla, tornò ad appoggiarsi alla spalla dell’altro. Non si stancava mai di cercare il contatto con lui. Toccare Derek lo faceva sentire vivo, non importava se tutto ciò faceva molto "teenager in crisi ormonale". Quelle spalle erano solide, fasciate da una maglietta troppo sottile, ci sarebbe volentieri rimasto attaccato per sempre. Il ragazzo lasciò la presa non appena Derek lo fulminò con un’occhiataccia, impartendogli un ordine ben preciso. Stiles cantò vittoria quando vide le narici dell’altro dilatarsi con rassegnazione. «Sta’ seduto, o ti lancio fuori dalla finestra. E ti ricordo che siamo al sesto piano.»

 

 

Di docce fredde e colonia incustodita

 

Faceva di tutto per accettare le sue stranezze. Tante le tollerava, molte altre le osservava con una curiosità che quasi lo spaventava. La loro convivenza non era delle più semplici ma, come un giro sulle montagne russe, era uno stimolo continuo.

Ad esempio, Stiles aveva la capacità di trascorrere ore sotto la doccia. Non era neppure un eufemismo, una volta l’aveva cronometrato! Centoventisette minuti spaccati, ed era andata bene…

Avevano quindi stabilito che per ogni volta che superava i sessantacinque minuti (cinque di bonus, perché Hale si sentiva generoso), avrebbe dovuto pagare pegno. Pegno che puntualmente consisteva in una vagonata di cibo cinese ordinato dal ristorante all’angolo.

Derek non voleva nemmeno chiederselo, ma cosa faceva un ragazzo sotto l’acqua per tutto quel tempo? Quando alla fine toccava a lui poter entrare in bagno, il termometro del boiler segnava ovviamente una bassa temperatura. Con la sua invidiabile resistenza fisica si era rassegnato alle docce fredde, eccetto per le rare volte in cui era abbastanza veloce da precedere Stiles.

Quello non era uno dei suoi giorni più fortunati, evidentemente. Lo investì un getto tiepido ma, considerando che gli era andata molto peggio in passato, non ebbe nemmeno la forza di lamentarsi. Si lavò in fretta, occhi chiusi e respiro perso. La pesantezza delle lezioni a cui aveva assistito in mattinata scivolò via assieme allo stress.

Si avvolse nell’accappatoio, stringendosi con goduria in quel morbido tepore. Lo specchio gli rimandava un’immagine di sé dai capelli scarmigliati, le ciglia scure, spesse, zigomi gocciolanti. Stava per asciugarsi quando notò che la sua boccetta di colonia sullo scaffale era stappata. Lui era sempre così metodico che si rifiutò di credere di averla lasciata aperta. Lì c’era lo zampino di Stiles. Cos’è, gli fregava anche quella adesso? Eppure non gli pareva di avergli sentito addosso il suo profumo quando gli era passato accanto prima.

Dopo aver rimesso il tappo al suo posto, Derek lasciò cadere momentaneamente la questione.

Si asciugò i capelli, cercando di ricordare gli orari di ricevimento del professor Collins. Quando uscì dal bagno, sereno e rilassato, vide che il suo coinquilino aveva lasciato la porta della camera aperta. Lo trovò intento a guardare lo schermo del pc, cuffie rosse a coprirgli le orecchie e il piede che dondolava ritmicamente a tempo di musica.

«STILES.» lo chiamò a voce alta, per evitare di ripetersi.

Il ragazzo compì un salto sulla sedia per lo spavento e gettò via le cuffie alzando due dita in cenno di saluto.

«Non toccare più la mia roba.» disse Derek, sollevando il mento.

«Tu vaneggi! Io non tocco proprio nulla.» si difese Stiles con un’innocente alzata di spalle, prima di tornare a quello che stava facendo.

 

 

Di regali inaspettati

«Stiiiiiles! Che diavolo ci dovrei fare con questo?» gridò Derek, scuotendo la testa. Finché il suo coinquilino non poteva vederlo, si concesse di sorridere di fronte all’invasore che era stato piazzato sul suo letto.

«È un lupastro brontolone come te, non ti piace?» esclamò Stiles, caracollando di corsa contro lo stipite della porta ed esibendo il suo migliore sorriso soddisfatto.

Derek inarcò un sopracciglio, reggendo l’enorme pupazzo per una zampa e trovando diletto a fingersi seccato. «L’hai raccattato nella spazzatura?»

«Come hai fatto a indovinare?»

«Ti giuro che te lo faccio ingoiare.»

La minaccia suonò così rilassata che Stiles neppure la sentì. Gli corse incontro con una gran faccia tosta per tirargli le guance all’insù. «Sorridi, Hale. Lo so che è il tuo compleanno!»

Bastò un’occhiata interrogativa dell’altro perché il più piccolo si affrettasse ad aggiungere, con aria angelica: «Cora…»

Aveva ancora qualche senso innalzare delle barriere? Quello Stilinski si metteva anche a complottare assieme alla sua famiglia, c’era ben poco che potesse tentare per tenerlo alla larga ormai. E a dire il vero, non voleva realmente più farlo.

Era strano ma aveva dimenticato di trovarlo irritante. Pensare ad una giornata senza Stiles voleva dire pensare ad una giornata vuota. Se n’era accorto quando, durante il weekend, il ragazzo tornava a trovare i suoi amici a Beacon Hills. In quelle quarantottore il silenzio della casa era dolorosamente irreale.

Perfino quel pupazzo dall’aspetto un po’ stupido riusciva a sembrargli carino, guardandolo meglio. Senza dire nulla, lo esaminò per qualche istante. Poi, sospirando, lo sistemò di nuovo sul copriletto.

Incrociò le braccia al petto, rivolgendosi a Stiles nel più disponibile dei suoi toni. «Suppongo che ti aspetti qualcosa in cambio?»

L’altro espresse la sua indignazione battendogli una pacca sul petto e roteando la testa come se stesse dicendo la più grande assurdità del mondo. «Pfff!»

Derek alzò gli occhi al cielo, stringendosi maggiormente nelle braccia. Non era quello che si poteva definire un tipo festaiolo. «Non amo i compleanni.»

«Perché la cosa non mi sorprende?» disse Stiles, prima di tirarlo per il polso con entusiasmo.

Era come un bambino esaltato, non riusciva neanche a dirgli di no. Si lasciò trascinare, mentre la curiosità gli montava dentro in maniera sorprendente.

In cucina troneggiavano una torta al cioccolato e una bottiglia di vodka. Sul dolce, Stiles aveva disegnato un 42 con la glassa, invertendo di proposito l’età di Derek. «Che idiota.» appurò lui, sghignazzando sotto i baffi.

 

 

 

Di confessioni e dita intrecciate

 

«È la mia prima volta.» Stiles lo sussurrò, coprendosi di imbarazzo.

«Intendi con un ragazzo?» disse Derek, senza riuscire a smettere di divorargli la pelle tesa e morbida del collo.

«No, la prima volta in assoluto.» si costrinse a dire l’altro, occhi puntati sul soffitto.

Fu allora che Derek si fermò, issandosi sul materasso per guardarlo. «Ma con… Lydia? Lydia, giusto?» domandò, visibilmente confuso.

Ecco la resa dei conti. Quel momento doveva arrivare prima o poi, no? «Era per te.» ammise l’altro, mordicchiandosi il labbro.

«Cosa?!»

«Perché non mi vedessi come uno sfigato…» sospirò Stiles, buttando fuori anche quella confessione.

«Stiles, non ti ho mai visto come uno sfigato. Un po’ insopportabile, questo sì.»

Lo sguardo di Derek era una carezza che lui percepì non sulla pelle ma sul cuore. Strinse forte la sua schiena nuda, sollevandosi dal cuscino quel tanto che bastava per baciarlo. Le loro labbra non si scontrarono, si vennero invece incontro. Le lingue, riscoprendosi con lentezza, erano un sigillo umido e caldo che non voleva saperne di chiudersi.

La destra di Stiles si dischiuse per fare spazio alle dita dell’altro. Palmo contro palmo, fra lenzuola fresche e senza alcuna fretta addosso, tutto quanto era perfetto.

Il più piccolo si sentiva incendiare in più parti del corpo. Il cavallo dei jeans, strusciando contro quello di Derek, si era fatto stretto da far male. La frizione, pigra ed elettrica, lo faceva sospirare di piacere contro la guancia dell’altro. La sensazione della barba incolta che sfregava sulla sua pelle liscia, al pensiero dei segni rossastri che avrebbe lasciato dopo, gli fece mordere a sangue le labbra. Incrociò le gambe attorno al bacino del suo coinquilino ed arcuò la spina dorsale, spingendosi senza riserve verso di lui.

«H-hai presente la tua col-colonia?» balbettò Stiles, sciogliendosi nell’odore buono di Derek «L’ho annusata di nascosto. Tante, tante volte…»

Fu allora che l’altro realizzò. Il tappo sullo scaffale, tutto tornava. Gli morse il petto, artigliandosi alle sue costole con la fame di un predatore. «Sei un piccolo inquietante ficcanaso.» ringhiò, strappandogli un gemito. Il primo di una lunga serie.

 

 

 

 

Epilogo

 

Fra i vantaggi del vivere nella stessa casa con il proprio fidanzato, la possibilità di dedicarsi senza freni a certe attività è da piazzare senz’altro ai primi posti. Si poteva anche dire che, in fondo, era l’unico dettaglio mutato nella loro convivenza. Si punzecchiavano come una coppietta sposata prima e continuarono a farlo anche dopo.

Riguardo al bucato.

«Non puoi lavare i bianchi con i colorati, Stiles! Guarda come hai ridotto i miei calzini!»

«Me ne ricorderò, okay? Il rosa ti dona, comunque.»

Riguardo alla televisione.

«Amo quest’attore! Guardalo, è…»

«Chi ami tu

«Oh, andiamo, non puoi essere geloso di Charlie Hunnam! È patrimonio dell’umanità! Puoi apprezzarlo anche tu, ti do il permesso.»

O riguardo ad altre cose…

«Piantala di chiamarmi Coniglietto!»

«Ti chiamo come mi pare, vecchio Coniglietto brontolone.»

«Ti odio, Stiles. Dico sul serio.»

 

Il fatto che il loro autocontrollo fosse davvero povero, però, si rivelò più sconsiderato del previsto. Come quella volta che il padrone di casa aveva dimenticato di avvisarli che sarebbe passato l’idraulico a far riparare quel problemuccio al rubinetto.

Stiles non era mai silenzioso, nemmeno a letto. Il proprietario e l’ignaro operaio che si era portato appresso avrebbero avuto qualche problema a dimenticarlo…

 

   
 
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