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Autore: Kaiyoko Hyorin    24/08/2014    2 recensioni
[Estratto dal primo capitolo]
Non fece in tempo a realizzare quell'unico fugace pensiero che ella si accorse di avere i suoi occhi scuri puntati addosso, cosa che ne aumentò drasticamente la soggezione che provava nei suoi confronti ed a stento riuscì a impedirsi di sussultare nuovamente, preda di un imbarazzo senza pari.
“P-perché mi fissa in quel modo?!”
[Fine Estratto]
Era iniziato come un lavoretto di revisione e invece mi sono ritrovata a stravolgere completamente la trama, creando qualcosa di nuovo ed inaspettato! Ad oggi è l'opera più lunga che abbia scritto e spero che il risultato sia valso lo sforzo, augurandomi che risulti comunque una lettura gradevole, a prescindere! Vi auguro una buona lettura!
Attenzione: aggiunto OOC per il cambiamento caratteriale a cui i personaggi vanno incontro nel corso dell'intera storia, in accordo con la trama, senza comunque arrivare ad uno "stravolgimento" nel vero senso della parola; quindi non spaventatevi!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio
Note: Lime, OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Unione d'affari'
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5. Ne ho abbastanza...


Quando Yukiko riaprì gli occhi, quel mattino, lo trovò più arduo del solito.
Non aveva alcuna voglia di svegliarsi e ritrovarsi ad affrontare la dura realtà. Voleva solo dormire, dormire per il resto della giornata. Dormire per sempre.
Il suo cellulare squillò, avvertendola dal suo posto sul comodino dell'arrivo di un nuovo messaggio. Sbuffando la ragazza si decise a rotolare su sé stessa per dare un'occhiata a chi la stesse cercando, ma già sapeva, ancor prima di visualizzare il display, che non poteva essere altri che sua madre.
Per questo rimise giù il telefono, decidendo di ignorare anche lei.
Si sentiva malissimo, emotivamente parlando. Il sonno l'aveva aiutata a ricacciare in fondo all'anima la propria pena ma non era servito ad affievolire il senso di abbandono che l'aveva colta. Il motivo che l'aveva spinta a cadere in quello stato di sconforto era derivato in gran parte dalle emozioni del giorno precedente.
L'elettricità che aveva risvegliato in lei il dranzerblader l'aveva sconvolta più di quanto si sarebbe potuta aspettare. Le era sembrato di essere sballottata da un mare in tempesta. Una volta chiusasi nella sua stanza si era messa ad armeggiare con Night, facendolo girare al centro dell'enorme cabina-armadio ancora vuota.
Non aveva nemmeno svuotato le valigie.
I pensieri oppressivi e dolorosi che l'avevano fatta sprofondare erano arrivati solo dopocena. Durante il pasto il principino non le aveva rivolto neanche uno sguardo, come se non fosse successo nulla, e lei si era ritrovata a paragonarlo alla sua ultima esperienza. Era stato quello a fregarla.
Le era tornato in mente Manabe.
Lei stessa si era sorpresa che quel ragazzo fosse riuscito a ferirla a tal punto.
L'aveva avvicinata, l'aveva usata e alla fine si era rivelato per il mostro che era. Non l'aveva mai amata, non l'aveva mai desiderata sul serio. A fargli gola erano stati i soldi della sua famiglia e l'aveva sottovalutata credendo che lei non l'avrebbe scoperto. Quando la verità era venuta a galla, Yukiko aveva visto il suo mondo infrangersi come una vetrata di cristallo colpita da una mazza di ferro. Il suono prodotto dal suo cuore aveva avuto il medesimo eco.
– Gli uomini sono tutti uguali – mormorò a sé stessa sotto le coperte, affondando il viso nel cuscino.
Il suo telefono tornò a squillare, questa volta facendo partire la suoneria, segno di una chiamata in arrivo. Sbuffando seccata Yukiko, senza nemmeno degnarsi di guardare di nuovo il display, allungò una mano e toccando lo schermo si portò il dispositivo all'orecchio. Non riuscì in alcun modo a evitare di rispondere tradendo quel medesimo stato d'animo.
– Pronto?!
– Pronto, Yuki?? – le rispose una voce femminile dall'altro capo del telefono.
Lei conosceva quella voce e non soltanto perché fosse l'unica ad averla mai chiamata a quel modo. Il suo umore, già sul fondo di un cratere, caracollò ancora più in basso mentre i nervi le si tesero automaticamente.
– Uzumi...
– Yuki, quanto mi sei mancata. Perché sei sparita a quel modo? Che fine hai fatto??
La mora si strinse la stoffa del suo ampio pigiama con la mano libera all'altezza del cuore, come se con questo potesse farlo smettere di sanguinare, ma riuscì a mantenere un tono neutro seppur basso.
– Sono successe un po' di cose.
– Dove sei ora?
– È un po' complicato da spiegare – non voleva vederla.
– Posso venire lì? Ho voglia di vederti, Yuki!
– Non so...
– Eddai! – insistette l'altra all'altro capo del telefono.
La conversazione continuò così per un altro po', con la ragazza ancora a letto che balbettava le prime scuse che le venivano in mente e l'altra dall'altro capo che gliele smontava una dopo l'altra, continuando ad insistere. Alla fine la mora non poté far altro che cedere.
– Vediamoci al solito caffé fra due ore.
– Quello fuori dal centro?
– Sì esatto, quello all'angolo.
– D'accordo – esclamò vivacemente la ragazza – Allora a fra poco!
Yukiko riattaccò, lasciando scivolare l'apparecchio sul cuscino accanto al proprio capo.
Quella non era proprio la sua giornata.


Kei non l'avrebbe seguita se non fosse stato palese che era la stessa ragazza a non voler farsi seguire e lui per natura era uno di quelli che tendevano a fare il contrario di quanto gli veniva detto. Anche se tecnicamente lei non gli aveva detto proprio niente.
Era questo il motivo principale che l'aveva spinto a “prendere in prestito” le chiavi dell'auto di riserva: una Chevrolet Camaro Cabrio di un ordinario grigio piombo metallizzato. Non centrava affatto lo sguardo che le aveva visto in volto quando l'aveva incrociata in corridoio, né l'episodio della sera precedente.
Dannazione!” Sbottò, infilandosi gli occhiali da sole e avviando il motore “Non sono più molto bravo a mentire a me stesso..
Percorse il vialetto della villa a velocità moderata, prima di far il giro dall'altro lato. Fermò la macchina senza spegnere il motore ad un incrocio di distanza dalla ragazza, la quale stava aspettando a bordo strada. Ben presto si fermò un taxi, vettura sulla quale la mora salì senza indugio dopo aver scambiato un paio di parole con l'autista.
Dove sta andando?
Non poteva star scappando, non aveva nulla con sé se non lo stretto indispensabile. Era vestita come lui l'aveva vista due giorni prima, con quei jeans provvisti di catena e la felpa nera e rossa, ma in aggiunta aveva un berretto con visiera dei RedSox.
Accese la radio, guidando ad una distanza di sicurezza dietro al taxi, cercando di non farsi scoprire in quell'inseguimento lungo le vie della cittadina. Quando il mezzo uscì dalla periferia, ormai per il giovane Hiwatari era chiaro come il sole che la mora stesse tornando a Tokyo.
Accantonò una nuova serie di interrogativi, limitandosi a non perdere di vista l'auto. Erano passati quasi venti minuti dall'inizio di quell'avventura e Kei stava giusto iniziando a stancarsi di quel gioco, quando finalmente il taxi accostò per far scendere la sua passeggera. Si trovavano fuori dal centro della grande città, in una via piuttosto frequentata e lui, passando oltre, imboccò il primo vicolo sulla destra. Riuscì a trovare parcheggio appena svoltato l'angolo, cosa che gli permise di lasciare l'auto per poter proseguire a piedi, cosa decisamente più comoda al dranzerblader.
Dovevano essere prossimi alla loro destinazione.
Si assicurò di aver ben chiuso l'auto, con tettuccio rialzato e tutto, prima di voltarsi e affacciarsi al viale ove era sicuro fosse scesa Yukiko. Inizialmente non la vide subito, cosa che gli fece temere di averla persa, ma fu felice di ricredersi quando la scorse dall'altro lato della strada, che procedeva con le mani in tasca verso il centro.
Kei le rimase dietro, procedendo su quel lato della strada, ficcandosi a propria volta le mani nelle tasche della giacca in pelle che si era messo al volo. Era una giornata tendenzialmente uggiosa e il poco sole che filtrava dalle nubi non riusciva a scaldare l'aria di fine estate. Un'estate più fredda di quanto ci si potesse aspettare.
Procedettero entrambi per una trentina di metri, finché finalmente la mora non entrò in un caffé dalle ampie vetrate, attraverso le quali si riusciva a intravedere l'interno. Sembrava un posto come un altro, senza qualcosa di particolare da renderlo speciale. Nemmeno la gente all'interno era molta e il blader, notandola sedersi ad uno dei tavolini posti proprio accanto alla vetrata, inarcò un sopracciglio.
Che c'è venuta a fare fin qui?
La vide togliersi il berretto e appoggiarlo sul tavolo mentre si riavviava i lunghi capelli scuri, ed a quel punto gli venne l'illuminazione. Stava aspettando qualcuno. Questo almeno, a giudicare dal modo in cui gettava occhiate alla strada.
Non poteva restare lì impalato.
Attraversò a sua volta la strada, prendendo posto ad uno dei tavolini del bar accanto, in una posizione strategica. Riuscì anche a procurarsi un quotidiano, dietro le cui pagine poteva tener d'occhio la ragazza senza destare sospetti.
Si sentì un po' uno stalker dopo una manciata di secondi. In fin dei conti stava filando tutto liscio e si solleticò con l'idea di poterlo fare per mestiere. Suo padre avrebbe sicuramente avuto un infarto in quel caso.
Sorrise appena fra sé e sé finché non notò una ragazza prendere posto di fronte a Yukiko. Quella consapevolezza per un qualche motivo gli fece rilassare le spalle. Accortosene, sbuffò sommessamente, infastidito.
Tsk. Perché mai dovrei sentirmi sollevato?
Non si diede una risposta.
Invece da quell'angolazione gli era impossibile vedere il viso di Yukiko, pertanto non aveva alcuna possibilità di indovinare di cosa stessero parlando, figurarsi sentirlo. Tuttavia la sua amica sorrideva in continuazione, pertanto non sarebbe stato l'unico a presupporre che stessero affrontando uno di quei discorsi da ragazze, uno di quelli tipici fra amiche insomma. Fu soltanto dopo una manciata di minuti che si accorse che quel sorriso aveva un ché di strano: non era mai sfumato del tutto. Mai. Nemmeno quando la sconosciuta traeva un sorso della sua bevanda.
Inarcando un sopracciglio abbassò lo sguardo sul profilo della giovane Natsuki, fino a ché non lo soffermò sul suo braccio, appoggiato al tavolo a lato vetro e allora inarcò ambo le sopracciglia. Si ritrovò a spalancare gli occhi scuri dalla sorpresa nel notare la mano d'ella stringere l'alto bicchiere di carta con più energia del dovuto, tanta da accartocciarlo sotto i suoi stessi occhi.
– Maledizione! – si lasciò sfuggire in un tono sommesso, ripiegando il giornale e alzandosi dalla sua sedia.
Non poteva più starsene lì, doveva assolutamente sentire cosa si stavano dicendo quelle due. Perché Yukiko, per quanto potesse rappresentare una minaccia orchestrata da suo padre, non stava bene. Ed era una consapevolezza che non riusciva a lasciarsi scivolare addosso con la solita indifferenza.


Yukiko Natsuki si chiuse in bagno.
Stava diventando sin troppo penoso quell'incontro. Era partita con l'intenzione di rivelarle tutto, di mettere le cose in chiaro, ma ora che erano lì, faccia a faccia, la ragazza non riusciva a smettere di chiedersi come potesse l'altra continuare a sorriderle in quel modo, nonostante quello che le aveva fatto.
Si sciacquò la manica della giacca, macchiata di caffè-latte a causa della tensione che l'aveva portata a stringere con troppa forza il bicchiere. Quindi si lavò per bene anche il viso, come se il contatto con l'acqua fredda potesse bastare a risvegliare in lei la determinazione a chiudere con quella storia.
Era capace di affrontare solo un problema della sua vita alla volta ed ora aveva bisogno di concentrarsi soltanto sulla questione 'matrimonio combinato' organizzata da sua madre. Non poteva permettere al proprio passato di tornare a tormentarla come era successo fino a qualche ora prima. Come stava accadendo tutt'ora.
Inspirò guardando il proprio riflesso gocciolante nello specchio.
– Svegliati Yukiko.. – mormorò decisa a sé stessa.
Poteva farcela. Ce l'avrebbe fatta.
E poi sarebbe tornata a casa di quello stronzo di Kei e gliene avrebbe cantate anche a lui per i suoi stupidi giochetti del giorno precedente. Non si sarebbe fatta prendere in giro un'altra volta.
Il solo pensiero del dranzerblader le infuse una scarica di adrenalina che le fece credere di essere finalmente sulla buona strada, così si asciugò il viso e le mani con qualche salvietta e uscì da quello stanzino.
Tornò al tavolo con passo misurato, un po' più pesante di come se l'era augurato, ma si rifiutò di sollevare lo sguardo su quella che fino a pochi mesi prima aveva considerato la sua migliore amica. Quando le si accomodò di nuovo di fronte udì l'altra riprendere il suo chiacchiericcio a vanvera e allora finalmente sollevò l'iridi sul suo volto. Aveva quel suo tremendo sorriso, falso fin nel midollo, contornato da labbra di un rosso acceso. Tutto il suo volto, notò solo ora la mora, era ricoperto di una traccia di trucco pesante che fino a pochi mesi prima non rammentava fosse tipica di lei e se ne sorprese.
– Uzumi. Da quand'è che hai preso a truccarti in questo modo? – l'interruppe.
La ragazza dai corti capelli castani inarcò un sopracciglio, sorpresa a quella domanda a bruciapelo, ma non tardò troppo a rispondere, esordendo con una bassa risata di circostanza.
– Sto bene vero? Sai, ho capito che devi apparire al meglio se vuoi tenerti stretto un uomo.
– È per Manabe, vero?
Silenzio di tomba.
– Cosa dici, Yuki.. – quella replica, fattasi attendere, era tutto meno che convincente ed ebbe il potere di far crescere la sicurezza della nightblader. La mora infatti non vacillò affatto, mantenendo un'espressione seria quanto determinata mentre seguitava a fissarla negli occhi.
– Tu credi che conciandoti così eviterai di fare la mia stessa fine – la incalzò ancora.
– Y...Yuki... – sul volto carico dell'altra comparve finalmente la prima ombra d'incertezza, sintomo che aveva colpito nel segno.
Yukiko si ritrovò a sorridere, un sorriso velato.
– Non credevo che i vostri giochetti ti si sarebbero rivoltati contro – continuò imperterrita, appoggiandosi allo schienale della sedia e sostenendo lo sguardo sempre più sconvolto dell'altra – ..e scommetto che non ci avevi pensato nemmeno tu.
– Yu..
Smettila di chiamarmi in quel modo! – esclamò a voce più alta, non riuscendo a contenersi. Accortasi del proprio errore si morse il labbro, lo sguardo fisso sul tavolo. Aveva attirato l'attenzione di altri clienti di quel caffè, oltre ad averla fatta sussultare, ma tentò di non curarsene, proseguendo a tono più basso – So ogni cosa. Lo so da mesi della vostra storia, di ciò che facevate alle mie spalle. So persino della considerazione che avevate di me. Perché mai altrimenti avrei dovuto sparire in quel modo, senza più cercare quella che in teoria era la mia migliore amica? – era una domanda retorica, non si aspettava una risposta e sollevando lo sguardo sulla ragazza che aveva di fronte si accorse che non ne avrebbe potuto riceverne nemmeno se fosse stato il contrario – Mi avete tradita. Tutti e due. Lui, che era il mio ragazzo e tu, che dicevi di essere mia amica. Ed è una cosa su cui non riesco proprio a passare sopra.
Detto questo Yukiko si alzò e afferrò il proprio berretto, preparandosi ad andarsene. A quel movimento anche Uzumi parve riscuotersi e ritrovare la propria voce.
– A..aspetta, Yuki.. – cercò di attirarne l'attenzione, alzandosi a propria volta.
A quella supplica però la giovane Natsuki le scoccò un'occhiata ammonitrice.
– Non voglio più saperne, né di te né di lui – lapidaria quanto più riuscì a costringersi ad esserlo, dovette fare uno sforzo per impedire alla propria voce di incrinarsi. Avvertiva gli occhi iniziare a pizzicarle, segno che le lacrime erano prossime a prendere il sopravvento in reazione alla profonda amarezza che covava nel petto – Ne ho abbastanza di persone false intorno.
Nel breve silenzio che seguì, Yukiko riuscì a muoversi di qualche passo verso la porta del locale, ma venne bloccata dalla mano di Uzumi, che si era sporta ad afferrarle una manica, costringendola a ruotare parzialmente il busto verso di lei. In quei pochi secondi la mora vide il volto dell'ex amica contratto in una smorfia di sdegno talmente espressiva e in contrasto con i sorrisi falsi di poc'anzi da prenderla in contropiede.
– Come osi, stronza? Sei solo una sfigata piena di soldi che..
Fu a quel punto che nel suo campo visivo comparve un'ombra dai riflessi d'argento. Una mano si strinse intorno al polso di Uzumi, facendola sussultare e gemere di dolore mentre lasciava la presa.
– Faresti bene a fare ciò che ha detto e lasciarla in pace – la voce del ragazzo era talmente fredda, intrisa di una velata minaccia, che avrebbe fatto rabbrividire persino Yukiko se non fosse stata troppo sorpresa di trovarselo davanti.
– Kei! – esclamò a mezza voce, volgendosi verso di lui a fissarlo ad occhi sgranati.
In quella circostanza le sembrava ancora più alto, una figura imponente anche grazie all'effetto che gli donava il giubbotto in pelle che si era messo a sovrastare la maglia a manica corta. Vestito rigorosamente di nero, quell'abbigliamento non faceva altro che accentuare il colore luminoso dei suoi capelli d'argento, abbastanza lunghi da incorniciargli in maniera poco ordinata lo sguardo rubino. Sì, perché con quella luce e quell'intensità, le sue iridi sembravano sul punto di prendere fuoco.
– Chi sei? … C-cosa vuoi? … Lasciami – reagì la castana in risposta, la voce incrinata.
Kei la lasciò, rischiando di farla sbilanciare all'indietro per la repentinità del gesto, e quella stava ancora cercando di riprendersi quando il dranzerblader le rivolse le spalle, facendo un passo verso la moretta.
– Andiamocene.
Non le rivolse altra parola prima di afferrarla per la mano destra e condurla con decisione fuori dal locale. Ignorarono gli strepiti e le lamentele della ragazza che si lasciarono dietro, la mente di Yukiko che ancora faticava a ricollegare l'accaduto.
Procedendo lungo il marciapiede quasi incespicando, la mora si ritrovò a fissarne l'ampia schiena senza riuscire a capacitarsi di ciò che vedeva.
Cosa ci fa Kei qui?” Era davvero del blader di ghiaccio la mano che con quel tocco deciso e premuroso al tempo stesso stringeva la sua?
Attraverso quel contatto ella ne percepiva distintamente il calore. Era una stretta tale da trasmetterle un'emozione come un tacito messaggio e allora abbassò gli occhi verdi su di esso, trovando la propria mano più piccola di quanto ricordasse all'interno di quella di lui. Era una sensazione nuova, che le serpeggiò calda sino al centro del petto e non fece altro che aumentare la confusione della ragazza.
Una confusione che le rubò la voce stessa.


...continua

[ANGOLO AUTRICE]
Ta-dah! Come promesso eccomi qui..mi sono appena svegliata ma non potevo rimandare, sono troppo entusiasta! Vi è piaciuto?
Ne approfitto e allego qui sotto l'auto presa da Kei, per farvela vedere come si deve u.u

Della serie: per fortuna era la macchina di servizio!! Muhahaha!

Angolo ringraziamenti:
Ne voglio approfittare per ringraziare pubblicamente, in occasione del quinto capitolo *le scende una lacrimuccia*
LadySilmeria e Keyra Hanako D Hono che continuano imperterrite a seguirmi e puntualmente continuano a recensire! Vi adoro. Sappiatelo.


Ed ora vi saluto, che per me è tempo di fare colazione e mettermi a studiare! Ci vediamo al prossimo capitolo...ovvero a domani! Muhahahahahaha..
Un bacio ^_*
Kaiy-chan
   
 
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