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Autore: namary    24/08/2014    4 recensioni
Si sa, i bardi sono seduttori per natura. Vagano di regione in regione conquistando l'amore di molte ragazze, abbandonandole poi senza rimorso alla ricerca di più fresche ispirazioni... ma cosa succederebbe se ad essere piantata in asso fosse una guerriera dal carattere decisamente poco remissivo?
Ilenar non ha nessuna voglia di deprimersi per il suo ex, e ha tutta l'intenzione di fargliela pagare cara.
*Versione riveduta e corretta*
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Canto d'amore e di vendetta




Cap. I - Una guerriera ferita



Nella valle di Zandria, gli agricoltori erano alle prese con una situazione disperata. 
Le due settimane di pioggia torrenziale ininterrotta avevano seriamente danneggiato il raccolto, costringendo molti degli abitanti a spostarsi verso la più calda e fertile Korellia. I pochi rimasti nella valle erano anche quelli più benestanti, gli unici che possedevano abbastanza denaro per pagare un mago affinché, con l’inizio della bella stagione, lanciasse un incantesimo a lungo termine per riparare le coltivazioni dai danni del tempo atmosferico. 
I prezzi erano lievitati di conseguenza, rendendo la vita piuttosto difficile ai mercanti della zona, che trovavano sempre meno clienti con cui fare affari.
Guldar se ne stava rendendo conto per l’ennesima volta, mentre cercava di spiegare questa delicata situazione, con tutta la diplomazia di cui era capace, ad una mercenaria decisamente contrariata che aveva di fronte.
“Comunque sia, questo prezzo rimane troppo esagerato, per la qualità dei tuoi prodotti!” argomentò lei, guardando con sufficienza la mela che aveva in mano.
“Cercate di capire, signorina, io cerco solo di fare il mio lavoro… vi ho già spiegato che purtroppo, le piogge hanno…”
Gli occhi scuri della ragazza fiammeggiarono d’ira. Senza pensarci, serrò la presa sulla mela, nel tentativo di sfogare il suo nervosismo. Il frutto maturo si spappolò immediatamente, spruzzando pezzi di polpa ovunque.
“Non mi interessano le tue scuse. E’ mai possibile che un’onesta donna come me debba sempre essere vittima di persone avide e senza scrupoli?” esclamò la giovane, più rivolta a sé stessa che al mercante.
“Ehi, ma… la mia mela!” balbettò l’uomo. 
La ragazza gli sembrava un po’ isterica, forse era meglio tenere la bocca chiusa… 
Alla fine, ne era certo, l’avrebbe convinta a pagare il prezzo dovuto. 
Decise di tentare con le lusinghe.
“Suvvia, sono certo che, per un’intrepida avventuriera come voi, non sia certo difficile procurarsi la somma necessaria per pagare un po’ di frutta e del pane…”
Guldar seppe di aver fatto la mossa sbagliata quando vide l’espressione della sua cliente farsi ancora più furiosa.
“Mi stai dando dell’incapace?? Ascoltami bene, razza di troll imparentato con uno slurgar da parte di madre, se non vuoi vedere la tua bancarella ridotta a un cumulo di frutta secca mista a fango ed escrementi di topo, faresti meglio a darmi la frutta con… mmm, diciamo un buon ottanta percento di sconto! Ovviamente, se tu non fossi l’unico mercante in questo villaggio non sarei costretta a minacciarti, ma… stando così le cose, valuta un po’ che alternative hai” affermò lei a muso duro, scrocchiandosi le nocche.
“Se distruggete la mia bancarella però, anche voi rimarrete senza cibo. Non conviene raggiungere un compromesso?” avanzò lui sottilmente, sapendo di star per colpire nel segno.
La donna rimase di sasso: presa com’era dalla propria rabbia, non aveva minimamente considerato quell’ipotesi.
Arrossì e, dopo qualche minuto ancora durante il quale definirono l’accordo, comprò quel che le serviva ad un prezzo non troppo inferiore a quello di listino.
Caricò le provviste nella sacca e, sistemate le ultime cose, uscì dal paese borbottando tra sé. Arrivata ad un bivio poco distante dal centro abitato, prese la via che scendeva dalle montagne, diretta alla più vicina stazione di posta.
Dopo essersi fatta salassare da quel fruttivendolo non era affatto di buon umore, anche se per fortuna si sentiva un po’ meglio rispetto alle ultime settimane. 
Quando il bastardo l’aveva lasciata, ormai più di un mese fa, aveva seriamente rischiato di cadere in depressione. 
Chi avrebbe mai pensato che Ilenar la mercenaria, la cacciatrice di taglie, pronta a gettarsi in ogni battaglia e sprezzante di fronte al pericolo, potesse rimanere ferita in quel modo da una relazione amorosa?
Lei stessa era rimasta sconvolta nel constatare che Robyn, quel maledetto arpista figlio della moglie zoccola di un troll, le era entrato così profondamente nel cuore.
L’aveva conquistata con l’allegria e la sicurezza di sé, con sguardi pieni d’ammirazione sul campo di battaglia, e di desiderio la notte quando, stanchi dalle fatiche giornaliere, rimanevano nudi l’uno accanto all’altra, addormentandosi insieme dopo aver fatto l’amore.
Quando si erano conosciuti, su una carovana diretta a Ladinas, avevano deciso di stringere un accordo di comodo fino alla fine del viaggio. 
Non avevano tenuto conto però della crescente attrazione fisica, a cui avevano ceduto pochi giorni dopo il loro primo incontro.
Le settimane erano presto diventate mesi. 
Arrivati a destinazione, nessuno dei due pareva essere così propenso a sciogliere il loro accordo, e di fatto lo prorogarono fino a data da destinarsi.  
Questo finché lui non se ne andò di punto in bianco.
Solo a quel punto Ilenar aveva capito di essersi totalmente innamorata di lui.
Sconfortata, si era resa conto che di lei invece, a Robyn non era mai importato nulla. 
Quello che l’aveva fatta soffrire maggiormente però, non era tanto il fatto che l’avesse rivisto una settimana dopo, ubriaco tra le braccia di una prostituta, ma che non ci fossero stati chiarimenti tra loro, né addii. 
Era fuggita piangendo, da vera codarda.
I giorni successivi si era rintanata in umide locande, dormendo, piangendo e sperperando in cibo e idromele il denaro accumulato tanto faticosamente. 
Poi aveva ritrovato la ragione.
Non poteva certo stare lì ad abbattersi per uno stronzo del genere!
Chissà, si era chiesta, quante altre donne avevano sofferto per causa sua. 
Un uomo simile meritava di essere preso a calci da lì fino in capo al mondo.
Per questo ora era diretta ad Amaltea, ben decisa a fargliela pagare cara.
Dopo due giorni di cammino, raggiunse una stazione di posta dove noleggiò immediatamente uno dei leocorni più veloci per la capitale.
Di rado Ilenar aveva viaggiato sola: di solito preferiva la compagnia degli uomini, amici o amanti che fossero, per condividere allegramente le giornate e scaldare le notti silenziose.
Tuttavia, in quell’occasione si ritrovò ad apprezzare la sua rinnovata solitudine, che le diede modo di riflettere sull’ormai concluso rapporto con Robyn e la aiutò a lasciar andare un po’ il dolore.
Non ci volle molto, prima che il paesaggio iniziasse a mutare. 
In una settimana appena, i boschi e le asperità rocciose si ritirarono gradualmente per fare posto a verdi colline costellate di cipressi e fiori selvatici di eidelon bianchi e lilla. Costeggiò prati interamente ricoperti di rose carminate e chiar-di-luna che, all’imbrunire, parevano quasi tracciare sul terreno un magico sentiero, da quanto risplendevano.
L’odore della pioggia e della resina fu presto sostituito dal profumo del grano e del vento di prateria, che faceva cantare le chiome dei boschetti di betulla come fossero fanciulle. 
Ilenar osservò incantata quei luoghi di cui aveva tanto sentito parlare, ma che non era ancora riuscita a visitare di persona. 
All’alba dei suoi ventidue anni, non aveva infatti mai messo piede al di fuori dei confini di Zandria, sua terra natia. Ne conosceva a menadito le valli, le montagne dai pendii scoscesi, i boschi silenziosi nei quali transitavano soltanto cacciatori e tagliagole. 
Senza contare ovviamente il porto di Ladinas e le isole Calembrine…
Per anni, Zandria era stata teatro delle sue disavventure più singolari, e sarebbe sempre rimasta la sua casa, ma ora semplicemente sentiva di dover mettere fuori il naso dalla tana e partire alla ricerca di migliori guadagni e compagnie.
Era di fatto una vagabonda alla ricerca del suo futuro, ed aveva tutta l’intenzione di trovarlo.
 
* * *

Un bagliore in lontananza la avvisò che presto sarebbe arrivata a destinazione. 
La leggenda narrava che le mura in cristallo di Amaltea, antica capitale di Korellia, furono costruite per magia in una sola notte, e rese indistruttibili dal volere divino della Dea Sonemara, Signora del Vulcano. 
Ilenar si fermò un attimo a rimirare il paesaggio, entusiasta, poi proseguì al galoppo, desiderosa di raggiungere al più presto quel miraggio.
A mano a mano che si avvicinava alla meta, Ilenar si accorse che la via principale, abbastanza larga da far passare tre carri l’uno di fianco agli altri, si stava riempiendo di gente, tanto che dovette rallentare per procedere poi a passo d’uomo.
C’erano mercanti, agricoltori, carovane umane e gnomiche trasbordanti di giocolieri, cantastorie, illusionisti da strapazzo e ciarlatani che si affaccendavano nel tentativo di divertire, stupire e rubare qualche soldo ai più creduloni. In mezzo a quel trambusto, vide perfino un paio di Siblis, gli uomini lucertola dei deserti occidentali, e famiglie intere di Nani dei monti Zagros intonare allegre canzoni con la loro voce aspra e dura.
Arrivata nei pressi della porta orientale della città, Ilenar non riuscì a trattenere un moto di meraviglia osservando da vicino le bianche mura di Amaltea riflettere la luce del meriggio, trasfigurandosi in un arcobaleno di sfumature rosa, rosse e arancio.
Dietro la città svettava l’imponente Monte Athos, il vulcano inattivo la cui cima era coronata da cirri. Ai piedi della montagna, giusto ai confini settentrionali delle mura, sorgeva il più importante tempio di Sonemara. 
Ilenar per un attimo ebbe la sensazione che questo viaggio le avrebbe cambiato la vita. 
Se non altro, si sarebbe tolta la soddisfazione di affrontare il suo ex compagno una volta per tutte e dargli quello che si meritava, alias una serie di calci là dove non batte il sole.
Era quasi assolutamente certa che Robyn fosse in città, o che ci sarebbe arrivato presto.
Considerando il suo talento come arpista, e il fatto che spesso le aveva fracassato le scatole con questo argomento, il fedifrago non poteva davvero essersi fatto scappare la possibilità di partecipare al torneo di Mezz’Estate.
La gara, ormai diventata un appuntamento fisso per gli artisti di tutto il continente,  veniva indetta annualmente per festeggiare la bella stagione ed onorare la Dea. 
Lei non chiedeva di meglio che aspettarlo al varco.
Si mise in fila dietro a una snervante carovana di gnomi. Mentre era intenta a tenere d’occhio quei furbastri che, con la scusa di inseguire le loro palline rimbalzine, si dedicavano ad alleggerire i borselli altrui, sentì una voce familiare chiamarla con insistenza.
“Ilenar! Ehi!”
Si guardò intorno, prima di scorgere il volto di suo cugino Bergon sorriderle e agitare le braccia per farsi notare in quella calca disumana. 
“Ci mancava solo questa…” sospirò seccata, affondando il viso nella folta criniera dorata del suo leocorno.
Facendosi largo a gomitate tra la folla, il ragazzo infine la raggiunse.
Da che l’aveva visto per l’ultima volta, quand’erano poco più che bambini, Bergon non era cambiato molto: aveva il viso ovale ed affilato di un uomo nel fiore degli anni, il naso leggermente storto verso destra e i lunghi capelli corvini raccolti in una coda. Gli unici dettagli che non ricordava erano una leggera barba scura che gli incorniciava il volto, e un piccolo corvo che riposava tranquillo sulla sua spalla.
“Guarda un po’ chi si vede!” esclamò lui aprendosi in un caloroso sorriso.
“Tra tutte le brutte facce che potevo incontrare, proprio la tua dovevo vedere!” scherzò lei.
“Piuttosto, vorrai dire che hai avuto la fortuna di incontrare il tuo alquanto giovane e attraente cugino, che da qualche anno è pure un mago” dichiarò solennemente.
In effetti, ora che lo osservava meglio, notava che Bergon era vestito con un completo di tessuto verde smeraldo misto a cuoio nero, che indicava la sua appartenenza all’ordine dei maghi di Oris.
Questo spiegava anche la presenza del volatile, in effetti…
“Conoscendo i tuoi esperimenti fallimentari con i gatti di nostra zia Clefis, dubito che tu sia uscito dall’accademia a pieni voti!” lo canzonò di nuovo Ilenar, che da piccola aveva assistito a molti dei suoi tentativi di controllare la magia.
“Al contrario, sono uscito con il massimo, mia come sempre gentile cugina” rispose lui serafico, sfoggiando un’espressione da schiaffi.
“Piuttosto, cosa ci fai qui? Non pensavo fossi interessato a un concorso per bardi”
“Potrei dire lo stesso di te. Comunque, non sono qui in visita di piacere. A questo proposito, ti andrebbe di cercare una taverna dove alloggiare insieme, in memoria dei vecchi tempi?”
Ilenar esitò, a disagio.
Temeva che Bergon le avrebbe solo fatto perdere tempo prezioso… però in fin dei conti, non se la sentiva di rifiutare. Forse passare una serata in compagnia le avrebbe fatto bene. 
Accettò con un sorriso forzato e, dopo aver passato il controllo di routine delle guardie cittadine e aver restituito il leocorno a noleggio, si misero a cercare una locanda che facesse al caso loro.
Ilenar quasi si pentì della sua scelta.
Prima di riuscire a trovare un posto decente dove passare la notte, girovagarono per la città per un buon paio d’ore, durante le quali Bergon blaterò a più non posso, raccontandole dell’accademia, dei suoi studi e della complessità di alcuni incantesimi, incluse ovviamente le teorie delle varie scuole di pensiero, di cui a lei non fregava proprio un accidente. 
Commentando con vari “Aha” “Mh” “Bene”, inframezzati da qualche “Però!”, raggiunsero una taverna situata in un quartiere vicino alle pendici del monte sacro.
“Il riposo del gigante” era un locale suggestivo, arredato nel tradizionale legnovivo di Amaltea, una particolare pietra del colore del legno chiaro, che emanava calore d’inverno, e manteneva l’ambiente fresco d’estate. 
Quella sera, a parte loro due non c’erano molti altri avventori, cosa che permise loro di essere serviti bene e velocemente. Pagarono due stanze per le notti a venire, una tinozza d’acqua calda la sera e pasti abbondanti tre volte al giorno, il tutto a soli centocinquanta falchi ciascuno. 
“A quanto pare abbiamo beccato l’unica taverna economica di questa città” commentò soddisfatto Bergon, sorseggiando un boccale colmo di birra scura.
“O forse hanno deciso di abbassare i prezzi in occasione della festa imminente. Non che gli sia andata molto bene” rifletté Ilenar osservando la sala deserta.
Stettero per un po’ in silenzio, gustandosi il delizioso polletto arrostito con spezie vulcaniche, poi il mago si incupì ed esordì senza preamboli. 
“Avrei bisogno del tuo aiuto”
Ilenar lo guardò diffidente. 
Da quando in qua il suo altezzoso cugino si abbassava a tanto, e per di più, con lei?
Dalla sua espressione seria e preoccupata però, Ilenar capì che non stava scherzando, così decise di essere professionale.
“Che cosa dovrei fare, esattamente?”
“Nulla di così complicato. Solo aiutarmi a recuperare un oggetto”
“Mh. E quanto sarebbe la paga?”
Lui sembrò soppesare un attimo la risposta, poi sputò.
“Duecento grifoni”
Ilenar, che si era immaginata qualcosa come al massimo cinquecento falchi d’argento, non riuscì ad impedirsi di sgranare gli occhi, sbigottita.
“Duecento mazze d’oro per una cianfrusaglia da mago? Ma per chi mi hai presa? Scommetto quello che vuoi che l’oggetto che ti interessa non vale neanche una briciola di quella somma. Non sono così stupida come credi, sai… per cui ti consiglio di non prendermi per il culo e andare a rifilare il tuo bidone a qualcun altro. Sempre che tu non voglia avanzare una proposta onesta, ovviamente” concluse lei arricciando le labbra in una smorfia che aveva tutta l’aria di dire “ti ho beccato!”.
Lui non si scompose, estraendo allora dalla tasca un sacchetto in cuoio.
Incredula, Ilenar constatò che era pieno fino all’orlo di grifoni dorati. 
Ci mancava poco che le cascasse la mascella!
“Questi sono solo cento pezzi, comunque non ti ho ancora mostrato tutto”
A quel punto le porse una pergamena.
Per riprendersi dallo stupore, Ilenar aveva cominciato a tracannare la sua birra a grandi sorsi, ma quando vide il volto che vi era raffigurato quasi rischiò di soffocare. 
Anche questa volta non riuscì affatto a nascondere la sua reazione, perché sputò di getto in faccia a Bergon quasi tutta la bevanda che aveva in bocca, poi iniziò a tossire.
“Lo conosci?” le chiese suo cugino in tono ironico, mentre si asciugava compostamente il volto con un fazzoletto.
“Diciamo di sì” rispose lei a fatica, schiarendosi la gola. “Ho lavorato assieme a lui un paio di volte”
La balla era abbastanza credibile. Sperava di non sembrare ancora così scossa come prima, non avrebbe voluto mettersi a nudo proprio con lui...
Con suo gran sollievo, Bergon non commentò.
“Allora, che ha combinato?” chiese lei infine, curiosa.
“Ha rubato un talismano al mio maestro”
Bergon abbassò gli occhi sul suo piatto, e Ilenar lo vide arrossire.
“Fammi indovinare…” esordì con un sorrisetto di scherno. “… Lo stavi custodendo tu, non è vero? E te lo sei fatto fregare da sotto il naso! Hahahaha!” 
“Ehi! Io… non è vero! Comunque sia, ora il mio maestro si è diretto verso Zefiria per partecipare ad una conferenza, mentre io sono stato incaricato di ritrovarlo a qualsiasi costo… per questo la gilda a cui appartengo ha messo una taglia sulla testa di quel maledetto”
“Urca… questo talismano dev’essere parecchio importante” rifletté Ilenar giocando con uno degli ossi del pollo.
“Più che altro aveva un valore affettivo” concluse il discorso Bergon.
“Valore affettivo, eh? Per un’intera gilda di maghi?” commentò lei sarcastica.
“Allora, ci stai?” tagliò corto lui, che evidentemente non aveva voglia di approfondire l’argomento.
“Mmm… quindi tutto quest’affetto non era disinteressato. Beh, visto che la notte porta consiglio… ci penserò su” sorrise Ilenar facendogli l’occhiolino.
Si alzò stiracchiandosi, per poi salutare suo cugino e dirigersi verso il piano superiore, senza dargli il tempo di ribattere.
Quando chiuse la porta della camera dietro di sé, si lasciò finalmente andare.
Vedere il volto di Robyn sulla pergamena l’aveva oltremodo turbata.
Caso o destino? Che questa fosse davvero l’opportunità giusta per ritornare in pista, guadagnare una barca di soldi e allo stesso tempo vendicarsi dell’uomo che l’aveva fatta soffrire in modo così orribile?
La faccenda però le puzzava un po’.
Suo cugino era stato piuttosto evasivo riguardo quel talismano, inoltre aveva la netta sensazione che non avrebbe mai visto tutti quei soldi…  
Sospirò, liberando dalla coda i suoi ricci capelli ribelli e buttandosi a peso morto sul letto. 
Doveva ammettere però che la proposta era decisamente allettante.
Considerando l’ipotesi che Bergon stesse facendo il furbo e intendesse pagarla anche solo con una minima parte dell’oro che le aveva promesso, quella somma sicuramente le avrebbe permesso di ripartire alla grande. 
Chissà, forse sarebbe potuta anche rimanere ad Amaltea per un po’ e proporsi alla guardia cittadina come cacciatrice di taglie. Di guai ce n’erano dovunque, e quella città dorata sicuramente non faceva eccezione.
C’era anche un altro fattore da non sottovalutare, e cioè che, se quel talismano valeva davvero un sacco di soldi, forse Robyn aveva già avuto modo di venderlo.
L’unica cosa che le appariva chiara in quel momento era che, se avesse davvero voluto rintracciare quel bastardo, non poteva disprezzare la mano che suo cugino le stava tendendo. E poi, lei non ci avrebbe guadagnato nulla rifiutando il suo aiuto, nonché la sua abilità come mago. 
Sì, ormai aveva deciso.










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Note dell'autrice:

Avevo già pubblicato questa storia un paio di mesi fa, ora l'ho riveduta e corretta... la versione precedente di questa storia ha partecipato al concorso indetto da Dragone 97 sul forum di EFP - "Le basi del fantasy: Guerriero, Mago o Ladro?" classificandosi in seconda posizione. Visti i problemi che ci sono stati col contest, alias la contestazione dei giudizi, ho deciso di ripubblicare la versione che avevo già corretto e ampliato rispetto a quella che ho consegnato, considerandola come una storia a sé stante ed eliminando l'altra, praticamente come se non avessi partecipato.
Questo per più motivi: il primo, non in ordine di importanza, è che la storia che ho scritto per il contest comunque non mi soddisfaceva pienamente, così ho deciso di ampliarla e rimaneggiarla; il secondo perché finché non vengono chiariti i giudizi, preferisco tenere da parte la storia che ha partecipato. 
Se volete esprimere il vostro parere, sono qui e disponibile al confronto :)
Intanto spero di farvi divertire con questa piccola e semplice storia nata da sessioni altamente creative, alias demenziali, di D&D :)
Buona lettura, e a presto!

Namary
   
 
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