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Autore: earlgreytea68    24/08/2014    2 recensioni
Sherlock Holmes continua a scegliere dei coinquilini che si credono blogger.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John, Watson, Sherlock, Holmes
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                Capitolo 3
 
28 Febbraio, 2015
 
Questo è ciò che Shezza ha da dire su Bowser: “Le sue motivazioni sono illogiche, il che fa di lui il genere più pericoloso dei folli. Il mondo di Mario è in grave pericolo.”
 
Questo è che che Shezza ha da dire su Mario e Luigi: “È improbabile che siano idraulici. Il loro comportamento e l’aspetto non corrispondono a quelli di un idraulico. È più probabile che siano delle spie. O degli assassini su commissione.”
 
Questo è quello che Shezza ha da dire sulle code dei procioni: “I procioni volano?”
 
Questo
 
***
 
Sherlock entrò nel soggiorno e Janine alzò lo sguardo dal post sul blog che stava scrivendo e tentò di fare il punto della situazione. Avrebbe voluto dedurre tutto su di lui da uno sguardo, come lui avrebbe fatto con lei. Non riusciva a dire se sembrasse stanco o turbato o depresso o infelice o vuoto. Appese il cappotto e poi si sedette sulla sua poltrona accanto al camino e tirò fuori il suo computer portatile, come se non fosse successo niente.
 
“Una buona chiacchierata?” chiese Janine, finalmente.
 
“Hmm?” disse Sherlock, ticchettando sulla tastiera.
 
“Una buona chiacchierata con John?”
 
“Certo.” Pausa. “Vuole occuparsi di un caso. Ho pensato di trovargliene uno.”
 
Janine guardò la nuca di Sherlock. Il suo tono era così fastidiosamente neutro riguardo l'intera faccenda. “Va bene.” disse Janine, alla fine, e tornò al suo blog.
 
Questo è quello che Shezza ha da dire su John Watson: Niente.
 
Poi cancellò tutto quanto.
 
***
 
6 Marzo, 2015
 
Giorno 42 dell’Operazione Sexy Chitarrista.
 
HO UN APPUNTAMENTO.
 
Lo so, vero?
 
E HO FATTO TUTTO DA SOLA.
 
Shezza è stato occupato con un caso (ho già accennato che è un detective?), così sono stata lasciata a me stessa. Oggi stava dando al giornalaio la sua mazzetta settimanale per non fornire sigarette a Shezza (ho insistito perché smettesse di fumare, la mazzetta è stata un'idea di Shezza) e mi sono trovata a parlare con questo tizio dannatamente intelligente che stava comprando una copia di Le Monde. Le Monde, ve lo assicuro! Elegante e tutto quanto, giusto? Viene fuori che è un poeta (LO SO!) che si guadagna da vivere scrivendo finti profili per i siti d’incontro (lo sapevate che lo facevano? Io no!). Comunque, lo so che lo fa sembrare un filino pazzo, ma lui era davvero dolce e abbiamo un appuntamento domani sera.
 
Sto aspettando che Shezza si prenda il merito per la faccenda siccome lui era l’unica ragione per cui ero in edicola.
 
***
 
Sherlock ha detto che aveva un caso abbastanza interessante e che probabilmente sarebbe stato occupato per un po’, il ché andava bene a Janine a cui piaceva avere l’appartamento tutto per sé ogni tanto. Sherlock era una buona compagnia, ma Janine apprezzava il tempo per se stessa.
 
Quando fissò l'appuntamento con Kevin mandò un messaggio a Sherlock. Non ottenne risposta, niente di insolito, specialmente quando lui lavorava. In effetti, non aveva sentito affatto Sherlock finché lui non si trascinò nell’appartamento il giorno dopo, circa un’ora prima del suo appuntamento con Kevin. Sembrava insolitamente stanco. Nell’esperienza di Janine, Sherlock tornava dalle indagini in uno stato di massima euforia. In un primo momento Janine aveva pensato fosse fatto; col tempo si era resa conto che non era così.
 
Ma lui entrò e sbatté le palpebre verso di lei e dedusse “Stai uscendo. Temo dovrai farlo da sola. Devo fermarmi e redigere le osservazioni di questo caso.” si raggomitolò sulla propria sedia col suo portatile.
 
“L’hai risolto allora?” chiese.
 
“Certo.” disse, offeso, digitando come faceva quando non voleva parlare con lei.
 
Janine era quasi sorpresa, dato il suo atteggiamento noncurante. “Davvero?”

Le lanciò un breve sguardo torvo. “Non devi sembrare sorpresa.”
 
“Solitamente sei più felice dopo aver risolto un caso.”
 
“Sono felice.” disse Sherlock, e le fece uno dei suoi ridicoli sorrisi fasulli che fece sparire immediatamente per tornare al suo portatile.
 
“Solitamente sei completamente su di giri.”
 
“Non sono mai su di giri.”
 
Janine decise di non voler stare lì a discutere. “Non importa. Vado fuori stasera, ma non sarò sola.”
 
Sherlock emise un sospiro impaziente. “Hai presente quella cosa che fai, quando credi di incantarmi comandandomi a bacchetta? Non funzionerà stasera.”

“Non lo faccio.” Janine aggrottò la fronte.
 
“Sì, lo fai. Ma solo perché te lo lascio fare, siccome di norma è almeno un po’ più interessante che guardare la polvere depositarsi sul tappeto.”
 
Janine strinse gli occhi su di lui. Sherlock non era mai veramente gentile, ma era vero che sembrava più velenoso del solito. “Ho un appuntamento.” annunciò, rifiutandosi di lasciare che le sue parole la infastidissero.
 
“Come hai fatto?” chiese Sherlock, senza molto interesse.
 
“Se devo indovinare, direi perchè sono spettacolare.” disse Janine, e non ottenne nemmeno uno sbuffo di derisione da Sherlock. Esitò per poi continuare “L’ho incontrato dall’edicolante, gli stavo dando la mazzetta per le tue sigarette.”

“Mmm.” fece Sherlock, chiaramente non prestando attenzione.
 
“Così ho pensato volessi prenderti il merito.” propose Janine.
 
“Mmm.” fece Sherlock di nuovo.
 
Janine mise le mani sui fianchi. “Lo sai, potresti essere un po’ più eccitato per me. Ehi.” camminò fino a lui e gli chiuse il portatile.
 
Lui la fissò con fare bellicoso.
 
“Sto parlando con te.”
 
“Sono occupato.”
 
“No, non lo sei.”
 
“Sono troppo occupato per preoccuparmi sulla tua melodrammatica mancanza di vita amorosa.” ghignò Sherlock.
 
“Normalmente non vedi l'ora di far parte di questo melodramma.” sottolineò Janine.
 
“Non confondere una disperata avversione alla noia per un effettivo interesse nella tediosa monotonia delle tue ‘Avventure di una Ragazza Single a Londra.’”
 
Janine lo guardò perplessa. “Che diavolo è successo durante le indagini?”
 
“Non è successo niente.” Sherlock scattò e recuperò il suo portatile. “Stai già uscendo? Verso il tuo inutile ed inevitabilmente deludente ‘appuntamento’?”
 
“Sì.” Janine scattò indietro. “Proprio adesso.”
 
E, anche se era veramente in anticipo, si diresse verso il marciapiede e attese lì fino al momento di andare, desiderando di fumare.
 
***
 
9 Marzo, 2015
 
Giorno 45 dell’Operazione Cosa-Diavolo-Stavo-Pensando,-un-Poeta,-Davvero?
 
L’appuntamento fu terribile.
 
***
 
Janine era a metà di un incredibilmente deludente piatto di fish and chips e pensò che fosse adatto alla complessiva delusione dell’appuntamento. Poi arrivò il messaggio. Diede per scontato che fosse Sherlock, che scriveva per scusarsi. Non che avrebbe mai scritto un messaggio semplice come uno scusa. Ma un messaggio da lui –anche chiedendole di fermarsi al Bart per recuperare alcuni campioni di tessuto mentre tornava- sarebbe stato considerato come una scusa da parte sua, lei lo sapeva.
 
Ma il messaggio non era di Sherlock.
 
C'è bisogno di te a Baker Street immediatamente. –Mycroft Holmes
 
A Janine non piaceva ricevere ordini, ma le piaceva aver trovato una scusa per accorciare quel noioso appuntamento. Così disse a Kevin che doveva andare e andò a Baker Street.
 
Sherlock era sul divano, a fissare il soffitto.
 
“Mycroft è qui?” chiese Janine.
 
“Oh, Dio, no.” gemette Sherlock. “Non pronunciare il suo nome, o lo evocherai.”
 
Janine guardò di nuovo il messaggio, confusa, e si voltò a guardare Sherlock. “Stai bene?”

“Sto bene.” disse Sherlock “Perché non dovrei?” ci fu una pausa, e poi Sherlock disse “Hai incontrato il tuo accompagnatore all’edicola.”
 
“Te l’ho detto.”
 
“Il giornalaio voleva sapere com’era andato l’appuntamento. Gli ho detto che è stato terribile.”
 
“Prima di tutto, l’appuntamento non era ancora iniziato.”
 
Sherlock la guardò. “Era terribile?” chiese, già sapendo la risposta.
 
Janine disse, “E cosa ci facevi dall’edicolante?”
 
“Cercavo di convincerlo a vendermi le sigarette, ma ha rifiutato perché lo hai corrotto. Di chi è stata l’idea?”


Janine sollevò le sopracciglia e si schiarì la gola significativamente.
 
“Idea stupida.” Sherlock s’imbronciò sul divano, voltandole le spalle, e poi rotolò giù dal divano. “Non importa. Sto uscendo.”
 
Janine pensò al messaggio di Mycroft e improvvisamente capì perché le era stata chiesto di tornare a Baker Street per fare da baby-sitter a Sherlock. “Fuori dove?”
 
E poi, di colpo, Mycroft sfrecciò dentro. Con due uomini che Janine non aveva mai visto prima. Che immediatamente cominciarono a perquisire qualsiasi cosa si trovasse nell'appartamento.
 
“Hei.” disse Janine, offesa.
 
Sherlock collassò sul divano. “Vedi? Ti ho detto di non dire il suo nome. Come se oggi non fosse stato abbastanza terribile.”
 
Janine lo guardò sorpresa. “Hai risolto un caso oggi.”
 
Sherlock si alzò, raccolse la vestaglia, se la mise attorno e, imperiosamente, fissò Mycroft, e annunciò “Ho intenzione di andarmi ad affogare.” e sparì nel bagno, sbattendo la porta.
 
Mycroft guardò uno degli uomini, dicendogli, “Assicurati che il bagno sia pulito. Poi puoi lasciarlo rimanere.”
 
L’uomo annuì e seguì Sherlock nel bagno, scatenando un alterco di grida che Mycroft ignorò mentre camminava verso la poltrona di Sherlock per sedercisi come se fosse pronto per un tea party. Poi l’uomo lasciò il bagno e Sherlock sbatté nuovamente la porta e la chiuse a chiave il più rumorosamente possibile.
 
Janine guardò Mycroft intensamente.
 
“Ti pago profumatamente per assicurarti che mio fratello non ne faccia uso di nuovo, e tu lo lasci solo pur sapendo che è la prima sera a rischio.” rimarcò Mycroft, sottilmente.
 
“Non sapevo fosse una sera a rischio.” si difese Janine. “Ha appena risolto un caso. Avrebbe dovuto essere di ottimo umore.”
 
Mycroft la guardò. “Sapevi che non lo era. E lo hai lasciato comunque.”
 
“Non era esattamente un raggio di sole.” disse Janine, sulla difensiva, perché Mycroft aveva ragione: sapeva che Sherlock era giù e non aveva smesso di pensare che avrebbe potuto portare a una ricaduta, perché era infastidita dal fatto che non avesse espresso entusiasmo per lei. Lui era Sherlock Holmes, e lei aveva dato per scontato che fosse la sua abituale stronzaggine, ma ora si era resa conto dell’evidente errore che aveva fatto: normalmente, Sherlock non era deliberatamente cattivo senza che ciò fosse provocato da qualcos'altro all'interno della sua psiche.
Era tornato a casa incattivito e infelice per qualcosa e se l’era presa con lei.
 
Janine, non per la prima volta, avrebbe voluto che Sherlock le lasciasse spostare la poltrona rossa al piano di sotto così ci sarebbe stato un posto a sedere vicino la sua sedia. Ma Sherlock diventava estremamente, sarcasticamente arrabbiato ogni volta che lo suggeriva, così aveva smesso di proporlo. Invece recuperò una sedia dalla cucina e la mise di fronte a quella dov’era seduto Mycroft e disse, “Va bene. Dal momento che chiaramente già lo sai, dimmi cos’è successo con il caso.”
 
“L’ha risolto.”

“Me l’ha detto.”
 
“E poi John Watson ha detto, ‘Grazie tante, è stato divertente’ ed è tornato a casa da sua moglie.”
 
Janine chiuse gli occhi per un attimo. “John è andato ad indagare con lui. Ha detto che stava cercando un caso per John ma poi non l’ha più nominato, così non—”
 
“Menziona spesso John?”
 
“Non parla mai di John. Penso di aver vissuto qui per settimane prima di sentirgli pronunciare il nome di John.”
 
“Allora perché hai pensato che ti avrebbe detto che stava indagando con John? È andato a indagare, John è andato con lui, hanno risolto il caso, e le loro strade si sono divise.”
 
“Ed è tornato a casa di pessimo umore.” concluse Janine.
 
“Se ti fa sentire meglio, dubito che anche Mary stia avendo una piacevole serata a casa.”
 
“Devi dirmi cos’è successo, a tutti e tre. Erano come culo e camicia durante tutta la pianificazione delle nozze. Mary non faceva altro che dirmi ‘Sherlock preferisce quelli lillà’, ‘Sherlock ha approvato le parole usate nell’invito’ ‘Sherlock ha finito il grafico dei posti a sedere’ ‘Sherlock ha progettato le forme dei tovaglioli.’ E poi è successo qualcosa che li ha fatti smettere di parlarsi, per quel che ne so. Non è perché lui ha finto di uscire con me, vero? Voglio dire, chiaramente non mi ha dato fastidio, alla fine, e Mary ha tipo smesso di parlare anche con me, quindi non credo lei abbia un qualche strano senso di lealtà nei miei confronti per il quale prendersela con lui. Allora cos’è successo? Cos’ha cambiato l’equilibrio che erano riusciti a mantenere? Perché non puoi dirmi che Sherlock non soffriva d'amore per John da anni. Non è una novità. Eppure sembra in qualche modo peggiore.”
 
Mycroft guardò verso di lei per un secondo. “Avrebbe dovuto dirtelo.” disse, finalmente.
 
“Sì, beh, non l’ha fatto, no?” disse Janine, con veemenza. Era stanca di rimanere all’oscuro, e soprattutto stanca del fatto di non sapere cosa fare per migliorare la situazione. Era molto affezionata a Sherlock. In realtà, a questo punto, dato che lei e Mary si erano allontanate senza che Janine se ne accorgesse, Sherlock era praticamente il suo miglior amico. Se tornando a casa l'avesse trovato strafatto perché lei era andata a un appuntamento e si era arrabbiata con lui per quelle che erano chiare richieste d'aiuto, non se lo sarebbe mai perdonata. Ma non era giusto costringerla in una situazione in cui si sentiva come se stesse cercando di attirare la sua attenzione.
 
Mycroft disse, dopo un momento “C’è stato un tempo in cui ho pensato che John Watson fosse veramente la scelta giusta per mio fratello. E poi Sherlock si è lasciato coinvolgere. E poi c’è stato l’inevitabile risultato che si verifica quando ti lasci coinvolgere.”
 
“Che risultato?” chiese Janine.
 
“Ti si spezza il cuore.” disse Mycroft e si alzò. “A proposito, hai intenzione di vedere Kevin di nuovo?”
 
Janine non era nemmeno allarmata che Mycroft conoscesse il nome del suo accompagnatore. Si strinse nelle spalle. “È un pochino tedioso, ad essere onesti.”
 
“Bene. Perché è una spia. Un assassino di prim'ordine.”
 
Janine sbatté le palpebre verso di lui. “Cosa?”
 
“Un problema comune alle persone che vivono in questo appartamento: finiscono con l’uscire con degli assassini.” disse Mycroft, seccamente.
 
Janine cercò di pensare a chi altro fosse uscito con Sherlock, a parte lei e John Watson, e non le venne in mente nessuno. John era stato un assassino? Janine disse, “Non pensi che avresti potuto mettermi in guardia su questo?”

“Ti sto mettendo in guardia ora, no?” disse Mycroft, gentilmente, e se ne andò.
 
***
 
10 marzo, 2015
 
Shezza ha un fratello maggiore, che io chiamo Mike, perché il suo vero nome è troppo ridicolo per essere usato. Mike crede di avere un lavoro estremamente importante e ce ne parla sempre. Per quanto ne sappia, il suo lavoro è un po' come essere il guardiano dello zoo: deve assicurarsi che tutti gli animali restino nel loro habitat e non si riuniscano e si uccidersi a vicenda.
 
Mike ogni tanto si ferma qui e si acciglia per me e Shezza. Shezza si acciglia di rimando. Cerco di dare a Mike un bicchiere di vino e di farlo rilassare. Il mio obiettivo è quello di farlo giocare alla Wii con noi.
 
Comunque, Mike ha un’opinione sul mio terribile appuntamento, e l’opinione è questa: sostanzialmente il mio ragazzo era una tigre uscita dal suo habitat ed entrata nel mio. Ed io ero qualcosa di simile a uno gnu o qualsiasi altra cosa le tigri mangino.
 
Quindi credo che dovrei lasciare controllare a Shezza tutti i miei incontri per essere sicura di non finire uccisa in qualsiasi momento.
 
***
 
Janine lasciò che le conseguenze del caso con John facessero il proprio corso nella psiche di Sherlock. Quando Sherlock uscì dalla doccia –subito dopo che Mycroft e i suoi agenti lasciarono l’appartamento, che strano- si ritirò nella sua stanza e suonò il violino per diverse ore di fila. Janine si spaparanzò sul divano e continuò a ricaricare il blog di John per vedere se l’avrebbe aggiornato con il caso.
 
Non lo fece.
 
Il giorno seguente Janine uscì e tornò con caffè e biscotti. Sherlock adorava i biscotti per colazione. E non aveva chiuso a chiave la porta di camera sua, così lo prese per un invito. Si sedette sul letto con lui e fece un sacco di storie su quanto fossero deliziosi i biscotti finché lui non ne mangiò uno per farla stare zitta, poi Janine disse “Facciamo un esperimento che coinvolge il vino.”
 
“Che tipo di esperimento?” chiese Sherlock, imbronciato, mordicchiando svogliatamente il biscotto.
 
“Testeremo le nostre abilità di giocare alla Wii in correlazione al livello di alcol nel sangue.”
 
Sherlock emise un enorme sospiro e disse “Va bene.” come se gli avesse appena chiesto di pulire la cucina.
 
Ma il piano funzionò, ed entro sera Sherlock era così ubriaco da stare stravaccato sul divano elencando quello che si potrebbe dire di una persona dal tipo di dentifricio che usa. Janine mise la ciliegina sulla torta, pur sentendosi un essere umano terribile e manipolatore, ma ricordando a se stessa che Sherlock non avrebbe avuto remore a manipolarla, fingendo di essere più ubriaco di lei, e disse “Raccontami di John Watson.” interrompendo il monologo di Sherlock.
 
“Hmm?” Sherlock alzò gli occhi al soffitto e disse, così naturalmente, così semplicemente, come se non ci potesse essere altra risposta “Cosa a riguardo? Che è perfetto?”
 
E Janine sentì il cuore precipitarle nel corpo e spezzarsi. Dal punto in cui era seduta sul pavimento, si appoggiò contro la gamba della scrivania e guardò Sherlock sul divano e si chiese come avesse potuto pensare di poter rimediare a tutto ciò. Quella risposta riassumeva l’impossibilità per Sherlock di lasciarsi alle spalle John.
 
Janine finse di bere il vino così che Sherlock non si rendesse conto di quanto fosse riuscita a farlo bere più di lei. Anche se Sherlock era giù di corda tutto il giorno e adesso era veramente ubriaco e lei pensò di averla fatta franca. “Cos’è successo tra voi?”
 
“Niente.” disse Sherlock, lentamente. “Assolutamente niente.” Bevve un sorso di vino.
 
“Va bene, ma voglio dire, dovete aver avuto una specie di…” Janine non voleva dire “litigio.” Non sapeva cosa volesse dire. Così cambiò tattica. “Non vi parlate più molto.”
 
“Ha sposato qualcun altro.” fece Sherlock, come un dato di fatto. “Non può passare ogni singolo momento con me. E, comunque, non è necessario. Non dobbiamo passare ogni singolo momento insieme. È piuttosto bello condividere semplicemente i casi come abbiamo sempre fatto e, per il resto, avere vite separate. Sta davvero funzionando, non trovi?”
 
C’era qualcosa nel modo in cui Sherlock parlava, la sua voce grondava sarcasmo, come se le stesse facendo il verso. “È questo che ti ha detto?” chiese Janine, e pensò che non c’era da meravigliarsi che Sherlock fosse tornato a casa depresso. Non importava che Janine fosse sicura che John avesse impostato l’intero discorso come un atto di gentilezza, un ramo d’ulivo di riconciliazione, un tentativo di far funzionare la sua vita, divisa tra due persone. Janine aveva visto Sherlock Holmes dire che John Watson era perfetto, e poi che gli era stato detto che per loro stava “funzionando” avere vite separate.
 
“Oh, non importa.” Sherlock agitò la mano. “Lo intendeva in senso buono. È quello che volevo, comunque.” Sherlock deglutì il vino e poi tese il bicchiere. Ne aveva finito solo la metà.
 
Janine pensò che al momento a Sherlock non servisse altro vino. Decise che era stata un’idea stupida far ubriacare Sherlock abbastanza da farlo parlare con lei. L’avrebbe odiata l’indomani. E, comunque, come avrebbe potuto proteggerlo dall’abuso di sostante dandogli invece dell’alcol? Era una stupida idiota che aveva lasciato che la curiosità prendesse la meglio su di lei. Non gli riempì il bicchiere. Ma disse “Che cos’è che vuoi?” perché non sapeva di cosa Sherlock stesse parlando.
 
“Lui vuole Mary. Perciò gli ho dato Mary. Legata con un fottutissimo fiocco.” disse Sherlock, e Janine sbatté le palpebre e si chiese se fosse molto ubriaco o solo molto arrabbiato e si stesse finalmente lasciando andare. “Tecnicamente legata, comunque. Non davvero. Non l’ho legata con un fiocco sul serio.” Sherlock riprese il suo bicchiere di vino e bevve un altro sorso, a quanto pare senza aver notato che Janine non lo aveva riempito.
 
“È…” iniziò Janine, cercando di pensare a cosa dire.
 
Sherlock si girò bruscamente su un fianco e le puntò gli occhi addosso. Quegli stupidi occhi, pensò Janine. Non c’era da meravigliarsi che i criminali crollassero davanti a lui. “Dopotutto, cos’avrei dovuto fare?” domandò furiosamente. “L’ho lasciato e poi sono tornato e non mi voleva più, voleva un futuro con lei, mi ha detto che lo voleva. Quindi, ovviamente, gliel’ho lasciato avere. Lei lo rendeva felice. Quando non c'ero io, a farlo. Lei lo rende felice. Lui pensa di volere tutto quello, una piccola casa in periferia con una moglie perfetta e il bambino. Da un giorno all'altro si prenderà un fottuto cane, e si presenterà qui pensando che non ci siano problemi a portare un cane sulle scene del crimine, e tutto funzionerà, non è dannatamente adorabile, tutto questo? John Watson che muore in periferia perché io gli ho fatto avere tutto questo. Sono letteralmente morto per farglielo avere, tre volte, e ora lui pensa che può semplicemente venire ed andarsene come se—” Sherlock lasciò cadere la frase e chiude gli occhi, sospirando. “Lascia perdere.” disse “Non importa. Niente di tutto ciò ha importanza.”
 
Janine lo guardò per un secondo, chiedendosi se fosse sul punto di addormentarsi. Poi, perché il punto di tutta la faccenda era cercare di risolvere il problema per lui, azzardò, con attenzione “Ma a te piace Mary, no? Voglio dire, voi due sembravate molto vicini mentre pianificavate le nozze. Lo so che dev’essere stato difficile per te, ma l’hai gestita bene, e forse potresti trovare un modo per— ” Janine sapeva di suonare stupida anche mentre lo stava dicendo: come potevi essere innamorato di una persona come lo era Sherlock ed essere amico della moglie di quella persona? Ma lui c’era riuscito, per un po’, e anche se era sembrato un po’ malinconico alle nozze, sembrava stesse meglio di adesso. Janine pensò che era John la dipendenza della quale doveva davvero preoccuparsi quando Sherlock era allarmato.
 
Poi Sherlock la interruppe dicendo “Oh, sì, ho adorato Mary, cazzo, finché non mi ha sparato.
 
Janine lo fissò. Per un momento ci fu silenzio nell’appartamento. Sherlock finì il suo vino e tese il bicchiere vuoto verso Janine. Quando lei non lo riempì, aprì gli occhi e la guardò.
 
“Cosa?” chiese.
 
Janine pensò a Sherlock sul letto d’ospedale, pallido e in qualche modo piccolo, e lei era stata furiosa con lui e anche terrorizzata per lui, per quanto ci fosse andato vicino. Pensò a John, che l’aveva lasciata entrare per vedere Sherlock, rimanendo a guardia dei visitatori. Non ti farò entrare se hai intenzione di gridargli contro e sconvolgerlo, le aveva detto John, il volto teso, gli occhi ancora velati dal sonno, come se fosse invecchiato di dieci anni durante la notte rimanendo al capezzale di Sherlock, e Janine disse, incapace di alzare la voce più che in un sussurro, “Mary ti ha sparato?”
 
“Mmh.” fece Sherlock, e agitò il suo bicchiere. “Vino.” disse.
 
Janine lo versò automaticamente, come fosse in un sogno. Disse “Quando eri in ospedale, quello sparo, è stata Mary?”
 
“È stata Mary.” disse Sherlock, confuso dalla sua confusione. E poi, “Oh tu non lo sapevi. Oops. Era un segreto. Un segreto importante. Non metterlo sul tuo blog, ma: Mary è un assassina.”
 
Janine sbatté le palpebre. “Cosa?”
 
“Mary è un’assassina. Una davvero, davvero brava.” Sherlock chiuse gli occhi nuovamente “John prende solo il meglio, lo sai. Solo i migliori sociopatici per John Watson.” Sherlock sorseggiò il vino. “E poi ho ucciso Magnusson, quindi Mycroft ha organizzato tutto così che non ci sarebbero state ripercussioni tirando fuori il trucco del finto Moriarty. Tutto collegato, lo sai, tutto quanto.”
 
A Janine non importava di Magnusson o del finto Moriarty. Si focalizzò sull’altra rivelazione. “Ma perché Mary ti ha sparato?”
 
“Perché è un’idiota che non si fidava di me. Non sono abituato a non ricevere fiducia dagli Watson. Se fosse stato John… John avrebbe… anche se non aveva motivo per farlo ancora, John si è sempre fidato in me. Sempre. Ho pensato che Mary avrebbe… ho pensato che avrebbe… non aveva importanza che lo avesse portato via da me, ero così sereno a riguardo, ero ragionevole, non avrei mai… poi mi ha sparato.” Sherlock si strinse nelle spalle.
 
Janine pensò di nuovo a John, alla stanca esultanza nei suoi occhi quando ha detto Starà bene, se la caverà. Era una situazione incerta ma alla fin fine lui è un idiota testardo, grazie a Dio. “John lo sa?” chiese Janine, pensando a come questo avrebbe potuto cambiare tutto, avrebbero dovuto dirlo a John, subito, che sua moglie aveva sparato al suo migliore amico, quasi uccidendolo.
 
“Sì.” disse Sherlock, in tono causale, scioccandola.
 
Sì?” Janine gli fece eco, incredula. “Lui lo sa?”
 
“Certo che lo sa. Pensi che glielo avrei tenuto nascosto? Doveva saperlo, così capirà se lei dovesse uccidere di nuovo qualcuno. Stanno per avere un bambino; è più sicuro per John sapere tutto ciò che può.”
 
“E cos’ha detto John?” Janine non poteva credere a tutto questo.
 
“John l’ha perdonata. Alla fine. Gliel’ho detto io di farlo.”
 
Janine sbatté le palpebre. “Gliel’hai detto tu?”
 
“Gli ho detto che non intendeva uccidermi. Non davvero. L’ho sollevato dal doversi arrabbiare con lei per questo.”
 
“Lei intendeva ucciderti?”
 
Sherlock aprì gli occhi e guardò il soffitto. “La sai una cosa?” disse, infine, lentamente. “In realtà non lo so. Penso… penso che non  le importava che io vivessi o morissi. Penso che mi abbia dato la possibilità di combattere —non ha sparato per uccidermi, mi ha dato una possibilità— ma penso non avrebbe versato una lacrima se fossi morto. Penso avrebbe versato una lacrima se fossi morto e non l’avesse fatta franca. Ma non gliene sarebbe importato più di tanto, perché il suo futuro con John era assicurato, e questo era di fondamentale importanza per lei.” Sherlock sorseggiò il suo vino “E lo capisco. Una volta che hai John Watson, come potresti non fare tutto ciò che è in tuo potere per tenerlo?”
 
Janine sottolineò l’ovvio. “Non puoi.”
 
Sherlock la guardò, i suoi occhi erano molto tristi e Janine si sentì come se volesse piangere nel suo bicchiere di vino e si chiese se non fosse più ubriaca di quanto avesse pensato. “Sono un codardo e sono un idiota, e Mary non è nessuno dei due. Mary ha visto ciò che voleva ed è andata a prenderselo, e io non l’ho mai fatto. John mi ha dato così tante opportunità, così tante occasioni, e io… Mary le ha afferrate tutte. Mary ha vinto. E poi mi ha suonato come un violino, così tanto che per quando me ne sono accorto che fosse un pericolo per me ero già incosciente e sanguinante per la ferita mortale.”
 
Janine lo fissò. Disse “Ma tu piaci a Mary.” Pensava fosse vero. Si ricordava di Mary che le chiedeva di esserci al matrimonio, spiegandole chi sarebbe stato il suo partner. John sta per chiedere a Sherlock di essere il suo testimone. Sai, quello che è stato sui giornali. Può essere brusco, ma è davvero molto dolce. Scortese, ma non malizioso, e ha buone intenzioni la maggior parte delle volte. Non era un cattivo giudizio su Sherlock Holmes, aveva pensato Janine, anzi, era piuttosto benevola.
 
“Trovi?” chiese Sherlock, e rotolò sulla propria schiena per guardare di nuovo il soffitto. “Pensavo di piacerle. Ma sembra piuttosto improbabile —non piaccio alla gente di solito— e in realtà la sua è stata tutta scena, no? Se io non piacevo a lei e lei non piaceva a me, allora probabilmente sarei stato spietato nel cercare di allontanarla da John. E lei aveva così tante cose su di me per farmi attuare questo piano. Quindi non lo so. Non ho mai preso una decisione su questo punto.” Sherlock chiuse gli occhi e sospirò pesantemente.
 
Janine sedeva, attonita, e cercò di processare il tutto.
 
“Ero fidanzata una volta.” si sentì dire, e Sherlock aprì gli occhi e girò la testa per guardarla. Non sembrava sorpreso, e si chiese se l’avesse dedotto e non avesse semplicemente mai detto niente.
 
Ma no. Disse “Cos’è successo?” e pensò fosse troppo ubriaco al momento per fingere di non sapere qualcosa che sapeva.
 
“Il giorno del matrimonio era in ritardo. E così la mia migliore amica. Perché stavano scopando.” Janine gesticolò col suo bicchiere. “Perciò ecco perché ero alla ricerca di una nuova migliore amica quando ho incontrato Mary.”
 
Sherlock considerò la faccenda. Poi scosse la testa e tornò a guardare il soffitto, come se le sue parole l'avessero deluso.
 
“Comunque…” disse Janine, e si andò a sedere accanto al divano con la testa un po’ più vicina a Sherlock di quanto avrebbe osato se fossero stati entrambi sobri. “Questo è quello che ho da dire sugli uomini.” inclinò il bicchiere contro quello di Sherlock in un brindisi derisorio. “Possono andare a farsi fottere.”
 
Sherlock disse “Mi manca ogni singolo secondo.
 
“Non hai capito il senso di questo brindisi.” disse Janine.
 
“No.” fece Sherlock, e sospirò e chiuse gli occhi nuovamente.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE:
Questo è stato, senza ombra di dubbio, il capitolo più difficile da tradurre (sopratutto per i giri di parole che fa questa autrice che rendono bene in inglese ma che in italiano sono un completo e totale disastro).
Ma comunque è uno dei miei capitoli preferiti. Soprattutto perché finalmente si sa qualcosina in più sulla situazione e soprattutto per Sherlock. Insomma dai! “Mi manca ogni singolo secondo.” sono l'unica che voleva entrare nella storia e prendere a testate Mary (perché sì!) e abbracciare Sherlock? (E poi portarlo da John e prendere a testate entrambi... così, già che c'ero...)
   
 
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