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Autore: Apalapucian_HP    25/08/2014    0 recensioni
Oggi alza gli occhi – serve solo un secondo, davvero; solo un secondo a per sempre – e vede lei; la ragazza dagli occhi verdi dall'altro lato del corridoio, gambe incrociate, ardenti capelli rossi, seduta con una scatola di varie cose. Le sue dita sono attente intorno alla macchina fotografica con cui è occupata, e il suo sorriso è il Sole a malapena sorto; calmo, gentile, radioso.
AU Babbana
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto, Malandrini/I guerra magica
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En Route





A/N: Basata sul corto “A Thousands Words” su YouTube


§§§


A James piacciono i treni. Il brusio silenzioso, i campi che corrono, la dose di infinito tra le stazioni.

La sua canzone preferita suona negli auricolari che indossa, e il sedile accanto a lui è vuoto. Non è difficile perdersi nelle tele sfocate aldilà del vetro. Di solito, quasi sempre, lui guarda fuori dal finestrino per l'intero viaggio, concede alla mente l'attimo di respiro che esige.

Ma oggi il suo sguardo vaga. Non ha il tempo di contestarlo; l'urgenza arriva troppo facilmente. Troppo velocemente. Naturale quanto respirare.

Oggi alza gli occhi – serve solo un secondo, davvero; solo un secondo a per sempre – e vede lei; la ragazza dagli occhi verdi dall'altro lato del corridoio, gambe incrociate, ardenti capelli rossi, seduta con una scatola di varie cose. Le sue dita sono attente intorno alla macchina fotografica con cui è occupata, e il suo sorriso è il Sole a malapena sorto; calmo, gentile, radioso.

James fissa. Non può evitarlo. La sua occhiata si ferma e si allunga indisturbata – svergognata, inconscia – quasi come per compensare alla confusione che il suo cuore ha deciso di creare. Un'altra canzone inizia. Lui non lo nota.

Troppo spesso pensa che la vita sia troppo stagnante per essere stata programmata; è scendere alle stesse stazioni negli stessi giorni e scrivere gli stessi nomi sugli stessi finestrini appannati. Non l'ha contemplato troppo – non ne ha ragione, davvero – ma quando viene chiesto se il fato sia vero o meno, non c'è molto da pensarci: non è reale. Non può esserlo. Ma ora... ora lei alza lo sguardo, questa ragazza, per qualche motivo, proprio in questo secondo – e sembra che non possa essere stato solo un inutile colpo ad uno dei loro programmi. Il sorriso di lei non vacilla quando quegli occhi incontrano i suoi – pineta e ruscello cristallino, niente può essere paragonabile – e il cuore di James gli va in gola.

Pensa che dovrebbe dire qualcosa. Almeno sorriderle di rimando. Alzarsi, non importa la mano che imminente strofina la nuca o il basso “ciao” confuso o la patetica risata nervosa al sorrisetto mezzo divertito di lei, non importa comportarsi da idiota come è sicuro che farà, dovrebbe solo alzarsi e parlarle, chiederle il nome, farlo accadere –

Il treno si ferma ed entrambi sussultano. La porta si apre sibilando, lei prende la scatola e si alza in piedi –

Alzati. Ora, James, alzati –

Lui pensa che ci sia una scintilla di rimpianto sul volto di lei mentre gli passa accanto, le labbra rivolte all'insù ornate di un sospiro e un'occhiata passeggera nella sua direzione –

Sta uscendo, James Potter, dannazione, sta andando via –

Le porte si chiudono, e lei non c'è più.

James impreca. Si sta ancora sgridando mentalmente quando nota la macchina fotografica sul sedile che lei ha lasciato. Non esita; si alza e la prende.



È stato sempre conosciuto come quello che viola le regole. C'è un debole pizzico alla sua coscienza quando accende la macchina fotografica quella sera, ma nient'altro.

Anche quello è dimenticato quando vede la prima foto. Stessi capelli rossi, stessi occhi verdi. Continua; più angoli, più posti, più momenti per chiedersi come suoni la sua voce. C'è la foto di un gruppo di ragazze che alzano una torta. Lettere rosse in corsivo sulla glassa, in una grafia sgraziata, dicono 'Bon Voyage Lily!', e sotto c'è un disegno da asilo di una figura dai capelli rossi accanto alla Torre Eiffel. James la fissa un po' più a lungo delle altre.

Lily. Il suo nome è Lily.

Sorride a se stesso. Spinge next.

E poi – all'inizio non viene processato, i suoi occhi si sgranano dietro gli occhiali, il respiro esce in uno sbuffo incredulo – c'è una foto di lui. Di lui. Che guarda fuori dal finestrino del treno, la testa piegata da un lato, immerso nei pensieri con i denti che mordono l'interno del labbro inferiore.

Ce ne sono altre dopo, tutte lui, angoli differenti nello stesso sedile consunto, gli occhiali che ogni tanto lampeggiano e poi, silente, assorbito.

Il suo cuore corre.

Voleva dirgli ciao? Gli avrebbe detto il suo nome lei stessa se solo lui avesse chiesto? Si era chiesta come suonasse la sua voce?



Il giorno seguente lui vaga per Cokeworth sulla motocicletta di Sirius, mettendo assieme un puzzle con i vari pezzi della sua macchina fotografica – la macchina di Lily – mezzo sciocco, mezzo speranzoso.



La trova di pomeriggio buono.

Beh, non la trova. Individua il giusto palazzo dopo un bel po' di ispezione nella zona, impara che il suo cognome è Evans, impara che abita nella stanza 326 di Stardust Hall.

Tranne che ormai non ci abita più.



Hai trovato la ragazza del treno?” Sirius chiede quando James, che ha appena parcheggiato, passa per riportargli la moto.

James si toglie il casco, lo allunga a Sirius. Sorride al niente oltre la spalla dell'amico e si passa una mano tra i capelli già arruffati. “Circa.”

Sirius ghigna. “Non vedo l'ora di incontrarla,” dice, lasciandogli una pacca sulla schiena. “Sei fottutamente cotto.”



E' seduto sul bordo del letto, girando e rigirandosi la macchina fotografica in mano. Non riesce a dormire.

C'è l'immagine di lei che si allontana, con quella scatola di cose e il piccolo sorriso sulle labbra e quell'ultima occhiata rammaricata che lo uccide, e ha superato le immagini che i sogni hanno rubato alla macchina.

Lily.

Con un gemito, crolla nel letto, a braccia aperte, e fissa il soffitto. La macchina fotografica rimbalza dalle sue dita sul materasso.

Lily Evans.

La notte filtra dalle finestre, e la sua mente sta decidendo. Piuttosto all'improvviso, si alza, afferra gli occhiali e il cellulare dal comodino, e compone il numero di Sirius.

Lui ha a malapena urlato in un sussurro il proprio rimbrotto -meglio che sia qualcosa di fottutamente buono, Potter- quando James dice (mezzo sciocco, mezzo speranzoso): “Partiamo per Parigi.”


  
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