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Autore: leila91    25/08/2014    12 recensioni
Con questa piccola fanfiction, volevo provare a raccontare la mia versione della storia d'amore tra Faramir Tuc e Cioccadoro Gamgee.
Ho sempre amato questa idea di Tolkien di unire le famiglie di Sam e Pipino, ed ecco cos'è saltato fuori :)
Enjoy!
[Eventi Post LOTR | New Generation Hobbit | Old!Faramir | Old!Eowyn]
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cioccadoro Gamgee, Eowyn, Faramir, Faramir Tuc, Sam
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Shire Folk'
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Nda: ok lo so, mi starete odiando per il ritardo, e forse finito il capitolo mi odierete ancora di più…argh no spero di no, comunque buona lettura ci vediamo laggiù ^^
 
BUONI PROPOSITI, FRASI A SPROPOSITO

                          
“Ѐ tornato, è tornato, è tornato…”
 
Due semplici, e allo stesso tempo però sconcertanti parole, continuavano a rincorrersi all’infinito nella mente di Goldilocks Gamgee, rendendo sorda la ragazza a qualunque altro pensiero.
“Sorellona? Gold, ti senti bene?”
La giovane si voltò verso Rosie, che la osservava leggermente perplessa.
“Hai detto qualcosa Rose?”
“Ti ho solo chiesto se stessi bene. Mi sembri così distratta… non sei felice che Faramir sia tornato?”
“Oh! Ma certo… certo che ne sono felice” le rispose Goldilocks, sforzandosi di usare un tono sicuro, ma che non risultò convincente neppure alle proprie orecchie.
“Scusa Rose, devo… devo uscire un momento!” proseguì poi.
“Ma sei appena tornata!” le urlò dietro la sorellina. Ma Gold era già lontana.
“Bah! Chi la capisce è bravo”, borbottò tra sé Rosie, guardandola allontanarsi.
“Oh, ma certo! Che sciocca che sono!” si disse poi all’improvviso, come colpita da una rivelazione. “Dev’essere andata a trovarlo! Sì, sì di sicuro è così!”
E, fiera della sua intuizione, rientrò gongolando in casa.
 
 
Goldilocks attraversò tutta Hobbiville a passo spedito, incurante di qualunque cosa incontrasse sul suo cammino. Non si accorse di suo fratello Frodo, che, seduto assieme ad altri giovani fuori da una taverna la salutò sventolando le braccia; né di alcune amiche di sua madre con le quali in genere amava intrattenersi.
Ignorò completamente il gruppetto di Hobbit capeggiate da Bell, le cui critiche e malignità nei suoi confronti si erano alquanto inasprite, da quando Gold era diventata una guaritrice.
Probabilmente, sarebbe rimasta indifferente persino se fosse apparso all’improvviso uno di quei famosi Olifanti di cui amava spesso parlare suo padre!
Poi, senza alcun preavviso, si fermò di colpo, rendendosi conto tutto a un tratto di avere intrapreso inconsciamente la strada per Tucboro.
 
“Beh, che ti prende ragazza mia? Perché ti sei fermata? Non è lì che volevi andare forse? Ѐ quello che si aspettano tutti, no? Ѐ quello che certamente si aspetta Lui”.
 
Oh, sì! Non faticava affatto ad immaginarselo: fiero e raggiante nei colori di Gondor, arrivare in groppa a Forhain, con quel suo solito sorrisetto compiaciuto. Quel maledettissimo, adorabile sorrisetto, che ogni volta sembrava avere il potere di far crollare ogni sua difesa. Quanti scherzi e quante discussioni era riuscito a farsi perdonare in quel modo.
“Ma non questa volta!” si disse la giovane, risoluta.
Troppo a lungo e troppo amaramente, aveva atteso invano sue notizie. Per più di sei mesi aveva combattuto la lontananza e quell’opprimente e famigliare peso che sentiva sul cuore. Umiliandosi ad aspettare un semplice cenno di considerazione; sognando ingenuamente che Faramir le scrivesse di raggiungerlo a Minas Tirith perché si era accorto di sentire troppo la sua mancanza.
Lo aveva scusato a lungo e in ogni modo possibile, e ora tutto ciò che provava era pura e semplice rabbia. Verso di lui e il suo comportamento, ma ancor di più verso sé stessa. Rabbia per le sue sciocche illusioni… rabbia per tutto il tempo sprecato… rabbia per la sua debolezza. Debolezza che sentiva di non avere ancora sconfitto nonostante tutto l’impegno ed i buoni propositi, e che, temeva la giovane, l’avrebbe portata a cedere ancora una volta.
Non era pronta a incontrarlo, non ancora, questa era la verità. Non poteva recarsi a Tucboro e comportarsi come se nulla fosse accaduto… come se tutto andasse bene… perché così non era dannazione!
No, tutto ciò di cui sentiva di avere bisogno al momento, era del tempo per schiarirsi le idee. Un posto tranquillo per pensare… immaginare un’ipotetica conversazione, prepararsi un discorso…
Sì, questa volta non le sarebbero mancate le parole, avrebbe saputo esattamente cosa dire, e come rispondere!
E non sarebbe stata lei a cercarlo! Non oggi, nossignore!
Non era più la piccola e suggestionabile Hobbit, che Faramir aveva lasciato un anno prima! E presto, quel testone di un Tuc se ne sarebbe accorto!
 
                     ******
Faramir non ricordava di aver mai mangiato così di gusto in tutta la sua vita.
A malapena consapevole di sembrare un uomo a digiuno da mesi, divorava voracemente e senza pudore alcuno lo spezzatino con patate che sua madre gli aveva preparato. Non rammentava affatto che fosse sempre stato così buono! E da quando il ‘Vecchi Vigneti’ aveva un aroma così dolce?
 
“Giorni celesti! Ma non ti hanno dato da mangiare in quest’ultimo anno?” gli chiese Diamante con un espressione leggermente preoccupata.
“Lasciami indovinare!”, ridacchiò invece Pipino, “A Gondor non hanno mai sentito parlare della seconda colazione”.
“Già, avresti dovuto avvertirmi”, rispose allegramente Faramir stando al gioco. “Ѐ favoloso mamma. Non ricordavo lo preparassi così bene” aggiunse poi rivolto a sua madre e riferendosi allo spezzatino.
Diamante sorrise compiaciuta. “Ѐ bello riaverti a casa tesoro”, rispose semplicemente.
“Ma sono sicuro che ci sia qualcuno ancora più felice di te, cara”, ghignò suo marito, “Qualcuno il cui nome inizia per Gol-”
“Peregrino!” lo ammonì lei in tono brusco.
“Che c’è? Non mi sembra certo di aver svelato un segreto. Sei già passato a trovarla Faramir?”
“Veramente no…”, rispose borbottando l’interpellato, le guance lievemente arrossate.
“Beh, ma certamente l’avrai avvisata del tuo arrivo, no?”
Il giovane non rispose e distolse lo sguardo.
“Faramir, non posso crederci! Ma perché mai-”
“Basta così!”, intervenne nuovamente Diamante, con un tono perentorio, e rivolgendo a suo marito uno sguardo eloquente che sembrava dire: “Non capisci proprio nulla di queste faccende”.
“Raccontaci ancora di dama Eowyn tesoro. Sembra davvero una donna meravigliosa”, disse poi, cambiando completamente argomento, “Purtroppo non avevo avuto il piacere di conoscerla, anni fa.”
Faramir l’accontentò volentieri, lieto di poter riportare il discorso su Gondor e sulle tante avventure vissute lì durante l’anno appena trascorso. I racconti delle sue peripezie assieme ai principi, Bergil, e a tutti gli altri soldati, intrattennero e divertirono i suoi genitori per il resto della cena.
 
 
 
                                                                                ******
Il cielo era incredibilmente sereno quella sera; l’aria frizzante, ma non ancora pungente. Così, quando più tardi Pipino propose una tranquilla fumata sotto le stelle, Faramir accettò di buon grado.
Padre e figlio, armati di pipa e di Vecchio Tobia, si recarono sul retro della casa. Il giardino era quasi completamente buio: l’unica fonte d’illuminazione proveniva dalla finestra della cucina, dove Diamante stava finendo di rigovernare i piatti.
I due si sedettero su un vecchio tronco di quercia, che a lungo era stato usato come panchina in simili occasioni, e al quale la famiglia Tuc era particolarmente affezionata.
Per quel che ne sapevano era sempre stato lì, fin da quando erano venuti ad abitare in quella casa. Durante i suoi primi anni di matrimonio, Pipino l’aveva spesso condiviso con Sam, Merry, il buon vecchio Fredegario Bolgeri (che tutti avevano sempre chiamato Grassotto) e naturalmente Diamante. Su quel tronco, una sera d’estate, sua moglie gli aveva rivelato di aspettare un bambino; su quel tronco, anni dopo, quello stesso bambino aveva imparato a saltare la cavallina e a saltellare su un piede solo.
Sempre lì poi, una volta cresciuto, aveva appreso da suo padre come fumare una pipa e come riconoscere la qualità di erba migliore.
Il vecchio tronco era stato testimone silenzioso e discreto di molti meravigliosi racconti; nel suo legno erano custoditi gelosamente diversi segreti: i turbamenti, le preoccupazioni, i desideri che il giovane Faramir aveva condiviso con suo padre nel corso degli anni… di tutto ciò la fedele quercia aveva memoria.
 
Per alcuni istanti regnò il silenzio fra i due Hobbit, totalmente assorbiti dallo sforzo e dalla concentrazione che richiedeva il creare anelli di fumo.
Pipino, che aveva dalla sua parte anni di esperienza, ben presto si stancò dei semplici cerchi e provò a produrre figure più elaborate.
I richiami in lontananza di una vecchia civetta, uniti al frinire di alcuni grilli, erano gli unici suoni in sottofondo quella sera.
 
Fu Faramir a rompere il silenzio.
“Avevo dimenticato quanto fosse tranquillo qui. E come si vedono bene le stelle!”
Pipino annuì: “Ѐ sempre così quando ci si allontana per molto tempo da casa. Al nostro ritorno ogni cosa ci sembra diversa, quasi come se la vedessimo per la prima volta”.
Quest’ultima affermazione sembrò fornire a Faramir l’appiglio che cercava per fare a suo padre una domanda che lo tormentava da quella mattina.
“Sai… ormai credo di conoscere le tue avventure e i tuoi viaggi praticamente meglio di te!”, disse con un sogghigno, “Oltre ai tuoi racconti, ne ho sentito parlare tanto da mastro Sam…Aragorn…sire Faramir! Ognuno di loro mi ha raccontato di momenti diversi della vostra avventura e mi ha dato la sua personale versione. Ma c’è una parte della storia che solo tu conosci, e su cui non ti sei mai soffermato a lungo…”
“Parlami del tuo ritorno a casa padre”, continuò il giovane.
“Il mio ritorno a casa?” chiese Pipino, alzando un sopracciglio.
“Sì”, ribadì Faramir annuendo, “Com’è stato riprendere la tua vecchia vita? Tornare in un posto come la Contea dopo tutto ciò che di bello e terribile hai visto accadere? Dopo aver scoperto quanto sia grande… e maestoso… e tremendamente bello il mondo! Come diavolo sei riuscito a riabituarti a tutto questo?!” esclamò gesticolando e indicando attorno a sé. Mentre parlava si era accalorato, gli occhi brillavano e aveva le guancia arrossate.
 
Pipino lo guardava pieno di meraviglia: suo figlio era cresciuto a quanto pareva! Incredibile quanto a volte, un semplice anno lontano da casa, potesse cambiare così radicalmente una persona. Ma davvero ne era così sorpreso? Non era forse ciò che aveva visto accadere a sé stesso? Al buon vecchio Merry, a Sam… A Frodo? Specialmente a Frodo! La sconvolgente e strabiliante avventura che avevano condiviso li aveva segnati tutti, chi più, chi meno, inutile negarlo. Non si può pretendere di uscire indenni da un’esperienza del genere. Prima o poi ci si dovrà fare i conti.
 
Il suo ritorno a casa…
 
Avevano trovato una Contea assai diversa, da come l’avevano lasciata all’inizio del Viaggio. Pipino rabbrividiva ancora al pensiero: ingenuamente convinti che il Male fosse ormai solo un lontano ricordo, che non li aspettasse nient’altro che pace una volta tornati a casa, avevano scoperto che casa quasi non esisteva più! Le diavolerie di Sauron erano giunte fin lì: Mordor si era insinuata persino nella bella e pacifica dimora dei Mezzuomini e nel cuore di alcuni suoi abitanti.
Un’ultima battaglia, un’ultima cavalcata per la libertà, e finalmente la guerra ebbe davvero termine.
Sam si era poi accasato quasi subito, lui e Merry avevano invece impiegato più tempo, ma infine anche loro avevano messo su famiglia, e pian piano tutto era sembrato tornare  alla normalità. Già, sembrato! Mai parola fu più azzeccata. Perché ci si poteva illudere quanto si voleva, ma nulla sarebbe mai davvero tornato come prima. Tutto è come lo avevi lasciato, eppure è diverso, perchétu sei diverso. Il tuo sguardo sulle cose è cambiato. Il problema sta nel capire se in meglio o in peggio, pensava Pipino. Come poteva anche solo iniziare a spiegare queste cose a suo figlio, quando persino nella sua testa, c’era ancora una tale confusione?
Certo, avrebbe sempre potuto parlargli del dovere che sentiva di avere nei confronti di suo padre, il Conte Paladino, e verso quella carica che un giorno sarebbe passata a lui, in quanto unico maschio tra quattro figli. O dell’amore, verso quella riccia e spensierata fanciulla, che,  per chissà quale assurdo motivo, aveva commesso la pazzia di accettarlo come marito, rendendolo l’Hobbit più felice di Tucboro. O ancora dell’amicizia, che lo legava e lo lega tuttora ai suoi compagni di avventura. Tutti ottimi e validi motivi per restare, per ‘riabituarsi’, usando le stesse parole di suo figlio, alla sua vecchia vita. Ma a cosa sarebbe servito? Quelle erano le sue motivazioni, sebbene non le uniche, e forse nemmeno le più importanti. No, questa volta non avrebbe potuto aiutarlo. Questa volta, la risposta che Faramir cercava, avrebbe dovuto trovarla da solo.
“Sai bene cosa sia successo al mio ritorno figliolo”, disse poi ad alta voce, dando vita ai suoi pensieri, “E come ogni mia decisione presa da allora, mi abbia condotto fino a qui, con te, con tua madre, e la mia attuale carica. Non rimpiango nulla, e tornando indietro rifarei ogni singola scelta, persino quelle sbagliate, perché tutte, nessuna esclusa, mi hanno reso chi sono ora.”
Faramir borbottò qualcosa che suonava molto come ‘questo non risponde alla mia domanda’ .
 
Pipino sorrise e proseguì: “Mi dispiace Faramir, ma temo proprio di non poterti aiutare questa volta. Sebbene tu l’abbia posta a me, questa domanda è in realtà rivolta a te stesso e tu lo sai. Io non posso rispondere al tuo posto… Conosci già tutto quello che c’è da sapere, di più io non saprei che altro dirti. Pretendi forse che possa insegnarti un metodo, un trucco per riadattarti alle vecchie abitudini senza troppi traumi? Non esistono delle regole da seguire figliolo! La vita la impari vivendo! Io non posso farlo per te...”
“Ma, su una cosa vorrei che riflettessi seriamente ragazzo mio”, proseguì poi con un tono più dolce, “Se tutto ciò che hai passato… se le bellissime esperienze che hai vissuto non ti sono servite per capire di più chi sei e cosa vuoi veramente… per acquistare un nuovo sguardo su tutto ciò che ritenevi scontato e ordinario… allora che senso hanno avuto? Non credi che a questo punto si sarà trattato solamente di un anno di vita sprecato? Qualcosa che ti porterà unicamente rimpianti per tutto il tempo a venire?”
“Pensaci Faramir”, lo esortò nuovamente Pipino, prima di spegnere la pipa e rientrare in casa.
 
Il giovane, attonito, rimase da solo seduto sul tronco. Le parole di suo padre gli erano giunte assolutamente inaspettate. Tutto si sarebbe aspettato, fuorché una risposta del genere. Pipino non gli aveva fornito una soluzione, una formula magica per scacciare via i dubbi e le paure; al contrario lo aveva posto di fronte a una sfida, trattandolo finalmente da uomo e non più da ragazzo.
 
Capire chi sei e cosa vuoi veramente..
 
Goldilocks. Un solo nome, una sola persona, era stata il filo conduttore dei suoi pensieri durante tutto quel tempo, a volte inconsciamente, altre in maniera più evidente. Si era comportato male nei suoi confronti, ma ora era arrivato il momento di parlare apertamente.
 
Basta nascondersi. Suo padre aveva ragione.
Sarebbe corso ad Hobbiville di volata, il mattino seguente!
 
 
 
                                                             *******
 
Continuare a nascondersi non aveva senso, pensava tra sé Goldilocks. Si stava comportando da sciocca e da persona infantile. Prima lo avrebbe affrontato, meglio sarebbe stato per tutti; non poteva certo passare il resto della sua vita a ignorarlo. Alla malora il suo maledetto orgoglio! Sarebbe andata a Tucboro quella mattina stessa.
 
 
La giovane uscì di casa indossando il suo vestito migliore, la spilla di Lothlorien appuntata sul petto. Mentre camminava, continuava a ripetersi mentalmente il piccolo discorso che si era preparata il giorno prima.
Respira Gold, respira. Stai solo andando a trovare un amico che non vedi da un anno. La cosa peggiore che potrebbe accadere è che per lui le cose non siano affatto cambiate, ma meglio saperlo subito no? Devi rischiare, o lo rimpiangerai per sempre.
 
Era quasi arrivata al grande spiazzo al centro del paese oramai, quando vide qualcosa che la colpì al cuore.
 
 
Faramir entrò ad Hobbiville in groppa a Forhain con aria trionfante. Tutti gli lanciavano occhiate piene di stupore ed ammirazione, e questo non poté non stuzzicare la sua vanità. Si godette appieno quei momenti di gloria alquanto compiaciuto, ignorando una vocina interiore che gli ripeteva di non perdere tempo a pavoneggiarsi e che suo padre e sire Faramir non avrebbero approvato un simile comportamento. Men che meno Eowyn!
Ma non riusciva a farne a meno, essere ammirato dalla gente era così inebriante!
All’improvviso si trovò circondato da un gruppetto di ragazze dallo sguardo adorante, tra cui riconobbe l’odiosa Bell, la giovane Hobbit che tanto amava tormentare la sua Gold.
“Faramir! Allora è vero quello che si dice in giro, sei tornato!” cinguettò lei. “Sei diventato davvero attraente lo sai?” continuò con un atteggiamento civettuolo, subito imitata dalle compagne.
Il giovane non sapeva bene come comportarsi: avrebbe tanto voluto trovare un modo di svincolarsi da loro, per correre subito a Casa Baggins, ma quelle sciocchine lo avevano completamente attorniato e continuavano a intontirlo di domande senza neanche attendere le risposte, ridacchiando senza posa. Ben presto, pur senza volerlo, l’Hobbit si ritrovò a conversare con loro e a ricambiare le loro insulse moine.
 
Finche non vide Gold.
 
La giovane era ferma al limitare dello spiazzo: i biondi e ricciuti capelli al vento, le guancia arrossate, un fiore dietro l’orecchio sinistro. Indossava un vestito turchese, sul quale, notò Faramir con gioia, era appuntata la spilla che le aveva lasciato. Era bellissima, quanto e ancor più di come Faramir la ricordasse.
Ma l’espressione nei suoi grandi e dolci occhi da cerbiatta, era ferita e amareggiata; la bocca dischiusa, come a voler dire qualcosa. Poi si voltò e si allontanò spedita.
Faramir riuscì finalmente a liberarsi delle ammiratrici indesiderate e la raggiunse di corsa.
“Gold! Gold, fermati non è come sembra!” esclamò, afferrandole il braccio.
“Lasciami andare ora, Faramir Tuc! Lasciami, oppure-”, sbraitò lei, divincolandosi.
Sciocca, illusa che non sei altro, urlava dentro di sé.
“Ti prego Gold, ascoltami! Io stavo venendo da te!”
“Ho perso troppo tempo ad ascoltarti Faramir. Un anno senza sapere nulla di te! Avevi promesso di scrivermi e mi avrai inviato sì e no un paio di lettere. Poi ritorni, senza nemmeno avvisarmi, e la prima cosa che ti vedo fare è il cascamorto con quelle… quelle-”
“Ѐ questo che pensi? Hai davvero un’opinione così bassa di me?!” la interruppe lui, il tono incredulo e profondamente deluso.
“Perché non me lo dici tu che cosa dovrei pensare?” sbottò Gold.
Quasi non riusciva a credere di essere davvero nel bel mezzo di una simile conversazione con Faramir, il suo Faramir! Finalmente aveva imparato a tenergli testa, a non farsi intimidire e imbambolare dai suoi ammalianti occhi verdi; ma il tipo di discorso che intendeva tenere con lui doveva essere alquanto diverso dannazione!
Ricacciò indietro le amare lacrime di frustrazione, che traditrici, cercavano disperatamente una via d’uscita: le cose non sarebbero dovute andare così!
“Allora?” chiese di nuovo.
“E che senso avrebbe? Ormai hai già deciso quello che preferisci credere!”, le rispose il giovane con tono sprezzante. Un tono che non gli apparteneva e che non intendeva certo usare in quel momento, ma era stato più forte di lui, e sebbene se ne fosse pentito non appena conclusa la frase, oramai il danno era fatto.
“Sei solo un codardo…” mormorò difatti Gold, la voce ormai spezzata. “E questa non ha mai significato niente per te” aggiunse ponendogli qualcosa tra le mani, prima di allontanarsi di corsa.
 
Faramir la lasciò andare via, senza riuscire più a dire nulla: a quanto pareva, era solo capace di peggiorare le cose!
 Maledizione!  Com’erano giunti a quel punto? Possibile che fosse già tutto finito, ancora prima di iniziare? Cosa diamine lo aveva spinto a trattarla in quel modo?  Perché non era semplicemente riuscito a dirle ciò che provava davvero?
 
Doveva essere sempre così complicata la vita?!
 
Aprì la mano lentamente, pur sapendo già inconsciamente cosa Gold vi avesse deposto: la spilla di dama Galadriel.
 
 
 
Note:

Ehm…saaaalve ^^!
No avanti, ritirate quelle fionde, da brave!
Ok, mi scuso tantissimo per il ritardo e per tutta la suspense con cui vi ho lasciate ehehe, non era intenzionale (o forse sì uahahah- stai zitta!!)
Beh deliri e scherzi a parte, ci siamo quasi ragazze mie! Vi chiedo ancora un filo di pazienza e finalmente questi benedetti Hobbit avranno il loro lieto fine.
Voi non abbandonatemi neh ;)?
Spero con tutto il cuore che vi sia piaciuto anche questo capitolo, e che con tutti questi momenti d’introspezione non sia risultato troppo lento o pesante…il dubbio un po’ mi è venuto, ma ne avevo bisogno (dei suddetti momenti) per la storia.
E veniamo come al solito a ringraziamenti ^^
Per prima cosa sappiate che è stato un parto trovare un titolo buono per questo chapt, e ringrazio Carol con tutto il cuore per avermi aiutata. Senza di te probabilmente l’avrei pubblicato senza titolo.
Andando con ordine ringrazio poi Missing23, Evelyn80, Kano_chan, Melianar, Xingchan, Mirime8 ed Anuen per le vostre bellissime recensioni ^^.
Ne sono onorata, mi danno una carica pazzesca.
Grazie a chi mi preferisce/ricorda/segue ^^.
Grazie a tutti coloro che silenziosamente continuano a leggere e passare di qui!
Non conosco i vostri nomi se no vi ringrazierei di persona xD.
Grazie a Marta per la sua pazienza e l’aiuto.
Alla prossima cari, se qualcun’altro vuole unirsi alla festa è più che benvenuto =)
 
 
 
 
   
 
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