Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: __storm    25/08/2014    9 recensioni
Spencer gli aveva detto addio. L'aveva fatto quella gelida mattina di novembre, afferrandolo per il colletto della camicia bianca ormai sgualcita, spingendolo ripetutamente verso la porta e urlandogli contro di non voler vedere mai più la sua faccia da bastardo.
[...]
E se lei anche solo per un istante avesse pensato di essersi liberata di Zayn, allora si era sbagliata di grosso. E l'aveva capito quando aveva stretto tra le braccia tremanti quella bambina così piccola.
L'aveva capito quando l'aveva osservata per bene, scrutandone il colore ambrato della carnagione, gli occhi castani e i capelli neri e si era resa conto che lei era l'esatta copia di suo padre.
L'aveva capito quando Amber era cresciuta e in ogni movenza le faceva ricordare di lui.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
(Epilogo.)
 
Nelle lunghe attese fra di noi,
io
non ho confuso mai
braccia sconosciute
con le
tue.

 
Due anni dopo
 
«Voglio invitarlo al mio matrimonio.» Aveva accennato Cassie una di quelle sere monotone, con il calice di vino bianco in mano, il piatto con la cena ancora fumante davanti e la paura della reazione di Spencer. Le luci erano spente, l’unica fonte d’illuminazione proveniva dai lampioni in strada ed erano di tanto in tanto i rumori delle auto a riempire la stanza. E faceva freddo, ma Spencer era certa che il brivido che le corse lungo la schiena non era dovuto alla bassa temperatura.
Aveva tossito violentemente, sputando l’acqua che le era andata di traverso e sgranando gli occhi. «Cosa? Non pensarci nemmeno» aveva detto, puntandole contro l’indice con fare minaccioso e cercando di sembrare autoritaria, nonostante negl’occhi si leggesse la muta supplica di non farlo.
Cassie, che aveva già previsto una conversazione simile, alzò gli occhi al cielo e bevve un sorso di vino come a volersi incoraggiare. «Non mi sembra di aver detto che puoi decidere, domani gli spedirò l’invito» dichiarò, afferrando la forchetta con nonchalance e cominciando a mangiare sperando inutilmente di aver già concluso il discorso.
Spencer, incredula, la fissava dall’altro lato del tavolo con l’aria di chi ha subito un tradimento e, in un primo momento, non sa come reagire. «Sei impazzita? –domandò retoricamente, non ricevendo risposta– che diavolo c’entra lui con il tuo matrimonio?» sbraitò, alzando le mani a mezz’aria con fare nervoso.
Come risposta, Cassie emise un sonoro sbuffo impazientito. «Ci terrei a ricordarti che sei tu quella che ha chiuso ogni tipo di rapporto con lui, non io!» esclamò con fare ovvio, guardandola con la poca pazienza di chi non ha alcuna intenzione di cominciare una discussione.
Ma Spencer sgranò gli occhi, scoppiando in una risata isterica. «Sei seria?»
«Ti sembra che io stia scherzando?» chiese, con il tono di chi non ammetteva repliche, di chi non avrebbe cambiato idea poiché prima di prendere tale decisione ci aveva riflettuto a lungo.
Spencer scosse il capo, non ancora rassegnata. «Ci hai pensato almeno a come mi sentirò quando lo rivedrò?» E forse, infondo, nemmeno lei lo sapeva come avrebbe reagito nel momento in cui avrebbe incontrato quegli occhi dopo tanto tempo trascorso a maledirli. Non l’avrebbe ammesso mai, perché neppure lei ne era a conoscenza, ma il pensiero di poter sentire ancora una volta il suo profumo non era per nulla un dispiacere. 
Scoppiò a ridere, Cassie, scuotendo il capo con fare divertito. «C’è il rischio che tu possa svenire? –la prese in giro, ricevendo un’occhiata infuriata in risposta– in tal caso, ci sarà da divertirsi.»
Spencer fece per aprir bocca e rispondere a tono, ma tutto ciò che uscì fuori fu un lamento infastidito, arrabbiato. Si alzò di scatto e «Vaffanculo!»
 
Quando Spencer l’aveva visto in chiesa, con i capelli più corti e la barba più lunga, in smoking e con la mano destra ormai completamente tatuata, perse un battito. E le sembrò di riviere la scena vissuta alcuni anni prima, quando lui era tornato dall’Italia e da quel momento in poi aveva stravolto la sua vita per poi andarsene ancora una volta. Ma era sempre bello, di quella bellezza che a parole non si può spiegare. Più bello di quanto lei stessa ricordasse.
«Ciao» la salutò, sempre apparentemente calmo e privo di qualsiasi emozione. E quegli occhi erano più scuri, più profondi. Quel viso più rilassato, pacato. Lui stava bene.
Spencer si chiese, in quei pochi istanti che impiegò per reagire, quanto tempo era trascorso dall’ultima volta che si erano rivolti la parola. Quanto tempo era trascorso dall’ultima volta che si erano guardati negli occhi, dall’ultima volta che si erano toccati. Lei non rispose, lo guardò con indifferenza e tentò di apparire calma anche quando, stringendo la sua mano a mo’ di saluto, avvertì una scarica elettrica scuoterla freneticamente da capo a piede.
Non si rivolsero un solo sguardo durante tutta la funzione, nonostante la tentazione di guardarsi e scambiare qualche parola fosse quasi impossibile da resistere. Eppure Zayn non riusciva a smettere di pensare a quanto bella fosse avvolta nell’abito grigio lungo fino alle ginocchia, con i diamanti luminosi incastonati sul petto e i capelli mossi che le cadevano elegantemente sulle spalle nude. Il trucco marcato, le unghia perennemente laccate di rosso e un aria spensierata che non le aveva visto quasi mai.
Durante tutto il tempo trascorso lontano da lei, non aveva mai pensato di averla dimenticata, di essere andato avanti. Zayn si era rassegnato all’idea di appartenere a lei eternamente anche prima di andarsene. E sarebbe potuto restare, ma non l’aveva fatto. Perché lui era sempre stato una di quelle persone che fanno tutto sbagliato, che se ne vanno quando c’è solo da restare, che non fanno altro che pentirsi dei propri errori. E silenziosamente, fingendo d’interessarsi alla funzione, egli si domandò quand’è che avrebbe smesso di sbagliare.
Per Spencer le cose erano andate diversamente. Per un certo periodo, prima che Cassie le rivelasse di aver invitato definitivamente Zayn al proprio matrimonio, ella aveva creduto seriamente di averlo dimenticato. Aveva riso al ricordo di aver pensato di non farcela senza di lui. Aveva brindato alla prima sbronza dopo di lui, alla prima uscita con gli amici dopo di lui, al primo appuntamento ricevuto dopo di lui, al primo bacio dato dopo di lui, alla prima volta che aveva fatto sesso dopo di lui, alla prima volta in cui si era svegliata e non aveva sentito la sua mancanza. Aveva brindato alla prima volta che l’aveva pensato come un ricordo, alla prima volta in cui si era augurata che lui stesse bene poiché ormai non provava più nulla per lui, nemmeno rabbia.
Poi guardandolo era crollato tutto. Come se non fossero servite a niente tutte quelle notti insonni ad aspettarlo, ad attaccarsi col naso alla finestra nella speranza di vederlo arrivare da lontano, con il fiatone e i capelli spettinati. Era bastato poco per far crollare tutta la convinzione che senza di lui si poteva vivere ugualmente, che Zayn per lei non era fondamentale, che i suoi giorni valevano qualcosa anche se lui era scappato e non sarebbe tornato mai.
Alla fine, Spencer una conclusione ce l’aveva: dall’amore, quello vero, non ci esci mai.
 
I festeggiamenti erano impeccabili, tutto si svolgeva secondo i piani. Cassie era bellissima, Liam lo stesso. Il cibo era delizioso. La musica piacevole, i giochi travolgenti. Amber non si era staccata un solo istante da suo padre, riempiendogli la stessa con tutto ciò che le era accaduto negli ultimi due anni senza di lui, nonostante gliel’avesse raccontato durante le loro lunghe videochiamate quotidiane, nelle quali Spencer s’allontanava il più possibile per evitare anche di sentire la sua voce.
«Ancora non ci credo…» mormorò Cassie, rivolgendo un’occhiata veloce alla sua migliore amica.
Spencer sorrise, felice per lei e per il fatto che fosse riuscita a trovare una certa stabilità. «E così mi lasci sola» disse, liberando un lieve sospiro. Nonostante tutto, non sapeva come avrebbe fatto a sopravvivere senza la presenza costante di Cassie.
Quest’ultima nell’ascoltare quelle parole parve sciogliersi letteralmente. «Non dormirò più nella stanza accanto alla tua e non mi avrai davanti ventiquattro ore al giorno, ma non vuol dire che sarai sola. –Le disse, guardandola con una dolcezza che non le apparteneva affatto– non lo sarai mai» la rassicurò.
Istintivamente, Spencer la abbraccio. E solo in quel momento si accorse di aver dimenticato quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che l’aveva stretta così forte e se mai, prima di quel momento, le avesse detto cosa provava per lei. «Ti voglio bene» rivelò.
Cassie fece per risponderle, ma venne interrotta da Harry che, con quel suo fare curioso da impiccione, si avvicino e disturbò l’unico momento di quella giornata in cui avevano avuto l’opportunità di stare un po’ da sole. «Allora? Te l’ha detto dove ti porta in viaggio di nozze?» domandò con eccitazione.
Le due scoppiarono a ridere. «Non ancora –rispose la sposa– vuole che sia una sorpresa…»
Harry sbuffò e, poco dopo, anche Zayn si avvicinò a loro, puntando lo sguardo solo ed esclusivamente su Cassie. «Allora, pel di carota in abito da sposa, chi l’avrebbe mai detto?» La prese in giro.
«Malik –cominciò lei con tono minaccioso, puntandogli contro un dito –non chiamarmi in quel modo, potrebbe finire molto male.»
E risero tutti, tranne Spencer che si limitò a voltare le spalle ai tre e uscire in terrazza, bisognosa di prendere una boccata d’aria fresca. Che cosa sarebbe stato della sua vita se Zayn, anziché partire, sarebbe andato da lei? Non fece altro che porsi quella domanda per i successivi dieci minuti, fantasticando su quanto probabilmente sarebbe accaduto. E quanto sarebbe stato bello.
Poi, a passo lento e silenzioso, con una bisognosa dose di coraggio, lui le si avvicinò e si appoggiò con la schiena alla ringhiera. «Che stai facendo?» domandò.
La sentì trattenere il fiato e infine sospirare mentre, con i gomiti sulla ringhiera, teneva il capo alto e guardava il cielo senza vederlo davvero. «Avevo bisogno di stare un po’ da sola» rispose.
«Ah –mormorò Zayn, che in un certo senso si sentì di troppo– allora ci vediamo dentro» disse, facendo per andarsene.
Spencer gli appoggiò una mano sul petto, trattenendolo. E i loro sguardi finalmente s’incrociarono. «Resta. –lui, senza fiato e scosso per quel contatto banale, annuì leggermente. Dopo i successivi secondi d’imbarazzante silenzio, lei distolse lo sguardo e prese parola– che hai fatto in questi due anni?» gli chiese.
Lui alzò le spalle, come se non ci fosse nulla di particolarmente importante da spiegare. «La solita vita» rispose.
A quella risposta, inevitabile e previsto fu il sorriso che si formò sulle labbra della ragazza. «“E per solita vita intendi bere fino a vomitare, sniffare fino a perdere i sensi e scopare fino a rischiare di avere un attacco cardiaco?”» imitò le virgolette con le mani, con il sorriso sulle labbra e senza smettere di guardarlo.
Zayn rise. Una risata breve ma intensa, gli occhi che brillavano e il fiato corto. Era felice. «Credo di averla già vissuta questa scena» commentò con ironia, ricordando la prima sera trascorsa assieme quando era tornato, alcuni anni prima.
Spencer ridacchiò. O almeno ci provo. «Già.» E distolse lo sguardo, ormai incapace di reggere quel contatto visivo. Faceva sempre un po’ male il ricordo di quel che era stato e che ormai non c’era più.
Seguirono minuti di profondo silenzio, che nessuno dei due accennava a interrompere fino a quando, con un po’ di coraggio, Zayn riprese parola. «Credi che un giorno, anche lontano, riuscirai a perdonarmi?» E la naturalezza con la quale le pose quella domanda disarmò perfino se stesso che, nonostante apparisse calmo, stava combattendo contro la malsana voglia di sbatterla al muro e baciarla forte. Baciarla fino a dimenticare il dolore degli ultimi anni. Il dolore che da sempre si erano provocati a vicenda.
Ma Spencer l’aveva fatto già tempo prima, così si limitò a spostarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e «Sì. Credo di sì» rispose soltanto, nascondendo l’uragano che si stava scatenando velocemente dentro di lei. Zayn, dopo così tanti anni e nonostante la tanta esperienza, le faceva sempre lo stesso effetto. E si sentiva una stupida, una ragazzina alle prime armi, una scolaretta innamorata. «Perché te ne sei andato?» chiese d’un tratto.
E lui rise senza traccia alcuna di felicità, in modo quasi inquietante. «Domanda di riserva? –ironizzò. Lei tacque, per niente divertita– Non lo so, Spencer, non lo so» rivelò, divenuto ormai serio.
Le si spezzò il respiro, in modo inevitabile. «Puoi ripeterlo?»
Zayn inarcò le sopracciglia e la guardò con fare stranito, non capendo a cosa si stesse riferendo. «Cosa?»
«Il mio nome» rispose velocemente.
Egli accennò un lieve sorriso, senza distogliere lo sguardo. Ammirava il suo profilo e desiderava di poter tornare indietro nel tempo per far andare le cose nel verso giusto, per poter avere la consapevolezza che in quel momento lei gli apparteneva. «Spencer.» E detto da lui era da sempre il suono migliore che lei avesse mai ascoltato.
Sospirò pesantemente, abbassando le palpebre con un certo fare malinconico. «Mi mancava sentirtelo dire» rivelò.
«A me mancavi tu…» E cadde il silenzio. Un silenzio devastante, in cui la confusione fa da padrona fra tutti quei sentimenti contrastanti. Dopo un po’, Zayn riprese parola. «So che dirtelo adesso non serve a niente ma voglio che tu sappia che ti ho amata davvero…» E lo disse lentamente, con l’inesperienza di chi certe frasi non le ha pronunciate mai.
Spencer lo interruppe prima che potesse dire qualsiasi altra cosa. Aprì gli occhi e sentì il cuore tremare quando, voltandosi per guardarlo, si ritrovò nel suo sguardo così sincero e così pentito. Come avrebbe potuto non credergli? E, soprattutto, come avrebbe fatto a non cedere alla tentazione di mandare al diavolo l’orgoglio, dimenticare il negativo e stringerlo forte? Semplicemente non poteva. «Lo so –sussurrò, con la voce spezzata– anch’io» ammise in seguito.
Lui deglutì, sistemandosi i capelli con un movimento veloce e quasi meccanico. In quel gesto, Spencer vide dell’impaccio e si trattenne dall’abbandonarsi ad un sorriso intenerito. «Mi dispiace di aver permesso che le cose andassero così, ma…»
Ancora una volta, Spencer lo interruppe. «Non dirlo» supplicò.
Stranito, Zayn la ignorò e continuò a parlare. «…se potessi tornare indietro, non commetterei così tanti errori» rivelò.
Con una dolcezza che non le apparteneva, Spencer lo guardò e accennò un sorriso spento, rassegnato, sconfitto. Perché Zayn non sapeva affrontare le situazioni e gli veniva naturale abbandonare tutto e scappare. L’aveva fatto troppe volte e l’avrebbe fatto per sempre, Spencer s’era rassegnata. «Io, invece, se potessi tornare indietro rifarei tutto allo stesso modo –Zayn le rivolse un’occhiata interrogativa– non ti rivelerei mai ciò che provavo per te, rifarei l’amore con te quella notte di cinque anni fa, ti guarderei partire senza dire una parola e sentirei la tua mancanza fino a star male da impazzire. Al tuo ritorno ti perdonerei ancora una volta e rifarei esattamente tutto ciò che mi ha portato a perderti e ad andartene di nuovo. Proverei il doppio del dolore che ho provato e anche il triplo, se solo fosse necessario.»
E non stava mentendo, Zayn glielo leggeva negli occhi lucidi che non avevano il coraggio di guardarlo. Non stava mentendo perché le tremavano le mani e, di tanto in tanto, la voce la abbandonava. «Perché?» Fu tutto ciò che poté chiederle a riguardo.
Non ci pensò due volte prima di rispondergli. «Perché ne è valsa la pena.»
Lui corrugò la fronte, stranito. «Non direi –mormorò, cercando di capirla– non siamo assieme adesso» le fece notare.
Spencer, dopo un tempo che a lui parve interminabile, si voltò a guardarlo. «Ma tu sei qui.» E le bastava quello.
«Sono qui perché Cassie mi ha…»
Lo interruppe. «È solo una coincidenza –disse, determinata– sei qui perché sei destinato a me. E anche se tu lo volessi, non puoi scappare dal tuo destino» spiegò con convinzione, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi neppure per un istante.
Zayn restò immobile, di sasso, senza sapere cosa dire o cosa fare o addirittura cosa pensare. Restò semplicemente fermo a reprimere il desiderio –mai forte come in quel momento– di stringerla a sé. E seguì un lungo silenzio, un silenzio non imbarazzante, fin quando lui non parlò. «Spencer –sospirò, trovandosi in difficoltà– perché mi fai quest’effetto?»
Lei sorrise, gioiosa e soddisfatta. Poi, fingendo di non aver compreso cosa lui stesse tentando di comunicarle, domandò: «Quale effetto?»
In risposta Zayn le prese la mano e la guidò sul proprio petto, premendola per farle sentire il battito cardiaco pericolosamente accelerato. «Questo –sussurrò– perché?» chiese ancora.
Tremante, Spencer abbassò il capo, si morse il labbro inferiore per reprimere un gridolino eccitato e non accennò neppure per un secondo a rompere quel contatto fisico tanto banale quanto desiderato. «Perché mi ami, Zayn.»
A sentire la naturalezza di quelle parole egli s’irrigidì, stranito dal fatto che lei avesse pronunciato proprio le parole che lui stesso stava pensando. Con timore poi, la spinse verso di sé e lasciò una carezza sulla sua guancia. Lieve, quasi impercettibile. Come se avesse paura di toccarla, di vederla rompersi sotto i propri occhi, come se Spencer non fosse reale e in realtà fosse tutto frutto della sua immaginazione. Ma lei era ancora lì, gli occhi vispi, le labbra dischiuse e la mano appoggiata ancora sul suo petto. «S-sì –balbettò– ti amo.»
Improvvise, dopo tanti anni passati ad aspettarle, quelle due parole erano arrivate. E l’avevano stravolta, spiazzata, devastata. Si sentì improvvisamente vuota, poi piena. Morta, poi viva. Stabile, poi fragile. Così confusa che dovette reggersi a lui per non cadere, tanto frastornata che si costrinse a chiudere gli occhi per qualche istante per poi riaprirli e scoprire che non si era immaginata nulla. «Dammi un pizzico» ordinò, seria.
Lui scoppiò a ridere, confuso. «Perché?»
Spencer alzò le spalle, impaziente. «Forse sto sognando.»
In risposta Zayn rise ancora e, velocemente, le mise una mano dietro la nuca e la spinse verso di sé per avvicinare i loro corpi, i propri visi. Spencer appoggiò le proprie mani sulle sue guance e nel momento esatto in cui le loro labbra si sfiorarono, qualcuno alle loro spalle tossì per attirare la loro attenzione e si staccarono di colpo, colti in flagrante. «Ehm… mi dispiace disturbarvi –mormorò Rachel, con l’aria seriamente dispiaciuta e un sorriso smagliante a decorarle il viso ingrassato a causa della gravidanza– ma è il momento della torta.»
Spencer rise, e Zayn si grattò la nuca con imbarazzo. «Arriviamo» disse, ricambiando lo sguardo complice di sua sorella, per poi tornare a guardare la ragazza di fronte a sé. «Grazie» E senza aggiungere altro le prese la mano, concedendo alle loro dita di intrecciarsi, e fece per rientrare ma lei lo trattenne.
«Per cosa?»
Lui sorrise. «Per avermi aspettato davvero.»


 
Spazio autrice.
Non so da dove cominciare, ma suppongo che un grazie sia d'obbligo. 
Grazie a chi ha sclerato e si è disperata con me,
a chi c'è sempre stata nonostante le lunghe attese
e ha sempre espresso il proprio parere.
Grazie anche a chi è stata presente silenziosamente
e mi auguro che almeno stavolta possa avere il piacere di conoscervi! 
Non mi sembra vero ma Zayn e Spencer sono finiti... in modo strano, certo, ma il lieto fine non manca. 
Perché ve lo siete meritate, ahah. 
Detto questo, sappiate che non ho intenzione di sparire
Credo che tornerò presto con un'altra storia.. 
Vi adoro,ancora grazie!
  
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: __storm