Serie TV > Orange Is the New Black
Segui la storia  |       
Autore: snowvic    26/08/2014    13 recensioni
"Piper Chapman ha nove anni quando vede Alex Vause per la prima volta." Traduzione di una fanfiction già esistente, ambientata in un AU che parte dall'infanzia e arriva alle superiori. Contiene riferimenti alla serie. Enfasi sul periodo delle superiori. Due capitoli. Il link dell'originale in inglese è: https://www.fanfiction.net/s/10466597/1/young-blood.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Piper Chapman
Note: AU, Lime, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Per il resto della giornata, aggrappata ad un precipizio, Piper fatica a non crollare. Le ci vuole tutta la forza che ha in corpo per resistere e non perdere la presa.
 
Ha dimenticato la C minacciosa sul resoconto di chimica. Ha dimenticato tutto eccetto l’espressione di Alex. Il ricordo è ovunque, denso e pesante nel suo stomaco, strettamente avvolto attorno alle sue vene, incastrato nella parte anteriore del suo cervello, trasformando tutto il resto in semplice rumore.
 
Alex, che sembrava aver ricevuto un calcio sul petto. Alex, lacrime trattenute che rendevano i suoi occhi così verdi da far male. Alex, dolorosamente familiare nella sua stupida giacca di finta pelle e stupida maglietta della band e stupide Converse con i lacci rossi.
 
Merda.
 
Piper rivede il momento, lo rivive, lo conosce come le sue tasche e, oggettivamente, non dovrebbe essere irreparabile. Ha detto qualcosa di stupido, una reazione esagerata nata dallo stress e la rabbia. Potrebbe chiedere scusa, fare marcia indietro, far finta che non sia mai accaduto.
 
Il problema è che il momento era impregnato di qualcos’altro: l’intangibile sensazione che, una volta lasciata la bocca di Piper, quelle parole non potessero essere più rimangiate. Come una verità non detta finalmente rivelata, come se quelle parole fossero state nascoste da mesi sotto la lingua di Piper come un’ulcera, prima di essere finalmente lasciate scivolare.
 
Ma la faccia di Alex.
 
Ad essere onesta, Piper non è tanto sorpresa da ciò che ha detto. È la reazione di Alex ad averla sconvolta.
 
Da un po’ ormai, forse anche più a lungo di quanto pensasse, Piper aspettava con ansia il momento in cui Alex capisse finalmente che lei non è niente di speciale, che è noiosa, sfigata ed estremamente debole. Aspettava che Alex tagliasse i ponti. Aspettava di essere ferita.
 
Non avrebbe mai immaginato di avere lei stessa il potere di ferire Alex.
 
È deprimente quanto sia stato facile.
 
Alex esce dalla sua vita senza sforzi; Piper non deve neanche provare ad evitarla. Da un bel po’ ormai, il tempo che trascorrevano insieme veniva pianificato o comunque richiedeva l’intenzione specifica di cercare Alex (e vice versa). I loro programmi giornalieri raramente si incontrano. Al massimo, se sua madre la manda al supermercato per qualcosa, deve guidare dieci minuti in più per raggiungere quello in cui Alex non lavora.
 
(Nel mese successivo, Piper vede Alex soltanto tre volte a scuola.)
 
Si immerge nelle parti della sua vita di cui Alex non ha mai fatto parte, tutte quelle costruzioni sociali e personaggi studiati. Fa finta di stare bene e i suoi amici a scuola non la conoscono abbastanza per capire il contrario.
 
(La prima volta è quattro giorni dopo il litigio. Piper è nel parcheggio prima di entrare a scuola, intorno alla BMW di Lane con altri ragazzi, il braccio di Jesse Campbell attorno alle sue spalle. Alex esce da un’auto che Piper non ha mai visto prima, guidata da una ragazza con le braccia ricoperte di tatuaggi, e lancia un’occhiata verso di lei. Per mezzo secondo si guardano, ma non c’è più niente negli occhi di Alex. Distoglie lo sguardo, come un’estranea.)
 
Piper prende B nel successivo test di chimica. Vince una partita di tennis. Lei e i suoi amici vanno al luna park e fanno molte foto per provare quanto sia stato divertente. Iniziano ad andare a casa di Jesse dopo le partite di football, a bere e guardare i ragazzi giocare ai videogiochi. Sua madre è così felice quando le dice che sarebbe andata a dormire a casa di Lane o Brooke che non le viene in mente nemmeno di indagare.
 
(La seconda volta è durante storia avanzata. Esce dalla classe per andare in bagno e quasi si scontrano all’entrata. Per un orribile istante pensa che Alex stesse piangendo – ha gli occhi rossi – ma poi, dopo essere stata spinta di lato, sente la scia dell’odore di erba che la segue.)
 
La mamma di Piper la informa di quanto sia fiera di lei ultimamente. Guarda la terribile squadra di football scolastica perdere la prima partita dell’anno e va al ballo con Jesse e gli altri. Quando vede le foto sviluppate, Piper riesce a malapena a guardare il suo sorriso finto e tirato. Riceve una A ad una relazione di chimica, tirando definitivamente fuori dal baratro il suo voto. Si iscrive ai test di ammissione del college.
 
(La terza volta dorme troppo ed è quasi in ritardo per la prima ora. Taglia quindi per il corridoio di scienze dove si trova il poco frequentato armadietto di Alex. Lei è lì, da sola, non sembra di fretta anche se i corridoi si stanno svuotando. Sta bevendo acqua da una bottiglietta, cosa che Piper è sicura non abbia mai fatto in vita sua e non può fare a meno di notare il dettaglio insolito. Alex beve un gran sorso e i muscoli della sua faccia si contorcono in una smorfia, Piper capisce che non è acqua.)
 
Un venerdì, dopo la partita di football, scopa Jesse Campbell nella sua camera, con i genitori addormentati nell’altra stanza e il resto dei loro amici ubriachi nella taverna. Quando finiscono, Piper è arrabbiata – con Jesse, con se stessa, con la falsa pubblicità che riceve il sesso – perché non ha fatto quello che avrebbe dovuto. Non si sente meglio, non si sente una persona più completa, non sembra che Jesse la conosca meglio, non si sente più vicina a lui. Vuole andare a casa.
 
(Poi non vede più Alex. Anche quando la squadra di tennis lascia la scuola a metà giornata per andare alle regionali. Il pullman costeggia il campo da baseball, Piper schiaccia la fronte sul finestrino e mette a fuoco gli studenti raggruppati sugli spalti, ma non riconosce né i capelli neri né la giacca bianca.)

“Piper, il telefono!”
 
Piper è nella sua stanza, a preparare gli appunti settimanali di storia, e sbuffa leggermente quando la voce di sua madre la raggiunge da in fondo alle scale. Probabilmente è Jesse che non riesce a smettere di parlare del fatto che i suoi genitori saranno fuori città quel week end, della festa che darà e che Piper può rimanere da lui (come se in passato la presenza dei genitori avesse fatto la differenza).
 
Si allontana dalla scrivania e raggiunge il telefono sul comodino, sedendosi sul bordo del letto.
 
“Si?”
 
“Piper? Sono Diane.”
 
Merda.
 
Piper si immobilizza: il suo stomaco sale verso i polmoni compressi dalla cassa toracica. Le ci vuole un momento per estrarre le parole dalla gola. “Oh. Uhm. Ciao. Ehi.”
 
“Speravo che avessi visto Alex questa settimana. Negli ultimi giorni, almeno.”
 
“Io –. No. Non l’ho vista.” Non negli ultimi giorni. Non nell’ultimo mese. Non le ho parlato per più di due mesi. Piper è stordita. “È tutto ok?”
 
“Beh, non la vedo da qualche giorno. Il che non è strano – siamo entrambe sempre fuori – ma c’erano un paio di messaggi in segreteria che dicevano che manca da scuola. Anche quello non è strano, ma di solito è abbastanza a casa da cancellarli. Ho anche chiamato il negozio e mi hanno detto che ha perso un paio di turni…” la voce di Diane si piega sotto il peso della preoccupazione e si affievolisce. Durante il conseguente silenzio, del reale terrore si diffonde nel corpo di Piper: ad Alex non frega niente di saltare la scuola, ma con il lavoro è diverso. Tiene molto allo stipendio.
 
“Dicono che non sia la prima volta,” continua Diane, la sua voce di nuovo ferma. “Quindi non penso che sia successo qualcosa. Mi preoccupa solo non sapere dov’è. Ultimamente non è se stessa.” Nella voce di Diane non ci sono accuse – infatti sembra quasi aver dimenticato che ci sia qualcuno all’altro capo del telefono -  ma Piper si sente in colpa e le viene la nausea. Alex dice tutto a sua madre, lo sa sicuramente. “Non hai idea di dove possa essere? O con chi?”
 
“No.” La sua voce risulta acuta e tremante, si morde il labbro e inspira profondamente. “Mi dispiace.” Mi dispiace tantissimo, merda, merda, merda. “Potrei…” Ma non sa neanche lei cosa può fare. Non sa chi chiamare, non sa dove andare.
 
Poi ci arriva.
 
“Esce con quelli del teatro,” suggerisce Piper rapida. “Ci sarà uno spettacolo tra un paio di giorni, sicuramente alcuni staranno facendo le prove dei vestiti… Potrei andare a scuola a chiedere.”
 
“Lo faresti?” Diane sembra così sollevata e la paura di Piper ritorna; se si preoccupa la mamma di Alex, la cosa è seria. “Grazie mille, piccola. Chiamami se scopri qualcosa.”
 
“Lo farò.” Le parole vengono sussurrate e ha un altro “mi dispiace” sulla punta della lingua, ma è sicura che, se lo dicesse ad alta voce, scoppierebbe in lacrime. “Ora vado.”
 
È quasi certa che le prove dei vestiti tendano ad andare per le lunghe, e che sia richiesto un numero abbondante di persone, ma Piper non ne è sicura quindi, quando arriva a scuola (dopo aver inventato in fretta e furia una bugia per sua madre riguardo un progetto di inglese con Lane), è sollevata nel vedere molte auto davanti all’auditorium.
 
Poco dopo sta entrando nell’edificio e, certa di venire cacciata dallo stressato insegnante di recitazione, evita di entrare nel teatro e sale le scale fino alla cabina delle luci. Ci sono quattro o cinque ragazzi stipati nel gabbiotto e a quanto pare puzzano tutti di erba.
 
“Non puoi stare qui,” dice pigramente uno dei ragazzi.
 
Piper scansiona il gruppo: riconosce almeno tre persone come gli amici degli spalti di Alex ma solo di una conosce il nome: Liz Moony, la ragazza beccata avvinghiata a lei l’anno prima, nello stesso gabbiotto.
 
Merda.
 
“Liz?”
 
La ragazza guarda Piper, sembrando solo moderatamente interessata al come faccia a conoscere il suo nome. “Sì.”
 
“Hai, uhm, visto Alex di recente?”
 
“Quale?”
 
“Io… cosa?”
 
“Alex Maxwell o Alex Vause?”
 
“Vause.”
 
Un paio degli altri ridacchiano sommessamente. Liz scuote la testa. “Nah, non la vedo a scuola da… merda. Un paio di settimane? Quella ragazza è fuori.”
 
Il petto di Piper si comprime. “Che intendi?”
 
Liz scrolla le spalle annoiata, riportando la sua attenzione alle luci e a ciò che succede sul palco. “Eh, sai… fuori.”
 
Piper vorrebbe strozzarla ma stringe i denti e dice, “Hai idea di dove possa essere? È importante.”
 
“Probabilmente a casa di Will,” le suggerisce il tizio che le aveva detto di non poter stare lì. Lei aspetta, ma non aggiunge dettagli. Piper perde le staffe.
 
“Chi cazzo è Will?” Sta praticamente urlando, stanca delle loro risposte sintetiche. A quanto pare la vista di una bionda figlia di papà delle classi avanzate che dice parolacce li fa ridere.
 
“Ci vende l’erba,” dice Liz alla fine. “Non va a scuola. Ci sono sempre un sacco di persone a casa sua.”
 
Dopo qualche domanda posta con poca calma, Piper riesce ad ottenere il nome di una strada e una descrizione base della casa di Will. Li ringrazia anche se non vuole e attraversa in auto la città.
 
È un posto minuscolo e diroccato, con un sacco di auto parcheggiate fuori nel vialetto e sulla strada. Piper ha il cuore in gola mentre cammina verso il portico, le chiavi in mano con la parte appuntita verso l’esterno, come se temesse di aver bisogno di un’arma. La porta d’ingresso socchiusa lascia uscire la musica di sottofondo.
 
Piper la codarda le sta sussurrando avvertimenti: torna indietro non sarà neanche qui probabilmente non è il tuo posto ideale non sono il tuo tipo di persone lascia perdere.
 
Alla fine viene sovrastata dalla voce di Liz: Quella ragazza è fuori.
 
Piper sospira e supera l’uscio.
 
Il salotto è vagamente illuminato e offuscato da una spessa coltre di fumo. Ci sono bong e bottiglie di alcol su ogni superficie, e persone distese su tutti i divani malandati e mobili da esterni. Alcuni sembrano adolescenti, ma la maggior parte è più grande. I più non notano neanche l’entrata di Piper.
 
Le ci vuole qualche secondo per adattare la vista alla luce, poi scansiona velocemente la stanza.
 
Alex è alla fine di uno dei divani, le gambe distese sul grembo di un’altra ragazza.
 
“Alex!” Urla Piper prima ancora di capire come affrontare la cosa.
 
Alex e un paio di altri rivolgono lo sguardo verso di lei. Alex aggrotta le sopracciglia. “Che cazzo ci fai qui?” Inclina il capo con aria confusa. “Sei davvero qui?”
 
Piper non sa come rispondere a quella domanda. La maggior parte delle persone presenti ora la guarda con scarso interesse, ma nessuno si preoccupa di chiedere perché sia entrata in casa. “Al, posso parlarti?”
 
“Non puoi chiamarmi Al,” risponde Alex  debolmente.
 
Un tizio sul pavimento piega la testa per guardarla. “Fidanzata, Vause?”
 
Alex sbuffa, in maniera rude. “Cazzo, no.”
 
“Cristo,” borbotta Piper. Scavalca una piramide di bottiglie e raggiunge il divano, afferrando Alex per il braccio e trascinandola in piedi con la forza. Ad Alex scappa un lamento. “Vieni qui…”
 
Alcuni ridono nel vedere Alex trascinata fuori di casa e sul portico. Da vicino, Piper vede le sue pupille dilatate, la guance arrossate e un po’ sudaticce. Lo stomaco di Piper sprofonda. “Cristo, Alex, di cosa ti sei fatta?”
 
“Perché? Sei della narcotici?” chiede Alex beffarda, accennando uno strano accento europeo, dio solo sa il perché.
 
“Non è divertente.” È strano ritrovarsi di fronte ad Alex dopo due mesi e mezzo. A Piper è mancata tanto la familiarità e il sentirsi a suo agio attorno a lei da fare male. Ma non è facile, e in questo momento Alex non sembra familiare. Piper non è ancora pronta per scoprire perché. “Cosa diavolo ti sta succedendo? Sono settimane che non vieni a scuola.”
 
“Mi sorprende che tu l’abbia notato,” bofonchia Alex facendola sentire in colpa, perché ovviamente non l’ha notato.
 
“Dai, andiamo, ti porto a casa – “
 
Alex scansa il braccio prima che Piper possa stringere la presa. “No, non mi ci porti. Io resto. Abbiamo ordinato la pizza. Perché sei qui comunque?”
 
“Mi ha chiamata tua madre,” dice Piper energicamente, sperando che faccia effetto. “È preoccupata perché non sa dove cazzo tu sia.”
 
“E lei dove cazzo è?” risponde Alex risoluta. Istantaneamente i suoi occhi si spalancano sorpresi dal suo stesso commento. Piper non ha mai sentito Alex parlare male di sua madre; il rimorso sul suo viso è immediato e doloroso.
 
“La chiamerò,” promette Alex, con tono vagamente simile alla sua voce normale. “La chiamo ora, da dentro. Ma tu. Tu. Vaffanculo. Vai via.”
 
Gira i tacchi ma, prima che riesca ad allontanarsi, Piper le afferra di nuovo il braccio. “Non puoi farlo.”
 
Gli occhi di Alex incrociano i suoi, ma sono così vuoti che per un secondo Piper vorrebbe piangere. “E perché no?”
 
Questa volta Alex entra in casa senza dare la possibilità a Piper di fermarla.
 
Piper rimane nel portico per due minuti, ricacciando dentro le lacrime e sperando invano che Alex torni indietro. Quando non succede, Piper fissa il numero sopra la porta, sala sulla macchina e guida fino a casa. Arrivata, chiama Diane Vause con l’indirizzo di casa di Will.
 
Per tutta la settimana, Piper cerca Alex a scuola. Spera che Diane sia corsa alla casa, salvato la figlia riportandola subito sul giusto cammino. Mentre la parte sul salvataggio è molto probabile sia accaduta, Piper dubita che Diane sia il tipo di madre da forzare la figlia a fingere di essere una brava ragazza.
 
Per tutta la settimana Piper vorrebbe rilasciare l’urlo che le chiude la gola. È sicura di apparire un disastro, una pazza sconnessa, ma nessuno dei suoi amici sembra accorgersi di nulla. I suoi cosiddetti amici non avevano notato alcun cambiamento anche due mesi prima, quando aveva bruscamente tagliato via una delle parti più importanti della sua vita.
 
Piper ripensa a quella giornata, quella brutta giornata, e a come, prima che andasse tutto a puttane, una delle prime cose che Alex aveva fatto era chiederle se stava bene. Le era bastato un solo sguardo per capire che c’era qualcosa che non andava, anche qualcosa di stupido come un voto di chimica. Alex la conosce. Alex la conosceva, perlomeno, ed è ciò che più manca a Piper, anche se è colpa dei suoi amici quanto sua: non è se stessa con loro. Si sforza sempre, sempre eccessivamente consapevole di come dovrebbe essere. Con Alex non ha mai dovuto fingere.
 
Ha ingannato anche se stessa per tutto questo tempo. Tenta di fingere di stare bene, di poter vivere senza Alex questa vita normale che risponde alle aspettative. Ma ora che Piper l’ha vista, sente il genere peggiore di nostalgia, quello per cui ti manca qualcosa che non è un posto. Qualcosa che non esiste più, da cui non puoi più tornare.
 
Sabato sera c’è la stupida festa di Jesse. Piper prova a pensare a qualche modo per evitarla ma, in un momento di follia tre ore prima, decide che un solo incontro con Alex non può rovinarle la vita per sempre. In più, una notte piena di alcol non sembra così male al momento.
 
Piper non si è mai ubriacata, neanche durante quelle serate nella taverna di Jesse. Di solito beve fino a raggiungere il limite dell’eccitazione e smette, ma stasera ingurgita il mix di vodka e Kool-Aid come se possa cancellare il ricordo di Alex su quel divano circondata da estranei apatici.
 
Si sente schiacciata dallo stress dell’ultima settimana, quindi è brusca e stronza con chiunque le parli, specialmente con Jesse. Cristo, è tutto ciò che può fare per evitare di mandarlo a quel paese ogni volta che la tocca.
 
Dopo solo un’ora e mezza, la raggiunge da dietro e le circonda la vita con le braccia. “Andiamo di sopra?”
 
“Di già?” Si gira per guardarlo, e con la scusa fugge dalla sua presa.
 
Lui sorride. “Non intendevo ‘andare di sopra a dormirÈ. Intendevo ‘andare di sopra per mezz’ora’.”
 
“Ah. Allora no.”
 
L’espressione di Jesse è delusa e accigliata. “Che hai?”
 
“Cosa?”
 
“È tutta la sera che sembri depressa.”
 
“Magari sono depressa, cazzo.” La voce da ubriaca di Piper è tagliente e le sillabe troppo marcate. “Non ti preoccupi nemmeno di chiedere.”
 
“L’ho appena fatto!”
 
“Certo, mi hai chiesto che ho. Non tipo, stai bene?”
 
“Stai bene?”
 
“Vaffanculo.”
 
“Va bene, che cazzo.” Scuote la testa come se lei fosse senza speranza e torna alla sua stupida merdosa festa, che sembra improvvisamente noiosa, prevedibile e imbarazzante.
 
Piper afferra una bottiglia di vodka dalla cucina e siede a metà della scalinata. Riesce a vedere la sala da pranzo dove le partite di beer pong impazzano e, di tanto in tanto, un gruppo di fumatori la scavalca per andare al piano di sopra, ma non parla con nessuno. Sua madre pensa che stia dormendo da Lane e Piper si pente di aver bevuto così tanto, non può salire in macchina e tornare a casa. È in  trappola per tutta la notte.
 
Quindi siede da sola, rimuginando, bevendo e pensando alle notti a casa di Alex.
 
“Pronto?”
 
“Sei a casa! Hai risposto.”
 
“Cos… Piper?”
 
“Si. Io.”
 
“Che vuoi?”
 
“Non lo so. Volevo vedere se eri a casa sana e salva. E se mi odi.”
 
“Sembri… sei ubriaca?”
 
“Probabile.”
 
“Dove sei?”
 
“Alla festa di Jesse. Ti ho scuolata a cerca. No. Cercata a scuola.”
 
“Sto per riagganciare. Torna alla tua festa, Piper.”
 
“No, aspetta. Non mi hai risposto. Mi odi?”
 
“Non è il momento di parlarne, cazzo.”
 
“Ma stai bene? Fai uso di droghe.”
 
“Cristo santo.”
 
“Alex, mi dispiace tantissimissimo.”
 
“Devo andare.”
 
“No! Aspetta, aspetta, aspetta. Sei a casa. È ciò che volevo sapere. Voglio venire a trovarti.”
 
“Sembra che tu non possa andare da nessuna parte.”
 
“Sì, ho la macchina.”
 
“Piper, non puoi guidare.”
 
“Non posso stare qui. Non voglio dormire con Jesse.”
 
“E allora non dormire con Jesse.”
 
“Ma non voglio neanche dormirci dormirci. Accanto a lui. E non voglio stare alla festa. Odio queste persone.”
 
“Sembrava ti piacessero molto.”
 
“No. Tu mi piaci. Mi manchi.”
 
“Sei solo ubriaca. È una chiamata ubriaca, te ne rendi conto?”
 
“Non sono così ubriaca. Vado a bere un po’ d’acqua e poi vengo da te.”
 
“No che non lo fai. Piper, promettimi che non andrai da nessuna parte con la macchina.”
 
“Ma voglio andare via, Al… non è tanto lontano. Non posso rimanere.”
 
“Cristo santissimo, merda… va bene. Piper? Ascoltami. Vengo a prenderti.”
 
“Non hai la macchina.”
 
“Già, grazie, stronza. Prendo quella di mia madre. Dove vive quell’idiota?”
 
“Vieni davvero?”
 
“Beh, sì. Se ti schianti contro un cazzo di albero ora sarebbe colpa mia. Dove sei?”
 
“In camera dei suoi.”
 
“Merda, Piper. L’indirizzo.”
 
“Oh, sì. Sandhurst. Via o viale, non ricordo. È dopo il country club. Il civico finisce con sette. È quella con tutte le auto davanti.”
 
“Ok. Non metterti al volante.”
 
“Ok. Non lo farò. Stai venendo davvero?”
 
“Cristo. Rimani dove sei.”
 
Rimane dov’è.
 
Esattamente dov’è, sul pavimento della camera dei genitori di Jesse, la bottiglia semi vuota di vodka e il telefono sulle gambe. Passa quasi mezz’ora quando la porta si spalanca e Jesse entra, l’espressione burrascosa.
 
Si rilassa quando la vede. “Oh, bene. Ho visto la luce, pensavo che lo stessero facendo nel letto dei miei.”
 
“Vai via,” biascica, infastidita dal fatto che lui non sia Alex venuta a prenderla.
 
Gli occhi di Jesse si stringono, scocciati ma sorpresi. “Cazzo, Pipes. Ricordami di non spingerti mai a bere di più.”
 
Piper mugola e si allunga sul pavimento, guardando il soffitto così da non dover guardare lui. “Non chiamarmi così.”
 
“Cristo, cos’è che ti rende così stronza?”
 
“Magari sono sempre stata una stronza.”
 
“Probabile.” Questo viene dall’entrata, dove Alex è di colpo in piedi con le braccia incrociate, gli occhi fissi su Jesse con disgusto.
 
Lui ricambia lo sguardo, confuso. “Che cavolo?”
 
Alex lo ignora, i suoi occhi lo superano e incrociano quelli di Piper. “Pronta?”
 
Piper è incantata e la guarda sorridente, come se Alex avesse appena compiuto un miracolo solamente presentandosi. “Sì.” Si appoggia al bordo del letto dei genitori Jesse, tentando di mettersi in piedi.
 
Alex ruota gli occhi e si affretta ad aiutarla, mentre Jesse domanda, “Aspetta un attimo, stai andando via?”
 
“Sì.”
 
“Dai. Se ho fatto qualcosa, basta che lo dici, ok? Non serve che vai via.”
 
Con Piper in piedi e stabile, Alex lascia il suo braccio e lancia un’occhiata a Jesse. “Non hai ancora capito? Vuole andarsene.”
 
“Ehi, non dovresti neanche essere in casa mia. Non sono affari tuoi.” Poi sussurra a malapena, “Lesbica di merda.”
 
Alex ride brevemente, come se la cosa non la tocchi minimamente.
 
Piper fa un passo verso di lui e gli molla un pugno sul naso.
 
“Cristo!” Gli occhi di Alex sono enormi, la bocca spalancata e sembra essere intrappolata tra stupore e divertimento.
 
“Merda!” Dice Jesse, le mani istintivamente portate al viso, tentando di soffocare il dolore e la rabbia, ed ora impregnate di sangue. “Che cazzo, Piper!”
 
“Pipes, andiamo,” dice Alex severamente, afferrandole il braccio e trascinandola fuori dalla stanza  attraverso gli ospiti ignari e oltre il giardino di Jesse.
 
Ci sono i Rolling Stones nel mangia nastri, suonano qualcosa di tranquillo e malinconico riguardo another mad, mad day.
 
Nessuna delle due proferisce parola per un po’; lasciano che la musica riempia il silenzio. Piper appoggia la fronte al finestrino e le viene in mente che non è mai stata in macchina con Alex alla guida. Hanno sempre preso l’auto di Piper, e non ha mai avuto bisogno di cedere il sedile del guidatore. Ora però, con le palpebre pesanti e la mente annebbiata dalla vodka, decide che le piace. La fa sentire al sicuro, come un bambino che si addormenta sui sedili dietro e si sveglia solo all’arrivo.
 
“Ti porto a casa tua?” Chiede Alex alla fine.
 
“Non posso andarci ubriaca.”
 
Alex sospira. “Non riesci ad entrare di nascosto?”
 
Piper la guarda come a dire “Ma mi hai vista bene?” e le labbra di Alex si muovono appena, come se avesse considerato per un attimo l’idea di sorridere. Per un attimo sono di nuovo amiche.
 
Cazzo, è la sensazione migliore del mondo.
 
“Va bene. Puoi stare a casa mia.” Come se fosse un avvenimento unico e straordinario, come se non l’avessero già fatto un milione di volte.
 
“Ok. Grazie. Mi piace lì.”
 
Alex stringe i denti e non guarda Piper finché non hanno raggiunto l’appartamento. Sale lentamente le scale subito dietro Piper e la sua andatura tremolante da vitello appena nato. Quando entrano, il salotto è buio e vuoto. “Dov’è tua madre?” sussurra Piper; suppone che Diane abbia avuto la serata libera, visto che Alex ha potuto prendere l’auto.
 
“Dorme nella mia stanza,” risponde Alex con voce normale. “Siediti.” Piper si lascia cadere ubbidientemente sul divano. “Ti prendo dell’acqua. E ti sarei fottutamente grata se non vomitassi, ok?”
 
“Ok.” Piper sprofonda nei cuscini dello schienale e fa un profondo e sollevato respiro. Le piace davvero stare lì ed è improvvisamente assalita da un’onda di affetto. “Alex?”
 
“Sì?”
 
“Alex.”
 
“Cosa?”
 
“Sei la mia migliore amica. Ti voglio tanto bene.”
 
“Oh, bene, sei quel tipo di ubriaca,” Alex siede sul divano accanto a Piper, porgendole il bicchiere d’acqua e guardandola con lieve soddisfazione.
 
“Ma lo penso.”
 
“Sono sicura di sì.”
 
“Sei davvero la mia persona preferita.”
 
“Ok.”
 
“E ho paura di aver rovinato tutto.” La sua voce si spezza e fanculo l’alcol, perché nessuno dovrebbe scoppiare a piangere così dal nulla. Le lacrime arrivano in fretta e il suo petto inizia a muoversi incontrollato su e giù, il respiro affannoso e soffocato. “Mi dispiace, mi dispiace tanto…”
 
“Oh, merda, Pipes…” È quella voce. Quella voce da “è proprio da Piper”, piena di esasperazione, e la fa piangere ancora più forte.
 
“Lo so che ti ho ferita. Non volevo. Non pensavo di esserne in grado.” Wow, piangere da ubriachi è bruttissimo. Non smette neanche quando riesce a parlare. Ogni parola umida, tremolante e acuta, come un bambino che non riesce a calmarsi neanche per spiegare il problema. “Ma mi dispiace molto e mi sei mancata tantissimo. Lo sai, vero? Lo sai?”
 
“Lo so.” Alex si avvicina a Piper, sembra allarmata dalla velocità con cui è crollata.
 
“E mi d-dispiace di non averti parlato. Il primo giorno di scuola, quando Jessica qualcosa ti ha presa di mira, volevo venire a parlarti. Ma non l’ho fatto perché sono una codarda cagasotto e mi dispiace di non essermi seduta accanto a te sul bus…”
 
Tutto ciò è accompagnato da un attacco di singhiozzi. Alex la guarda stupita, le labbra quasi formano un sorriso. “Cristo, piccola, stai veramente scavando a fondo con queste scuse, eh?” Le mette una mano sulla nuca. “Avevamo nove anni. Quella te l’ho perdonata.”
 
“Ma sono ancora una stronza egoista codarda,” dichiara Piper tristemente.
 
“E io sono una stronza altezzosa. E dispiace anche a me. Ok?”
 
La stronza altezzosa tira la manica del suo golfino oltre la mano, bloccandola con le dita, raggiunge il viso di Piper e le asciuga le lacrime dalle guance. Per un istante, il cervello di Piper è limpido e incontra lo sguardo di Alex. Lo mantiene.
 
“Al, quando tua madre mi ha chiamata settimana scorsa, ero davvero spaventata.” I muscoli del viso le si contraggono, le labbra tremano e una nuova ondata di lacrime le colpisce il viso. Questa volta non è solo colpa dell’alcol; sembra che le lacrime trattenute tutta la settimana siano finalmente arrivate. “Cioè, davvero, davvero spaventata.”
 
Alex spinge gli occhiali sulla testa, la sua espressione si addolcisce totalmente. “Allora mi dispiace anche di quello.”
 
Un singhiozzo sfugge dalla gola di Piper. Ora sta realmente piangendo e dice a se stessa che è tutta colpa dell’alcol. Si piega di lato e, nello stesso momento, Alex si protende verso di lei; Piper si ritrova con la testa sul suo grembo, a piangere sui jeans scoloriti. Alex le accarezza i capelli, le dita delicate scorrono tra le bionde ciocche e le tracciano percorsi sul collo.
 
Lentamente riesce a controllare e fermare le lacrime, ma non vuole muoversi. Non con Alex contro la sua pelle, non con Alex così vicina e il suo odore così familiare che le fa stringere il cuore.
 
È esausta, ma in senso buono; è improvvisamente travolta da un profondo sollievo nel riavere tutto ciò. Le sembra di tornare a casa.
 
Quando è silenziosa da ormai un po’ di tempo, Alex chiede cauta, “Stai bene?”
 
“Sì.” Piper si gira in modo da guardarla dal basso e, dato che non riesce a trattenere il suo bisogno di affetto, chiede a bassa voce, “Quindi non mi odi?”
 
Quasi distrattamente, Alex sposta una ciocca di capelli dalla fronte di Piper. “No, scema. Ti voglio bene.”
 
Se lo sono già detto in passato, decine di volte, di solito in un tono divertito e non dichiarativo: ecco perché ti voglio bene; oddio, ti voglio troppo bene in questo momento; lo sai che mi vuoi bene.
 
Questo sembra diverso. C’è un significato dietro, e Piper non riesce a smettere di pensarci. Chiude gli occhi perché, cazzo, l’alcol stanca, e perché vuole addormentarsi con Alex vicina, con le sue parole ancora nelle orecchie.
 
Si sveglia con un mal di testa pulsante, i muscoli tremanti e lo stomaco sottosopra. Ma Alex è ancora lì, il resto non conta.
 
È rimasta seduta tutta la notte, il che non deve essere stato molto confortevole, ma le sorride quando vede i suoi occhi aprirsi. “Buongiorno, ubriacona.”
 
“Merda,” dice Piper. “Non volevo addormentarmi su di te.” Tecnicamente lo voleva, ma le piace pensare che la se stessa sobria sarebbe stata più premurosa, nonostante il grembo di Alex sia molto comodo.
 
“Non importa.”
 
La gola di Piper rilascia un lamento e strizza gli occhi per combattere la luce. Avverte la risata di Alex.
 
“Oh, è la prima sbronza di questa bimba? Fammi prendere la videocamera.”
 
“Zitta,” si lamenta flebilmente Piper, scorrendo velocemente i ricordi della sera prima e cercando di ricordare se ci sia qualcosa per cui sentirsi in imbarazzo.
 
Probabilmente tutto. Ma l’ha portata lì, quindi chi se ne frega.
 
“Dai, alzati.” Alex le da un colpetto sulla testa. “Devo fare pipì da tipo un’ora.”
 
“Uff…” Piper si siede, un po’ stordita. “Mi dispiace. Avresti dovuto svegliarmi.”
 
Alex le fa segno di non preoccuparsi e sparisce nel bagno, sgranchendosi il collo mentre cammina. Piper distende i suoi rigidi e tremolanti muscoli. L’appartamento sembra vuoto, il che probabilmente significa che Diane aveva un turno della domenica mattina da qualche parte.
 
C’è un po’ di tensione tra le due; l’impressione è che entrambe si stiano impegnando a non essere imbarazzate, ma Piper ha deciso di accettarla come effetto collaterale di mesi di silenzio e di una riappacificazione che, almeno da un lato, è stata condotta sotto l’effetto di alcolici.
 
Quando Alex ritorna rivolge a Piper un sorrisetto compiaciuto. “Sembri aver bisogno di cibo del dopo sbronza. Faccio un po' di uova. Ti ho lasciato uno spazzolino nel bagno perché ne hai bisogno, senza offesa. Se vuoi fare la doccia, sai dove sono gli asciugamani e il resto.”
 
“Grazie.”
 
Piper si lava i denti per dieci minuti buoni, poi entra nella doccia, sentendosi di nuovo un essere umano appena l’acqua calda le colpisce la pelle. Sente della musica provenire dal salotto, c’è sempre della musica in quell’appartamento. Piper sorride e inclina la testa sotto al soffione.
 
Sta pensando al “ti voglio bene” di Alex, cercando ancora di capirne il peso. Sta pensando alle dita di Alex leggere sulla sua nuca. Sta pensando al pugno a Jesse e al fatto che, probabilmente, l’ha già detto a tutti; ha praticamente lanciato una granata al centro della sua vita sociale. Sta pensando che non gliene frega proprio un cazzo.
 
A Piper non va di rimettere i vestiti sporchi della festa; corre quindi in camera di Alex e trova la maglietta degli Who, che a volte usava quando rimaneva a dormire, e un paio di pantaloni della tuta, che deve tirare su e che le vanno comunque lunghi.
 
Si ferma all’ingresso del salotto e osserva Alex in short, canottiera, scalza e con i capelli scompigliati. Sta facendo le uova e da le spalle a Piper; canta insieme a Bonnie Raitt, sottovoce, come se compensasse il suo essere completamente stonata.
 
Piper inclina e appoggia la testa al muro, in silenzio. Il cuore sembra troppo grande per il suo petto. Il sangue viaggia più velocemente nelle vene.
 
È impulsivo e avventato. Attraversa a grandi passi la stanza fino alla cucina e posa le mani sulla vita di Alex che si gira, le labbra socchiuse pronte a parlare. Piper si avvicina e ingoia qualsiasi cosa Alex stesse per dire. È forse la prima volta che Piper agisce con coraggio.
 
Non è come Piper se lo aspettava, non si era neanche accorta di avere delle aspettative. Non è esitante, incerto e delicato: è un terremoto. Si sono appena sfiorate quando le mani di Alex vanno sul viso di Piper, ricambiando il bacio come se lo stesse aspettando. Le sue labbra sono morbide, più morbide di quelle di qualsiasi ragazzo, ma il bacio non lo è: la lingua di Alex è sfacciata e avventurosa. Una mano rimane sul viso di Piper mentre l’altra finisce tra i suoi capelli. Sanno entrambe di dentifricio e Piper si sente di nuovo ubriaca, ma nel migliore dei modi: leggera, stordita e su di giri.
 
Si allontanano allo stesso momento, si guardano un po’ annebbiate e stupite per mezzo secondo e poi iniziano a ridere.
 
“Dio,” mormora Piper alla fine.
 
Si aspetta domande, incredulità e battutine, invece Alex la guarda intensamente e fa scorrere le dita in fondo alla ciocca di capelli che ancora stringe prima di dire, “Con me non scopi.” La sua voce è grave e severa, ma i suoi occhi la tradiscono – enormi e supplicanti occhi, vulnerabili e pieni di desiderio. “Di solito sono una grande sostenitrice del “Tanto vale sperimentare”. Le ragazze in quella fase sono state un toccasana per me. Ma tu… tu non puoi. Non con me, almeno.”
 
Piper sorride ed emana una corta risata. “Alex. Ho odiato ognuna delle tue ragazze.”
 
“Non sono mai le mie ragazze,” la corregge Alex, come se la sua avversione verso le etichette la cosa fondamentale in quel momento. Cristo.
 
“Zitta.” Piper la bacia, veloce e morbida, per assicurarsi che l’ordine sia stato recepito. “Non è quello il punto. Intendevo che, ogni volta che vieni a scuola in macchina di qualche ragazza, o ti sdrai su una di loro sugli spalti, o vieni beccata nella cabina delle luci senza vestiti – smettila di sorridere, stronza – chiamo mentalmente stronze queste ragazze che neanche conosco. È una cosa che odio. È ridicola. Tu sei ridicola.”
 
Alex ride prevedibilmente compiaciuta. “È un’argomentazione abbastanza convincente.” Il suo pollice scorre lungo la curva dello zigomo di Piper. “Dammene un’altra.”
 
Lentamente, gli occhi e l’espressione di Piper diventano più seri. “È che… tu mi conosci. Penso tu sia l’unica persona a farlo. A cui lo lascio fare.” Scrolla le spalle timidamente. “Penso che sia importante.”
 
“Mi piace conoscerti.” Gli occhi di Alex viaggiano alle labbra di Piper, la lingua inconsciamente inumidisce le sue, ma ancora non si sporge. “Vuoi sentire una cosa stupida?”
 
“Dimmi.”
 
“Mia madre ha sempre pensato che ci saremmo messe insieme.”
 
Per qualche ragione la cosa rende Piper ancora più felice. “Davvero?”
 
“Davvero.”
 
“Tu che hai risposto?”
 
Alex solleva un sopracciglio. “Che sei etero.”
 
Piper si morde il labbro inferiore e distoglie lo sguardo, le guance improvvisamente rosse. “Io… non so cosa sono. Ma so che mi… è piaciuto baciarti.” Torna a guardare Alex. “Va bene?”
 
“Posso occuparmene.” Alex sorride. “Però hai il ragazzo.”
 
“Non è il mio ragazzo,” la imita Piper, utilizzando lo stesso tono usato da Alex poco prima. “Specialmente dopo avergli tirato un pugno.”
 
“Stavi difendendo il mio onore. Più o meno.” Alex sorride a labbra unite. Cazzo, come ha fatto Piper negli ultimi otto anni a non essere distratta da quelle dannate labbra?
 
Alex sembra accorgersi dell’oggetto delle attenzioni di Piper e i suoi occhi luccicano compiaciuti subito prima di inclinarsi in avanti. Stringe delicatamente il labbro inferiore di Piper tra i denti e poi la bacia, più lentamente di prima, come se voglia prendersi il suo tempo, godersi il panorama.
 
Continuano finché l’odore di uova bruciate invade la cucina.

“Dobbiamo parlarne?”
 
“Sì.”
 
“Non era niente serio.”
 
“Sembrava qualcosa di serio.”
 
“Va bene, era solo… normale roba auto distruttiva.”
 
“Normale? Sei seria?”
 
“Non ne vado fiera, ok? Ma la maggior parte del tempo stavo bene. È andato tutto un po’… fuori controllo durante le ultime settimane.”
 

 

 
“Tutto qui?”
 
“Dai, Pipes, vuoi davvero farmi dire perché?”
 
“Sì.”
 
“È… sempre stata lì, sai? La possibilità di… evadere. La scuola mi è sempre sembrata uno spreco di tempo. Le droghe erano sempre… beh, ho sempre saputo di poterle ottenere, se avessi voluto. Non era come se non ci avessi mai pensato, Piper. Cos’altro avrei dovuto fare con la mia vita? Mia madre è sempre fuori a farsi il culo a lavoro e ha a malapena tempo per qualsiasi altra cosa. Io stessa non farò qualcosa di più importante… non sono una persona a cui è concesso avere grandi progetti. Quindi, sì, sono sempre stata tentata di dire, va bè, fanculo.”
 
“Perché proprio ora?”
 
“Cazzo, Pipes, è solo… eri tutto ciò che avevo, ok? Tu e mia madre, ma lei non c’è molto a casa. Eravate le uniche persone da cui non mi sono allontanata.”
 
“I tuoi amici…”
 
“Quali, quelli con cui sedersi a fumare sulle gradinate? Ragazze che vogliono provare quanto sono alternative venendo a letto con me per far incazzare i genitori? Senza offesa.”
 
“Ehi!”
 
“Scherzo. Ma Pipes… all’improvviso eri sparita. E mi sentivo fottutamente sola. E stanca di stare a scuola ad aspettare che venissi a cercarmi per chiedermi scusa. E quando ciò non è successo, ero stanca di pensare che avessi finalmente capito di essere troppo per me.”
 
“Alex…”
 
“Oh, ehi, merda, dai… non farlo. Non piangere, Pipes. Sei stata tu a farmelo dire.”
 
“È che mi dispiace tantissimo.”
 
“Piper, se hai intenzione di obbligarci ad avere questi momenti, dobbiamo stabilire un divieto sulle scuse. Ok? Anche io sono stata un’amica di merda. Facciamo schifo entrambe.”
 

 
“Vieni qui…”
 
“Io ho dei progetti, ok? Progetti che richiedono la tua presenza. Quindi smettila di parlare di allontanarti o, o dire fanculo o qualsiasi altra cosa.”
 
“Mi piace quando fai l’autoritaria.”
 
“Alex.”
 
Quando Diane lo scopre, sorride come a dire “Ma pensa un po’”, il che la fa somigliare follemente ad Alex, e fa una battuta sul tenere la porta della camera aperta d’ora in avanti. Più tardi, abbraccia forte Piper e le sussurra un grazie, dicendo, “Sapevo di poterti ancora chiamare.” Quello è l’unico momento in cui accennano alla recente assenza di Piper dalla vita di Alex.
 
Diane non sembra turbata dall’improvviso riavvicinamento delle due, o dall’improvvisa trasformazione da migliori amiche a fidanzate (che è innegabilmente ciò che sono, anche se Alex ci mette un mese e mezzo prima di usare quella parola).
 
La cosa ancora più strana è quanto Piper non sia turbata. Lei e Alex sono amiche da quasi metà delle loro esistenze, hanno passato più tempo l’una con l’altra di qualsiasi altra persona. Dovrebbero essere imbarazzate, impacciate, invece la vivono come la cosa più naturale del mondo. Come se questo fosse quello che avrebbero dovuto fare sin dall’inizio e stessero combattendo qualcosa di inevitabile.
 
Ricostruiscono le loro giornate l’una attorno all’altra. Piper porta Alex a scuola ogni mattina e Alex l’aspetta vicino alla macchina ogni pomeriggio, finché Piper non finisce le sue riunioni con i club dopo scuola. Licenziata dal supermercato, Alex inizia a lavorare al Sonic, un drive in, e Piper le fa compagnia durante le ore morte, sporgendosi sul bancone e flirtando come un’idiota mentre Alex le da granite gratis. Ci sono momenti in cui sembra di tornare alle medie, indietro a quando non avevano bisogno di nessun altro.
 
(E ovviamente ci sono momenti in cui sembra meravigliosamente adulto.)
 
“Potremmo iniziare stando a casa tua il venerdì. Raddoppierebbe i nostri fine settimana.”
 
“Certo, come no.”
 
“Perché no? Ho passato la notte a casa tua tipo duecento volte.”
 
“Sì, ma ora i miei genitori non permetterebbero mai – oh. Oh.”
 
“E dicono che sia tu quella intelligente.”
 
“Non ci ho nemmeno mai pensato.”
 
“I vantaggi della lesbica non dichiarata.”
 
“Non sono lesbica.”
 
“Come ti pare. Il tuo vantaggio sono i pigiama party senza destare sospetti.”
 
“Mi piace.”
 
“Bene. Il tuo letto è più grande.”
 
“Oh, improvvisamente non ti piace stare vicine, Miss vieni ad essere il mio cucchiaino?”
 
“Usare il mio essere adorabile contro di me. Va bene.”
 
“Ti da fastidio?”
 
“Sì, Piper, mi ferisce nel profondo. Sono adorabile per te.”
 
“No, non quello. La cosa del… non essere dichiarata.”
 
“No. Ho incontrato i tuoi genitori. Non vorrei che sapessero che io sono gay. Figuriamoci tu.”
 
“E a scuola?”
 
“Ti ho detto che va bene così. Anche se mi piacerebbe ripetere la cosa nella cabina – ”
 
“Smettila.”
 
“ – lo direbbero ai genitori, i loro genitori lo direbbero ai tuoi. Circolo vizioso di merda. Lo capisco.”
 
“Ma?”
 
“Ma cosa?”
 
“Hai una faccia...”
 
“Capisco perché tu voglia mantenere il segreto. Lo capisco, Pipes. È che… ti rende più facile allontanarti da me.”
 
“Oddio, Al, la finisci con questa storia? Non vado da nessuna parte.”
 
“Eccetto ad un lussuoso college del cazzo in un altro stato.”
 
“Cosa? Manca ancora un anno. Perché ci stai anche solo pensando?”
 
“Oh, come se tu non ci stessi pensando.”
 
“In realtà, posso dire in tutta onestà di non aver mai pensato meno all’università.”
 
“Ah, sì?”
 
“Già.”
 
“Sono proprio una cattiva influenza.”
 
“Merda. Odio dar ragione ai miei.”

Dopo otto anni di amicizia, Piper pensava di non aver più nulla da imparare su Alex Vause. Eppure fa nuove scoperte ogni giorno.
 
Alex sorride durante i baci. Sa di sigarette e zucchero. Ha un tatuaggio sulla spalla sinistra, fatto un paio di settimane dopo la litigata (Piper è di malumore finché Alex non le promette di farsi accompagnare per il prossimo). Le piace toccare i capelli di Piper.
 
Dopo solo qualche giorno dal suo ritorno a scuola, Piper capisce finalmente perché Alex viene beccata spesso in cabine delle luci e ripostigli delle scope.
 
Non è sicura se Alex sia sempre stata così, e lei fingeva di non vedere, o se un interruttore è stato toccato la prima volta che si sono baciate. Perché, porca troia.
 
Alex è pura seduzione. A Piper basta una minima cosa per andare fuori di testa, anche se sono in mensa o si incrociano nei corridoi. Quando alza un sopracciglio, quando si morde le labbra. A volte basta solo uno sguardo, i suoi occhi sono maliziosi e audaci e fanno scintille.
 
Alex va di nuovo a scuola tutti i giorni, ma salta ancora le lezioni e passa la maggior parte del suo tempo a fumare sugli spalti. Un giorno Piper è ad inglese avanzato e sta ascoltando l’insegnante scorrere punto per punto un esempio di saggio d’esame, quando Alex passa davanti allo stretto vetro rettangolare sulla porta dell’aula.
 
Incrocia lo sguardo di Piper, le labbra unite accennano un sorriso, e le fa l’occhiolino. Poi prosegue.
 
Dio.
 
Piper alza velocemente la mano e chiede di andare in infermeria.
 
Quando esce nel corridoio, Alex è tre metri più avanti ad aspettarla. Inizia a camminare non appena Piper appare, senza guardare indietro, e Piper la segue a distanza, trepidante. Poi entra nello spogliatoio femminile come se avesse tutte le ragioni di stare lì.
 
Alex è felicissima di aiutare Piper a marinare la scuola per la prima volta, chiamandola assenteista tutto il giorno e sembrando così soddisfatta di se stessa da risultare ridicola.
 
Dopo quella volta, inizia a porsi delle sfide.
 
Come la mattina che Piper la va a prendere per andare a scuola, la loro nuova routine, e Alex si rifiuta di toccarla. Non le da il bacio di buon giorno, non gioca con i suoi capelli mentre guida. Sorride normalmente, ma Piper sta ancora cercando di capire cosa ci sia che non va quando raggiungono il parcheggio della scuola. Si piega verso di lei, per provare, e Alex si scansa abilmente. Non riesce a nascondere un ghigno e Piper capisce che ha un piano.
 
Ruotando gli occhi e sospirando, Piper inizia a spegnere l’auto, ma Alex dice innocentemente, “Aspetta, voglio sentire il resto di questa canzone.”
 
È una delle cassette di Piper, ad Alex non piace neanche Fiona Apple, ma Piper evita di sottolineare la stronzata. Quindi rimangono sedute in auto, mentre gli altri studenti vagano e si dirigono all’interno della scuola. Piper guarda Alex. Alex guarda l’orologio.
 
A cinque minuti dalla prima campanella, il parcheggio è quasi vuoto, Piper spegne finalmente l’auto e afferra il suo zaino dai sedili dietro. “Devo andare o farò tardi.”
 
Alex annuisce, poi la strattona bruscamente dalla parte anteriore della giacca e la bacia profondamente, con la lingua. È un bacio da scarica elettrica, e Alex lo sa, ma si allontana troppo presto e, prima che Piper possa prendere fiato, fa scivolare una mano lungo la sua gamba, premendo con le dita sull’unione delle sue cosce attraverso i jeans.
                                                                                                                        
Piper si fa sfuggire un gemito che potrebbe o meno contenere le sillabe del nome di Alex.
Alex sorride, appoggia il gomito libero sulla radio, utilizzando la mano per reggere il mento, e guarda Piper con sguardo malizioso e vago. Perfido, con la giusta luce. Le dita aumentano il ritmo e la pressione, ma la stuzzicano soltanto, portano Piper al confine senza mai lasciarglielo varcare.
 
Debolmente, Piper riesce a pensare che dovrebbe andarsene prima di raggiungere il punto di non ritorno, prima che Alex vada per il contatto diretto. Mormora una protesta a malincuore, “Andare… classe,” ma non la sostiene con alcun movimento per allontanarsi. Alex le si avvicina, circondandole la base della mascella con le labbra.
 
Raggiunge poi il bottone dei jeans e lo sbottona abilmente al primo tentativo, facendo scivolare la mano all’interno dell’elastico dei suoi slip. Piper cerca invano di soffocare il gemito di piacere, non vuole darle soddisfazione. Alex le apre un po’ le gambe e con un solo dito fa movimenti circolari, fin troppo deboli, sul suo clitoride. Piper inarca la schiena, quando all’improvviso Alex le da un minuscolo bacio sulla guancia e rimuove la mano dall’interno dei pantaloni.
 
“La campanella dei due minuti è appena suonata,” la informa Alex a voce bassa. “Io posso saltare la prima ora… ma tu potresti ancora farcela.”
 
Piper chiude gli occhi, inspirando profondamente e affannosamente, poi rivolge lo sguardo verso Alex.
 
Ha chimica avanzata alla prima ora e un test fra tre giorni.
 
“Stronza,” dichiara a denti stretti e con voce profonda, prima di afferrarle il polso e rimettere la mano dov’era poco prima. Il viso di Alex si illumina trionfante.

 “Da quanto lo sapevi?”
 
“Oh mio dio, ego.”
 
“No, dai, voglio saperlo sul serio.”
 
“Vuoi solo sentire della lesbica adolescente che va dietro alla sua presumibilmente etero migliore amica. La solita storia.”
 
“Ehi, caso mai, è il contrario. Ho fatto io la prima mossa.”
 
“Già, già. E tu mi venivi dietro?”
 
“Probabile. Inconsciamente.”
 
“Decisamente. Ricordo quando al secondo anno sei entrata furiosa in casa mia per colpa di Liz Moony.”
 
“Non mi piace tuttora. Si è rivelata del tutto inutile quando ti stavo cercando quella volta.”
 
“È perché mi conosce a malapena.”
 
“Che classe.”
 
“Preferiresti che restassi amica di tutte le mie ex?”
 
“Pensavo non fossero ex.”
 
“Non sono le mie ex-ragazze. Ex-conquiste? Direi di sì.”
 
“Uff, ok, smettila di parlare.”
 
“Ehi. Ricordi cosa ti ho detto quel giorno?”
 
“Che giorno?”
 
“Quando mi hanno sospesa e tu mi hai fatto una scenata per Liz Moony.”
 
“Cosa mi hai detto?”
 
“Ho detto che non siamo mai state il tipo di amiche che parlano di appuntamenti e sesso – “

“Perché tu hai fatto una scenata a me quando ho baciato Cody Lionel. Avevamo dodici anni. Quindi tu mi venivi dietro da prima – “
 
“Ego. Non intendevo quello.”
 
“Va bene. Dimmi.”
 
“Ho detto che, anche se non ti avessi informata di ognuna delle ragazze a caso con cui mi fossi frequentata, te l’avrei detto quando ci sarebbe stato qualcuno di importante.”
 
“Sì…”
 
“Beh. Te lo sto dicendo.”
 

 

 
“Riesci a essere sorprendentemente sdolcinata. Se dovesse venirsi a sapere, la tua reputazione sarebbe rovinata.”
 
“Mi farò un altro paio di tatuaggi per pareggiare le cose.”
 
“Al?”
 
“Sì?”
 
“Te lo sto dicendo anch’io.”

 L’estate prima dell’ultimo anno è all’insegna della musica rock, del caldo afoso e degli short peccaminosamente corti di Alex.
 
Bevono shottini di tequila direttamente dalla bottiglia e fanno sesso sul tetto dell’appartamento di Alex. Aspettano che i genitori di Piper si addormentino e vanno a nuotare in piscina, lanciando via i costumi da bagno (una volta Cal accompagna un gruppo di amici fuori, ma Piper gli urla contro così forte che non superano il portico). Bevono milkshake e girano senza meta con la macchina di Piper per ore, con Alex che si occupa della musica e fuma fuori dal finestrino aperto, finché non trovano una strada isolata in cui accostarsi e strisciare sui sedili posteriori.
 
Vanno al Friendly a mangiare con la mamma di Alex durante le pause. Piper porta dei libri al Sonic e siede ai tavolini esterni, leggendo e scopando Alex con lo sguardo ogni volta che passa. Piper lavora come animatrice al campo estivo per due settimane e gli ultimi giorni sta praticamente fremendo – al suo ritorno guida dritta a casa di Alex e non lascia il suo appartamento per ventiquattro ore.
 
A diciassette anni, Piper e Alex sono innamorate. Piper e Alex sono felici.
 
Ci sono momenti durante i quali nessun altro essere vivente sembra rilevante. Rimangono sveglie quasi tutte le notti come se raddoppiasse il tempo a loro disposizione quell’estate, ma finiscono comunque per dormire fino a mezzogiorno.
 
I risultati del test di ammissione di Piper arrivano. Sono buoni, ma suo padre vuole che rifaccia l’esame prima di mandare le domande di ammissione ai college. Non lo dice ad Alex. Come non le dice delle brochure che iniziano ad arrivare con la posta.

Quando a Settembre arriva l’ultimo primo giorno di superiori, Piper desidera poter accarezzare i capelli di Alex o baciarla davanti agli armadietti. Non c’è nessuna vera ragione per non farlo; passano tutto il tempo insieme, e i vecchi amici di Piper concordano che probabilmente stanno insieme.
 
Ma una parta di Piper è ancora codarda. Si è allontanata dalla maggior parte delle persone con cui deve fingere, ma non riesce ad allontanarsi dalla sua famiglia. Non è ancora pronta per distruggere l’immagine che i suoi hanno di lei.
 
E non è solo che Alex è una ragazza. È che Alex è Alex.
 
Litigano a volte, stupidi piccoli litigi su Alex che salta le lezioni o su Piper che dice per sbaglio qualcosa con fare da moralista o di superiorità. Sono litigi veloci e solitamente finiscono con loro che ridono o che limonano, incapaci di fingere a lungo serietà, ma ultimamente stanno aumentando. Nessuna delle due lo dice ad alta voce, ma entrambe sanno cosa sta per succedere.
 
Piper si immerge nel primo semestre dell’ultimo anno, più disperatamente di quanto abbia fatto con l’estate. Si immerge nello sgattaiolare negli spogliatoi o nei ripostigli delle scope tra una lezione e l’altra, si immerge nelle battute di Alex sulla cabina delle luci e di come ce la porterà un giorno. Si crogiola nel tragitto da e per andare a scuola, nell’avvinghiarsi ad Alex sul divano mentre legge letteratura avanzata, nelle volte che Alex va a vederla giocare a tennis e si appoggia sorridendo alla recinzione, indossando la sua giacca di pelle. Ogni volta che Piper deve recuperare la pallina dal suo lato, cerca il suo sguardo e le sussurra, “Falle il culo, piccola.”
 
Piper non accenna mai ai saggi di ammissione che sta scrivendo, ai moduli che sta compilando. Qualche fine settimana va fuori città a visitare dei campus ma Alex non fa domande quando rientra. È più facile così.
 
Ma a gennaio iniziano ad arrivare le lettere di ammissione.
 
Arrivano prima quelle della seconda e terza scelta, e non lo dice ad Alex.
 
Ma il giorno che arriva la busta dalla Smith, Alex va a casa con lei.
 
È grande e pesante, il tipo di busta che contiene un “Congratulazioni!” e un sacco di informazioni per l’iscrizione.
 
Il sorriso di Piper è immediato ed enorme; per un secondo smette di pensare ad Alex che sta lì in piedi alle sue spalle.
 
Ha lavorato sodo per ottenerlo e in ogni caso lo desidera.
 
“Pipes, ehi. È fantastico. Te lo meriti tantissimo.” Le parole sono troppo formali, per niente naturali, poi la abbraccia. Quando si allontanano Alex sta sorridendo, ma quello sguardo è intrappolato nei suoi occhi. Quello del giorno alle gradinate, il loro litigio più grande, quello a cui Piper ripensa ogni volta che pensa di andarsene.

Piper trova le parole giuste per parlarne e preparano un piano nato dalla necessità.
 
Sono solo poche ore di auto.
 
Verrò durante alcuni fine settimana e tua madre ha già detto che può prestarti la macchina qualche volta…
 
Devo vivere nei dormitori per un anno, forse due, mentre ancora i miei staranno pagando. Ma troverò un lavoro part time lì, metterò da parte i soldi.
 
Tu lavori per un anno, io lavoro per un anno… per il secondo anno avremo un appartamento fuori dal campus.
 
E ci vedremo sempre anche prima di allora.
 
Alex annuisce e annuisce e cerca di ridere, e le assicura di non essere preoccupata. Ma i suoi sorrisi sono rigidi, le battute forzate, e sempre più spesso rimane a lungo in silenzio.
 
Piper finisce le rassicurazioni e le spiegazioni, perché sa che non è solo la distanza: è la questione college, il fatto che Piper si costruirà una vita che non include Alex. Una vita che ad Alex non viene offerta.
 
Le ci è voluto tantissimo per comprendere le insicurezze di Alex; è difficile ricordare che ne abbia. Alex le è sempre sembrata così forte, anche quando da bambine rispondeva a Jessica Wedge. Sono passati anni da quando Alex ha mostrato di essere infastidita da ciò che non ha. Perché Alex Vause è sempre stata interessante. Piper ricorda a dodici anni quando sperava che la cosa fosse contagiosa, sperava che la sua sicurezza da figlia di una rock star potesse essere imparata.
 
Ma poi, durante una delle miriadi di conversazioni dopo il bacio che ha scosso il mondo, ha accennato a Piper di pensare di non meritarla.
 
Piper non riesce proprio a capire da dove nasca quel pensiero. Ci pensa molto in questi giorni, ma non riesce a capire come sistemare le cose.
 
“Ricordi il mio primo giorno di scuola?”
 
“Ti prego, no.”
 
“Non sto cercando di farti venire una crisi di coscienza, scema. Sto provando a essere nostalgica.”
 
“Che c’è da essere nostalgici? Non sono venuta a parlarti.”
 
“No, ma mi fissavi un sacco.”
 
“Mi sentivo in colpa!”
 
“Nah, mi stavi solo fissando. Io penso che già sapessi, anche allora. Sapevi cosa provavi, Pipes.”
 
“Se ti sei accorta che ti fissavo è perché anche tu mi prestavi molta attenzione.”
 
“Merda. Non mi sorprende che tu vada al college.”
 

 
“Ho rovinato il momento?”
 
“No. Da che parte va la nappina?”
 
“Ha importanza?”
 
“Sì. Ha un significato specifico ma non mi ricordo.”
 
“Farai meglio a scoprirlo Pipes. Altrimenti ti revoco il diploma.”
 
“Ti odio.”
 
“No, non è vero.”
 
“No, non è vero.”
 
C’è qualcosa di disperato in quell’ultima estate, completamente l’opposto dell’estasi di quella precedente. Il tempo scorre fin troppo velocemente, correndo verso il momento in cui tutto cambierà.
 
Il quattro luglio salgono sul tetto di Alex a guardare i fuochi d’artificio nella distanza e accendono una scatola di stelline che Alex ha preso a una bancarella. Sono sdraiate su una coperta, Piper tiene la testa sullo stomaco di Alex e regge verso il cielo un sottile bastoncino che spara scintille. Una a una le guardano consumarsi. Quando la scatola è vuota tutta la bellezza della serata sparisce, dividono una bottiglia e mezza di vino, arrivando all’ubriachezza, e il sesso è affrettato e agitato.
 
La mattina dopo si svegliano con i postumi nel letto di Alex e Diane ride di loro prima di fare il caffè.
 
Alex aspetta che sua madre esca per andare a lavoro prima di consegnare una busta a Piper.
 
“So che è la settimana prima della tua partenza,” dice cauta mentre Piper la apre. “Ma… verrai con me?”
 
Piper fissa i due biglietti per il concerto dei Death Maiden, fissato per tre settimane dopo, e la prima cosa che fa è preoccuparsi, non sapendo nemmeno lei perché. “Tua mamma lo sa?”
 
“No. Quando ero piccola ha fatto qualche concerto in città vicine e non mi ci ha mai portata. Quindi non so.” Alex gioca nervosamente con gli occhiali. “Pensavo di andare per conto mio la prima volta e poi dirlo anche a lei.”
 
Piper annuisce distrattamente, pensando a quanto sia insolito per lei nascondere qualcosa a Diane. Dimentica che tecnicamente Alex sta ancora aspettando una risposta, finché non insiste, “Quindi verrai?”
 
“Oddio, scusami, sì, certo Al. Lo sai che verrò.”
 
Alex sorride sollevata. “Grande!” Poi, con troppa nonchalance, “Sarà figo, no? Vedere la sua band.”
 
“Sì, una figata.” Appoggiandosi ad Alex sul divano, Piper è sicura di non sembrare sincera. Di solito viene beccata, ma qualsiasi cosa abbia a che fare con suo padre, rende difettoso il rivelatore di stronzate di Alex.
 
Piper si sente improvvisamente molto ma molto spaventata per lei.
 
La data del concerto cade una settimana prima della partenza di Piper, il che è una benedizione visto che è tesissima.
 
Qualche ora prima di avviarsi, Piper si stende sul letto di Alex guardandola angosciarsi in silenzio su cosa indossare.
 
“E la giacca bianca di pelle?” la stuzzica dopo un po’.
 
Alex la guarda storto. “Ti dico troppe cose, cazzo.”
 
Sono tre ore di viaggio. Alex ascolta cassette della band e non parla molto, gioca distrattamente con la mano di Piper sul cambio e occasionalmente fuma, ma Piper avverte l’ansia dell’aspettativa che emana.
 
Dal canto suo, il suo stomaco sembra pieno di pietre. Alex è nervosa, ma non è nervosa per lui, per come sarà, quindi Piper trasporta quella paura per entrambe.
 
Non c’è mai stato spazio per il realismo o il buonsenso quando si è trattato di questo. L’opinione di Alex su suo padre non è neutrale, non è oggettiva e, anche se è un po’ triste, la cosa è sempre stato innocua. Ma ora stanno guidando verso una persona reale invece dell’idea astratta di un dio del rock. Piper si sta mordendo l’interno della guancia e si chiede se sia ora di dire qualcosa per abbassare le aspettative. Soltanto dirlo ad alta voce, iniziare una frase con “Sai, anche se non sarà ciò che ti aspetti…”
 
Ma la codardia di Piper le trattiene le parole in gola, non importa quanto siano caute e ipotetiche. Non può essere lei a insinuare il dubbio in Alex.

Arrivano al locale abbastanza presto da riuscire ad avvicinarsi al palco e una volta arrivate, Alex afferra la mano di Piper e non la lascia più.
 
C’è una band di apertura e Piper sente Alex tremare, quindi si mette dietro di lei e le circonda la vita con le braccia, mettendosi in punta di piedi per baciarle il collo. La musica è pesante, i suoni metallici sembrano esplosioni ma Piper inizia a muovere il corpo contro quello di Alex e lentamente avverte un po’ della tensione lasciare i suoi muscoli. Prima della fine della sequenza anche Alex si sta muovendo insieme a lei, porta le mani lungo le gambe e fino ai fianchi di Piper, inclinando la testa per rubarle i baci. Per un po’, sembra un concerto qualsiasi.
 
Non appena la band ha finito Alex torna a irrigidirsi, fissando ansiosamente lo staff che cambia gli strumenti, come se, distogliendo lo sguardo, avesse paura di perdere l’esatto momento in cui il padre sarebbe salito sul palco. Piper le prende di nuovo la mano, stringendola dolcemente.
 
E poi è lì, un musicista invecchiato seduto dietro alla batteria e quando Alex sussurra, “Guarda!” sembra una bambina emozionata. Piper si volta a guardarla e istantaneamente il suo cuore si ferma; il sorriso di Alex è sbalorditivo e pieno di luce. Sta fissando il palco come se contenesse il significato della vita.
 
Piper distoglie lo sguardo per posarlo su Lee Burley, che sta suonando rabbiosamente un ritmo che le fa battere i polmoni sulle costole. Tenta di inquadrare quell’uomo pieno di tatuaggi e con la maglietta strappata come padre di Alex.
 
Alex lo guarda come una specie di divinità e Piper non è da meno, perché chiude gli occhi e improvvisa una preghiera verso di lui.
 
Per favore vali qualcosa. Per favore sii almeno una frazione di ciò che lei si aspetta.
 
“È fantastico, vero?” le urla Alex vicino all’orecchio. Piper apre gli occhi per guardarla e riceve il solito sguardo pieno di trepidazione e nervosismo, come se ciò che pensa sia davvero importante. All’improvviso hanno di nuovo nove anni e sono nella camera di Alex ad ascoltare musicassette, Alex ansiosamente in attesa dell’approvazione di Piper.
 
Piper sorride e annuisce, sfiorandole dolcemente il viso con le nocche.
 
Per favore sii almeno gentile.
 
“Vuoi che venga con te?”
 
“Uhm. No. Non ancora. Vado prima a incontrarlo da sola e poi torno a prenderti, ok?”
 
“Sì, certo, come preferisci.” Piper si sforza di sorridere, combattuta tra delusione, preoccupazione ed egoistico sollievo. “Prenditi tutto il tempo che vuoi, ok? Io rimango in macchina.”
 
“Grazie.” Alex sorride; è stato tutto stabilito, ma non si muove.
 
“Ehi…” Piper porta alla bocca la mano di Alex e la bacia. “Andrà tutto bene.”
 
È il momento di dire qualcosa. Di aggiungere, “Non importa quello che dirà.” Ma non lo fa.
 
Presto, fin troppo presto, riconosce Alex camminare velocemente attraverso il parcheggio fino alla macchina.
 
Piper lascia il posto del guidatore e le va incontro, sperando contro tutte le sue aspettative che Alex sia solo uscita per portarla dentro, che stia per presentarla a suo padre la rock star. Ma l’espressione di Alex è risolutamente calma, scuote solamente la testa e apre lo sportello del passeggero, “Possiamo andare.”
 
Piper torna lentamente in macchina, la gola tanto stretta da farle male. Non sa cosa fare, se spingere Alex a parlare o lasciarla stare. Alla fine, decide che non dire niente sarebbe strano. Gentilmente e comprensiva chiede, “Al, che è successo?”
 
Alex è stravaccata sul sedile, le mani nelle tasche della giacca, come se cercasse di rimpicciolirsi il più possibile. Il viso è forzatamente inespressivo. “È proprio quello che ti aspetteresti da un deprimente musicista sorpassato di merda. Non penso che ci sia molta saggezza paterna da raccogliere. Cazzo, potresti guidare?”
 
Piper obbedisce e avvia l’auto. Dalle casse iniziano a suonare a tutto volume i Death Maiden e Alex raggiunge lo stereo e schiaccia il tasto di espulsione rabbiosa. Piper non dice nulla mentre Alex srotola il filo dalle bobine della cassetta e, una volta uscite dal parcheggio, abbassa il finestrino lanciando fuori ciò che ne rimane.
 
Viaggiano in silenzio totale per dieci minuti, la quiete rotta soltanto dallo sporadico sospiro di rabbia di Alex.
 
Alla fine Piper prova di nuovo, esitante, “Vuoi dirmi cos’è successo?”
 
“No, voglio che mi porti a casa.”
 
“Al, è tutto ok…”
 
“No, non lo è!” Sbotta lei, sembra proprio furiosa. “Non è tutto ok, Piper. Sono stata un’idiota, lo sapevi? Lo hai sempre saputo che sembro una fottuta stupida ogni volta che parlo di lui?”
 
“Certo che no! Alex, dai, che è successo? Che ha fatto?”
 
“Lui… lui…” Il viso di Alex si riempie di infantile devastazione e una risata corta e umida si libera nell’auto. “Ha detto che ho un bel paio di tette.”
 
“Cosa?!”
 
Alex scuote la testa velocemente, apre la bocca per continuare ma scoppia in lacrime.
 
“Alex!” urla Piper prima di riuscire a trattenersi. Lo dice allarmata quanto lo sarebbe se Alex fosse appena caduta o avesse appena gridato dal dolore.
 
Non l’ha mai vista piangere e l’ha vista solo due sull’orlo delle lacrime: una volta il primo giorno di scuola, in quarta elementare, e la seconda volta dopo la loro litigata al terzo anno.
 
Ma ora Alex tiene il viso tra le mani, ansima e singhiozza. Piange rabbiosa, come se il suo corpo la stesse tradendo.
 
Piper avverte il corpo vuoto e la mente annebbiata dal panico. Accosta con la macchina in un parcheggio vuoto del Chili e rimuove le chiavi dal cruscotto. Quando si rende conto che sono ferme, Alex riesce a farfugliare, “Piper, per favore, guida, guida e basta…”
 
Ma Piper la ignora. Esce dall’auto e raggiunge il lato del passeggero, apre la portiera e abbraccia Alex impacciata che, nonostante le proteste, si abbandona completamente tra le sue braccia.
 
Presto si calma; Piper non direbbe che stia ancora piangendo se non sentisse le lacrime scenderle lungo il collo e il modo in cui il corpo di Alex trema. Trattenendo le sue lacrime, una reazione naturale a quella situazione, Piper preme le labbra contro i capelli di Alex e la stringe forte.
 
Dopo qualche minuto, Piper sussurra, “Chi sei non ha niente a che fare con lui, ok? Non l’ha mai fatto. Non ne hai bisogno.”
 
Non è sicura che sia la cosa giusta da dire, ma Alex stringe la presa e scivola di lato come se stesse cercando di avvicinarsi ancor di più. Poi, a voce bassa e profonda, bisbiglia contro la sua clavicola, “Non andartene, ti prego.”
 
Il petto di Piper si stringe; sa che Alex non lo direbbe mai in un altro momento, non smetterebbe mai di fingere di non essere preoccupata della sua partenza. Piper le bacia la tempia e dice, “Sono qui,” anche se entrambe sanno che non è ciò che Alex intendeva.

Tornano all’appartamento e Piper la guarda disfarsi di tutti i poster e distruggere tutte le cassette dei Death Maiden. La lascia sfogarsi finché non inizia ad accanirsi anche su quelle degli altri artisti.
 
“Ehi, ehi… cosa stai facendo? Non prendertela con tutta la musica del mondo.”
 
Gli occhi di Alex sono rossi e gonfi, le sue mani continuano a stringersi in pugni. “Perché no? Sono sicura di aver iniziato ad ascoltarla perché tipo… pensavo che l’avrebbe colpito o qualcosa del genere. Che cazzo di stupida.”
 
“Probabilmente tua madre te la faceva ascoltare da molto prima che sapessi cosa fosse una “rock band”. Tuo padre non possiede un’intera era musicale.” Piper osserva Alex che non sembra voler controbattere, quindi le sorride e la stuzzica, “E poi, a essere onesti, i Death Maiden non sono mai stati i miei preferiti.”
 
Questo provoca in Alex un sorriso esausto. “L’avevo immaginato. Non è proprio il tuo genere.”
 
“No, decisamente.” Piper rovista nel mucchio finché non trova una cassetta etichettata “Pipes #5” nella calligrafia disordinata di Alex. La infila nel mangianastri e schiaccia play.
 
Whenever I’m alone with you, you make me feel like I am home again.
 
“Tu e i Cure,” dice Alex, scuotendo leggermente la testa ma sorridendo. Si sdraia sul letto e fa cenno a Piper di raggiungerla.
 
Piper percorre gattonando il materasso e si mette sopra Alex, baciandola appassionatamente. Poi si sposta sul fianco e appoggia la testa sul petto di Alex. Rimangono lì intrecciate ad ascoltare, insieme.

La macchina è carica. Saluta i genitori, sua nonna e Cal, ma invece di guidare verso l’autostrada va da Alex.
 
Lei la aspetta fuori, sulle scale metalliche, e corre all’interno dell’appartamento quando Piper entra nel parcheggio. Mentre esce dall’auto, Alex e Diane scendono insieme le scale.
 
Diane abbraccia Piper forte e a lungo. “Fai la brava, piccola. Divertiti, ma non troppo altrimenti poi non torni più a trovarci, ok?” Le fa l’occhiolino e Piper guarda Alex mentre dice che non succederà. Sente di doverlo promettere altre cento volte.
 
Mentre si dirige verso casa per lasciarle sole, da una pacca rassicurante sulla spalla della figlia.
 
Rimangono in silenzio per un attimo, insicure di come iniziare. Poi Alex consegna a Piper un sacchetto pieno di cassette. “Ho fatto i calcoli. Durano esattamente quanto il tuo viaggio. E mi ci è voluto un sacco di tempo, quindi vedi di ascoltarle in ordine. Ci ho anche messo un po’ di quella musica da ragazze che ti piace tanto.”
 
“Immagino sia stata dura per te.”
 
Di nuovo silenzio. Piper improvvisamente pensa che tutto questo sia molto stupido; Alex può trovare facilmente lavori miseri anche a Northampton. Per un secondo Piper vorrebbe chiederle di prendere un po’ delle sue cose e di andare con lei.
 
Ma Alex non può stare nel dormitorio con lei e comunque non è quello il piano. Lavorare un anno. Risparmiare. Appartamento fuori dal campus.
 
“La pausa autunnale è tra un mese e mezzo,” dice Piper in mancanza di idee migliori. “Ma potrei tornare tra qualche settimana per la festa dei lavoratori.”
 
“Piper.” Quel sorriso. Quel sorriso da “è proprio da Piper”, più spento del normale. “È tutto ok, davvero.” Esita, “Non te l’ho detto, ma… quel tizio che ho conosciuto al concerto di mio – al concerto mi ha chiamata. Ha detto che forse mi trova un lavoro.”
 
“Davvero? Che lavoro?”
 
“Non lo so di preciso, ma… sembrava essere pieno di soldi. Conta solo l’appartamento, giusto?” Alex sorride ma c’è qualcosa di strano nel modo in cui evita di incrociare il suo sguardo.
 
“Ma non ha niente a che fare con, sai… tuo padre, vero?”
 
“Oh, no, col cazzo. Niente di simile.”
 
Piper vorrebbe farle più domande, ma è preoccupata che Alex lo abbia accennato solo per cambiare argomento. E comunque deve davvero andare. “Beh, meglio. Tienimi informata.” Appoggia le cassette sul cruscotto e torna da Alex. “Ti chiamo quando arrivo.”
 
“Lo so.”
 
“E tutte le volte che posso.”
 
“Lo so.”
 
“Saranno solo poche settimane – “
 
“Pipes, lo so, ok?” Alex ride di lei. Porta gli occhiali sopra la testa. “Baciami e basta.”
 
Lo fa.
 
Quando si allontanano, Alex non ride più. Piper cerca di non piangere.
 
“Non correre alla cabina delle luci con un’altra ragazza.”
 
“Ecco saltati i miei programmi per stasera.”
 
“Cazzona.”
 
“Che schifo.”
 
“Baciami di nuovo.”
 
“Insaziabile…”
 

 

 
“Ti amo.”
 
“Sì, lo so.”
 
“Che stronza.”
 
“Ti amo anch’io. Vieni qui.”
 

 

 

 
“Ok, è troppo deprimente. Devi andare, Pipes.”
 
“Fottiti.”
 
“Non so se abbiamo tempo…”
 
“Alex. Sei capace di essere seria?”
 
“Piper, sto provando con tutte le mie forze a non crollare, ok? Lasciami fare le mie battute e doppi sensi.”

“Scusami.”
 
Alex la tira a se, sfiorandole il naso con il suo, poi la bacia, forse nel modo più delicato in cui Piper sia mai stata baciata. “Ti amo davvero,” sussurra Alex, le parole le scivolano sulla pelle. Poi si solleva, rimette gli occhiali a posto e dice piano, “Ora vai.”
 
Piper annuisce, la gola troppo stretta per parlare, afferra la busta con le cassette ed entra nell’auto.
 
Questa è la parte che temeva più di tutte le altre: allontanarsi da Alex e vedere quello sguardo mentre il suo viso si rimpicciolisce nella distanza.
 
Continua a fissarla dal parabrezza. Sta indossando la maglietta dei Cure e Piper si chiede se l’abbia fatto di proposito. Mette la retro, esce dal parcheggio e finalmente si allontana dall’appartamento di Alex.
 
La sua vista è offuscata e probabilmente è pericoloso guidare, ma non è sicura che ritroverebbe la forza per andare via una seconda volta. Quindi sbatte le palpebre e continua a guidare, dirigendosi verso la vita che si aspettano tutti che viva, ma senza alcuna intenzione di escludere Alex.
 
Ha già percorso un chilometro e mezzo quando si ricorda delle cassette. Ognuna di esse ha un numero scritto sull’etichetta, quindi Piper fa partire la #1.
 
È la stessa canzone che stavano ascoltando nella camera di Alex la settimana prima, ma inizia in mezzo al ritornello.
 
However far away, I will always love you.
 
Piper sorride.
   
 
Leggi le 13 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Orange Is the New Black / Vai alla pagina dell'autore: snowvic