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Autore: northerntrash    27/08/2014    3 recensioni
"Grazie per aver ascoltato" disse Thorin, alzandosi in piedi. "Spero di poter ricambiare il favore, un giorno."
L'uomo nel letto non rispose, ma dato il fatto che era in coma da più tempo di quanto Thorin lo conoscesse, non fu del tutto sorpreso.
Bagginshield Modern AU | SlowBurn | Not a somnophilia story | Storia originale su Archive of Our Own | 38 capitoli
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Bilbo, Dìs, Fili, Thorin Scudodiquercia
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note della Traduttrice
Ci siamo! ;D le cose si fanno interessanti da qui in avanti. 
Buona lettura! ♥

Capitolo 6
 
Presente -

Bilbo era già irritato quando la porta della stanza d'ospedale si aprì. Era appena stato riportato alla sua camera dopo la prima, molto deludente, sessione di terapia fisica.

Non era completamente sicuro del perché si aspettasse che il risultato fosse un enorme cambiamento delle sue capacità fisiche, il che non era di certo accaduto. Invece, era stato messo su una sedia a rotelle, già abbastanza imbarazzante, solo per essere spinto in una stanza dove un gioviale terapista baffuto gli aveva fatto strizzare una pallina di gomma con le mani per un'ora. L'aveva fatta cadere molte volte e il fatto lo aveva frustrato quasi al punto di urlare, e il torso gli bruciava per lo sforzo di mantenersi eretto. Per quando era stato riportato nella sua stanza e sollevato sul letto, non voleva altro che lanciare qualcosa contro il muro in rabbia, solo per ricordarsi poi che non poteva fisicamente fare neanche quello.

Aveva recuperato un po' di forza nelle braccia durante l'ultimo paio di giorni, e nonostante gli infermieri e i dottori gli assicurassero che stava andando particolarmente bene per qualcuno che non era stato fuori da un coma così lungo per neanche una settimana, la sua frustrazione non si voleva calmare.

Così quando un alto uomo accigliato aprì la porta, Bilbo lo guardò male.

"È considerato educato bussare, sai," disse, la stanchezza filtrava nel suo tono sotto forma di irritazione "E credo tu sia nella stanza sbagliata."

L'uomo lo fissò per un momento, aprendo la bocca leggermente, poi alzò la mano e bussò due volte sulla porta aperta.

"Molto divertente" Bilbo gli disse. "Sto morendo dalle risate."

L'uomo alzò un sopracciglio, e chiuse la porta dietro di sé.

"Non sono nella stanza sbagliata," disse a Bilbo, prima di andarsi a sedere sulla sedia di fianco al letto.

Bilbo aggrottò la fronte, aspettando che il suo viso gli diventasse familiare. Era successo più volte con vari visitatori, non solo con Gandalf: non era stato immediatamente in grado di riconoscerli, e riusciva ad abbinarvi un nome solo man mano che la sua mente riconnetteva i ricordi alla coscienza, collocando i frammenti delle storie condivise.

Ma anche fissandolo, il viso dell'uomo distante mentre spostava lo sguardo sulla linea delle spalle di Bilbo, le sue braccia, e infine fuori dalla finestra, non arrivò nulla.

I suoi capelli scuri erano tirati indietro, leggermente lunghi, la barbetta - di almeno due giorni, Bilbo considerò distrattamente - un'ombra scura sul viso, e i suoi ampi avambracci, visibili sotto le maniche arrotolate della camicia, erano abbronzati e punteggiati da efelidi e sottili cicatrici lucenti, residui di vecchie piccole bruciature e graffi.

Era alto, Bilbo registrò, certamente più alto di lui, e il suo naso era peculiare, la linea della mascella decisa, e-

Bilbo si reclinò più a fondo nei cuscini, desiderando di avere l'energia per alzare le braccia e strofinarsi gli occhi.

Era l'uomo, l'uomo di cui gli infermieri parlavano sempre, il misterioso porta-fiori e colui che lo visitava mentre dormiva.

"Io… non ti riconosco," Bilbo sussurrò, una strana irrequietezza nel petto. "Gli infermieri sono tutti convinti che l'avrei fatto, una volta averti visto, che mi fossi solo dimenticato - è stato tutto un po' confuso da quando mi sono svegliato." Si interruppe per un momento, aspettando un qualche tipo di reazione dall'uomo sulla sedia, solo per rimanere deluso: il suo viso severo mostrava solo un accenno di emozione, senza nome ed effimera. "Ma non penso che ci siamo mai incontrati, vero? Sei uno sconosciuto."

L'uomo annuì, lentamente, non incontrando lo sguardo di Bilbo ma invece tenendo gli occhi puntati da qualche parte intorno alle sue spalle.

"Noi… non ci siamo mai incontrati." Confermò, la voce bassa.

"Ma mi sei venuto a trovare comunque," Bilbo disse, e anche se non era una domanda l'uomo annuì ancora una volta.

"Si, l'ho fatto."

Nonostante tutto Bilbo si ritrovò a provare una strana sensazione nel petto che non si era accorto essersi liberata al suono della voce dell'uomo, come se gli fosse in qualche modo conosciuta, anche se non riusciva a collocarla: come i ricordi dimenticati di una gioia dell'infanzia, era familiare e sconosciuta allo stesso tempo, provocandogli una nostalgia strana e senza nome che non riusciva a comprendere.

Lo fece rabbrividire, questa sensazione inspiegabile.

"Thorin Durin," l'uomo disse dopo un momento, allungando la mano perché Bilbo la stringesse: fu un gesto stranamente formale date le circostanze, e Bilbo provò ad alzare la sua mano in risposta, prima di ricordarsi che un'azione del genere era ancora oltre le capacità del suo corpo. Riuscì ad alzare il braccio di pochi centimetri dal letto prima che ricadesse giù.

La frustrazione era evidente sul viso di Bilbo a chiunque avesse guardato; Thorin non aveva potuto mancarla.

Fissò, affranto, la mano di Bilbo, rendendosi conto di quello che aveva fatto.

"Io-" cominciò.

"Bilbo Baggins," Bilbo tagliò corto velocemente, sentendo il rossore invadergli le guance. "Anche se sospetto lo sapessi già."

Thorin ritirò la mano, lentamente, come se avesse paura che un movimento improvviso potesse spaventare Bilbo. Stava chiaramente cercando di stare attento, e questo irritava Bilbo. Forse l'unica cosa più frustrante di non avere un controllo decente del proprio corpo erano le altre persone che lo trattavano come se ci fosse qualcosa di radicalmente spezzato in lui, sopra il quale loro dovessero passare con cautela. Avrebbe preferito che l'uomo avesse fatto una battuta, o avesse preso la sua mano con la propria, o avesse fatto qualunque altra cosa che per non farlo sentire così inerme. Ma comunque, l'uomo non lo conosceva, nonostante le ore passate al capezzale di Bilbo; non sapeva nulla di come voleva essere trattato, come poteva reagire alle situazioni, nulla.

"Quindi sei stato tu a comprarmi tutti quei fiori?"

Thorin lanciò uno sguardo al davanzale, ora pieno di grossi bouquet ingombranti e biglietti di auguri dai visitatori. Bilbo notò l'occhiata, le sue mani fremettero; normalmente avrebbe replicato agitato la mano impazientemente, ma visto che non ne era in grado si accontentò di schiarirsi la gola.

"Non quelli." Disse, cercando di chiarire. "Le fresie dell'altro giorno, e i tulipani che erano sul comodino quando mi sono svegliato."

Thorin annuì.

"Girasoli prima ancora," rispose, e sembrò sorpreso di sé stesso, come se non avesse avuto l'intenzione di dirlo ad alta voce.

Bilbo annuì. "È un peccato che siano morti prima che mi svegliassi." Disse, colloquialmente. "Ho dei girasoli in giardino a casa, ho un debole per loro."

Evitarono i propri sguardi a vicenda per un momento.

Il silenzio era imbarazzante, pieno di una peculiare tensione feroce, e Bilbo fissò il muro all'altro lato della stanza, una visuale che gli era divenuta troppo familiare negli ultimi giorni.

"Bene, allora, signor Durin, siccome hai ritenuto giusto imbucarti nella mia stanza in varie occasioni nell'ultimo paio di mesi e interrompere il mio riposino di bellezza, mi sembra corretto che mi parli almeno. Non che il silenzio meditabondo non sia affascinante di per sé, ma onestamente non ho idea di chi tu sia o perché sei qui, e al momento non mi sento abbastanza bene da provare ad essere educato sulla questione."

Bilbo deglutì dopo aver finito, un po' imbarazzato dal proprio sfogo, che era stato inaspettato anche a lui stesso.

"Potremmo almeno parlare del tempo," disse, a disagio ora. "Almeno non piove oggi."

Thorin lo fissò sconcertato per un momento, prima di nascondere la sua espressione e riportarla alla stessa severità vuota di prima. Bilbo resistette l'impulso di roteare gli occhi; quell'uomo non mostrava mai niente?

"Infatti," Thorin rispose, incerto di dove portare la conversazione ora, "E non conoscevo il tuo nome, in effetti. Non so nulla di te a parte il tuo cognome e che eri in coma."

Bilbo lo fissò.

Era serio?

"Io… solo… cosa?" disse, inciampando sulla sua lingua mentre cercava di pensare a qualcosa con cui rispondere. Sospirò, arricciando il naso, incredulo. "Bene. Bilbo Baggins, 32 anni, scrittore per professione, asociale per natura, e proprietario di un gatto molto irascibile. E penso che tu sia quello a dover essere ricoverato, non io, ma ora che ci siamo formalmente presentati, perché non mi dici il motivo perché cavolo sei venuto a trovare un uomo di cui non sai nulla?"

Thorin sbatté le palpebre, un po' preso alla sprovvista, e fissò Bilbo per un istante prima di fare spallucce.

"È… una storia lunga," disse infine. Bilbo si chiese se la concisione della sua risposta era dovuta al non sapere cosa dire o no, oppure al non voler aggiungere altro.

Storse la bocca in un misto di divertimento e irritazione.

"Beh," rispose, tamburellando le dita sulle coperte. "Non sto esattamente andando da qualche parte, no?"

Ma Thorin non disse nulla, i suoi occhi ritornarono alla finestra; Bilbo si chiese ancora se Thorin non riusciva semplicemente a trovare le parole giuste o solo non era interessato a rispondere, ma non avrebbe saputo dirlo. L'orologio sopra la porta continuava a ticchettare, un suono che aveva infastidito Bilbo dal momento in cui si era svegliato, ricordandogli il tempo che era passato da quando era arrivato all'ospedale. Il silenzio si allargò tra di loro, imbarazzante ed infinito; Bilbo continuava a guardare il viso di Thorin, aspettando per una qualche reazione, qualsiasi, ma non arrivò nulla.

Si sentiva stanco, e inerme, e infastidito, ma allo stesso tempo stranamente grato per la compagnia dell'uomo, per poter finalmente sapere chi fosse.

"Mi piacevano i tulipani," Bilbo disse all'improvviso, cercando una cosa qualsiasi da dire. "Ma significano 'occhi belli', il che è un po' assurdo dato che ero in coma."

Thorin deglutì.

"Io… non lo sapevo."

Bilbo fu sorpreso per un secondo, avendo dimenticato il fatto che non tutte le persone scrivevano libri con appositi significati sottintesi basati sul linguaggio dei fiori. La maggioranza della gente, senza dubbio, non avrebbe saputo distinguere il significato di un fiore dall'altro, ma non gli impedì di offendersi leggermente al tono freddo e un indifferente dell'uomo.

"Le fresie significano 'amicizia', poi, che è un po' presuntuoso dato che non avevamo mai parlato faccia a faccia. Fino ad ora, ovviamente. Anche se a quanto pare hai passato parecchio tempo a parlarmi, se gli infermieri hanno ragione, anche se siamo perfetti sconosciuti. Il che non hai ancora spiegato, tra l'altro."

Thorin si agitò un po' sulla sedia, lanciando uno sguardo alla porta.

"Io… non sapevo che qualcuno potesse sapere tanto sui fiori," rispose infine scialbamente, per cercare di distrarsi dal resto di quel che aveva detto Bilbo. Forse semplicemente non aveva voglia di giustificarsi, o forse non sapeva come farlo.

Bilbo tirò su col naso.

"Non sapevo che qualcuno non lo facesse."

Thorin alzò un sopracciglio freddamente.

"Più un fioraio che uno scrittore, non è così?"

La mascella di Bilbo cadde aperta.

"Beh… io.." sputacchiò, senza sapere come ribattere.

Il rimorso fu visibile per un istante sul viso dell'uomo, per solo un momento, e Bilbo lo mancò completamente, troppo occupato a pensare a qualcosa da dire. Il tono di Thorin era stato involontariamente crudele, ma si era sentito messo in difficoltà, ed era stata la prima cosa a venirgli in mente mentre cercava di trovare il modo di ribattere all'irritante invettiva dell'uomo nel letto.

"Quale sarebbe stato il fiore più appropriato, allora?" chiese infine, rompendo il silenzio e incrociando le braccia sul petto sulla difensiva.

Bilbo gli lanciò un'occhiataccia, cercando di capire se lo stesse prendendo in giro in qualche modo, ma quando non arrivò nient'altro decise di rispondere.

"Erica, forse," disse infine. "Per protezione, e buon auspicio."

Thorin roteò gli occhi.

"Sorprendentemente," rispose stancamente. "Non vendono la dannata erica nel negozio dell'ospedale."

Bilbo si sentì un po' in colpa allora, ma decise di non darlo a vedere. Quest'uomo era piombato ripetutamente nella sua stanza d'ospedale mentre era in coma; Bilbo immaginò di avere il diritto di essere un po' impaziente con lui. Il lento indolenzimento provocato dalla stanchezza si stava già impossessando del suo corpo, e non solo a causa del breve incontro; l'intero pomeriggio lo aveva stremato più di quanto volesse ammettere. Si chiese quanto ci volesse perché riuscisse stare sveglio una giornata intera senza addormentarsi.

La voce di Bilbo era più bassa ora, anche se il sarcasmo rimaneva tagliente come un rasoio.

"Sfortunatamente, siccome sono stato confinato a letto per l'ultima meravigliosa metà dell'anno, non ho avuto l'occasione di girovagare per il negozio dei regali. Ma mi assicurerò di farti sapere quando lo farò."

Ed eccolo lì, successo, finalmente - l'espressione di Thorin mutò, l'angolo della sua bocca tremolò in alto involontariamente, e Bilbo sbuffò una bassa risatina alla vista.

"Vedi?" disse, più a sé stesso che ad altri, le percezioni affievolite in qualche modo dalla sonnolenza.[1]

"Puoi fare espressioni facciali. Cominciavo a pensare che non ci riuscissi."

La sua voce era diventata un biascichio, le palpebre pesanti, e si perse la sorpresa che lasciò brevemente Thorin a bocca aperta, gli occhi spalancati e perfettamente leggibili per un istante, pieni di frustrazione e divertimento e incredulità.

"Sei stanco," disse infine. "Dovresti dormire."

"Ho dormito anche troppo," Bilbo sbuffò in risposta, anche mentre chiudeva gli occhi. "Tra l'altro non ho ancora finito di urlarti contro. E non ti ho ringraziato per i fiori. E non mi hai ancora detto perché continuavi a venirmi a trovare."

Thorin scosse la testa lentamente, anche se Bilbo non poteva vederlo.

"Dormi," gli disse, e la sua voce era stranamente delicata, nel modo in cui può essere quando si prova a convincere un bambino ad andare a letto. "E ti prometto… tornerò presto, così puoi finire di farmi la predica. Ti porterò anche altri girasoli, se vuoi."

"Promesso?" chiese Bilbo, la parola più un mormorio che altro.

Thorin annuì, anche se sapeva che Bilbo non lo avrebbe visto, e lentamente si alzò in piedi.

"Promesso," rispose, mentre usciva silenziosamente dalla porta.

Quando Bilbo si svegliò qualche ora dopo, sentendosi rinvigorito e un po' imbarazzato a causa del primo incontro con l'uomo, gli ci volle un po' per rendersi conto del cambiamento nella stanza.

Quando lo fece, però, un sorriso comparve spontaneamente sul suo viso, e scosse la testa incredulo.

Un altro vaso, infilato dietro quello delle fresie sul suo comodino, così che fosse nascosto alla vista.

Ricolmo di girasoli.

...Continua.
[1]: non sono sicura della traduzione di questa frase. L'originale era " sleepiness stealing his sensibilities somewhat ". Se avete qualche consiglio o opinione non esitate a dirmelo!
Note della Traduttrice - reprise
Riusciranno mai questi due ad avere un primo incontro decente? Dubito. Povero Thorin xD
Alla prossima!
KuroCyou



 
   
 
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