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Autore: TooSixy    30/08/2014    1 recensioni
Nonostante Las Noches sia a tutti gli effetti una città di morti, l'esistenza di una Fracciòn non è mai tranquilla o pacifica. Ma nemmeno per sbaglio.
Basti pensare alle incombenze di tutti i giorni: spiriti minori da cacciare, Shinigami da trucidare, Espada testardi e capricciosi a cui badare… insomma, bisogna essere un po' un incrocio tra un gladiatore e un baby-sitter. E malgrado tutto, diciamocelo, si ha pure la reputazione di essere "creature inferiori", poco più che docili schiavetti al servizio dei propri Espada.
Quando però una misteriosa entità compare a Las Noches, pronta a tracciare la sua scia di sangue perfino tra i pezzi grossi, sarà proprio una Fracciòn a rimboccarsi le maniche per fermarla. Armata della sua determinazione, di un dono tanto prezioso quanto molesto e di una Zanpakuto che si fa beatamente i fatti suoi, Rayen si prepara a combattere per la sua vita e per tutto ciò che le è caro.
E chissà, forse potrebbe scoprire di essere coinvolta in un gioco molto più grande e pericoloso di quello che immagina.
Genere: Azione, Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jaggerjack Grimmjow, Kurosaki Ichigo, Nuovo personaggio, Shūhei Hisagi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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XIX. Beginning of the End


Un silenzio gelido come la morte ammantava il Palazzo Izanami. Era una quiete dal sapore innaturale, ma a Ryuuji non dava fastidio: anzi, gli faceva sembrare quel posto ancora più bello e sacro. L’angelo era seduto con la schiena appoggiata contro la colonna; le sue dita percorrevano distrattamente l’elsa della spada, accarezzando le complicate iscrizioni che la decoravano. 

Aspettava. Da quanto, non avrebbe saputo dirlo, perché in quella reggia di cristallo e brina persino il tempo sembrava congelato. Erano però passate diverse ore, forse addirittura giorni. Tra le sopracciglia di Ryuuji cominciava a far capolino una minuscola ruga d’impazienza, unico segno d’espressione nel suo viso altrimenti apatico. 

Improvvisamente, alle sue orecchie giunse un suono sottile, quasi melodioso: le enormi porte di cristallo davanti a lui si stavano poco a poco aprendo. Ryuuji s’alzò in piedi e s’incamminò verso di esse. Da qualche parte, nel cimitero di emozioni che era il suo cuore, qualcosa si smosse debolmente - un vaghissimo senso di timore e soggezione - ma ben presto anche quello morì. Quel luogo santo, proibito a tutti fuorché a pochi eletti, era la residenza del Re Spirito, il suo signore e creatore, e lui non era che il suo più umile servo, uno strumento forgiato al solo scopo di obbedire ai suoi ordini. 

Ryuuji varcò la soglia cristallina. Nello stesso istante in cui mise piede nella sala successiva, il Palazzo scomparve: vampate nere divorarono il pavimento e i muri splendenti si sgretolarono, rivelando l’oscurità dietro di essi. Quello che fino a pochi istanti prima era stato un magnifico tempio di luce si scompose in un mondo infinito di tenebra. 

Ryuuji non ebbe bisogno di guardarsi alle spalle per sapere che anche le porte dietro di lui erano svanite. Adesso galleggiava nel buio, nel vero cuore del Palazzo Izanami: un ritaglio dell’Abisso, una minuscola porzione del gigantesco e spaventoso limbo che connetteva tutte le dimensioni esistenti. Al di là del mondo umano, della Soul Society, di Hueco Mundo, di Eden Gan, dell’Inferno, di qualunque altro mondo esistesse nel Multiverso, c’era quello, ciò che i membri della Compagnia Zero chiamavano Kuroseido, il Santuario Nero: la dimora del Re Spirito.  

« Mio signore. » Ryuuji s’inginocchiò, piegando il capo. « Sono giunto al vostro cospetto, come da voi richiesto. »

Attorno a lui, il buio parve prendere vita. Evanescenti tentacoli oscuri lo lambirono, sfiorandolo senza toccarlo. Un sussurro silenzioso raggiunse Ryuuji. Come sempre, il Re Spirito gli parlò tramite immagini ed emozioni. Dapprima ci fu una calda ondata di rabbia e disappunto, poi nella mente del giovane fu proiettato un ricordo: lui stesso che faceva esplodere un muro, fermando Nnoitra un attimo prima che questi facesse fuori Raiha. Poco dopo, Ryuuji attaccava l’Espada e lo feriva gravemente. 

« Sono stato attento a non ucciderlo. Intendevo solo metterlo in condizione di non nuocere. »

Decine di tentacoli oscuri gli piovvero addosso. Gli passarono attraverso, come neri fantasmi, eppure una scarica di dolore lo trafisse dalla radice dei capelli alla punta dei piedi. Ryuuji serrò gli occhi, senza farsi sfuggire un fiato. Sapeva che le sue azioni avrebbero contrariato il Re Spirito, ma cos’altro poteva fare? Se non fosse intervenuto, Raiha sarebbe morta. E lui non voleva perdere di nuovo sua sorella, non subito dopo averla ritrovata. 

« L’anima di quell’Arrancar è ancora intatta » insisté.  

Una seconda scarica di frustate lo colpì. Stavolta, Ryuuji non riuscì a trattenere un fievole lamento. L’aura del Re Spirito lo circondò, comprimendolo, e l’angelo si sentì come se all’improvviso stesse annegando nell’acqua gelida. Per un attimo, si chiese se il suo signore intendesse davvero ucciderlo. 

Poi la stretta del Re Spirito si attenuò, lasciandolo libero. Nella pelle di Ryuuji filtrò, tagliente, un senso di ammonimento. Non avrebbe avuto un’altra possibilità; quella era la prima e ultima volta che avrebbe messo il piede fuori riga. 

Ryuuji trasse un lento respiro. 

« Chiedo perdono. Non vi porterò più disobbedienza » disse incolore. 

Avvertì un senso di fredda approvazione. 

Con la coda dell’occhio, Ryuuji intravide uno scintillio nel buio: a poca distanza da lui s’era aperto uno spiraglio di luce, che nel giro di pochi istanti assunse le dimensioni di una porta. Il Re Spirito lo stava congedando. 

« Con permesso. » Con un ultimo inchino, l’angelo senza ali si diresse verso il rettangolo luminoso. Nel momento stesso in cui varcò la soglia, tutto il vuoto e l’oscurità che lo avevano circondato parvero essere risucchiati via, e il mondo intorno a lui tornò a essere il santuario di cristallo freddo e scintillante che conosceva bene. 

Ryuuji si guardò alle spalle, ma non vide altro che una parete traslucida. La cosa non lo stupì. Frequentava il Palazzo Izanami da diversi decenni e si era fatto un’idea abbastanza precisa di come funzionasse. Il Re Spirito era un’entità straordinaria, molto vicina al concetto che gli umani avevano di ‘divinità’. Non aveva un corpo concreto, però in qualche modo era capace di influire sulla realtà fisica: poteva ferire e uccidere, torturare un’anima fino a farla uscire di senno, manipolare la mente e instillare pensieri e istinti che un uomo normalmente non avrebbe mai avuto. Per quanto etereo, aveva poteri eccezionali e terribili. Se solo avesse voluto, avrebbe potuto sottomettere la Soul Society o Hueco Mundo con poco più di un pensiero; gli sarebbe bastato piegare le volontà dei pezzi grossi e assumere il controllo della loro anima. 

Ma non lo faceva.

Per qualche misteriosa ragione, il Re Spirito non sembrava avere alcuna intenzione di usare il suo potere, né alcun desiderio di uscire dal Limbo. Si limitava a osservare i mondi da lontano, dall’alto del suo trono invisibile. Se decideva di manifestarsi fuori dall’Abisso, era solo nelle rarissime occasioni in cui sceglieva un nuovo servitore. Di solito si trattava di Shinigami dal talento straordinario, che venivano riuniti sotto il nome di Compagnia Zero e costituivano il suo corpo di guardia personale; ogni tanto, tuttavia, chiamava a sé anche qualcun altro: un’anima abbastanza disperata da barattare il proprio cuore in cambio di un unico desiderio. Un’anima come Ryuuji. 

Ryuuji estrasse la spada dorata che gli pendeva al fianco e con un gesto secco tagliò l’aria davanti a sé: la lama tracciò una linea splendente, che in pochi istanti s’allungò e s’ispessì fino a diventare una sorta di cancello luminoso. Senza rallentare il passo, Ryuuji lo varcò e sentì la carne dissolversi nel teletrasporto. Non rimpiangeva nulla. 

*

C’era una cosa che Rayen ignorava: ritagliare anche solo pochi minuti per lei a Shuhei costava, e molto. Da quando il Capitano Kaname Tousen aveva abbandonato la Soul Society, sulla scrivania del vice-Capitano avevano cominciato ad accumularsi rotoli, plichi, bolle e scartoffie di ogni genere, che Shuhei doveva naturalmente leggere da cima a fondo prima di firmare, certificare, approvare, timbrare o respingere. Non c’era tempo per nominare un nuovo Capitano, non sotto la perenne minaccia di Hueco Mundo, e la responsabilità di tutta la compagnia ricadeva sulle sue spalle. Spesso e volentieri gli capitava di restare inchiodato in ufficio fino a notte inoltrata, a volte finendo anche per addormentarsi sulle montagne di documenti che avrebbe dovuto controllare. Non era facile svolgere il lavoro di due persone, soprattutto se le persone in questione erano vette del Gotei 13. Shuhei cercava di non darlo a vedere, ma la stanchezza e la frustrazione cominciavano lentamente a rodergli le forze. 

Nel corso dell’ultimo mese, a impensierirlo erano state soprattutto le frequenti denunce di Shinigami scomparsi. Non era raro che i principianti sparissero in qualche missione, di questo ne era amaramente consapevole, ma qui si parlava della scomparsa di più di novanta persone, e tutte nell’arco di poche settimane. 

Inammissibile

Fatta eccezione per un paio di lanterne ad olio, l’ufficio del vice-Capitano era immerso nel buio. Erano circa le tre di mattina. Shuhei sbadigliò e guardò tra le palpebre socchiuse tutta la catasta di lavoro che doveva ancora fare. Un ultimo documento, decise, e poi se ne sarebbe andato a dormire; il resto avrebbe aspettato la mattina.  

Gli capitò tra le mani un dossier, consegnatogli poche ore prima dal vice-Capitano Abarai Renji. Conteneva le informazioni generiche di un tale Nakamura, trentanovesimo seggio della Sesta Compagnia ed ennesimo Shinigami svanito nel nulla. La foto allegata ritraeva un ragazzo scuro di carnagione, dall’aria sveglia e intelligente. Ora che ci pensava, Shuhei aveva l’impressione di averlo visto in giro, forse una o due settimane prima.  

La sua spada Kazeshini, posata a terra accanto a lui, parve scossa da un lieve tremito. Ehi, detective dei miei stivali, non ti ricorda qualcosa tutta questa gente che sparisce senza motivo? 

Qualcosa come un certo incidente di cent’anni fa? Il vice-Capitano si rilassò contro lo schienale della sedia. All’epoca ero solo un ragazzino, ma conosco abbastanza bene le dinamiche della storia. I Capitani ebbero un bel daffare a tenere a bada la situazione: anime che scomparivano di continuo, un’intera unità di Shinigami dispersa, tutte le squadre di ricerca annientate… Si persero anche le tracce di diversi ufficiali d’alto rango, tra cui il Capitano Muguruma. 

Quasi inconsciamente, strofinò il tatuaggio a forma di 69 che gli segnava la tempia. 

Non ci provare neanche, scattò Kazeshini. So cosa stai pensando e se ti metti a fare il sentimentale, giuro che non mi faccio più impugnare per i prossimi cinque secoli! Non ho proprio voglia di stare a sorbirmi uno dei tuoi soliti momenti emo. 

Shuhei strinse i denti. Non ho “momenti emo”, ma sta’  pur certo che se mai troverò il colpevole gli farò pentire di essere venuto al mondo

La crudele risata della Zanpakuto gli echeggiò nella mente. Oh, Hisagi Shuhei finalmente comincia a tirare fuori le palle! Aspetta un attimo che prendo il saké, bisogna festeggiare l’evento. 

Non sei divertente.

Secondo me dovresti farla vedere un po’ più spesso, questa tua vena combattiva, disse Kazeshini in tono quasi allegro. Se proprio devo ammetterlo, ti dirò che forse, tutto sommato, in fondo non sei così malaccio, ma sprechi troppo tempo a recitare la parte del vice perfettino tutto onore e rispetto. E credi a me, quando lo fai sei solo ridicolo, sembri un lupo che cerca a tutti i costi di farsi passare da pecorella. Non è quella la tua vera natura, lo sai

Grazie, ma non ho bisogno delle tue sedute psicologiche. Voglio solo finire questo maledetto fascicolo e andare a dormire

L’arma fu attraversata da un lampo di luce verde. Un attimo dopo, dalla punta della spada si levò un rivolo di fumo color smeraldo, che ruotò su se stesso e assunse la forma di un piccolo mammifero dagli occhi scintillanti, con le piccole zanne snudate e bene in vista. 

Lo Shinigami ringraziò silenziosamente il cielo che nessun altro potesse vedere il vero aspetto di Kazeshini. La Vice-Capitano Kusajishi l’avrebbe senz’altro strangolato a furia di coccole, e quell’idiota di Madarame si sarebbe fatto beffe di loro fino alla fine dei tempi.  

Madarame può prendermi per il culo quanto vuole, ma intanto gliele ho sempre suonate, sogghignò lo spirito. 

Gliele abbiamo suonate, sì. Shuhei gli lanciò un’occhiata stanca. Non aveva nulla di personale contro la forma di Kazeshini, ma se doveva essere sincero lo trovava un po’ più minaccioso quand’era sotto forma di spada piuttosto che di… ratto. 

Kazeshini rizzò il pelo del collo, indignato. Donnola! Io sono una fottutissima donnola, è chiaro?

Sì, sì, va bene. Il giovane sospirò. Ma tornando al nostro discorso, tu credi che anche qui ci sia lo zampino di Aizen? Questa volta sono scomparse più anime. Questo Nakamura era... Rilesse il fascicolo. Il novantottesimo

La donnola gli lanciò un’occhiata sprezzante, ancora chiaramente offesa per il commento di poco prima, ma decise di lasciar correre. È possibile che i due incidenti siano collegati. Quello che non capisco è quale sia lo scopo di rapire novantotto Shinigami, oltretutto pure scarsi. Se qualcuno avesse voluto rubare i loro poteri avrebbe preso di mira gente come te o Abarai, se non addirittura qualche Capitano. Inclinò la testa di lato. La faccenda puzza di bruciato. 

E per una volta Shuhei si trovò perfettamente d’accordo con la sua Zanpakuto. 

*

Il giorno successivo, dopo una giornata all’insegna della fatica e delle imprecazioni, Shuhei tornò a fare visita a Rayen. La trovò seduta a terra, con la schiena appoggiata contro il muro, intenta a piegare due diverse forme di carta. Al suo arrivo, stranamente, il viso dell’Arrancar rimase neutro: niente smorfie, niente occhiate accusatorie, niente frecciate a tradimento. Lo Shinigami non sapeva se prenderlo come un buon segno o no.

« Ciao. »

Il giovane rimase di sasso. Era stata lei a parlare per prima! E non per mandarlo all’inferno, ma per salutarlo.  

« Ciao » rispose, riprendendosi dalla sorpresa. 

Rayen alzò gli occhi su di lui. Aveva lo sguardo circospetto e indagatore di sempre. Un bizzarro, incomprensibile calore serpeggiò sotto la pelle di Shuhei.

« Io... ti trovo bene » annaspò lui. Idiota, si maledisse un attimo dopo. 

« Tu invece hai la faccia di uno a cui hanno appena infilato la testa nello scarico delle fogne » lo informò piacevolmente Rayen. « Che succede, Shinigami? Ho visto morti molto più vivaci di te. »

« Lavoro » disse Shuhei evasivo. 

La ragazza mise insieme i due origami e creò un’unica figuretta alata, forse un falco o un’aquila. Non sembrava intenzionata a dire altro. 

Frigida, sbottò Kazeshini. 

« Chiudi il becco » scappò a Shuhei.

« Guarda che sei tu quello che ciarla sempre » disse Rayen piccata. 

« Non ce l’avevo con te, ce l’avevo con lui. »

« Lui? » 

« Kazeshini, la mia Zanpakuto. »

Rayen gli lanciò uno sguardo a metà tra l’ironico e l’impietosito. « Non m’intendo granché di come funziona la psiche degli Shinigami, ma non credo che sentire le voci sia esattamente un sintomo di sanità mentale. Casomai non ci avessi mai fatto caso, quella è una spada. E le spade non parlano. »

« Eccome, se parlano. A volte il problema è farle stare zitte » borbottò Shuhei. 

La ragazza tornò a concentrarsi sugli origami. « La Zanpakuto sarà anche una porzione di anima solidificata, ma essenzialmente rimane un’arma. Serve a combattere e a difendersi, non per scambiare quattro chiacchiere davanti a una tazza di tè. Il fatto che cresca e che cambi insieme a te non toglie che è solo uno strumento: non ha una mente, non ha un cuore e di sicuro non ha una voce. »

Shuhei si stupì. « Mi stai dicendo che tu non sei mai entrata in contatto con lo spirito della tua Zanpakuto? Mai? »

« Certo che no » sbuffò Rayen. « Trèbol è un prolungamento del mio corpo e della mia anima, niente di più. »

« Sapevo che le Zanpakuto degli Arrancar erano diverse da quelle degli Shinigami, ma non pensavo così tanto. »

Ricordò quello che il Capitano Kurotsuchi aveva rilevato nei suoi studi sugli Hollow. Forse è per questo che hanno un solo stadio, la Resurreciòn, e non due, come i nostri Shikai e Bankai, pensò. Una bella fetta del nostro potere risiede nella comunicazione con lo spirito della spada... 

... e loro questo spirito non ce l’hanno, concluse Kazeshini. Ah! Hai bisogno di altre prove della nostra superiorità, Hisagi Shuhei?

Smettila di sbirciarmi nella testa o ti taglio la coda.

« State parlando anche ora? » chiese Rayen, con un filo di scetticismo. « Tu e questa... specie di spirito che vive nella tua Zanpakuto? »

« Sì. » Shuhei sospirò e si passò una mano fra i capelli. « Non andiamo esattamente d’amore e d’accordo, ma in qualche modo si va avanti. Ti garantisco che in settant’anni di onorato servizio non ho mai incontrato uno spirito più fastidioso, testardo, maligno e petulante di lui. »

Basta con tutti questi complimenti, capo, o mi farai arrossire

« Però se t’abitui al suo sarcasmo da quattro soldi e alle sue perenni manie omicide, alla lunga diventa più sopportabile » ammise lo Shinigami. 

« Capisco. » Nella voce di Rayen c’era la piccolissima ombra di un sorriso. La ragazza si alzò in piedi, mettendosi direttamente davanti a lui, così vicina che Shuhei avrebbe potuto toccarla semplicemente allungando il braccio. « Ma se è così cattivo come dici, perché quella volta a Karakura non l’hai rilasciato? Avresti potuto mettere subito fine alla nostra battaglia e correre a salvare i tuoi amici, prima che Luppi Antenor li prendesse a calci con i suoi tacchi dodici. »

Lo Shinigami si prese qualche momento per rispondere. « Stavo per farlo » confessò. « Volevo aiutarti, ma non sapevo come. Alla fine mi sono convinto che l’unica soluzione fosse purificarti. »

« ‘Purificarmi’ è una maniera carina per dire farmi a fettine con la spada? Metodo piuttosto originale per aiutare qualcuno. E agli amici che volevi salvare cosa hai fatto, li hai torturati, strangolati e dati in pasto ai miei colleghi? »

Shuhei inspirò a fondo e piantò gli occhi in quelli della ragazza. « Rai... Rayen. Pensaci seriamente, te ne prego. La Zanpakuto di uno Shinigami ha grandi proprietà catartiche: se mi permetterai di liberarti, ti concederò un trapasso veloce e indolore e cancellerò i peccati che hai commesso in forma di Hollow. La tua anima si reincarnerà da qualche parte alla Soul Society e tu avrai la possibilità di ricominciare da zero, di avere la vita tranquilla che hai sempre sognato. Non ricorderai nulla di questa vita, né della precedente. Nessuno ti costringerà più a combattere, a uccidere o a rischiare morti orribili. »

Rayen esitò. Per un attimo, Shuhei vide una scintilla di dubbio dietro le sue iridi chiare, e tra sé e sé sperò ardentemente che accettasse... Ma poi la ragazza scosse la testa con decisione. 

« Non posso morire, non ancora. Ci sono ancora troppe cose che voglio fare a tutti i costi. »

*

Rivedere Isshin. Scoprire cosa diavolo sta combinando Ryuuji. Trovare Asami. Vendicare Indar. Fare lo sgambetto a Tousen. Scusarmi con Grimmjow. Ringraziare Rukia. Tagliare di nascosto i capelli a Findor Carias. Far pentire Aizen di essere strisciato fuori dal grembo di sua madre. Oh, dannazione, e non ho ancora ripagato Apache, Sun Sun e Mila Rose per avermi comprato la divisa!  

Più Rayen ci pensava, più la lista s’allungava. Le si annodò lo stomaco: anche se più di una volta si era ritrovata in situazioni letali, non aveva mai davvero riflettuto su tutto ciò che avrebbe perso se fosse morta. Si era sempre lamentata di quell’esistenza grigia e bestiale, senza rendersi conto di quanto le fosse diventata preziosa. Soprattutto ora che era tornata in possesso dei suoi vecchi ricordi. 

Guardò Shuhei. Possibile che lui avesse veramente a cuore il suo bene? Non era molto più probabile che invece stesse solo cercando una scusa per sbarazzarsi di lei senza macchiarsi la coscienza? Eppure il suo viso era così serio, i suoi occhi scuri sembravano pieni di sincera preoccupazione...

« Non capisco, Shinigami » iniziò Rayen, ma si bloccò nell’udire una risata fredda e viscida, spaventosamente familiare: « Ma ciao, sgualdrinella! Dimmi, hai sentito la mia mancanza? »

La ragazza sobbalzò, appiattendosi d’istinto contro la parete e lanciando uno sguardo circolare tutto intorno. Non era possibile. Non era obiettivamente possibile. Doveva essere un’allucinazione, per forza.

« Rayen? Che succede? » chiese Shuhei allarmato. 

Rayen si limitò a scuotere la testa, gli occhi spalancati e persi nel vuoto. Qualcosa di caldo e umido cominciò a scorrerle tra le dita.

« Sei lontana da Las Noches, lo sento » sibilò nella sua testa la voce di Nnoitra Jilga. « Ti stai nascondendo nel mondo umano? O forse sei in mezzo a quei cani della Soul Society? Se è così, stiamo venendo a prenderti... »

Un lento, fastidioso senso di prurito le attraversò il braccio. Rayen abbassò gli occhi: aveva un guanto completamente infradiciato di sangue. D’impulso, lo strappò via, rivelando il tatuaggio a forma di 5 impresso sul polso. Anziché scuro e sottile come al solito, il numero era diventato contorto e deforme e stillava gocce rosso vivo. 

Il Contacto! Ma certo, Nnoitra le parlava attraverso il Contacto, il dannato marchio che imponeva a tutti i membri della sua Fracciòn. 

Tesla porta guanti neri, pensò all’improvviso.  

Ma quello che sgorgava dal tatuaggio non era solo sangue: qua e là, nel liquido cremisi si potevano cogliere leggere scintille azzurrine, che brillavano debolmente per qualche istante prima di annegare nel rosso del tatuaggio. Sembrava quasi che il marchio stesso le risucchiasse... 

« Ah, vedo che qualcosa sta cercando di bloccare la tua reiatsu. » Nnoitra tentennò, poi sembrò collegare, e Rayen quasi poté sentire il sorriso nel suo tono. « Forse uno di quegli schifosi congegni da Shinigami, sì? Beh, poco importa, vuol dire che dovrò solo tirare più forte. » Una stilettata di calore colpì il tatuaggio, strappando un sussulto a Rayen, e un flusso più intenso di scintille si mescolò al sangue. Il tono leggero dell’Espada cambiò di colpo, facendosi basso e ringhiante. « Dev’essere stato un vero spasso, assistere alla mia sconfitta per mano di quel cazzo di angelo pelle e ossa. Scommetto che ti sei sbellicata dalle risate. Ma la mia umiliazione non resterà impunita, Oneiron. Se mai ti troverò di nuovo sulla mia strada, giuro che ti prenderò come la cagna che sei, poi ti mozzerò via quella tua bella testolina e la lascerò a marcire nel deserto. »  

Piantala di vomitare idiozie, sei ridicolo. Rayen chiuse strettamente gli occhi. Esci dalla mia testa, bastardo. Vattene!  

« Ci vediamo presto, Oneiron. O forse no... se è vero che sei nel covo degli Shinigami, purtroppo non sarò io ad avere il piacere di schiacciarti come un insetto. Se vuoi un consiglio, non affezionarti troppo agli dèi della morte, perché presto saranno dèi morti e basta! »

La risata acuta di Nnoitra le rimbombò di nuovo nelle orecchie, poi la presenza dell’Espada svanì. Rayen trasse un lento respiro, cercando di placare il cuore che le batteva all’impazzata, poi azzardò un’occhiata alla mano: il polso era ancora macchiato di sangue, ma il tatuaggio era tornato nero e freddo. Toccò nervosamente il collare degli Shinigami, gelido contro la pelle. Non sapeva se Nnoitra le avesse veramente rubato la reiatsu, né capiva perché avrebbe dovuto farlo: la sua energia non era nemmeno paragonabile a quella di un Espada, e comunque si sarebbe rigenerata da sola nell’arco di pochi giorni...

« Rayen! » Shuhei stringeva le sbarre della cella come se le volesse sbriciolare. « Rayen, cos’è successo? Perché hai addosso un sigillo? »

La ragazza lo fissò, pallida come un cencio, mentre tanti piccoli pezzi di puzzle si mettevano lentamente al loro posto. « Gli Arrancar stanno arrivando. Attaccheranno la Soul Society, ma non da soli... hanno con loro qualche genere di arma, e la useranno per uccidervi tutti. » 

*

Alla divisione scientifica della Soul Society, nel frattempo, stava scoppiando il caos. I radar e i rilevatori di reiatsu pigolavano impazziti, mentre Shinigami in camice bianco sciamavano da una parte all’altra del laboratorio. Un coro di voci concitate faceva eco alle sirene e ai ronzii della strumentazione. 

« Silenzio! » sbottò il terzo seggio Akon. 

Il vociare diminuì di colpo. 

« Voglio che tredici di voi corrano dai Capitani e li informino immediatamente della situazione. Tsubokura, tu non staccare gli occhi da quel monitor. Tutti gli altri tornino ai loro posti e continuino a raccogliere dati! Scoprite che diavolo sono quelle... cose! »

Gli Shinigami obbedirono in silenzio, ma nei loro visi cominciava a dipingersi la paura. Akon fissò i numerosi schermi che coprivano la parete, masticando una maledizione. Nemmeno le sofisticate macchine ideate dal Capitano Kurotsuchi riuscivano a inquadrare gli strani spiriti in avvicinamento. Erano senz'altro in parte Hollow, ma non sembravano veri e propri Arrancar: era come se qualcuno avesse preso pezzi di razze diverse e li avesse grottescamente ricuciti insieme. Qualunque cosa fossero, però, dovevano avere un punto debole; e Akon, terzo seggio della Dodicesima Compagnia, era determinato a trovarlo. 

*

Il terremoto arrivò all’improvviso, squassando tutto l’edificio con una scossa d’inaudita violenza. Shuhei dovette aggrapparsi a una sbarra per non cadere, e riuscì ad afferrare Rayen prima che la ragazza venisse scaraventata all’indietro. I muri e il pavimento tremavano e oscillavano e sussultavano, come se un titano avesse afferrato la prigione della Sesta Compagnia e la stesse sbatacchiando tra le sue mani immense. Per diversi, lunghissimi secondi, Shuhei tenne stretta Rayen attraverso le sbarre, proteggendole la testa col braccio, mentre attorno a loro cominciavano a piovere pezzetti di calcinaccio. Un boato echeggiò nelle vicinanze, segno che uno dei capannoni della divisione era crollato. Lo Shinigami rinsaldò la presa sull’Arrancar, pregando che il soffitto restasse dov’era e non andasse a schiantarsi sulle loro teste. 

Parve trascorrere un’eternità quando, finalmente, il tremito rallentò fino a fermarsi. 

« N-non sapevo che ci fossero terremoti, qui » bisbigliò Rayen, con una voce sottile che sembrava non appartenerle. 

« Quello non era un terremoto normale » ribatté Shuhei. 

In quel momento, s’accorse di stare ancora stringendo la ragazza contro di sé, con una mano premuta contro la sua nuca e l’altra adagiata sulla sua spalla scoperta. La pelle di Rayen era fredda e liscia, eppure il contatto gli trasmetteva una strana sensazione di calore; dovette fare violenza su se stesso per sciogliere l’abbraccio. Non appena lo fece, Rayen s’affrettò a indietreggiare. Se non fosse stato assurdo anche solo da pensare, Shuhei avrebbe giurato che l’Arrancar era arrossita

« Uh, sì, beh... » bofonchiò lei impappinandosi nelle parole. « Ehm... e tu non credere di poter approfittare delle calamità innaturali per mettermi le mani addosso, sono stata chiara? Questa volta passi, la prossima te ne pentirai. »

Un minuscolo accenno di sorriso incurvò le labbra di Shuhei. « Non vedo l’ora di pentirmene, allora » disse sereno, guadagnandosi un’occhiata assassina e un’altra deliziosa vampata di rossore da parte dell’Arrancar. 

« Piantala di fare l’idiota. Qui stiamo per avere dei grossi, grossissimi problemi. »

« Giusto. » La voce dello Shinigami divenne più dura. « Prima ho sentito che qualcuno ti ha contattato tramite un sigillo. So come funzionano i collegamenti spirituali, avvengono quando una particolare reiatsu viene ancorata a un’altra tramite particelle di reishi per permettere rapidi scambi di informazioni ed eventuali trasferimenti di energia. Chiunque sia entrato in comunicazione con te l’ha fatto perché voleva una delle due cose. »

Rayen annuì. « Il tipo che mi ha contattato si chiama Nnoitra ed è un Espada. L’Espada a cui Aizen mi ha assegnata, per la precisione. » Il viso della ragazza si contrasse in una smorfia. « È un bastardo disgustoso e crudele. Il suo scopo era spaventarmi a morte e rubarmi la reiatsu. »

« Perché mai avrebbe dovuto farlo? »

« E lo chiedi a me? Non ne ho idea. Credo però che c’entri qualcosa con Szayel Aporro Grantz, un altro Espada. Quando ho lasciato Las Noches stava lavorando su un progetto segreto, e in giro si diceva che fosse un’arma di qualche tipo contro la Soul Society. »

Shuhei s’incupì. « La situazione non mi piace per niente. E non mi piace nemmeno l’idea che tu stia qui, disarmata e senza reiatsu, perlopiù con un sigillo. »

« In tutta franchezza, Shinigami, credo che il mio Contacto sia l’ultimo dei tuoi problemi. »

« E il primo dei tuoi. Nella Soul Society i sigilli sono stati banditi più di cinque secoli fa: sai perché? »

Rayen lo fissò senza rispondere. 

Shuhei continuò: « Come tutte le cose malvagie, sono facili da avere e molto difficili da rimuovere. Per adesso gli effetti del sigillo potranno anche sembrarti una sciocchezza, ma più tempo passa e più il sigillo si radica dentro di te, dentro la tua reiatsu, fino a impiantarsi direttamente nella tua anima. Nel giro di pochi anni, se non pochi mesi, inizierai a perdere il controllo di te stessa, dei tuoi pensieri e della tua volontà, e alla fine la tua mente sarà sotto il completo dominio della persona a cui sei ancorata... questo Nnoitra, da quanto mi dici. Oltre un certo punto nemmeno la Zanpakuto di uno Shinigami potrà salvarti, non senza prima purificare anche Nnoitra. »

L’Arrancar spalancò gli occhi. « Stai scherzando... »

Ma la faccia di Shuhei era serissima. « Mi piacerebbe. »

« Non è possibile. Nnoitra ha anche un altro Fracciòn, un Arrancar che ha un simbolo identico al mio, e quei due sono insieme da secoli » argomentò Rayen. « Se il Contacto ti risucchia via l’anima e ti trasforma in una specie di burattino senza volontà, perché lui è ancora tutto d’un pezzo? »

«La decisione spetta allo spirito-cardine. Evidentemente, Nnoitra vuole che l’anima di quest’uomo rimanga dov’è. Ma non mi sembra che tra te e il tuo Espada ci sia quel che viene propriamente definito un tenero rapporto d’amicizia. »

Se possibile, Rayen impallidì ancora di più, e tutto quello che seppe dire fu un lievissimo: « Oh. »

Un’altra scossa fece vibrare l’edificio, molto più breve della precedente, ma stavolta dal cuore della terra scaturì un possente ruggito, come se la natura stessa stesse urlando la sua rabbia. Benché stordita, Rayen non tardò a rilevarne la fonte: due grosse fonti di reiatsu in avvicinamento. 

« Giù! »

Al comando di Shuhei, Rayen si buttò a terra senza discutere. Un attimo dopo, qualcosa di immenso colpì il muro della prigione, abbattendolo come se fosse di cartone, scatenando ovunque una pioggia di detriti. Grida e gemiti di terrore risuonarono tra le celle sparse lungo il piano mentre un secondo pugno - Oddio, è davvero un pugno! - calava sull’edificio, scuotendolo tutto e allargando l’apertura.  

Fuori era buio, ma la luce della luna illuminava il cielo, screziando di bianco un enorme corpo in movimento...  una grossa testa coriacea e rugosa... una lunga zanna d’avorio... 

Questa reiatsu! pensò Rayen stupefatta. Ma è Nirgge Parduoc, la Fracciòn di Barragan!

« Cosa sta succedendo? » strillò un prigioniero dalla parte opposta del corridoio. 

« Niente panico, signori, niente panico » intervenne una calma voce maschile. Nell’apertura creata da Parduoc era balzata una figura alta e con le spalle massicce. Una grande, ricca pelle di tigre gli copriva le spalle, ricadendo sulla schiena come un pesante mantello. La testa dell'animale, foderata come un elmo, proteggeva la testa dell'uomo, lasciando scoperti solo il naso e la bocca. Come facesse a vedere - o se vedesse affatto - era un mistero. Curiosamente, le strisce nere che solcavano la pelle di tigre si ripresentavano anche sulla carne umana, stagliate sui muscoli forti e guizzanti del torace nudo. Il resto dell'abbigliamento consisteva in frustri pantaloni neri, coperti dai gambali di un'armatura. 

Rayen non capiva. Quel tizio emanava la stessa reiatsu di un’altra Fracciòn di Barragan, Ggio Vega... mescolata all’energia di qualcun altro, però. Chi diavolo erano, quei tizi?

« Mi chiamo Tigre Estoque, e questo è il mio collega Mamut. » L’uomo-tigre accennò alla colossale creatura che incombeva fuori dalla prigione. « Il nostro padrone Aizen-sama ci ha inviati qui per proporvi un’alleanza. La Soul Society vi ha incatenato, umiliato e strappato via ogni brandello di orgoglio, e ora s’aspetta che tutti voi restiate buoni buoni a marcire qui dentro per l’eternità. Volete davvero permettere a quella feccia di dettare legge sulle vostre vite? Levate la spada contro la presunzione del Seireitei e unitevi a noi! Aizen-sama sarà ben felice di rompere queste catene e ricoprirvi di gloria e potere, e in cambio non chiede nulla più che la vostra incondizionata fedeltà. Alcuni di voi sono qui da secoli, in attesa di una redenzione che non è mai arrivata. Oggi, però, finalmente vi è concessa una scelta: continuare ad agonizzare in cella o alzarvi a lottare contro l’ingiustizia delle Tredici Compagnie!»

Per un momento calò il silenzio, poi parecchie grida esplosero tra i corridoi: « Sì, viva Aizen-sama! » « Liberaci, liberaci! » « Gliela faremo pagare, a quei cani della Soul Society! »

Rayen e Shuhei si scambiarono uno sguardo interdetto, ma prima che potessero aprire bocca una nuova voce tuonò sopra il caos: « Uomini, a me! Si può sapere cosa state facendo, idioti? Uccidete quei due! »

Era il comandante delle guardie, uno Shinigami dal viso severo segnato da parecchie cicatrici; impugnava con fermezza una Zanpakuto a forma di scimitarra e la puntava minacciosamente contro Tigre Estoque. Nel sentire il suo tono autoritario, altre cinque guardie sguainarono le armi e accorsero al suo fianco. Tigre Estoque arricciò le labbra in un sogghigno, socchiudendo gli occhi come un felino soddisfatto. 

« La differenza di reiatsu è troppo grande. Stanno correndo verso il suicidio! » Shuhei impugnò a sua volta la Zanpakuto e rivolse un’ultima occhiata a Rayen. Sapeva cosa pensavano gli altri Shinigami di lei e, anche fosse sopravvissuta alla ribellione, molto probabilmente le guardie l’avrebbero giustiziata con la scusa dell’attacco dell’Arrancar. 

Posò la mano su una sbarra e mormorò una bassa litania; mentre parlava, intorno alle sue dita cominciarono a danzare scintille di energia, che volteggiarono veloci e sempre più veloci, fino a intessere a mezz’aria un complicato ideogramma di luce. Si udì un lieve clic, e la serratura della cella scattò. 

Shuhei l'afferrò per le spalle. « Non posso fare niente per il collare, per togliere quello ci vuole un Capitano. Ricordati però che fino a quando lo indosserai potrai spacciarti per una debole anima esterna. Ora corri! Trova il modo di camuffarti e raggiungi le mura esterne del Seireitei. » 

Rayen fissò lo Shinigami, poi i due Arrancar. Nella sua espressione fece capolino un velo di preoccupazione. « Ma... »

« Vai via! »

A malincuore, la ragazza obbedì: sgusciò fuori dalla cella e corse verso l’estremità del corridoio opposta a quella in cui Shuhei si preparava ad affrontare Tigre Estoque. 
 

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Ebbene sì, signori, vi è andata male: sono ancora viva. Ancora per poco, temo, perché avete tutto il diritto di linciarmi e offrire i fumi del mio sacrificio umano a Odino, Thor, Loki e il resto della combriccola di Aesir. Comunque, la storia non l'ho abbandonata, sono decisa a completarla (il che vuol dire che forse i vostri pronipoti potranno leggerla integralmente, se mai avranno la forza e la pazienza di leggere i deliranti viaggi mentali della vostra Sixy). Rimarco ancora una volta che gli accadimenti di questa storia non hanno nulla a che vedere con tutto ciò che è successo dopo la saga della guerra invernale, e che mi sono inventata di sana (o insana) pianta le caratteristiche del Re Spirito. Vi ringrazio calorosamente per essere arrivati fin qui, avete chiaramente del fegato da vendere; ringrazio in particolar modo Nekomata, Akisan, Saeko_san e Lightning00, per le loro recensioni e perché (shhh, qui lo scrivo e qui lo nego!) sono quasi riuscite a strapparmi una lacrima con il loro supporto e la loro gentilezza.

Ci vediamo alla prossima era geologica! (Forse.)

Con affection,
Sixy



 

  
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