Grazissime a Wind e a Smallfly per le prime recensioni! Me ringrazia umilmente! scusate se non ho aggiornato subito!!
Mi risvegliai sentendo la porta sbattere violentemente.
Sollevai la testa, ancora assonnata, e mi voltai verso il
comodino.
Jane mi aveva portato la colazione, come sempre: un vassoio
con un bicchiere di cristallo e una brocca colma di un denso liquido scarlatto.
Il mio stomaco contrasse i muscoli, mentre il dolce e
inebriante odore del sangue mi saliva alle narici. Un fiotto di veleno mi inondò
la gola, mentre il palato si seccava. I miei occhi divennero neri, e si
colmarono alla vista di quella bevanda, di quel nettare divino...
Scossi il capo, cercando di ritrovare la lucidità.
Bloccai il respiro e mi sentii meglio, ma non abbastanza. Afferrai la brocca e corsi in bagno, svuotandola nel
lavandino e facendo scorrere l’acqua. Tirai un sospiro di sollievo quando quell’odore tentatore
svanì.
Jane mi lasciava sempre una brocca di sangue umano sul comodino,
come pasto.
Ma io non la bevevo mai.
Non riuscivo a sopportare l’idea di vivere uccidendo persone
innocenti. Non volevo essere un mostro anche in quel senso.
Avevo imparato a resistere alla tentazione per quasi un
mese, ma ogni volta che pensavo di esser riuscita a far capire ai miei
carcerieri che non lo volevo, che non ne avevo bisogno, Felix, Jane o Demetri
mi obbligavano a berlo con la forza.
Stavo male per molti giorni, dopo un pasto.
Scacciai via quei pensieri e mi feci una doccia per
rilassarmi. Una volta terminata, mi pettinai i capelli con lentezza e li
asciugai con un asciugamano.
Mi fissai allo specchio: la pelle candida, bianca come la
neve, dura e fredda come il marmo, tipica della mia specie; il corpo atletico e
formoso, sensuale, che serviva per farmi apparire seducente agli occhi delle
mie prede; il profumo inebriante che emanavo; la forza, la velocità...
Tutto di me mi rendeva la cacciatrice per eccellenza.
Una vampira.
Posai la testa sul vetro, sospirando.
Fissai quegli occhi neri come la pece, che ricambiarono
l’occhiata con un’espressione disperata e implorante.
Mi voltai e mi infilai il vestito che Aro mi aveva donato,
rientrando poi nella mia camera in cerca delle ballerine nere.
Mi tenevano lì perché ero Predestinata.
Ero particolare anche quando ero un umana, mi aveva spiegato
Aro. Nessuno dei poteri mentali funzionava su di me, e da questo capirono che
ero la fortunata,
L’Evoluzione.
E per questo, mi avevano rapito e trasformato in quello che
ero. Un mostro.
Aro era il solo, dei miei carcerieri, a trattarmi con
gentilezza. Finta, certo, ma pur sempre un’apparenza di umanità. Per i suoi
fratelli, Marcus e Caius, ero solo un esperimento. Mi usavano a loro piacere,
torturandomi e costringendomi a usare i miei poteri contro innocenti, ma non mi
avevano mai sottovalutata, ne avvicinata sul piano fisico.
Non dopo quello che
avevo fatto al primo....
“Isabella”
La voce fredda di Jane mi riscosse dai miei pensieri.
Mi voltai per fissarla, distante: mi studiava con uno
sguardo altezzoso, superiore, apparentemente annoiata.
“Ti desiderano” disse, aprendo la porta “Carlisle è
arrivato”
Mi alzai e mi riassettai la gonna, composta.
Uscii fissando la porta davanti a me, il volto inespressivo.
Jane richiuse la porta e si posizionò al mio fianco,
all’erta. Probabilmente pensò che volessi riprovare a
fuggire, ma io
non lo desideravo più.
Non dopo che avevo
ucciso tutte quelle persone...
Iniziò a camminare a passo veloce, aggraziato, e mi
affrettai a seguirla per i lunghi corridoi di Volterra.
“Quando ti troverai al cospetto di Carlisle” mi avvertì “Lo
saluterai come merita una persona del suo rango. Parlerai solamente se sarà
necessario, e sempre e solo se ti sarà dato il permesso. Non fare niente o non
dire nulla di stupido o avventato. Starai lì perché Aro ha voluto regalarti
questo privilegio, nulla di più. Ricordati, tu sei solamente un oggetto nelle
nostre mani, e basterà un solo piccolo movimento fuori posto per riporti da
parte”
“Non ho bisogno che me lo ricordiate, grazie” risposi atona
“So perfettamente di valere meno di niente, qui, Jane. Starò al mio posto”
“Lo spero per te, Isabella” disse lei “Non vorrei davvero
che Caius e Marcus se la prendessero nuovamente con te. Mi ha irritato
parecchio prendermi cura di te, durante la tua convalescenza”
“Mi dispiace molto di averti disturbata, Jane” mi scusai a
testa china
Jane non aggiunse altro, e continuammo a camminare in
silenzio per alcuni, interminabili minuti.
Alla fine, Jane si fermò di fronte ad un’enorme porta di
legno scuro, alta dal soffitto al pavimento, e bussò delicatamente.
“Avanti” ci invitò la voce allegra di Aro.
Jane aprì con lentezza la porta, ed entrò senza indugio. Io
la seguii basita.
Entrammo in un’ampia sala dal soffitto a volta, dipinto a
mano con scene della mitologia romana.
Le pareti erano intermente ricoperte di scaffali ricolmi di
libri, manoscritti e pergamene di ogni genere e epoca. Il pavimento era
ricoperto da soffici tappeti antichi. Al centro della sala c’era un
lungo tavolino di quercia pregiata, lavorato a mano. Seduti, quattro uomini
parlavano animatamente. Tre di loro erano i miei tutori, o meglio, carcerieri:
Aro, Marcus e Caius.
Il quarto mi era estraneo, quindi
supposi che fosse Carlisle.
Era un vampiro molto avvenente, la
pelle chiara e le occhiaie marcate tipiche della nostra razza, aveva corti
capelli biondi, un aspetto curato e civile... e due magnifici occhi dorati.
Non avevo mai visto due occhi come
i suoi. Ne rimasi incantata.
Lo studiai rapita, a bocca aperta,
ma mi ricomposi subito.
“Oh, eccole!” accolse
calorosamente Aro invitandoci ad entrare “Le nostre due stelle più preziose!
Prego, venite, unitevi a noi!”
Ci facemmo avanti, Jane con sicurezza,
io titubante.
Gli occhi di Carlisle si
soffermarono suoi miei, curiosi, e io abbassai lo sguardo, arrossendo. Lo
sentii trattenere il respiro, sorpreso.
Si, perché io ero l’unica vampira
mai esistita che potesse arrossire. O piangere. O dormire.
O avere figli.
“Bella, tesoro, questo è Carlisle”
disse Aro presentandomi al nostro ospite, che si alzò educatamente,
sorridendomi “È un nostro caro amico, lo ricordi? Te ne ho parlato molto”
Sollevai lo sguardo e ostentai un
sorriso timido verso Carlisle, prima di fargli una riverenza.
“È un privilegio conoscerla,
signor Cullen” dissi “Ho sentito molto parlare di lei”
“Non c’è bisogno di essere così
formale” mi disse gentilmente Carlisle. La sua voce era molto attraente
“Anch’io ho sentito molto parlare di te. Ero curioso di conoscerti”
Mi sorrise gentilmente, e io
ricambiai.
Marcus mi ammonì con lo sguardo, e
io mi affrettai ad abbassare la testa, mortificata.
“Jane, cara, Alec ti stava
cercando” disse Aro “Meglio se vai a vedere”
“Certo” disse lei con una
riverenza “Miei signori. Carlisle, mi ha fatto molto piacere conoscerla”
“Anche a me” disse lui. Jane si
inchinò un’ultima volta e poi uscì.
“Allora, Carlisle, adesso mi
credi?” chiese entusiasta Aro “Non è un’esemplare unico?”
Sentii lo sguardo di Carlisle su
di me, e chinai ancora di più il capo.
“Ha capacità straordinarie”
continuò Marcus, la voce bassa, tentatrice “Fuori dal comune. È immune hai
poteri mentali, e ha la dote di apprendere”
“Inoltre” aggiunse Caius, la voce
sottile “Ha un potere distruttivo straordinario”
Mi sentii mancare. Non potevano
parlare del mio potere con... invidia.
Io lo odiavo. Non lo volevo, non
volevo fare del male. Volevo solo distruggermi, scomparire....
“Ma non solo” aggiunse Aro “Ha
anche poteri curativi potentissimi. Ma si rifiuta di usarne anche solo uno”
Mi fissò sconsolato, come se
stesse valutando i pro e i contro di una macchina da comprare.
E, in fondo, era quello che ero.
“Nessuno sa perché” riprese Aro
fissando Carlisle “Che peccato”
“Perché non lo chiedete
direttamente a lei?” domandò Carlisle “Isabella?” disse poi, voltandosi
“Bella” lo corressi immediatamente,
mordendomi la lingua. Caius mi fulminò con un’occhiataccia.
“Preferisci che ti chiami così?”
domandò Carlisle, cortese.
“Si, signore” risposi, imbarazzata
“D’accordo, allora” disse lui con
un sorriso gentile “Bella, come mai non
vuoi usare i tuoi poteri?”
Nessuno mi aveva mai parlato con
tanta gentilezza prima d’ora. Nessuno mi aveva mai trattato come una persona,
come un suo pari.
Non ne capii il motivo, ma quel
dottore mi apparve come un aiuto. Un messaggero venuto a liberarmi, a
proteggermi. A portarmi in salvo.
Le lacrime mi inondarono il viso.
“Bella! Che fai, piangi?!” chiese
sorpreso Aro
“Sc... scusatemi” singhiozzai,
asciugandomi gli occhi.
Carlisle mi porse un fazzoletto
con dolcezza.
“Grazie” mormorai, tirando su con
il naso.
“Non fa nulla” rispose lui con un
sorriso “Temo che Bella sia un po’ stanca. Sarebbe meglio farla andare a
riposare”
“Ma certo, Carlisle. Hai ragione”
annuì Aro, comprensivo “Bella, puoi andare”
“Mi dispiace, miei signori. Sono
mortificata” mi scusai “Anche lei, signor Cullen, mi perdoni”
“Non devi scusarti Bella” mi disse
Carlisle posandomi una mano sulla spalla “Vai pure a riposarti”
Mi inchinai brevemente, e mi
voltai. Sulla soglia, Jane mi fissava composta, pronta a scortarmi nella mia
cella.
Camminammo in silenzio, e una volta
arrivata, mi spinse dentro senza troppi complimenti e se ne andò scocciata.
Mi gettai sul letto abbracciando
il cuscino, mentre i singhiozzi esplodevano.