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Autore: Efthalia    01/09/2014    11 recensioni
{ Jasico | Mortal!AU }
Nico non avrebbe mai pensato che passare una giornata con Jason potesse portare a strani risvolti, tuttavia, per lui, "strano" non era mai stato sinonimo di "spiacevole".
//Dal testo:
«Jason, ci troviamo in un raduno circondati da cosplay di personaggi giapponesi, da gazebo in cui vendono roba giapponese e l’evento di chiama Japanese Comics.» chiarì meticolosamente Nico. «Non puoi mangiare roba americana.»
Jason non si trovava affatto d’accordo con la sua spiegazione, ciò nonostante preferì sorvolare su quello che, ormai, era latte versato, e dedicarsi all’uso delle bacchette.
«A ogni modo, resta il fatto che io non so utilizzare questi.» replicò, indicando i bastoncini affusolati.
Storia partecipante al contest "Bitch, please: Percy Jackson is the way!" di King_Peter
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hazel Levesque, Jason Grace, Nico di Angelo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Verità nascoste
Autore: Efthalia (su Efp); -Daughter of Athena (forum)
Genere: Commedia, Fluff, Romantico
Rating: Verde
Categoria Scelta: Missing Moments – Love Story
Tema utilizzato: Stupore
Personaggi: Hazel Levesque, Jason Grace, Nico Di Angelo
Avvertimenti/Note: AU; Possibili spoiler causati da parallelismi tra Alternative Universe e La Casa di Ade.

                                                                                                         
 


Nico non aveva ancora capito per quale motivo Jason gli aveva proposto di fargli compagnia a un raduno di nerd.
Avrebbe potuto aspettarselo da Frank, il quale nutriva un’insospettabile passione per le carte da gioco, o da Leo, che adorava fare il cosplay di Human Torch e sfoderare il suo – come definiva lui – sensuale accento ispanico, ma Jason lo aveva sorpreso.
Spesso lo prendeva affettuosamente in giro quando non riusciva a smettere di parlare dei suoi film preferiti o dei fumetti giapponesi che venerava, e sapeva come farlo infuriare quando gli ripeteva che si sarebbe dovuto impegnare a fare amicizia con persone reali, piuttosto che con personaggi immaginari.
Jason non avrebbe mai capito il suo mondo, pertanto Nico trovò assurda persino l’idea di immaginarselo in mezzo a gente strampalata vestita con colori sgargianti e ragazzi dalle chiome lunghe e ribelli che avrebbero fatto rabbrividire Drew, la smorfiosa cheerleader che faceva gli occhi dolci al più grande senza ottenere molto successo.
Quel pensiero lo fece sorridere: in molti erano invaghiti della ragazza, ma Jason non si era mai fatto impressionare dal suo fascino, cosa che faceva chiedere all’intero liceo se avesse chissà quale cotta segreta.
Essendo il capitano della squadra di basket e avendo il massimo dei voti in tutte le materie, ci si aspettava che, naturalmente, lo studente modello facesse coppia con una cheerleader. Lui, però, non era affatto il tipo di ragazzo a cui importavano le apparenze e la popolarità, anche se si impegnava molto a non farsi vedere debole dagli altri.
Sotto la maschera del ragazzo impeccabile, infatti, si nascondeva il suo vero essere: era molto dubbioso su alcune scelte che prendeva per la sua squadra, si preoccupava molto per i suoi amici e, soprattutto, non era affatto spigliato come la gente credeva.
Erano state proprio le sue imperfezioni a colpire Nico, perché erano proprio esse a renderlo un ragazzo normale, ad averlo convinto di fidarsi ciecamente di lui.
Inizialmente gli era sembrato falso solo a guardarlo, tanto era perfetto, ma dalla volta in cui Jason si era seduto volontariamente al suo tavolo vuoto dovette ricredersi. C’era voluto molto tempo affinché si fidasse, ma alla fine non potè che cedere alla sua gentilezza e far sì che si lasciasse andare come aveva fatto solo con Hazel, la sua sorellastra.
Pian piano, Nico si era affezionato al carattere controverso di Jason, ai suoi incoraggiamenti, ai pomeriggi trascorsi a studiare e a battersi ai videogiochi.
Era diventato il suo punto di riferimento, qualcosa di sicuro, qualcosa che ci sarebbe sempre stato.
Lui aveva messo ordine nella sua vita, lui lo aveva consolato sul divorzio dei genitori che aveva comportato il trasferimento della madre e di Bianca in Italia, lui aveva curato le ferite che l’intensa cotta per Percy non ricambiata gli aveva provocato.
Nico era sicuro che, dopo l’ennesima delusione , sarebbe rimasto del tutto immune all’affetto degli altri, dato che le esperienze lo avevano reso piuttosto scontroso e solitario, ma Jason era la sua eccezione.
«Nico? Ci sei?»                                                                
La voce di Hazel lo spinse ad abbandonare i suoi pensieri e a ricordare di trovarsi accanto al cancello di casa sua, aspettando che arrivasse Jason per poi recarsi all’evento, cosa che lo innervosiva moltissimo.
«Sì, che c’è?» chiese seccamente.
Non avrebbe voluto scaricare la tensione sulla sorella, ma era così agitato all’idea di stare da solo con Jason che non gli importava.
Da quando aveva capito di non considerarlo più come un semplice amico, Nico aveva il terrore di passare del tempo con lui. Gli dispiaceva comportarsi da immaturo, ma lui gli causava sempre un inspiegabile tremore alle mani che non riusciva a controllare, pertanto aveva iniziato a evitarlo.
«Vedrai che questa sarà una giornata fantastica.» Hazel, l’unica informata dei sentimenti che provava per il più grande, lo incoraggiò come se gli avesse letto nella mente. «Basta solo non farti intimidire da quegli occhioni azzurri!» continuò, guadagnandosi un’occhiataccia che ignorò volutamente.
«Io non mi faccio intimidire dai suoi “occhioni azzurri”.» borbottò Nico, e stavolta fu lui a ricevere un’occhiata accigliata.
Il rumore squillante di un clacson fece zittire entrambi, quindi si voltarono: un vecchio pick up stava accostato proprio accanto ai due fratelli. Quando il finestrino venne calato, esso rivelò il sorriso del loro amico Jason che fece arrestare per un lungo istante il cuore di Nico.
«Ehi!» salutò con disinvoltura. «Allora, Nico, sei pronto?»
«Certo!» esclamò dopo una piccola esitazione: nonostante fosse piuttosto a disagio, non vedeva l’ora di partecipare per la prima volta al raduno.
Quando salì in auto, Jason stava per partire, ma Hazel lo bloccò.
«Vedi di non fargli spendere tutti i soldi, o nostro padre si arrabbierà, okay?»
Il volto del più grande perse diverse tonalità di colore.
Sebbene non si facesse intimorire facilmente da qualcuno, il volto glaciale e impenetrabile di Ade lo aveva sempre messo in soggezione. Si chiedeva spesso come un uomo potesse essere così rigido e impassibile, ma la domanda che si sarebbe posto persino in veneranda età era come egli, insieme alla sua terza moglie Persefone, potesse svolgere il mestiere di fioraio.
Era cresciuto con l’idea che chi faceva quel tipo di lavoro dovesse essere allegro, simpatico e divertente, ma si era ricreduto quando, un giorno, aveva visto il padre di Nico vendere crisantemi con malcelata e inquietante gioia.
In ogni caso, qualunque fosse l’identità di Ade, Jason avrebbe fatto in modo di non creargli nessun problema.
«Va bene.» riuscì a dire, scacciando le sue strane riflessioni.
«Perfetto!» esclamò Hazel allegramente. «Adesso andate, su!»
Entrambi non se lo fecero ripetere due volte, così Jason mise in moto il pick up e partì.
«Scusa.» disse subito Nico. «Sai com’è mio padre...»
«Non c’è problema.» lo rassicurò l’altro. «A Giove non gli importa molto di me, quindi mi fa piacere che almeno tu abbia qualcuno che si preoccupi per te.»
Il più piccolo annuì e si voltò a fissarlo.                                 
I suoi capelli, all’insistente luce del mattino, sembravano brillare come l’oro, e la sua pelle era lievemente più dorata rispetto all’inverno. Gli occhi azzurri erano così limpidi che sembravano quasi trasparenti; Nico avrebbe tanto voluto che lo osservassero in un altro modo.
Ciò che lo sbalordì fu la maglietta. All’inizio gli era sembrata solo un’anonima t-shirt blu, ma in quel momento vide il grande simbolo rosso e giallo.
«Non ci posso credere!» esclamò con sarcasmo, indicandolo. «Superman... davvero
Jason gli lanciò un’ilare occhiata di sfida.
«È mille volte meglio di Batman.» replicò, riferendosi chiaramente alla maglietta di Nico, che serrò le braccia sul petto come se volesse proteggere la stampa nera e gialla.
«Potrei stare tutto il giorno a spiegarti perché Batman sia migliore di Superman, lo sai bene.» lo minacciò.
«E io potrei stare tutto il giorno ad ascoltarti senza capirci niente.» ribatté l’altro, facendo arrossire Nico.
Sapeva che quelle parole non significavano nulla, che Jason non si rendeva conto che esse contenessero una specie di doppio senso e che, ovviamente, lui era così preso dalla discussione da non accorgersene.
Una piccola parte di sé, però, ebbe la sensazione che l’amico fosse cosciente di ciò che aveva appena detto, considerando che le sue guancie avevano acquisito una lieve tonalità rosata.
In ogni caso, Nico decise di non meditarci troppo, quindi fece cadere il discorso e prese dal cruscotto uno dei suoi tanti cd.
Durante il tragitto, con una buona musica in sottofondo, si rubarono delle fuggevoli intense occhiate, ma erano entrambi così impegnati dal non farsi scoprire che non incrociarono mai gli sguardi.
 
Erano al raduno da ben due ore, e il più grande potè constatare che le principali attrazioni dell’altro riguardassero la morte in tutte le sue sfaccettature.
Ogni volta che avvistava qualcosa di strano e possibilmente di colore nero, Nico ci si fiondava così velocemente che Jason una volta lo aveva quasi perso di vista e, col passare delle ore, gli venne il dubbio che lo facesse apposta per farlo esasperare.
Di certo non si era aspettato di trascorrere la giornata a rincorrerlo e ad esporgli pazientemente i motivi per cui non sarebbe dovuto tornare a casa con un enorme teschio di pietra lavica o chissà quale altra diavoleria.
Durante le ore impiegate a fare – come aveva detto Nico – rifornimento, ovvero spendere quasi tutto il suo denaro in bizzarri articoli, il tempo era trascorso tra brevi commenti del tutto ignorati su ciò che avrebbe e non avrebbe dovuto acquistare susseguiti poi da un silenzio riempito da quel dedalo colorato creato da persone che interpretavano celebri personaggi immaginari.
Jason aveva il brutto presentimento che Nico lo stesse evitando, dato che bruciava qualunque tentativo di dialogo, così sperò di richiedere chiarimenti durante il pranzo.
Dovettero fare più di mezz’ora di coda per prendere qualcosa da mangiare, accompagnata da circa quaranta gradi sotto il sole.
Quando arrivò il loro turno, Nico ordinò velocemente degli strani spaghetti in scatola e, dopo aver perlustrato attentamente ogni area occupata dell’evento, trovarono posto sul prato accanto al carretto dei gelati, i cui nomi dei gusti erano stati sostituiti da quelli di famosi supereroi.
«E questo che cosa sarebbe?» domandò Jason con smarrimento, fissando il brodo che innacquava gli spaghetti più sottili che avesse mai visto.
«È il ramen, un piatto giapponese.» sbuffò Nico, tendendogli le bacchette che l’altro non aveva ancora notato.
«Non so usarle.» ammise, e proprio in quel momento sentì il suo stomaco brontolare, come se sapesse già che non avrebbe ricevuto nulla. «Non potevi comprare un semplice hamburger?»
«Jason, ci troviamo in un raduno circondati da cosplay di personaggi giapponesi, da gazebo in cui vendono roba giapponese e l’evento di chiama Japanese Comics.» chiarì meticolosamente Nico. «Non puoi mangiare roba americana.»
Jason non si trovava affatto d’accordo con la sua spiegazione, ciò nonostante preferì sorvolare su quello che, ormai, era latte versato, e dedicarsi all’uso delle bacchette.
«A ogni modo, resta il fatto che io non so utilizzare questi.» replicò, indicando i bastoncini affusolati.
«È semplice.» disse con tono pratico Nico. «Tieni una bacchetta tra l’indice e il pollice come se fosse una penna, mentre l’altra la appoggi sull’incavo del pollice tenendola con il medio e con l’anulare. La prima la muovi, però l’altra deve stare ferma.»
Per quanto fosse intelligente, Jason dimenticò le sue parole un attimo dopo che le ebbe pronunciate, tuttavia non lo diede a vedere: stava già facendo la figura dell’incapace mentre posizionava in modo del tutto inventivo le bacchette, e non voleva peggiorare la situazione.
Nico lo osservava con divertimento, ma decise di intervenire quasi per solidarietà quando avvertì l’impercettibile ringhio di Jason.
Si inginocchiò quindi accanto a lui, ancora così concentrato da non rendersi del tutto conto della vicinanza dal più piccolo, e gli tolse i bastoncini dalle mani.
Sentiva il calore di Jason, sentiva il suo profumo, ma si impose categoricamente di non alzare lo sguardo e incrociarlo con quello intenso e celeste: era sicuro che specchiarsi nei suoi incantevoli occhi avrebbe tradito l’amicizia che c’era tra di loro, che gli avrebbe fatto perdere il controllo.
Prese la prima bacchetta e la incastrò tra il pollice e l’indice, mentre sentiva le sue guance colorarsi di cremisi.
Le loro dita si toccavano e si sfioravano, i loro visi erano così vicini che i loro respiri caldi si mescolavano.
Nico, le cui mani iniziavano a tremare lievemente, continuò imperterrito, come se nulla fosse, a sistemare nel modo corretto i bastoncini giapponesi e, una volta che reputò accettabile il suo lavoro, si affrettò ad allontanarsi.
Sarebbe andato tutto secondo i suoi piani se solo non avesse istintivamente incatenato gli occhi con quelli color topazio.
Si sentì investire da un’ondata di calore così potente che si chiese se ci fosse un branco di draghi sparpagliato per il prato venuto di proposito a infiammargli il viso, anche se sapeva benissimo che le creature non avrebbero mai potuto competere con la sola presenza di Jason, il quale lo studiava con malcelato sbigottimento e qualcos’altro, qualcos’altro che non si seppe spiegare.
«Ricordati... ricordati di muovere la prima bacchetta e tenere ferma la seconda.» disse piano Nico, lo sguardo sprofondato nel suo ramen.
Jason non potè che annuire, incerto se aggiungere qualcosa per smorzare la tensione che, era evidente, incombeva su di loro.
La disponibilità che aveva dimostrato Nico nei suoi confronti lo aveva sorpreso, così come la delicatezza con cui gli aveva sfiorato le mani. Lo aveva fissato per tutto il tempo impiegato ad aiutarlo a tenere le bacchette; aveva studiato le sue gote andare a fuoco secondo dopo secondo, cosa che aveva imbarazzato persino lui ma che, contemporaneamente, gli aveva fatto provare un forte moto d’affetto nei suoi confronti.
Avrebbe tanto voluto parlargli spontaneamente, proprio come facevano fino a pochi mesi prima; desiderava chiedergli per quale motivo si stesse allontanando da lui e convincerlo a restare, però un muro invisibile tra i due glielo impediva.
Nico non era più quello di una volta.
Non erano più migliori amici.
Era una realtà difficile da digerire, ma non poteva ancora illudersi che tutto fosse come prima.
«Nico...» il pensiero di perdere la prima persona che – tra l’essere il leader della squadra e occuparsi che tutto fosse perfetto per gli altri – non lo aveva fatto sentire solo, fece risvegliare qualcosa dentro di sé. «C’è qualcosa che non va?»
Dal tono che aveva utilizzato, Nico capì che non si riferiva di certo alla confusione presente al raduno o a un’altra stupida fesseria. Stava chiedendo qualcosa di più importante, stava chiedendo di ciò che lo aveva fatto chiudere in se stesso ancora una volta, senza mai provare a mettersi in gioco.
Sapeva che quel momento sarebbe arrivato, prima o poi, ma aveva sperato che Jason avrebbe vissuto nella sua inconsapevolezza ancora per un po’, fin quando, magari, Nico avrebbe provato a dimenticare anche lui.
Adesso, però, erano lì, uno di fronte all’altro, e il più grande richiedeva delle spiegazioni.
Nico avrebbe immaginato di tutto, tranne che quel giorno si rivelasse la causa dell’ennesimo, importante crollo di uno dei pilastri della sua vita.
Alzò lo sguardo su Jason, che a sua volta lo osservava con attesa, e sperò di non far filtrare alcuna emozione, proprio come suo padre.
«Non ora.» disse perentorio, facendo cenno alle persone sul prato poco lontane a loro.
Non ora.
Nico non era ancora pronto a esporsi come non aveva mai fatto: non sapeva come e, soprattutto, cosa dire. Desiderava solo che ciò che stava vivendo fosse un incubo, un folle e spaventoso incubo.
Purtroppo, però, l’ottimo sapore del ramen che stuzzicava il suo palato era reale, così come il timore e l’impreparazione che si manifestavano attraverso i suoi insoliti gesti impacciati di utilizzare la posateria giapponese.
Ebbe voglia di scappare da quel posto che trovò improvvisamente sbagliato, come se non fosse quello il luogo in cui doveva davvero stare.
I colori richiamavano il suo sguardo, le risate sguaiate gli riempivano le orecchie, l’odore dolce e ammaliatore dei gelati lo inebriava, ma non era ciò che gli serviva.
In quel momento aveva bisogno di perdersi nel buio della sua camera insonorizzata e odorare il nulla, perché era quello che voleva sentire.
Ade gli ripeteva spesso che era un ragazzo debole, che si faceva facilmente influenzare dagli altri, e non potè che dargli ragione.
Avrebbe tanto voluto promettersi di evitare le persone che cercavano di aiutarlo e che lo volevano bene, ma sarebbe tutto vano, con Jason al suo fianco.
«OH, MIO DIO!»
Una voce stridula abbatté il silenzio tra Nico e Jason, che sussultarono e si voltarono, confusi e spaesati,  cercando di capire a chi appartenesse.
«Un Superman biondo!»
Due ragazze si stagliavano su di loro.
Erano entrambe more, e se solo avessero evitato di stravolgersi il viso con un misto di ombretti, fondotinta, rossetti e matite, avrebbero anche potuto essere carine. Indossavano quelli che per loro erano dei pantaloncini ma che, in realtà, sembravano delle mutande di jeans, e le canottiere attillate lasciavano poco spazio all’immaginazione.
Osservavano Jason come se avessero appena trovato un diamante dentro il cestino dell’immondizia e gli sorridevano sensualmente, cosa che, a parer loro, avrebbe dovuto farle apparire irresistibili.
La verità, però, era che assomigliavano incredibilmente ai pagliacci dei film dell’orrore, il che fece preoccupare Nico sulla sicurezza di Jason.
Le odiò all’istante.
Il più grande ricambiava lo sguardo, il disagio che campeggiava sul suo volto.
«Ti hanno morso la lingua, carino?» chiese una di loro, scatenando l’infondata ilarità dell’altra clown. «Come ti chiami?»
Non sapeva se essere più furioso per la totale indifferenza che dimostravano nei suoi confronti o perché stavano tentando di attaccare bottone col ragazzo che amava.
Si chiese se fosse davvero così lampante la sua omosessualità, o se le donne e i gay avessero un fiuto speciale per riconoscerla.
Magari, si disse, era solo di brutto aspetto.
«Jason.» lo sentì rispondere, il tono di voce distaccato. «E lui è –»
«Oh, Jason! Che bel nome! Io sono Jess.» si presentò melensa una di loro, interrompendolo.
«E io Kim!»
Nico si pentì amaramente di non aver portato con sé la spada che Ade conservava con tanta cura, essendo un collezionista di vecchie armi. L’avrebbe utilizzata per una buona causa, ne era più che convinto.
«Dobbiamo assolutamente farci una foto insieme. Voglio dire, non capita sempre di incontrare un bel ragazzo con la maglietta di Superman!» esclamò Jess.
Nico temette di urlare qualcosa di davvero pesante a tutti e tre, ma si impose di far finta che non esistessero e  di domare la collera e la sofferenza che stavano per farlo esplodere.
Riprese le bacchette in mano e raccolse un po’ del suo ramen.
Non lo mangiò mai.
Il suo stomaco gli si era chiuso quando Jess tese le mani a Jason per farlo alzare, piegandosi così tanto da mostrargli buona parte del suo seno e ammiccando.
L’espressione sconvolta del suo amico l’avrebbe sicuramente divertito, se solo si fossero trovati in un altro contesto, ma in quel momento fu come se avesse gettato del sale sulla ferita: qualunque cosa avesse fatto, non sarebbe mai stata abbastanza per placare la sua furia.
Nico si alzò subito dopo Jason, così furibondo da non accorgersi delle lacrime di rabbia prossime a rigare il suo volto.
«Tu!» lo chiamò Kim, come se si fosse accorta di lui solo adesso. «Facci una foto.»
Nico la guardò come se fosse un insetto particolarmente viscido e si trattenne dall’afferrare il suo cellulare e scagliarlo per terra, dopodiché andò via sotto lo sguardo allarmato di Jason, che non esitò a seguirlo, ignorando deliberatamente le proteste delle ragazze con tanto di offese e aggettivi poco gentili sul più piccolo.
Decise di non raggiungerlo subito così da concedergli un po’ di spazio per calmarsi, dato che aveva notato le sue lacrime, e poi anche lui aveva bisogno di riflettere almeno per pochi istanti.
Non sapeva come interpretare ciò che era successo in quei pochi, disastrosi minuti.
Di certo aveva captato il nervosismo di Nico fin da subito, ma percepiva che esso fosse stranamente positivo. Lo capiva dai suoi occhi che lo cercavano smarriti tra la folla che li aveva divisi tante volte; dagli impercettibili sorrisi che nascondeva durante i suoi acquisti, facendolo disperare; dal fiato corto dovuto al contatto delle loro mani.
Erano segnali che Nico mandava inconsciamente, e lui non poteva dire di disprezzarli.
Lo stupivano, piuttosto, e lo confondevano.
Rimproverò se stesso per non essere stato troppo attento a Nico quando comprese che si stava dirigendo verso il parcheggio deserto. Sarebbe stato inutile fermarlo e riportarlo indietro, giacché era ormai vicino alla macchina, pertanto continuò a seguirlo finchè non lo raggiunse.
«Nico.» asserì con determinazione, una volta che gli fu accanto.
«Non avrei dovuto accettare di venire con te.» sputò astiosamente l’altro. «Questa giornata fa schifo.»
Tali parole ferirono molto Jason, ma si sforzò di ignorare l’amarezza che si stava pian piano espandendo dentro di sé.
Nico ebbe una lieve esitazione dopo aver pronunciato la pungente frase, come se si fosse pentito di aver mentito su qualcosa di molto importante, ma era così arrabbiato da non riuscire a ritirare tutto.
«Ti devo parlare.» disse inflessibile Jason. «E mi dispiace se con questo renderò la tua giornata ancora più orribile. Probabilmente sarà l’ultima volta che succederà.»
I sensi di colpa soffocarono Nico come se si trovasse in una buia e angusta cella che avrebbe tanto voluto frantumare, ma il suo orgoglio era così ferreo da farlo limitare ad attendere quelle che sarebbero state le ultime parole che gli avrebbe rivolto.
Jason fece un sospiro profondo e puntò lo sguardo fermo su quello dell’altro.
Da una parte era davvero contento che stesse per liberarsi dall’enorme peso che sosteneva da più tempo di quanto avrebbe voluto ammettere, tuttavia non gli risultò semplice come credeva: in quel momento, l’idea di spaccare la crosta terreste, afferrare il nucleo infuocato a mani nude per poi rimetterlo di nuovo dentro gli sembrò un’opzione allettante pur di non provocare la fine della migliore amicizia che avesse mai avuto.
Percy – la persona destinata a sfidare in qualsiasi campo, che fosse il basket o le elezioni per il rappresentante d’istituto – sarebbe sempre stato l’amore più importante per Nico, Jason aveva imparato ad accettarlo, ma stava facendo il possibile per scacciare il fantasma del suo rivale per il bene di entrambi.
«Quello che devi sapere,» iniziò, «è che con ciò che sto per dirti potrei sembrare egoista. Non mi sono mai permesso di esserlo, lo sai, ma sei stato proprio tu a farmi capire che a volte non fa male pensare un po’ a se stessi. Tu ti sei messo da parte, Nico, hai deciso di rassegnarti all’idea che Percy fosse innamorato di Annabeth e lo hai fatto per non dividerli, per non creare problemi. Hai represso i tuoi sentimenti per il loro bene, e sai quanto ti ammiro. Ma tu cosa ne hai ricavato? Soltanto dolore, dolore che sopporti ogni giorno. Io non credo di poter reggere tutto questo. Non riuscirei a tenermi tutto dentro, a convivere con i dubbi. Grazie a te, ho capito che preferirei perdere un amico, piuttosto che mentirgli. Preferirei sopportare il tuo rifiuto, piuttosto che il rimpianto di non averti mai detto niente.»
Nico non era certo di aver compreso bene, ma la serietà che mostrava il più grande gli fece capire che il suo non era uno scherzo, ma la pura verità.
Dentro di sé esplosero così tante emozioni da non riuscire nemmeno a distinguerle, ed era una cosa del tutto nuova, per lui. Lo stupore, però, era quello che lo ingannava, quello che se ne stava tranquillo, indelebile, con lo scopo di fargli osservare Jason come se fosse la prima volta.
Non trovava le parole esatte per proferire qualcosa di sensato, per ammettere che, se solo avesse voluto, avrebbe potuto rendere tutte le sue giornate orribili, se con quel termine intendeva dire che gli avrebbe fatto fare innumerevoli capriole al cuore con le sue parole.
Con sua sorpresa, era riuscito a fargli dimenticare l’infantile risentimento nei confronti di quelle ragazze, e a prendere il suo posto fu la disarmante umiliazione per il suo comportamento.
«I-io...» sussurrò Nico. «Cioè, tu sei –»
«Io sono innamorato di te.» chiarì, addolcendo il tono.
Non sapeva come difendersi dalla sorpresa che quella frase – proprio quella di cui non si era mai aspettato che qualcuno gli dicesse – gli aveva procurato.
Era tutto troppo, tanto che avvertì le lacrime di commozione bruciare nei suoi occhi.
«Mi dispiace.» disse piano Nico, e si diede dello stupido quando vide qualcosa spezzarsi negli occhi di Jason. «Mi dispiace se... se non ti ho detto prima di aver dimenticato lui. Se oggi mi sono comportato male nei tuoi confronti.»
Non è abbastanza.
Era arrivato il momento di rivelargli tutto ciò che gli aveva nascosto, così come aveva fatto lui, ma sapeva che le parole non sarebbero mai state efficaci per esprimere l’insostenibile dolore al petto che provava ogni qualvolta lo vedeva parlare insieme a una ragazza, oppure il persistente ronzio dei suoi pensieri quando gli rivolgeva l’attenzione.
Non avrebbe mai negato che Percy fosse stato il primo ragazzo a provocargli emozioni altrimenti sconosciute; tuttavia era stato Jason a convincerlo che esse non fossero sbagliate e inaccettabili come lui credeva.
Con i suoi modi premurosi, quasi fraterni, aveva pian piano rapito tutte le certezze su Percy, e solo troppo tardi Nico si era reso conto che esse fossero scomparse per poi riapparire lentamente proprio sul suo migliore amico.
Aveva imparato che ne era valsa la pena di soffrire per un ragazzo come Jason, e al contrario della sua cotta per Percy, una parte di sé era sempre stata felice di amarlo.
Doveva solo dimostrarlo, adesso.
Si avvicinò a lui fissandolo timidamente negli occhi, e restò per del tempo indecifrabile ad ammirare da vicino le incredibili sfumature celesti delle sue iridi, in cui poteva leggere la sorpresa che, stavolta, era stato proprio lui a causare.
Poi la cicatrice sul suo labbro superiore catturò completamente la sua attenzione, così lo fece.
La baciò.
Baciò innocentemente l’imperfezione visibile a tutti, ma che solo per Nico rappresentava il simbolo che racchiudeva la personalità di Jason: era un difetto, proprio come tanti che possedeva, ma era giusto.
Era perfetto.
Si staccò da Jason e fece un passo indietro, improvvisamente sopraffatto dall’imbarazzo di quel gesto troppo azzardato per lui, ma le braccia del più grande gli avvolsero i fianchi e lo attirarono con delicatezza a sé.
Quel movimento permise alle loro labbra di sfiorarsi, facendo sorridere il più grande alla vista del viso completamente avvampato di Nico, e si decise di approfondire il contatto in un vero bacio.
Fu con quel lento, impacciato e dolce gesto che Jason sentì tutti i sentimenti che Nico celava da troppo tempo, e quasi lo stordirono per l’intensità che essi comunicavano.
Capì di non aver affatto bisogno che trasformasse in parole ciò che provava, che preferiva continuasse a togliergli il respiro con le sue labbra morbide, quelle di cui, lo sapeva, non si sarebbe più stancato.
Trovò quasi sleale il fatto che riconoscesse già di essere dipendente dallo stringere il suo corpo magro, dall’affondare la mano nei suoi capelli scuri e indisciplinati, dallo studiare l’incredibile velocità con cui il suo volto arrossiva; ma solo a lui permetteva quelle piccole, nuove debolezze di cui si sarebbe sempre vantato.


Note d'autrice
Sento il sincero bisogno di spiegarmi. :')
Quest'idea mi è venuta quando ho scoperto che avrei partecipato a un raduno del genere (mio habitat naturale), e mi è venuto in mente di scrivere una storia ambientata proprio lì.
Se a questo aggiungete il mio livello ormai imbarazzante di shipping convulso per questa coppia... be', avete appena letto il risultato.
Questa storia è senza molte pretese, infatti, sinceramente, non mi aspetto molto nemmeno dal contest, ma mi sono divertita molto a scriverla e ho fangirlato come poche volte.
Spero con tutto il cuore che la storia vi sia piaciuta e che abbia sciolto i cuori delle shipper della Pernico *coff* ciao, Evelina!*coff*, della Jasper, della Jasyna, ecc.
Alla prossima Pernico... o Jasico.

Efthalia
  
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