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Autore: Yutsu Tsuki    02/09/2014    3 recensioni
Dal primo capitolo:
“Osservando il suo volto, si accorse di una cosa. Tutti quegli anni passati dietro a due spesse lenti rotonde gli avevano fatto dimenticare di quanto belli fossero i suoi occhi. Erano di un verdeacqua chiaro, ma intenso, quasi luminoso. Si avvicinò ancora allo specchio e allungò la mano, come per poter afferrare quel colore che era un misto fra il cielo azzurro senza una nuvola ed un prato fresco d'estate.
Voleva toccarli, sfiorare quella luce e immergersi in essa, ma venne bruscamente interrotto dalle urla di sua sorella: — Keeeen! Vieni a cena, è prontooo!
Si allontanò in fretta dalla sua immagine riflessa. Per un attimo restò senza parole. Era rimasto affascinato dal suo stesso volto. Poi scoppiò a ridere, rendendosi conto dell'assurdità della cosa.
Aprì la porta della stanza gridando: — Mi chiamo Kentin!! — e corse in cucina.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dolcetta, Kentin, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2


Imprevisto







La sveglia suonò alle 6:45. Kentin la spense con un gesto netto, si tirò su dal letto e cercò di aprire gli occhi. Era stanchissimo. Un immenso desiderio di sprofondarsi di nuovo nelle coperte lo travolse; stava già per distendersi, quando si ricordò che quel giorno era uno dei più importanti della sua vita. Aveva passato quattro mesi di fatica e sacrifici per prepararsi ad esso, e non poteva certo sprecarli solo perché aveva ancora sonno.
Spalancò gli occhi verdi e si alzò. Fece in fretta colazione, si lavò ed indossò una comoda canottiera nera ed un paio di scintillanti pantaloni mimetici. Dal comodino prese la collana con le piastrine da militare che usava quando era al campo e se la sistemò al collo. Prima di uscire dalla camera da letto si infilò una camicia bianca, allacciando con cura i bottoni. Quello sarebbe stato il suo nuovo look per la scuola, scelto appositamente in modo che chiunque si ricordasse da dove proveniva: un campo di addestramento serio e rigoroso.
Si diresse verso la porta della stanza, accennando un sorrisetto dopo essere passato davanti allo specchio.
Stava per uscire di casa, quando sua madre e sua sorella lo fermarono: — Kentin, aspetta. Prendi questi. — Sua mamma gli porse un paio di guanti neri senza dita. — È un regalo da parte di tuo padre. Ti piacciono?
— Sono bellissimi, grazie! — E li indossò con entusiasmo.
Subito dopo sua sorella strillò: — Ma cosa fai conciato così!? — E gli sbottonò tutta la camicia. — Ecco, adesso sei perfetto.
Dopo aver salutato le due donne, si diresse verso la scuola. Mantenne un passo veloce, anche se non era in ritardo. Si sentiva orgoglioso, quasi euforico e molto eccitato: di lì a poco avrebbe potuto mostrare, o meglio, sbattere in faccia, la sua trasformazione a tutti i suoi vecchi compagni.
Arrivato al liceo, fece un respiro profondo ed aprì la porta lentamente. Lo invase il brusio degli altri studenti; avanzò di tre passi ed esaminò la gente attorno a lui. Tutte facce già viste. Erano gli stessi bulletti che lo maltrattavano mesi prima, solo che quando lo videro non gli si avvicinarono con fare minaccioso, bensì si limitarono ad osservarlo o ad ignorarlo, come si fa con i nuovi arrivati.
Non fu così per le ragazze: mentre Kentin si avviava verso la stanza della preside per ritirare la chiave del suo armadietto, molte facce stupite lo fissavano a bocca aperta, alcune sorridevano affascinate, altre arrossivano di imbarazzo. Lui non le guardava, ma intuiva chiaramente quello che provavano per lui.
Un’espressione compiaciuta si disegnò nella sua faccia. Un tempo nessuna ragazza lo avrebbe mai notato, ma ora erano tutte lì che lo desideravano.
Ottenute le chiavi, richiuse la porta dietro di lui e gli venne in mente il suo obiettivo principale: far vedere a Candy l’uomo che era diventato. Le sarebbe piaciuto? Sicuramente. Avrebbe voluto mettersi con lui? Molto probabilmente. Lui avrebbe accettato? Forse no. Non gli piaceva che la gente lo giudicasse dal suo aspetto fisico. Il carattere era lo stesso, e apprezzare qualcuno solo perché era più bello, atletico o alto, era un’idea che lo faceva imbestialire.
Mentre stava per mettersi a cercare Candy, vide il primo volto noto: era Violet, una fanciulla dai capelli corti e viola, cinti da due semplici trecce. Corse verso di lei, destando l’agitazione da parte delle altre ragazze.
— Ehi Violet, ciao! Senti, hai visto Candy, per caso? — Lei si voltò con aria annoiata, ma quando vide il volto di Kentin sgranò gli occhi e diventò rossa dalla testa ai piedi. Indietreggiò velocemente e fuggì via tra la folla di studenti. — Ma cosa ho fatto? — Chiese Kentin, offeso. Questa volta non lo potevano evitare perché era brutto, basso o magrolino. Lui stesso era ben cosciente di quanto fosse migliorato, quindi non riusciva a capire il motivo della reazione di Violet.
— Come sei ingenuo — Sussurrò una vocina dentro la sua testa. Sì, forse anche lei si era comportata come le altre ragazze, alla vista del nuovo Kentin.
Girò per altri dieci minuti per i corridoi della scuola, destando stupore nelle facce dei presenti, maschi o femmine che fossero. Alla fine si arrese e tornò nella sua aula, prima che la campanella suonasse. Poi si rese conto che probabilmente Candy si trovava lì. Dopotutto erano compagni di classe.
Entrò con cautela. Vide tutti i suoi compagni che chiacchieravano concitatamente. Candy era proprio in mezzo a loro, e parlava con la sua amica Iris. Decise di avvicinarsi a lei, ma fu bloccato dall’arrivo del professore.
— Seduti. — disse. Era un uomo alquanto svampito, sulla sessantina. Tuttavia era conosciuto in tutta la scuola per la sua memoria di ferro. — Avanti, Kentin, siediti al tuo posto.
Dava come per scontato che Kentin fosse sempre appartenuto a quella classe, per questo non aveva avvisato i compagni del suo ritorno.
Meglio così, pensò il ragazzo. Si mise a sedere nel primo posto vuoto che trovò, ed ascoltò la lezione.
Non era passata neanche mezz’ora, che d’improvviso Candy chiese il permesso di andare in bagno. Il professore acconsentì e la ragazza uscì. Lui non la vide in faccia, ma Kentin era riuscito a cogliere l’espressione forzatamente composta di lei, tipica di chi cerca di nascondere una menzogna.
Sicuramente era un altro il motivo per cui Candy aveva domandato di uscire. La curiosità era troppo forte, così Kentin decise di aspettare una manciata di secondi, per poi chiedere la stessa cosa al professore.
— Bah, ognuno trova ispirazione dove vuole… — borbottò, prima di lasciar uscire il ragazzo. Lui di ricambio sorrise per la battuta ed aprì la porta dell’aula.
Il corridoio era completamente vuoto. Forse Candy doveva davvero andare in bagno. Ma poi sentì delle voci provenire da dietro un angolo, si avviò dunque verso la loro direzione con passo felpato. Mentre si avvicinava udì un urlo, allora ingranò la marcia e corse per scoprire cosa fosse accaduto.
La visione lo fece rimanere senza fiato: c’era il ragazzo delegato della scuola, Nathaniel, disteso a terra e sopra di lui Candy, i due volti vicinissimi e visibilmente imbarazzati.
Quando si accorsero di non essere soli, si tirarono su in fretta e furia, le facce rosse per la vergogna.
Kentin non sapeva cosa dire, così indietreggiò per lo stupore, e andò a sbattere contro qualcosa di duro. Si girò lentamente ed emise un grido di terrore: aveva appena urtato Castiel.
Istintivamente portò le braccia davanti alla testa, in segno di difesa. Ma non venne né colpito, né malmenato, come si era aspettato. Lentamente spostò gli arti, in modo da formare un piccolo buco attraverso cui vedere il volto del ragazzo dai capelli di sangue. Non aveva intenzione di togliere le braccia, non avrebbe rischiato di rovinare quel suo bel faccino di cui la sera prima si stava per invaghire.
L’espressione di Castiel era identica alla sua: bocca aperta, occhi semi-sgranati, confusione totale. Kentin capì allora che il piccolo “imprevisto” fra Nathaniel e Candy aveva sortito lo stesso effetto sia su di lui che sul bulletto. Si chiese se fosse successo altro in sua assenza. Magari la ragazza che aveva sempre amato si era dimenticata di lui. Aveva instaurato un legame con Castiel, e poi con Nathaniel, così si sarebbe spiegata la reazione del rosso.
Kentin decise di abbassare le braccia: l’aspetto sconvolto del ragazzo di fronte a lui gli fece credere che non lo avrebbe pestato. Ma subito se ne pentì: gli occhi fulminei di Castiel si posarono sulle sue iridi verdeacqua, con un’espressione severa.
— Ti prego, non picchiarmi, non ti ho fatto niente! — si sentì piagnucolare Kentin, e coprì il volto con le mani.
— Perché mai dovrei picchiarti? Chi ti conosce! — pronunciò il suo avversario, dopodiché girò sui tacchi e si allontanò.
Sono salvo, realizzò sorridendo ampiamente. Poi si ricordò di quello che era appena successo e si voltò. Aveva appena ruotato la testa, che Candy lo oltrepassò urtandolo con violenza, per poi svoltare l’angolo e tornare in classe. Nathaniel non c’era più.
Ma come, non dice niente del mio nuovo aspetto? Forse è troppo incredula per ammettere la mia bellezza, pensò.
Aspettò un minuto, prima di rientrare in aula, poi aprì la porta e cercò lo sguardo di Candy. Non lo stava minimamente calcolando, così come il resto della classe. Andò a sedersi e aspettò la fine della lezione.
Dopo le prime due ore il professore disse: — Va bene, abbiamo finito per oggi. Potete andare. — Tutti si stupirono, dal momento che mancavano ancora cinque minuti all’intervallo. A Kentin venne istintivo il gesto di alzare la mano e avvertire quel povero svampito, ma si trattenne, pensando che così facendo avrebbe solo attirato l’antipatia dei compagni. Probabilmente il vecchio Ken l’avrebbe fatto ugualmente.
Fu il primo ad uscire. Si diresse velocemente verso il suo armadietto per posare i libri. All’improvviso si aprì la porta del bagno delle femmine. Ne uscì una ragazza bionda, piuttosto alterata. Era Ambra. Kentin sentì che sulla propria faccia si stava formando un sorrisetto malvagio, mentre nella testa le rotelle giravano rapidamente, elaborando un piano malefico. Chiuse rumorosamente la porta dell’armadietto per far sì che lei si accorgesse della sua presenza. Ambra, che in quelle due ore in classe non aveva ancora visto il “nuovo Ken”, quando se lo ritrovò davanti abbassò la mandibola di parecchi centimetri e si tappò il naso con entrambe le mani. Perfetto, è mia.
Dopo essersi assicurato che i suoi compagni, compresa Candy, fossero usciti, camminò verso Ambra, con gli occhi fissi sui suoi, le spostò le mani sui suoi fianchi e la baciò.
Sentì il fremito d’emozione nella ragazza, poi spostò lo sguardo in direzione di Candy, che era rimasta a bocca aperta, impallidita.





   
 
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