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Autore: Utrem    02/09/2014    2 recensioni
Post VII stagione. Buffy non vuole più soffrire e si rifugia laddove crede d'essere circondata solo da ciò che è bene. Senza più i suoi amici, in procinto di sposarsi, dopo l'incontro con qualcuno riuscirà a riformulare le sue priorità non solo come cacciatrice, ma anche come persona.
Dal prologo: "Si era ripristinata in tempo. Stava bene, benissimo in verità, anche se era ovviamente scioccata dai pensieri aberranti appena avuti. Era stata evidentemente raccattata da una temporanea follia. [...] Equipararsi a una cacciatrice brancolante nella notte, perennemente sola, equivaleva a una condanna a una permanenza nell’ Inferno. Lei amava il suo Paradiso. Il suo imperfetto Paradiso. [...]"
Genere: Introspettivo, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Buffy Anne Summers, Nuovo personaggio, Un po' tutti, William Spike
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Normal again.


Il tempo s’era fermato.
Buffy era curva sulla scrivania, a rileggere le prime righe di un paragrafo di un documento per la decima volta, senza comprenderne ancora il senso.
Non era attenta, tantomeno concentrata su ciò che non stava facendo.
Quella notte aveva dormito: aveva sfruttato le poche ore che le erano rimaste a disposizione; quella mattina s’era alzata, s’era rinfrescata nella vasca, aveva fatto colazione, s’era lavata i denti, s’era vestita, aveva raccolto le proprie scartoffie, aveva baciato Ryan e si era recata al lavoro.
Eppure il tempo s’era fermato. Non era in ufficio, non c’era nessuno: era appena uscita dall’appartamento di Spike e piangeva sul corrimano, trafitta da quello che le aveva detto. Non era trascorso un minuto da quel momento, altrimenti come avrebbe potuto lo strazio essere rimasto immutato? Ore di sonno, a cui inevitabilmente seguiva il superamento del confine che divideva le due dimensioni, avrebbero dovuto provvedere, perlomeno, a mitigarlo. A far cessare i singhiozzi e i ripensamenti. Eppure era tutto lì, vivido e presente, appiccicoso e soffocante.
Era una vita facile ora, la sua? Forse. Forse era diventata più semplice, sì. Meno scura, spiovente e stratificata. Più chiara, pianeggiante e uniforme, ma non aveva tagliato fuori quella parte di sé. La parte di sé che l’aveva resa unica, temeraria ed energica come mai avrebbe potuto sognare d’essere, anni prima. Era ancora lì: la poteva toccare, la poteva assaporare, se lo desiderava.  Era soltanto… in letargo. S’era sacrificata, come spesso era solita fare. Lo aveva fatto per la sua stessa integrità. Per il suo bene.
Lui l’aveva giudicata, però. Involontariamente, forse, ma lo aveva fatto. Quando mai non la giudicava? Quando mai non giocava con le parole per confonderla? La caparbietà e l’imperturbabilità con cui articolava ogni accusa, ogni battuta, ogni complimento, ogni opinione erano disarmanti. Lo erano sempre state e l’aveva sempre odiato per questo. Le parole erano il suo punto forte, ma quando era Spike a tenderle le trappole, vi ci cadeva subito e, quando le riconosceva, spesso era troppo tardi. A peggiorare il tutto, ogni volta che era lei a cercare di manipolarlo, nel reagire si dimostrava sempre meno ingenuo di quello che avrebbe sperato.
Spike… era stato lui! Lui aveva disinnescato tutti i suoi dubbi, nutrito e ingrassato i suoi problemi! Se non avesse trovato lui in quel cimitero desolato, si sarebbe levata definitivamente il capriccio di quella notte dalla testa! Se lui non si fosse prostrato ai suoi piedi pur di accattivarla, di farle provare compassione, sarebbe stata libera da quell’idea incontemplabile che le suggeriva di telefonare e mentire a Giles pur di ottenere informazioni su quel demone! Oh, e pensare che se lui cinquant’anni prima non avesse fatto l’ennesima stupidaggine, adesso sarebbe stato…
morto.
Da due anni.
Buffy sbuffò sullo schermo del computer, un attimo prima di sfiorare quell’inammissibile conclusione. Il flusso delle riflessioni doveva fermarsi lì, senza aprire nulla di nuovo. Era una necessità. I giri compiuti dalle lancette erano un segno inequivocabile che il passato era stato assemblato in un certo modo, mentre la costruzione del presente era ancora in attesa e richiedeva la sua partecipazione. Pertanto, doveva imporsi di smettere di rimuginare, di protestare…
“Buffy?” Alice la chiamò con la sua voce suadente. Buffy sentì di non aver mai amato così tanto perdere il filo dei suoi pensieri.
“Qualcosa non va, Buffy?” continuò l’amica, appostandosi vicino a lei con premura e un po’ d’ansia.
“No… sto bene…” replicò, tradendo con una voce roca e debolissima il perfetto falso sorriso che era le riuscito di riprodurre.
Alice chiaramente era troppo sensibile per non accorgersene e mise una delle mani soffici sulla sua, rivolgendole uno sguardo leggero e traboccante di comprensione.
“Dimmi cosa c’è” la intimò con un po’ d’involontaria ed empatica tensione, rafforzando la presa.
“Non potremmo discuterne più tardi? Sai, Keaton è-“
“S’è dileguato. È salito di sopra per parlare col boss. Buffy, dobbiamo parlarne. So che dobbiamo parlarne. Lo vedo dalla tua espressione … mi dispiace” Alice insisté, così costernata dal suo stato che le guance paffute parevano smagrite.
“Non me la sento adesso, Alice, e poi… e poi è qualcosa che devo affrontare da sola. Scusa, ma non penso tu mi possa aiutare” chiarì, con tono instabile nel primo tratto e deciso verso la fine.
“Ok, ma… io, io non… non sono coinvolta? Tu non ce l’hai con me, vero?” Alice non mollò, arrossendo e dibattendosi pur di non sembrare troppo emotiva.
Buffy rise alla sua strampalata affermazione.
“Ahahah! Ma certo che no! Vieni qui” l’abbracciò, appoggiando la testa su una sua spalla e stringendola con calore. Aveva un buon profumo ed era calda. “Questa è una faccenda che riguarda solo ed esclusivamente me… insieme ad un’altra persona, che non conosci e mi sta facendo penare. Ma sistemerò tutto. Non c’è nulla da preoccuparsi”
Alice si sciolse dall’abbraccio, parecchio interdetta.
“Un’altra persona? Vuoi dire, un uomo? Ryan lo sa?” chiese, ad un tratto per niente saziata e confortata dalle informazioni che le aveva fornito.
Buffy esitò un po’. Era spiazzata da come si stesse approssimando a conoscere la verità, ma allo stesso tempo il poter condividere la propria sofferenza con qualcuno l’avrebbe liberata di buona parte di quel greve peso.
Infine si risolse a rispondere, con calma effimera:
“Sì, ma non in quel senso… non è coinvolto con me in quel senso. Dobbiamo solo… mettere in chiaro una cosa. Un paio di cose. Non s’è intromesso in nulla, lo giuro. Provvederò a tutto. Però ti prego, Ryan non lo sa… non farne parola con lui. Per favore. Non l’accennare neanche”
Alice fece cenno di sì col capo e, ancora una volta, la sorprese. Anche se aveva negato, era chiaro che lei aveva inteso che stesse parlando di una sorta di ex. Eppure, appariva sorpresa ma non delusa. Rispettava il suo silenzio e le stava dando un fisico e silenzioso supporto, accarezzandole le mani e tenendole gli avambracci. Nel suo volto leggeva solo dolcezza, compassione. Buffy non avrebbe mai saputo esprimere in parole quanto era grata per aver incontrato quella ragazza. Un tempo, le era piaciuto considerarla, a torto, una seconda Tara, ma adesso la identificava come persona a sé stante. Aveva instaurato con lei un rapporto ancora più profondo di quello che aveva avuto con l’altra donna e la stimava infinitamente.
“D’accordo. Rimarrà fra noi, non mi metterò più in mezzo. Senti… oggi, se ti va, dopo il lavoro, potremmo prendere qualcosa da bere insieme e rilassarci un po’, senza ritornare sull’argomento ovviamente. Che ne dici?” propose Alice, con delicatezza.
“Ehi, è un’idea magnifica! Perfetto! Grazie, Alice, grazie”
L’amica se ne andò senza più proferire parola, mentre Buffy recuperava man mano tutto il risentimento abbandonato in un angolo e che s’era ripromessa di non riprendere più – ma di questo s’era dimenticata. Constatò invece che il confronto con Alice aveva sgombrato la sua mente d’ogni indecisione. I suoi ragionamenti erano molto più fluidi adesso, al punto che la soluzione pervenne con impensabile rapidità: quella notte si sarebbe allenata con lui, sì, gliele avrebbe date di sante ragione, e negli intervalli gli avrebbe rinfacciato tutte, tutte le sue colpe.
Finalmente poteva dedicarsi a una seria lettura di quel paragrafo.
   
 
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