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Autore: LeoValdez00    03/09/2014    7 recensioni
Questa è la storia di una bambina, di una ragazza e di un tributo.
E' la storia di una pedina che alla fine si è ribellata.
E' la storia di Clove.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katniss Everdeen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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~~Clove si alzò prestissimo, la mattina del suo sesto compleanno.
Non vedeva l' ora di andare in cucina per vedere il regalo dei genitori.
Voleva disperatamente la bambola che aveva visto pochi mesi prima in un negozio vicino a casa, le facevano la corte tutte le bambine della sua età, e lei aveva pregato la madre di comprarla.
Visto che aveva detto di no, Clove pensava che l' avessero tenuta come regalo di compleanno, ed era eccitatissima.
Sgattaioló in cucina senza far rumore e vide sul tavolo un piccolo pacchetto rettangolare, in cui sicuramente non poteva starci una bambola.
La delusione fu tanta, ma anche la curiosità per quel regalo misterioso.
Sapeva di non poterlo aprire finché i suoi non si fossero alzati, ma resistere era una tortura.
Guardò l' orologio in cucina, segnava le 05:13.
Avrebbe dovuto aspettare per parecchio tempo.
Tornò in camera canticchiando a mezza voce "Tanti auguri a me", e iniziò a giocare con Puffy, il suo peluche preferito.
Glielo aveva regalato la sua migliore amica Marlene l' anno prima, e lei ne era affezionatissima.
Passò ore a giocare con Puffy e Ruffy, l'altro peluche regalatole dall' amica Lian, finché non sentì la porta scorrevole della camera dei genitori, aprirsi di scatto, e lei si alzò in modo talmente brusco da farle quasi girare la testa.
"Mamma, Papà!!!" urlò contenta Clove.
"Buon compleanno" dissero loro con voce piatta.
Non avevano mai trattato la loro bambina come facevano gli altri genitori, erano distanti e poco presenti nella sua vita.
Lei ormai era abituata a quel comportamento, non la infastidiva.
Finse di sedersi per caso vicino al tavolo, spostò lo sguardo da una parte all' altra della stanza, fino a che si posò sul pacchettino che aveva di fronte.
"E questo che cos' è?" chiese con grande finto stupore.
"Il tuo regalo, aprilo" le disse il padre, più brusco del solito.
"Si!" urlò lei, iniziando a scartare.
Aprì la scatoletta e trovò... un pugnale.
Era bellissimo, affilato e letale.
"Mamma, perché mi avete regalato un coltello?" chiese la bambina delusa.
"Perché tu riesca a renderci finalmente orgogliosi, Clove" disse la madre.
"In che senso?" chiese stupita la piccola.
Ma non ebbe risposta.
I genitori si ritirarono nella loro camera e la lasciarono sola con il pugnale.
#
Dal giorno del suo sesto compleanno, Clove portava sempre con se il suo pugnale.
Lo nascondeva dentro gli stivaletti e, quando era sola, ne esaminava attentamente la superficie lucida.
Perché glielo avevano regalato?
L' anno dopo iniziò a capire.
Ogni persona del 2 parlava di suo fratello.
Quando aveva quattro anni, suo fratello ne aveva 17 ed era stato estratto alla mietitura.
Era adorato dai genitori e da tutto il distretto.
Era forte e spietato, tutti avrebbero scommesso su di lui.
Prese un ottimo punteggio dagli strateghi e ottenne numerosi sponsor.
Ma anche questo non gli bastò.
Durante il bagno di sangue alla Cornucopia, quando era ormai sicuro di essere fuori pericolo, lo colpì un piccolo dardo avvelenato.
Lo aveva lanciato un ragazzino del distretto 11.
Si rotolò per terra dal dolore, cercando di toglierlo dalla schiena, ma morì prima di riuscirci.
Da quel momento i genitori di Clove erano diventati diversi, distanti.
Ora volevano solo una vincitrice laddove il fratello aveva fallito.
La bambina sentì un brivido scenderle lungo la schiena.
Voleva dire che i suoi la volevano come volontaria.
Iniziò a piangere.
#
Il coltello si piantò esattamente  nel punto dell' albero dove Clove voleva.
Corse per riprenderlo, evidentemente soddisfatta.
Non era più la bambina spaventata di sette anni, ora era la ragazza spietata di quattordici.
Non era rimasta a piangersi addosso, dopo aver saputo che, in un modo o nell'altro, sarebbe dovuta entrare nell' Arena.
Aveva preso il suo pugnale e aveva iniziato ad usarlo.
Ora usava il pugnale e, suoi preferiti, i coltelli da lancio.
All' inizio si esercitava un paio di ore al giorno, con dei bersagli fissi, poi aveva iniziato a farlo più spesso, con bersagli mobili.
Aveva perso tutti gli amici.
Restava sola per ore, sola con i suoi coltelli.
Dagli altri ragazzi era temuta ma non rispettata.
Pensavano che fosse pazza.
Lei intanto iniziava a diventare davvero letale.
Aveva imparato a colpire da 25 metri un bersaglio mobile.
Spesso animali.
Aveva iniziato con qualcosa di facile, come i serpentelli che si trovavano spesso al distretto 2.
Poi lucertole, uccelli e scoiattoli.
Non li uccideva solo per allenamento, li uccideva per piacere.
Un piacere malsano e corrotto, in cui lo spargimento di sangue era indispensabile.
I suoi volevano una vincitrice?
Lo sarebbe diventata.
Ad ogni costo.
Aveva iniziato a soffrire della indifferenza dei genitori, ora voleva che la guardassero come un tempo avevano guardato Alec, suo fratello.
Recuperò il coltello.
Per quel giorno poteva bastare.
Erano sei ore che si allenava.
Ripose i 15 coltelli da lancio nella sacca, e il prezioso pugnale negli stivaletti di pelle.
Se non fosse per quel pugnale, lei sarebbe ancora spensierata come la mattina di otto anni prima.
Pensò a se stessa in quel modo con disgusto.
Ormai era un' altra, era spietata, era letale.
Era un' assassina.
Non si era neanche ricordata che quel giorno era il suo compleanno.
#
Ancora un anno.
Poi si sarebbe offerta volontaria per gli Hunger Games.
Quell' anno aveva lasciato la scuola, era già abbastanza intelligente.
Ora passava le giornate a uccidere.
Tutti gli animali del distretto 2, avevano imparato a temere quella ragazza di 17 anni.
Avevano capito che era lei il loro nemico naturale.
Clove si svegliò alle 05:00, come suo solito, e uscì di casa con il suo materiale.
Uccise parecchi scoiattoli, finché non sentì una voce.
"Hey sadica! Che ci fai qui? Perché hai lasciato la scuola?"
Mark.
Quella voce la fece sobbalzare, ma si costrinse a riprendere il controllo.
"Che vuoi?" disse stizzita.
"Voglio sapere perché hai abbandonato la scuola. Voglio sapere perché non ci siamo più visti" rispose lui triste.
Tenero, simpatico ed estremamente stupido Mark.
Era l' unico amico che Clove avesse avuto, dopo aver ricevuto il pugnale.
L' unico che la capiva, perché anche lui, l' anno dopo, avrebbe dovuto offrirsi volontario per volere dei suoi genitori.
Ma il ragazzo non era come Clove.
Lui non si allenava giorno e notte, lui non pensava solo a dover vincere gli Hunger Games.
A lui non importava.
Sapeva che sarebbe andato in quella Arena con Clove, e che sarebbe morto per proteggerla.
La ragazza non sopportava questa cosa.
Se ne era andata da scuola anche per lui.
Era diventato davvero il suo migliore amico e lei non poteva permettersi un legame del genere.
"Per te idiota, per te e la tua stupida lealtà" rispose in un sibilo crudele.
"Cosa?" chiese lui stupito.
"Eri mio amico. Non posso permettermi un amico nell' Arena. Non posso permettermi nessun legame".
Lo aveva ammesso.
Aveva ammesso una sua debolezza.
Sapeva che se fossero rimasti amici, non sarebbe riuscita a ucciderlo.
Mark si avvicinò a lei.
"Clove, morirò in quei giochi. Lo sanno tutti. Lascia che restiamo amici, lascia che io possa proteggerti" disse dolcemente lui.
"No. Mark, ti prego, vattene. Non farti più vedere" gli rispose lei, la voce incrinata.
Era un' assassina.
Spietata, letale.
"Ricordati chi sei, Clove!" pensò.
Mark la abbracciò.
Lei si divincolò, cercando di togliersi dalla sua stretta.
"Lasciami!" urlò.
"No, Clove. Non ti lascerò mai. Sei l' unica persona a cui voglia bene nella vita. Sei la mia migliore amica."
"Non sono la tua migliora amica. Sono solo una vincitrice, nient' altro" rispose, cercando di colpirlo per liberarsi.
"Clove, tu non sai chi sei. Tu sai chi i tuoi genitori vogliono che tu sia. Solo io posso vantarmi di sapere chi sei. In fondo tu sei dolce e simpatica.
Non sei un' assassina, ma un' amica.
La migliore"
No.
Per Clove questo era troppo.
Aveva un' obbiettivo che perseguiva da 10 anni, e ora lui lo stava distruggendo con la sua logica e il suo modo di volerle bene.
Come tutte le prede che la ragazza uccideva, Mark aveva commesso un passo falso che gli sarebbe costato la vita.
Senza quasi pensarci, Clove prese il pugnale dagli stivaletti di pelle, lo impugnò bene, e colpì il ragazzo al cuore.
Una, due, tre... dieci volte.
Mark la guardò un' ultima volta, mormorando "Potevi scegliere di essere te stessa, ora sei solo una pedina".
Non si trattava di risentimento, quello che Clove sentì nella voce del ragazzo, ma solo tristezza.
Il corpo martoriato del suo migliore amico, cadde a terra con un tonfo.
Clove si mise le mani sulla bocca, stava per mettersi a piangere, quando una voce si insinuò nella sua testa "L' unica cosa non perfetta di questo gesto, è che non si è sentito il cannone".
Quella voce la accompagnava da anni.
Era la sua coscienza.
Era il suo modo di andare avanti quando dubitava di fare la cosa giusta.
Allora prese i suoi coltelli, pulì il pugnale sui vestiti di Mark e tornò a casa con una calma infinita, tradita solo dalle lacrime silenziose che le solcavano il viso.
#
"Prima le signore" disse con voce squillante la Capitolina vestita di rosa shocking, mentre prendeva il foglietto con scritto il nome della ragazza estratta per la mietitura.
"Evelyn Racle"
Evelyn era una ex compagna di scuola di Clove.
Era una stupida perfettina, e a Clove quasi non dispiaceva la sua reazione spaventata.
Poi però le venne spontaneo gridare a squarciagola "Io!" quando chiesero se c' erano volontari.
"Come ti chiami?" le chiese la donna con quel buffo accento della capitale.
"Clove" risponde lei.
"Il cognome cara?" riprende la donna.
"Non ho un cognome, non ho neanche dei genitori"
"Come cara?" chiede la Capitolina.
"Non ho mai avuto dei genitori"
Già, perché con gli anni era cresciuto anche il suo odio verso di loro.
Non l' avevano mai amata come Alec.
"Quando tornerò vincitrice, si pentiranno di non avermi trattata come una figlia" disse la ragazza, gelida.
"Va bene, va bene" disse accondiscendente la donna "E ora il tributo maschio per il distretto 2"
La Capitolina si avvicinò alla boccia dei ragazzi, estrasse un bigliettino e disse al microfono "Ethan Trevors".
Era un ragazzino minuto, pallido e magro.
Non un possibile vincitore.
"Ci sono volontari?"
Clove pensò che Mark ora avrebbe dovuto proporsi, ma ormai era morto.
Lo aveva ucciso lei.
Una sola lacrima, tonda, perfetta, sfuggì al suo controllo e le scivolò giù per la guancia.
"Mi offro volontario"
Solo per un secondo, Clove era convinta di aver sentito la voce del suo migliore amico.
"Bene. Un' applauso ai due volontari del distretto 2" annunciò contenta la Capitolina.
Un ragazzo alto, muscoloso e dall' aria cattiva, salì sul palco.
Clove non l' aveva mai visto.
"Come ti chiami?" chiese raggiante la donna.
"Cato Harris" rispose lui.
Aveva una voce talmente simile a Mark, che Clove si ritrovò nuovamente sul punto di piangere.
"Basta. Lo hai ucciso. Hai fatto bene. Ucciderai anche Cato" disse la vocina maligna nella sua testa.
"E ora stringetevi la mano! Saranno i giochi migliori di sempre" strillò la Capitolina.
Si strinsero la mano e si guardarono negli occhi.
Uno dei due sarebbe stato il vincitore, era palese.
Chi sarebbe morto?
"Lui" si disse gelida Clove.
#
Dieci.
Era riuscita a prendere dieci come Cato.
Era contentissima, sapeva che avrebbe avuto una miriade di sponsor che l' avrebbero aiutata nell' Arena.
Ormai nulla poteva guastare quella situazione perfetta, finché non sentì il punteggio della ragazzina del 12.
Aveva preso undici.
Il voto più alto.
Si alzò dal divano su cui sedeva vicino a Cato e il loro staff, e si chiuse in camera, sbattendo la porta.
Prese il vaso di cristallo dal comodino e lo lanciò con forza verso la parete.
Si distrusse in mille pezzi, e Clove era, se possibile, ancora più adirata.
Aveva passato undici lunghi anni a prepararsi per gli Hunger Games.
Aveva distrutto la sua vecchia vita per crearne una nuova, incentrata sull' omicidio.
E quella stupida ragazzina del dodici l' aveva battuta.
Aveva attirato più attenzioni alla sfilata dei carri, con quello stupido finto fuoco, e ora l' aveva superata nel punteggio degli strateghi.
Un piccolo animaletto di ceramica si frantumò contro la porta.
Stava per tirare anche la lampada, quando sentì una voce fuori dalla porta.
"Clove?" chiese la voce.
Mark.
No, non lo era.
Era solo Cato.
"Che diavolo vuoi?" urlò.
"Parlarti"
Pur non contenta, aprì la porta.
"Clove, non puoi farti abbattere da cose del genere. Sai quanto me che le hanno dato quel punteggio solo per come era vestita l' altra sera." disse lui quando entrò.
Non era così, la ragazza sapeva che Katniss era un osso duro, ma era bello illudersi.
"Hai ragione, hai ragione" disse allora, alzando le mani, che stringevano ancora la lampada, in segno di resa.
"Perfetto. Allora in bocca al lupo per l' intervista di domani" rispose lui, andandosene e chiudendosi la porta alle spalle.
Clove non chiuse occhio tutta la notte, pensando al modo migliore per uccidere la Ragazza di Fuoco.
#
《Dieci secondi》annunciò la voce meccanica.
"Solo dieci... Tra dieci secondi, inizieranno i miei veri giorni di gloria" pensò Clove.
《Nove secondi》
I suoi pensieri si fermarono su Mark.
"Era un' ostacolo. Ora sto meglio"
Era una bugia, ma era più facile se ci credeva.
《Otto secondi》
"Era necessario ucciderlo"
Un' altra bugia.
《Sette secondi》
"Avrebbe rovinato quello che ho fatto per arrivare fin qui"
La prima cosa vera.
《Sei secondi》
"Ma sono sicura che aveva torto?"
Le certezze di Clove si fecero meno nitide.
《Cinque secondi》
"Ho ucciso il mio migliore amico per dimostrare quanto valgo a persone che odio"
Una lacrima.
《Quattro secondi》
"E se gli avessi dato retta? Se mi fossi ribellata a quello che i miei volevano? Se per la prima volta avessi deciso con la mia testa?"
Un' altra lacrima.
《Tre secondi》
"Aveva ragione"
Una terza lacrima.
《Due secondi》
"Mark aveva ragione"
Le sue guance furono inondate dalle lacrime.
《Un secondo》
Ora non aveva più importanza chi avesse ragione, che cosa avrebbe dovuto fare o come avrebbe dovuto gestire la sua vita.
L' unica cosa importante, era correre.
#
Se l' erano lasciata scappare.
Erano i favoriti!
Come avevano potuto lasciar scappare Katniss?
Inoltre quella ragazzina era anche riuscita a uccidere Lux.
Non che stesse simpatica a Clove, anzi, però rimaneva che sarebbe dovuta morire lei e non la loro alleata.
"Non fa niente, morirà presto" si disse.
Intanto loro avevano raccolto tutto il cibo e le armi dalla Cornucopia.
Inoltre, il ragazzino del 3, era riuscito a riseppellire le mine dei cerchi intorno alle provviste.
Erano tranquilli.
Avrebbero aspettato il passo falso di qualche tributo per andare a ucciderlo.
Poi, quando sarebbero rimasti solo loro, lei e Cato avrebbero eliminato gli altri.
Poi il duello.
Erano entrambi letali, sarebbe stata una battaglia all' ultimo sangue.
Per ora erano alleati, e a Clove andava bene così.
Stavano facendo tutti la guardia alle provviste, quando Cato urlò di aver visto del fumo.
"Qualche idiota avrà avuto freddo" commentò lei contenta, mentre stava già pregustando l' ormai prossimo omicidio.
Incaricarono il ragazzino del 3 di fare la guardia, mentre Clove, Cato e Marvel, si avviarono verso il fuoco.
Corsero a perdifiato, finché non trovarono il falò bruciante abbandonato.
In quello stesso istante, altro fumo si sollevò circa un chilometro più avanti.
"Potrebbe essere una trappola" disse Cato "Marvel, tu vai al fuoco, noi due diamo un' occhiata in giro".
Così Clove seguì il ragazzo e iniziarono un giro di perlustrazione, fino a quando non sentirono un' enorme esplosione.
Non poteva essere scoppiata una sola mina.
Tornarono velocemente alla loro base e videro tutte le loro scorte carbonizzate.
Clove stava ancora elaborando l' accaduto, quando sentì il cannone.
Cato aveva appena ucciso il ragazzino del 3.
Lei cercò di calmarlo, poco dopo si sentì un altro cannone.
"Marvel?" chiese lei.
"Non lo so. Se stasera non torna, allora è morto" rispose indifferente lui.
Una decina di minuti dopo, un altro ancora.
"Almeno uno era un nemico" constatò Cato.
Marvel non si fece vedere ed entrambi lo considerarono morto.
Ma non era quello il primo pensiero di Clove.
"Sai chi può essere stato?" chiese il ragazzo, accennando ai resti delle provviste.
"Lei" rispose.
Un' unica parola che grondava disprezzo.
Lei, che l' aveva battuta già tre volte.
Lei, la Ragazza di Fuoco.
#
Potevano tornare a casa.
Entrambi.
Non avrebbero dovuto cercare di uccidersi a vicenda.
Clove in un impeto di gioia, sollevata dal non dover mai affrontare Cato, lo abbracciò.
Cercarono un posto per la notte e si accamparono.
#
"Vado io" disse Clove.
"Cosa? Perché?" chiese stupito Cato.
"Due motivi: corro più veloce di te e devo ucciderla" rispose tranquilla.
"Ma è a te che serve l' antidolorifico!" protestò il ragazzo.
Le serviva perché pochi giorni prima era caduta, battendo la testa sulla roccia.
Stava bene, ma a volte le veniva un' emicrania talmente forte da farla urlare.
"Sono ore che sto bene" affermò decisa Clove.
"E se ti viene un attacco mentre cerchi di uccidere la ragazzina del 12?".
La ragazza ci aveva pensato, ma non aveva alternative, doveva ucciderla lei.
Aveva un conto aperto con la Ragazza di Fuoco.
"Non mi interessa. Ma stai tranquillo, il cannone sparerá per lei".
Si appostarono entrambi vicino alla Cornucopia, così, nel caso di un attacco, Cato avrebbe potuto aiutarla.
Clove non si azzardò ad andare per prima, voleva aspettare Katniss.
Una piccola figura, uscì dal bosco diretta ai sacchetti.
Era quella del 5.
Corse via senza che nessuno la fermasse.
Poi la vide.
La Ragazza di Fuoco andò velocemente a prendere il suo sacco, ma Clove era pronta.
Con uno slancio, la raggiunse mentre cercava di scappare.
Le lanciò un coltello e la prese di striscio sulla fronte.
Quando Katniss si alzò, la ragazza notò con piacere la grande quantità di sangue che le scorreva sul viso.
La raggiunse velocemente e l' atterrò.
Iniziarono un brutale combattimento corpo a corpo, finché non la immobilizzò sotto di sé.
"Dov' è il ragazzo innamorato? Ah giusto. Sei qui per salvarlo vero?" chiese divertita.
La Ragazza di Fuoco non rispose, ma cercò di divincolarsi.
Clove prese il pugnale.
"Mi dispiace per la ragazzina dell' undici" disse con ancora il sorriso sulle labbra, mentre con il coltello ridisegnava il profilo di quelle di Katniss, che iniziarono ben presto a riempirsi di sangue.
"Come si chiamava? Rue?"
Vide la ragazza sotto di sé contorcersi, forse per il dolore, e lei non riuscì ad impedire a sé stessa di provare un dolce piacere a quella vista.
"Sai, l' abbiamo uccisa noi"
Una lacrima rigò la guancia di Katniss, mentre Clove, sorridendo, alzò il pugnale per finirla.
Ce l' avrebbe fatta.
L' avrebbe uccisa.
Quella stupida ragazzina avrebbe smesso di superarla in ogni cosa.
La guardò un' ultima volta, con un ghigno crudele, quando una mano l' afferrò per lo zaino.
Si sentì sollevare da terra, finché non si ritrovò faccia a faccia con Tresh, il tributo dell' undici.
"L' hai uccisa tu?" le chiese minaccioso.
"No... Cato! Cato!" iniziò ad urlare in preda al panico.
"Ti ho sentita! Hai nominato Rue, l' avete uccisa!" le gridò lui.
"Cato!" Clove non smetteva di urlare, fino a che non si sentì gridare il compagno, che la chiamava.
"Idiota! Vieni qui!" pensò terrorizzata la ragazza.
"Io non ho fatto niente" disse spaventata al ragazzo.
"Menti!" le urlò lui in faccia.
Lui la spinse contro il freddo metallo della Cornucopia e lei batté forte la testa.
Si accasciò a terra, con un male che trovò insostenibile.
La vista si annebbiò, e lei era sicura che sarebbe morta.
Aveva sprecato anni ad allenarsi, per poi morire così.
Non era giusto.
Per la prima volta dall' inizio degli Hunger Games, pensò a Mark.
E finalmente capì.
Da quando aveva ricevuto quel maledetto pugnale, non era più stata se stessa.
Era stata una macchina e, soprattutto, una pedina, prima dei genitori, poi di Capitol City.
Adesso era felice di morire.
Nessuno avrebbe più deciso per lei, ora.
Sarebbe andata da Mark, il suo migliore amico, e gli avrebbe chiesto scusa.
Sapeva che l' avrebbe perdonata.
Un lieve sorriso increspò le sue labbra, il primo vero sorriso dalla mattina del suo sesto compleanno.
Il battito del suo cuore iniziò a rallentare, il suo respiro si fece incerto e gli occhi divennero vitrei e senza vita.
Era morta, ma finalmente aveva capito chi era.
Non era e non sarebbe mai più stata una pedina.
                                     

 

   
 
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