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Autore: monalisasmile    24/09/2008    1 recensioni
Il viola è conosciuto come il colore dello spirito. Rappresenta il valore medio tra terra e cielo, tra passione ed intelligenza, tra amore e razionalità. È il colore della volontà di essere diversi, della metamorfosi. È una forza legata alla vitalità del rosso e all'intimo accoglimento dell'azzurro. Ma è anche il colore degli occhi di una ragazza che entrerà a far parte della vita dei digi-prescelti.
La narrazione comincia in toni leggeri: leggerete di nuovi incontri, di battibecchi e amori adolescenziali, di amicizie e piccoli dispiaceri, emozioni che condizioneranno le giornate e si porranno al centro delle loro vite. Almeno inizialmente.
Perché come nella vita spesso accade, arriverà il momento in cui i personaggi verranno posti di fronte a problemi maggiori e difficili decisioni. D’improvviso tutto parrà sfuggirgli tra le dita. Gli eventi si faranno incalzanti e spesso imprevedibili. Più volte si sentiranno impotenti di fronte a una realtà indecifrabile e troppo crudele per essere affrontata.
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 14

 

Il pranzo venne consumato più tardi del previsto, ma fu delizioso. Non che qualcuno avesse osato disdegnare le sue pietanze, dato che fra i presenti era l’unico a saper usare un forno.

Rumiko mangiò di gusto, sebbene talvolta si ritrovasse assorta in altri pensieri…relativi al biondo che le sedeva di fronte. Di tanto in tanto, infatti, quando incrociava il suo sguardo, si sentiva fremere e le gote si velavano di un lieve rossore.

Subito si riconcentrava sul suo piatto, sconcertata dall’effetto che quel ragazzo aveva su di lei. Certo, aveva avuto delle cotte in quegli anni, ma non le era mai capitato di perdere la testa in quel modo. Era forse questo l’effetto del decantato amore?

 

Yamato sorrideva. Quella giornata si stava rivelando più piacevole del previsto, anche grazie ad un armistizio inaspettato. Certo, dalla sera della festa il loro rapporto era migliorato notevolmente, ma non avrebbe mai immaginato che la ragazza rinunciasse alle loro piccole scaramucce. Le aveva rivolto battute beffarde e provocatorie, eppure lei si limitava a lanciargli occhiate indecifrabili, senza proferire parola.

Ora la guardava, studiandone minuziosamente i bei lineamenti, le dolci onde dei capelli, l’impugnatura della mano sulla forchetta. Lei parve accorgersene, ma anziché avventarsi contro di lui, si limitò a lanciargli una breve occhiata, che il cantante non riuscì ad interpretare. 

 

I due genitori si scambiarono uno sguardo d’intesa. Nessuno dei due, infatti, aveva potuto fare a meno di percepire l’atmosfera insolitamente rilassata che regnava su quella tavola. Ed era ovvio che lo spirito natalizio centrasse ben poco. O no? In fondo il Natale era un giorno carico di magia e chissà che su quei due ragazzi non fosse stato operato un sortilegio.

Stava di fatto, però, che la presenza dei padri non era contemplata.

 

Si stava facendo tardi. Fuori dalle finestre le ombre degli edifici s’allungavano sull’asfalto e l’aria di faceva sempre più fredda.

Terminato il dolce, il signor Ishida si alzò, ringraziando per il pasto squisito e l’ospitalità. Poi, inaspettatamente, si rivolse a Rumiko.

-      Posso rubarti il tuo vecchio per un po’? – le chiese con un sorriso.

Lei sollevò un sopracciglio.

-      Avevo pensato di andare a festeggiare noi due “matusa” in un locale qua vicino. Giusto una birretta… -

Questa volta le braccia si incrociarono al petto.

-      Dai, Rumi, non faremo tardi… - tentò di venir incontro all’amico l’altro.

-      Il signor Ishida magari può permetterselo, ma tu hai passato molte notti insonni e hai bisogno di riposare. – lo rimproverò seccamente lei – E poi lo so che non si tratta di “una birretta”, bensì di una generosa serie. – lanciò uno sguardo al vicino.

Entrambi i genitori abbassarono gli occhi, remissivi di fronte a quella che pareva una madre severa e intransigente.

-      Ma ovviamente – aggiunse – siete entrambi grandi e vaccinati e non posso certo impedirvi di andare in giro a sbronzarvi. Solo evitate di farvi venire a prendere nel cuore della notte dall’altra parte di Tokyo. –

Senza farselo ripetere, i signori sparecchiarono in fretta e furia i loro piatti e afferrarono cappotti e sciarpe. Stavano per uscire quando li raggiunse la voce della ragazza dall’altra sala.

-      Cellulare, portafoglio e chiavi di casa potranno tornarvi utili. –

Subito quelli tornarono in salotto e infilarono tutto nelle tasche delle giacche. Dopo un frettoloso “ buona serata”, la porta si richiuse alle loro spalle con un tonfo sordo. Nell’appartamento calò un pesante silenzio.

 

Rumiko non osava sollevare lo sguardo dal suo piatto, in cui anche l’ultima briciola del dolce era stata spazzata via. Continuava a giocherellare con la forchetta, passandola di tanto in tanto sulla liscia superficie. Tuttavia, mentre la sua mano era a caccia di un rimasuglio di crema, la sua mente cercava disperatamente di escogitare un modo per levarsi da quel guaio. Non poteva infatti ignorare il fatto di trovarsi ancora di fronte al giovane vicino di casa. Sentiva il suo sguardo azzurro puntato addosso e quegli occhi attenti avrebbero notato il suo disagio. E allora come avrebbe potuto giustificare quel suo stato d’animo?

Era ancora intenta a raschiare il piattino con la forchetta quando il rumore di una sedia che veniva spostata la riscosse e lei sollevò di scatto il capo.

-      Che fai? – chiese perplessa, guardando il biondo che si era alzato.

-      Sparecchio. –

Subito lei si pentì delle proprie parole, dandosi mentalmente della sciocca. Si aspettava un commento sarcastico, ma stranamente il ragazzo si limitò a fare il giro della tavola impilando i piatti sulle braccia.

 

Quando fece per afferrare il piatto di Rumiko, lei esibì un’espressione tanto stupita che lui si bloccò un attimo.

-      Che c’è? –

-      No, nulla…cioè…grazie… -

-      Figurati, per così poco… -

-      Aspetta, ti do una mano! – si offrì.

-      No, lascia stare, qui finisco io. –

-      Allora io scelgo un film da vedere, d’accordo? –

-      Un film? –

-      Se preferisci la tombola…ma non pensavo fossi un tipo da giochi da tavola! – scherzò lei.

Il suo tono era ilare, ma non sarcastico, e nel parlare aveva esibito un sorriso divertito. Yamato si ritrovò a pensare a quanto fosse carina quando non aveva quell’aria di sfida. Non capiva bene cosa stava succedendo, ma sentì gli angoli della sua bocca alzarsi a loro volta in un sorriso.

-      Io avrei un’idea migliore. –

 

-      Allora? Quale sarebbe questa grande idea? –

-      Proprio non indovini? Ti facevo più perspicace. – le sorrise di rimando, aprendo la porta d’ingresso del condominio.

Lei restò un attimo ferma al suo posto. Yamato si voltò a guardarla, puntando i suoi occhi azzurri in quelli viola di lei. Esitava, stretta nel suo giubbotto in pelle imbottito di morbido pelo, i jeans attillati infilati in un paio di stivali alti fino al polpaccio. Al collo aveva avvolto in più giri una spessa sciarpa e sulla testa aveva infilato un berretto di morbida lana. Ma fuori faceva freddo e lei sembrava molto riluttante all’idea di avventurarsi all’esterno.

Non poté fare a meno di pensare nuovamente a quanto fosse carina e per un attimo si chiese se era solo lui a vederla in quel modo o se facesse lo stesso effetto su tutti. Certo, nessuno poteva negare il suo fascino ed era risaputo che avesse molti corteggiatori in tutta la scuola…

Rumiko sbuffò, mettendo il broncio.

Yamato sorrise. L’unica cosa certa era che quella ragazza lo attraeva terribilmente e trovava impossibile anche solo l’idea di separarsene, quasi sulla sua mente fosse stato gettato un incantesimo.

-      Coraggio, ti assicuro che non te ne pentirai. –

 

Detto fatto. Bastarono quelle poche parole a farla scivolare oltre l’uscio, le mani guantate affondate nelle tasche della giacca. Fuori il freddo era pungente e subito si sentì pizzicare le guance. Affondò ancor di più il mento nella sciarpa e lasciò che i capelli le ricadessero davanti al volto.

Ormai ne era sicura: sarebbe morta di freddo. E tutto perché era stata tanto sciocca da dargli ascolto. Ma non aveva potuto resistere a quella voce tanto vellutata e sensuale, a quello sguardo tanto caldo e…

-      Beh? Vuoi restare lì ancora per molto? –

Sorpresa, lei sollevò il capo, ritrovandosi a pochi centimetri dal volto di lui. Arrossì.

-      N-no! – balbettò, sentendo il cuore balzarle in gola.

“ Calma, Rumi, respira…”

Yamato sollevò una mano a sfiorarle il volto.

-      Andiamo, rischiamo di fare tardi. –

Lei lo guardò allontanarsi. Si portò una mano alla guancia: era calda. Rituffò il volto nella sciarpa e s’affrettò a seguirlo.

 

-      Hai intenzione di sequestrarmi? –

-      Può darsi…- le rispose in tono vago.

Uno sguardo alla fronte corrugata della ragazza gli fece capire che la prospettiva di una gita un moto non l’allettava.

-      Non avrai mica paura… – ghignò.

-      Non dire fesserie! – sbottò lei, afferrando il casco e calandoselo sul capo con decisione.

Yamato sorrise: l’aveva convinta.

 

Correvano per le strade di Tokyo, mentre la sera si faceva sempre più scura e fredda.

Rumiko era appena cosciente delle luci della città che sfrecciavano veloci ai suoi lati. Percepiva il vento schiaffeggiarle con forza il giubbotto, irrigidendole le mani guantate. Ma non aveva freddo, appoggiata alla schiena tiepida del biondino, le braccia avvolte attorno al suo torace. Seguiva i suoi movimenti quando la moto si piegava in curva, flettendo il corpo all’unisono.

Non pensava a nulla, cullata dal rumore del motore e dal battito del suo cuore, ipotizzando che pure esso fosse sincronizzato con Yamato.

 

Quando s’arrestarono erano giunti sulla cima del promontorio che sovrastava la città. Rumiko scese dalla moto e si sfilò il casco, avvicinandosi velocemente al bordo del dirupo. Spalancò gli occhi al paesaggio che le si presentò.

La città si stendeva sotto di loro, in un magnifico spettacolo di luci e colori, i rumori del traffico troppo lontani per esser uditi. Sulla destra i bagliori si riflettevano sulla superficie nera del mare, diventando liquide e scivolando sulla sua liscia superficie come acquarelli. E lungo la linea dell’orizzonte gli ultimi raggi del sole infiammavano l’acqua.

L’aria fredda le sferzava il volto e lei lasciò che le scompigliasse i capelli. Sentiva il cuore leggero e la mente sgombra da ogni pensiero. Una piacevole sensazione di pace e serenità la pervase e lei inspirò a pieni polmoni gli odori della sera.

Yamato le si affiancò, guardando anche lui il panorama. Le sfiorò una mano, per poi stringerla nella sua, sotto lo sguardo sinceramente stupito di Rumiko.

Quando il biondo parlò non aveva ancora distolto lo sguardo dal paesaggio.

-      Una volta mi hai detto che la persona di cui mi ero innamorato non esisteva più, che era solo un’ombra… Probabilmente avevi ragione. –

Abbassò il capo, sorridendo mestamente.

     Eppure il mio cuore… - portò la mano di Rumiko a infilarsi dentro il suo giubbotto, posandola sul torace – non ha mai smesso di picchiare follemente nel mio petto. –

Rumiko arrossì, avvertendo il battito del cuore di Yamato. Sembrava un cavallo scalpitante.

Ora lui la guardava, cercando con insistenza i suoi occhi viola.

-      Ho fatto un pasticcio l’ultima volta. Ho ferito tante persone che mi erano care perché

sono stato egoista e ottuso. –

C’era sincero dolore nella sua voce e lei alzò lo sguardo, rimanendo incatenata dai suoi occhi azzurri.

-      Ma questa volta – le accarezzò una guancia – vorrei fare le cose per bene… -

-      C-che cosa? – balbettò Rumiko, maledicendo l’emozione che le faceva tremare la voce.

Yamato sorrise dolcemente.

Pride can stand a thousand trials,
the strong will never fall
But watching stars without you,
my soul cried.

Senza scostare la mano di Rumiko dal suo petto le afferrò l’altra, stringendola delicatamente nella sua. Cantava a bassa voce, guardandola negli occhi, a pochi centimetri dal suo volto. Il respiro caldo si condensava in nuvolette candide che andavano a lambire le labbra socchiuse di lei.

Heaving heart is full of pain,
oh, oh, the aching.

La distanza tra di loro si ridusse sempre più. Lei chiuse gli occhi, lui si chinò sul suo volto, sfiorandole le labbra con un bacio leggero.

'Cause I'm kissing you, oh.

Le parole della canzone erano intervallate da piccoli baci a fior di labbra.

I'm kissing you, oh.
Touch me deep, pure and true,
gift to me forever
'Cause I'm kissing you, oh.
I'm kissing you, oh.

Sorridevano entrambi, ebbri di felicità.

La voce di Rumiko si levò come un sussurro insieme a quella di Yamato.

I'm kissing you, oh.
Touch me deep, pure and true,
gift to me forever
'Cause I'm kissing you, oh.
I'm kissing you, oh.

Lui avvolse le braccia attorno al busto di lei, lei portò le mani dietro al capo di lui, affondando le dita nei suoi capelli biondi. Le loro bocche s’incontrarono in un bacio più profondo e intenso, le loro lingue s’intrecciarono avide.

 

Quando si staccarono Yamato la strinse forte a sé e lei affondò il viso nel suo petto, inspirando forte il suo odore.

Le accarezzò dolcemente i lunghi capelli, volgendo lo sguardo al paesaggio.

“ E dire che avevo detto a Sora di non essere fatto per questo genere di romanticismo.”

Per la prima volta da tanto tempo sentiva il suo cuore colmo di gioia e il suo corpo leggero come una piuma. Ma nei suoi occhi azzurri passò un’ombra di amarezza e nella sua mente risuonarono le ultime parole di quella canzone tanto romantica quanto triste.

Where are you now?
Where are you now?
'Cause I'm kissing you.
I'm kissing you, oh

Mentre il sole calava oltre l’orizzonte e la notte scivolava sulle acque del mare, cancellando gli ultimi raggi luminosi di quella giornata, Yamato si chiese se sarebbe mai riuscito a svelare il mistero che quegli occhi viola, da lui tanto amati, custodivano. Poiché anche in quel momento, stretta tra le sue braccia, Rumiko gli appariva lontana.

Aveva rinunciato a elaborare teorie sul suo passato. Avrebbe invece atteso che fosse lei a raccontargli la sua storia, quando si fosse sentita pronta. Ma sperava che questo momento arrivasse il più presto possibile. Non tanto per soddisfare la sua curiosità, quanto perché era sinceramente preoccupato per lei.

 

Di solito le persone cadono in depressione in seguito a una tragedia. Piangono, soffrono, si disperano per un periodo più o meno lungo e nulla può esser detto o fatto per risollevarli. Una volta che questi hanno dato sfogo ai loro sentimenti, comincia una lenta risalita e piano piano ricominciano a sorridere e vivere le loro vite.

Ma per Rumiko era diverso. Giorno dopo giorno il suo volto si faceva più spento, il suo sorriso meno luminoso, i suoi occhi meno vividi. Nessuno se ne accorgeva. Forse solo suo padre, ma  impacciato e smarrito dalla morte della moglie non sapeva come venirle incontro.

La ferita inferta nel cuore della fanciulla non accennava a rimarginarsi. Al contrario continuava a sanguinare e con essa il suo animo, che soffriva in silenzio nell’oscurità.

Ma ciò che nessuno sapeva, nemmeno suo padre, nemmeno lei stessa, era che tale oscurità in cui il suo spirito languiva non era semplicemente una metafora, bensì un’entità viva e pulsante, che si nutriva del suo tormento e della sua angoscia in attesa del momento in cui avrebbe potuto nuovamente manifestarsi.

 

A pochi chilometri di distanza un aereo proveniente da New York atterrava all’aeroporto di Tokyo.

Koushiro attendeva in mezzo alla folla, le mani affondate nelle tasche del cappotto aperto. Gli occhi scuri fissavano il tabellone degli arrivi da più di un quarto d’ora, quasi vi cercassero una risposta, una soluzione al quesito che lo tormentava.

Ancora una volta si chiese cosa fosse saltato in mente alla sua amica per mettersi in viaggio a Natale ma, ancora una volta, dovette scuotere il capo. La ragione si rivelava impotente di fronte all’avventatezza e impulsività di quella ragazza.

“ Ma pretendo delle spiegazioni, se non altro per avermi fatto correre qua prima del dolce.”

Pensò alla deliziosa cena cucinata da sua madre e alla torta ancora più squisita che senza dubbio l’attendeva. Sospirò sconsolato: ma che Natale era mai quello, passato ad attendere in piedi in mezzo alla ressa davanti all’uscita passeggeri di un volo in ritardo di quasi un’ora?

Una voce metallica infranse i suoi pensieri, annunciando l’imminente sbarco dei passeggeri.

Poco dopo sopraggiunsero i primi viaggiatori, evidentemente stanchi e spossati dal lungo viaggio, ognuno dei quali spingeva il suo carrello contenente i bagagli.

Koushiro s’alzò in punta di piedi, tentando di scorgere una figura conosciuta: inutile, di lei nemmeno l’ombra. Quando la folla cominciò a disperdersi, il ragazzo avanzò fino alla prima fila. Ma i passeggeri erano sempre più radi e di lei nessun segno.

Si passò una mano nella zazzera rossa: stava cominciando a preoccuparsi. Che le fosse successo qualcosa?

-      Hi, Koushiro! Merry Christmas! –

Quasi cadde a terra dalla sorpresa quando la vide sopraggiungere, allegra e pimpante come non mai e soprattutto spingendo un carrello colmo di bagagli.

-      Ehm, Mimi, ma quanta roba ti sei portata dietro per un paio di settimane? – le chiese, sconfortato all’idea di doverla ospitare a casa sua.

Lei s’arrestò a un metro da lui, incrociando le braccia ed esibendo un’espressione offesa. Koushiro si sorprese a constatare quanto quella ragazza diventasse ogni giorno più bella. I lunghi capelli castani scendevano fino alle spalle, incorniciando un volto angelico dai dolci occhi nocciola. Vestiva abiti firmati, come sempre attenta alla moda del momento, le unghie laccate e curate, il trucco leggero e impeccabile.

-      È da una vita che non ci vediamo e tutto quello che sai fare è lamentarti? –

-      Oh, scusami Mimi, hai ragione, che cafone! –

Di fronte al sincero rammarico dell’amico, lei non seppe resistere e lo abbracciò di slancio.

-      M-Mimi… - balbettò lui, rosso d’imbarazzo.

-      Tu sei troppo gentile, Koushiro. Un giorno qualcuno potrebbe approfittarsene, sai? – gli sussurrò ad un orecchio.

Fece per allontanarsi dal rosso, ma con uno scatto gli stampò un sonoro bacio sulla guancia.

-      Mi porteresti i bagagli, darling? – cinguettò lei, incamminandosi verso l’uscita.

Lui era rimasto al suo posto, imbambolato e rosso in volto. Era pronto a scommettere che se si fosse trovato in mezzo a una strada anziché ad un aeroporto le macchine si sarebbero arrestate di fronte a quel semaforo umano.

-      Allora? – si voltò a guardarlo lei, in attesa davanti alle porte scorrevoli – Non vorrai passare il tuo Natale qui, no? –

A quelle parole il rosso si riscosse.

“ Maledetta Mimi, riesce sempre a controllarmi!”

Borbottando, prese a spingere il carrello coi bagagli verso di lei. Mimi era fatta così: bella e viziata, anche se notevolmente meno rispetto a quando era bambina, otteneva sempre quello che voleva facendo gli occhi dolci alla gente. Tendeva a dare subito fiducia alle persone e ad  affezionarsi facilmente. Odiava la violenza, ma era disposta a farsi in quattro per venire in contro a coloro che ne avevano bisogno.

 

Koushiro fece arrestare il carrello a pochi metri da lei, improvvisamente serio. Lei lo guardò perplessa.

-      Che succede, Koushiro? –

-      Dimmi, Mimi… - la guardò dritta negli occhi – Perché sei venuta qua in fretta e furia? Non è da te lasciare la tua famiglia e i tuoi amici per imbarcarti su un volo durante un periodo di festeggiamenti. –

Lei distolse lo sguardo.

-      Ma che stai dicendo? Qui ci siete tu e gli altri, Tokyo è comunque la mia città e poi… -

-      Sono serio. – la interruppe lui – E gradirei lo fossi anche tu. –

Mimi si voltò nuovamente a guardarlo, sgranando gli occhi di fronte a quel ragazzo che lei ricordava ancora come un bambino interessato unicamente all’informatica.

Quando s’erano conosciuti, diversi anni prima, Koushiro era un ragazzino solitario e schivo, quasi asociale nella sua incapacità di relazionarsi con gli altri. Ma tale handicap era andato via via riducendosi, fino a scomparire quasi del tutto. In lui restava solo una timidezza innocente, che lei non riusciva a non trovare adorabile.

Eppure non avrebbe esitato a definire il ragazzo che aveva di fronte adulto e…

“Affascinante…”

Si morse le labbra a quel pensiero e si costrinse a tornare coi piedi per terra. Le aveva posto una domanda ben precisa, l’unica cui non aveva voluto dare risposta fino a quel momento, evitando accuratamente l’argomento nelle mail che si erano scambiati.

 

Koushiro la vide scostare una ciocca di capelli dal volto pensieroso e portarla dietro l’orecchio destro. Un gesto meccanico, che lui aveva imparato a interpretare come un segno di nervosismo o di esitazione.

-      C’è una questione che devo risolvere… una cosa successa diverso tempo fa e di cui non ho mai parlato con nessuno di voi, anche se probabilmente avrei dovuto… -

La vide mordicchiarsi ancora il labbro inferiore: sì, era turbata da qualcosa.

-      Solo che allora – riprese lei – non sapevo di cosa si trattasse, avevo solo un sospetto, ma la cosa mi sembrò di poca importanza e presto me ne dimenticai… -

Abbassò un attimo lo sguardo, colpevole di qualcosa che l’altro non riusciva ad immaginare.

-      Non so nemmeno io perché non ne ho parlato almeno con te e soprattutto come ho fatto a scordarmene! Spero solo non sia troppo tardi… -

 

Koushiro le si avvicinò e le posò una mano su una spalla, sollevandole il mento con l’altra, dolcemente. Le sorrise rassicurante e lei si perse per un attimo in quelle iridi scure e calde.

-      Per oggi non pensarci più: è Natale e tu sarai molto stanca dopo questo lungo viaggio. Ora andiamo a casa mia, ci attende uno dei strepitosi dolci di mia madre! –

Afferrò nuovamente le maniglie del carrello e lo spinse verso l’uscita, mentre lei gli si affiancava, prendendolo sottobraccio.

-      Sai – le disse ancora, senza guardarla – sono davvero felice tu sia qui, qualunque sia il motivo. –

Mimi non era sicura che il lieve rossore sulle guance di Koushiro non fosse dovuto al freddo della notte d’inverno. Ma si strinse ancora di più contro il suo braccio, sorridendo allegra.

“ Anche io sono contenta di essere qua, Koushiro…”

 

Qualcosa prese a pulsare dentro il corpo di Mimi. Ma qualunque cosa fosse, lei non se ne accorse.

 

 

 

Continua…

 

 

 

N.d.a:

La canzone è “Kissing you” di Des’ree, romantica ma anche molto triste. Un po’ banale, se paragonata a quelle che ho citato negli altri capitoli, però è la prima che mi è venuta in mente mentre scrivevo.

Monalisasmile

 

 

 

  
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