XVIII
È la seconda notte che fisso Max Vandenburg dal mio letto, mentre dorme. Stavolta non sembra che stia sognando.
Cntinuo a guardare lui e il suo libro rosso che ‘non è per bambini’. Che potrà essere di tanto brutto? Non resisto. Esco dal mio letto e torno nella stessa posizione della notte scorsa, vicino a lui, e stavolta afferro il libro decisa. Ovviamente, non glielo ruberò. Lo apro e inizio a sfogliare. Finalmente lo posso aprire… Ma non faccio in tempo a leggere mezza parola.
“Sei una bambina curiosa” Oh, no. Che vergogna... Lo richiudo subito e mormoro, poco convinta: “Non volevo farlo…” Mi sto vergognando da morire, non riesco neanche a finire la frase.
Sto per aggiungere qualche altra scusa ridicola, ma per mia fortuna lui mi ferma. “Sssh, non fa niente” mi dice. Gli ridò il libro. Mi siedo sul mio letto, ma continuo a guardarlo. Ormai è sveglio, e a me non va di dormire. Voglio sapere di più su di lui e su quel suo libro. “Di che cosa parla?” gli chiedo. Spero che almeno questo me lo dirà.
“Di Hitler” risponde lui. Questo non mi aiuta.
“Ti nascondi per Hitler?”
“Sì” ammette.
Allora forse…
“Sei un comunista?”
“Sono ebreo”
Solo ebreo…
“Hanno portato via tua madre?”
“Probabilmente”
Poverino… So come ci si sente. Lui cerca di sorridermi, ma si vede che sta per piangere. “Non preoccuparti” cerco di rassicurarlo, “anch’io ho pianto tanto appena arrivata qui” Lui ridacchia un po’ e mi sento di dovergli dire qualcos’altro. “La zuppa è schifosa! Vero?”
“Forse non riuscirai a crederlo, ma… è la cosa più buona che abbia mai vomitato” Non posso crederci, in effetti. Ma non lo contraddico. Vado a distendermi di nuovo sotto le coperte. Lo guardo e, non so perché, ma mi scappa un grosso sorriso.