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Autore: cheekbones    06/09/2014    5 recensioni
"Bene, un altro giorno alla base di San Francisco dell'FBI. Cosa ci toccherà stamattina?" cantilenò Stiles, simulando un tono allegro da manuale.
"Rapimento, Stilinski" Stiles sobbalzò sulla sedia e si voltò verso l'ingresso dell'open space, così come gli altri tre.
Un giovane uomo in giacca e cravatta, capelli scuri, occhi verdi straordinariamente familiari, stava ritto in piedi con un'espressione infastidita. Aveva con sè un borsone e uno scatolone, mentre analizzava le quattro scrivanie, l'una di fronte all'altra. Si soffermò su quella vuota e la raggiunse a passo di marcia. Poggiò per terra le sue cose e si sedette. Non spostò il bicchiere di caffè, ma Stiles notò che l'aveva visto ancora prima di muoversi.
"Scusi, quella scrivania non è disponibile" Lydia stava per alzarsi, furente.
"Credo proprio che sia la mia, invece. Agente speciale Derek Hale. Sono il vostro nuovo capo"
-
[Sterek!AU]
Genere: Drammatico, Fluff, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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IL CANTO DEL CIGNO





5. One way or another.



Scott McCall era, da sempre, il braccio armato della loro piccola squadra. George Dunn diceva sempre che lui e Stiles funzionavano bene insieme proprio per questo motivo: si completavano. Di certo non era una testa calda, ma un paio di volte il suo istinto l'aveva portato a farsi quasi uccidere - con grande disappunto di Lydia, per niente abituata alla vita frenetica di un federale - e a farsi biasimare da Stiles, che lo seguiva in ogni caso. Era un equilibrio precario, il loro, finchè non ti farai uccidere per davvero, a detta del suo collega. Scott pensò a tutto questo, mentre sfilava l'arma dalla sua fondina sul fianco e inviava un breve messaggio a Stiles.

Soffitta -- rumori.

Lui avrebbe capito e, magari, sarebbe arrivato un secondo prima della sua ennesima quasi-morte.

"Vibra"
"Eh?"
"Ti vibra il pantalone"
"Oh, beh, è la frase da approccio più ridicola che..."
"No, Stiles, ti vibra davvero il pantalone" Derek Hale gli infilò una mano nella tasca destra (e Stiles benedì mentalmente quelle mani) e gli porse il cellulare.
L'agente sbuffò con molta enfasi, facendo sorridere il suo capo, prima di sbiancare. "Scott ha sentito dei rumori in soffitta"
Derek si staccò velocemente da lui e tolse la sicura alla pistola. "D'accordo, questo è il piano: prendi i due agenti fuori e sali il più velocemente possibile, dopo di me. Avvisa Lydia, ma non farla muovere da lì"
Stiles annuì e si rigirò la pistola tra le mani. "Pensi che siano loro?"
"Sinceramente? Lo spero" Derek ghignò e spalancò la porta del bagno. "Almeno questa storia finisce stasera"
Stiles lo vide salire le scale del piano superiore e corse di fuori. Gli agente del Bureau che avevano lasciato di guardia, sonnecchiavano al loro posto e, a quanto pare, non avevano notato niente di strano. "Ragazzi, supporto logistico" sussurrò. "Soffitta"

Soffitta. Rumori. NON MUOVERTI.

Lydia lesse l'SMS con la bocca secca e lanciò uno sguardo a Bethany, che digitava velocemente sul suo cellulare, sotto le coperte. Odiava rimanere in disparte, quando davvero serviva il suo aiuto, soprattutto se si trattava di controllare un'adolescente viziata come la piccola di casa Stuart.
Non posso perdere anche loro due. Ti prego, Dio, fa che non accada niente di male.

-

Scott McCall tirò su col naso e tirò la corda appesa al pannello della soffitta. La scala venne giù dolcemente, senza fare rumore. L'agente puntò la pistola verso il varco vuoto, che cercò di illuminare con una torcia - senza successo. Riusciva solo a vedere le travi di legno che sostenavano il tetto e un pezzo di un vecchio armadio. Aspettò quasi un minuto, prima di mettere piedi sul primo grandino. Poi sul secondo. Arrivato a metà scala, Scott vide Derek Hale che gli copriva le spalle e gli fece un cenno.
Salirono insieme gli ultimi centimetri che li divideva dalla soffitta. Vuota.
"Ma che diavolo!" Ringhiò Scott. "Giuro di aver sentito una specie di tonfo"
Derek alzò gli occhi al cielo. "Sei stanco, McCall, è normale. Ma, come puoi vedere, qui è tutto apposto". Per qualche minuto guardarono la stanza desolata, quando Stiles arrivò trafelato e con la pistola puntata davanti a sè. "Che è successo?"
"Niente" Derek alzò un sopracciglio. "Non c'è nessuno"
"Sentite, io qualcosa ho sentito" mugugnò Scott. "Ne sono sicuro"
"Oh cazzo" mormorò Stiles. "Non era la soffitta. Era il tetto" Gli agenti si guardarono per un secondo, prima di precipitarsi giù per le scale. Lydia mise appena il naso fuori dalla camera di Bethany, che Scott la rispedì dentro, ordinandole di non muoversi. Arrivarono tutti in cortile e non ebbero affatto bisogno di controllare il tetto: davanti a loro, in una pozza di sangue, c'erano le due guardie private ingaggiate per la protezione degli Stuart. Derek capì che erano già in casa e si voltò verso l'ingrezzo, dove Stiles ricambiò la sua occhiata con un'espressione tesa.
"In casa. Ora" sussurrò, correndo alla testa di quella ridicola spedizione di agenti. A Stiles quasi venne da ridere - stavano giocando sporco, ma gli assassini di Rami li tenevano in pugno, facendoli correre da una parte all'altra della casa. Seguì Derek silenziosamente, insieme al resto della squadra.
A discolpa di Scott, nemmeno Stiles sentì arrivare il primo proiettile, che sfiorò la sua testa e colpì la spalla del suo capo. Derek si accasciò sulle scale che portavano al piano superiore e, con un ringhio, rispose al fuoco, proveniente probabilmente dalla cucina.
"Corri dagli Stuart" mormorò a Scott, mentre cercava di coprire Derek dalla traiettoria. "Qua ci penso io"
Scott annuì e ordinò agli agenti di seguirlo. "Vi copro io, salite" ansimò, prima di sparare due colpi di seguito, alla cieca.
"Stilinski, chi diavolo ti ha insegnato a sparare?" sbuffò Derek. "Non consumare proiettili inutili"
"Scusa se sto provando a..." altri tre proiettili li fecero muovere dalla loro posizione. Stare sulla scale, decise Stiles, era da suicidio, così prese Derek per la spalla buona e lo lanciò al piano di sotto, mentre lui rispondeva al fuoco. Strisciarono entrambi in salotto, dietro il divano.
"Hai la tua pistola?" gli domandò Stiles, mentre stringeva la sua.
"Sì" tirò su col naso. "Vuoi rischiare?"
Stiles annuì. "Potremmo morire, se Scott non fa quello che deve fare al piano di sopra. E pensare che ti avevo appena sedotto"
Derek cercò di trasformare la smorfia di dolore in un sorriso. "Se ne usciamo vivi, ti porto a cena. In fondo te lo devo"
"Amen" Stiles si allungò per baciarlo a fior di labbra. "Pronto a svuotare il caricatore?"
"Prontissimo"
Al piano di sopra, intanto, Scott si ritrovò davanti una situazione quantomeno spinosa e si maledì per essersi mosso dal corridoio degli Stuart. Duo uomini vestiti di nero e infagottati in un passamontagna, tenevano la pistola puntata contro la coppia, in camera da letto. La signora Stuart piangeva disperata, mentre suo marito sobbalzava ad ogni sparo, proveniente dal piano di sotto.
"Lasciateli andare. Subito"
"Non credo proprio" biascicò uno dei due.
Fu allora che Scott capì: l'obiettivo non era semplicemente entrare in casa, volevano uccidere gli Stuart. In un momento di stallo, l'agente capì anche che poteva risolversi solo con una carneficina, perchè aveva davanti dei professionisti che non avrebbero abbassato le armi, nè tantomeno gli uomini dietro di lui l'avrebbero fatto. Non poteva finire bene.
Appena formulò questo pensiero, vide qualcosa di strano sul balcone e sorrise. "Giù!" urlò, e gli altri agenti del Bureau si gettarono come lui sul pavimento. Almeno quattro proiettili viaggiarono dalla finestra del balcone verso i due assalitori, colpiti alle spalle e all'addome. L'urlo della signora Stuart spaventò a morte Isaac, ancora con la pistla fumante tra le mani.
Scott scoppiò a ridere. "Che diavolo ci facevi sul balcone?"
"Ero su Facebook. Dentro non si prendeva la linea" balbettò Isaac. "Lo sapevi che i balconi di questa casa sono tutti collegati?"
Scott scosse la testa e si premurò di mettere le manette agli uomini sul pavimento, sebbene fossero feriti. Si voltò per mandare rinforzi al piano di sotto, ma Stiles gli stava già sorridendo dal corridoio, con Derek appoggiato contro il suo fianco. "E bravo il nostro Lahey! Ci hai salvato le palle! Chi diavolo ti ha dato un'arma?"
"Cristo, datemi della morfina" rantolò il loro Capo. "E qualcuno vada a recuperare Martin. Mi sembra già di sentirla urlare come una matta"

-

Peter Hale trovò Stiles Stilinski malamente addormentato sulle sedie d'attesa del Sacro Cuore* e non sembrava per niente comodo. Si sedette accanto a lui, ma non lo svegliò: lesse un paio di mail dall'ufficio e fece velocemente rapporto ai piani superiori. L'agente, intanto, russava senza ritegno.
"Chi c'è per Derek Hale?"
Peter si alzò con molta calma, sistemandosi la giacca (ignorando palesemente Stiles, che era caduto dalla sedia). "Sono suo zio"
Il dottore si tolse la mascherina e gli sorrise. "Sta bene, è solo un po' ammaccato"
"Grazie a Dio" biascicò Stiles, attirando l'attenzione. "Uhm, scusate" ridacchiò imbarazzato.
"Deve solo riposare. Volete vederlo?"
"No, grazie" sbadigliò Peter. "E' la quinta volta che lo vengo a trovare in ospedale, quest'anno, e le altre quattro volte era almeno in fin di vita. Ti lascio questo onore, Stilinski" gli sorrise di sbieco. "Mi duole moltissimo. Vi voglio in ufficio fra quarantotto ore esatte" strinse la mano al medico e si avviò verso l'uscita.
"Strano uomo" fece quest'ultimo.
Stiles rise. "Si, beh... dote di famiglia. Dov'è il signor Hale?"
"Stanza 425. E' sveglio"
Derek, in realtà, era già al lavoro. Stiles lo trovò immerso dalle pratiche che si era fatto portare dagli agenti di supporto. Non doveva riposare? pensò l'agente, corrucciato. Decise che, per preservare la salute del suo uomo - o almeno così sperava -, doveva correre velocemente ai ripari. Gli strappò i documenti dalle mani e li poggiò sul comodino, il tutto corredato da un'occhiata glaciale.
"Ti hanno sparato, Derek"
"Lo so" si accigliò questo. "Mi sparano almeno sei volte l'anno"
"Sì, Peter me l'ha fatto notare" alzò gli occhi al cielo. "Ma è la prima volta in cui sono presente io. E no, non ti lascerò lavorare mentre sei sotto antibiotici: per te solo relax e..." Derek lo tirò per un braccio e lo fece sedere accanto a sè. "... e niente sesso. Nope" Stiles scosse la testa. "Sei debole" miagolò.
"E tu sei un demonio" prese a baciarlo lungo il lobo, per concludere sul collo. "Sono malato, devi assecondarmi"
"Uhm" gemette Stiles. "Non sei... non puoi..."
"Dai, Stilinski. Non farti pregare"
Poi entrò Scott e Stiles lo odiò con tutto il cuore.


Ci vieni con me alla festa di Lydia?
Ai suoi ordini, Boss :)








































L'angolo di A.:

Vi prego, non linciatemi T.T Tra esami e cose varie, questo capitolo è stato un parto! (Lo so che è corto, ma essendo il penultimo, non volevo dilungarmi). Tra questa piccola storia, Text me e la nuova bambina (Il tirocinio, pubblicata poco fa) vi ho fatto aspettare, ma vi posso assicurare che vi lascerò un ultimo capitolo bellissimo, la prossima volta! (Non ho ancora deciso se farvi piangere dal fluff o no, sto meditando *risata malvagia*) - posso dirvi, però, che sarà sicuramente ambientato alla festa di Lydia per l'inaugurazione e... beh, poi vedrete.
Fatemi sapere! (accetto pomodori in faccia)

A.

*Sacro Cuore: Chiaro riferimento a Scrubs :)

Ps.: La spiegazione del caso l'avrete ovviamente nel prossimo capitolo, non me sono scordata! ahhaha
  
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