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Autore: Semmai    06/09/2014    0 recensioni
" Era stato suo padre a fargliela scoprire, una volta, mentre erano in macchina e discutevano su una sorpresa da fare ad Anne, sua madre. Lui diceva che ogni donna ha la sua canzone, basta solo scoprirla ed invitarla a ballare. Secondo la mente contorta di suo padre, se la canzone e la ragazza fossero state quelle giuste, allora quel ballo non sarebbe più terminato. Gli sarebbe sembrato come volare e non ci sarebbe stato imprevisto che li avrebbe separati. "
Genere: Avventura, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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I
 
“Dream on, dream on, dream on
Dream on, dream on, dream on
Dream on, dream on, dream on
Dream until your dreams come true.”
 

"Quando la smetterai di parlare nel sonno, Joe?" la voce di Helly la svegliò improvvisamente. Era accaduto di nuovo: l’aveva sognato di nuovo. Erano settimane che quei sogni non le facevano chiudere occhi, erano intensi ed al suo risveglio aveva sempre un mal di testa atroce. Spostò la mano dell’amica dal suo braccio e si liberò dei capelli ricci che le ricadevano sugli occhi. Le era completamente sfuggito il fatto di non trovarsi a casa sua a dormire, ma aveva trascorso quella che doveva essere “una notte da leoni” a dormire sfiancata sul letto di Helly, da sempre la sua migliore amica.
“ Scusa, è che quei sogni non mi lasciano in pace” sussurrò,  mentre cercava di alzarsi. Vide il viso della ragazza corrugarsi, formando una leggera ruga ai lati degli occhi. “Dovresti smetterla di prendere il the prima di andare a dormire. Forse è quello che ti fa parlare nel sonno e fare sempre lo stesso sogno” azzardò, mentre si dirigeva verso la cucina. “per il momento quello che ti consiglio è una buona colazione”aggiunse, poi, con un sorriso stampato in volto e i capelli rossi legati disordinatamente da un elastico.
Quella poteva quasi definirsi un’abitudine ormai: almeno una volta a settimana dormivano nella stessa casa, una volta ciascuna, e, la mattina successiva, toccava alla rossa preparare la colazione, anche perché se fosse stato per lei, sarebbe andata al bar ad ordinarla. Legò i folti capelli castani e si diresse verso la cucina, pregando che ci fosse del caffè, ne avrebbe avuto bisogno per la giornata che le si presentava davanti, soprattutto per l’università. Aveva l’esame di statica.
Merda.
Helly la guardò in viso. “Ti sei dimenticata dell’esame, ora non sai che metterti e vai di corsa. Giusto?” Le porse dei  vestiti di ricambio, una briosce e quasi la cacciò dal suo appartamento. Ormai la conosceva meglio delle sue tasche. “Ah, e non ti dimenticare che sabato c’è il concerto dei One Direction. Abbiamo promesso a tua nipote Ilaria che l’accompagnavamo noi” le ricordò ancora.
Quella ragazza era un’agenda vivente. Avrebbe dovuto usarla come voce dei suoi promemoria che raramente ascoltava. Annuì alle affermazione dell’amica, prese la borsa di cuoio sulla sedia dell’elegante camera da letto e si diresse verso l’uscita, senza dimenticarsi di addentare, però, la morbida e calda briosce appena sfornata.
“ Tranquilla, come potrei dimenticarmi un evento tanto importante?” chiese, sarcastica.
In realtà lo avrebbe voluto tanto dimenticare. Non aveva nulla contro quei ragazzi, anzi, una volta le piacevano persino, ma la loro genuinità era persa. La fama li stava conquistando sempre di più e per una che ascoltava ancora i cd in vinile non era il massimo.
Senza fermarsi neanche un secondo, prese la metro,  riuscendo persino a ripetere durante il tragitto. Le capitava spesso di essere in ritardo, anzi, poteva definirsi la regina dei ritardi. Per questo aveva l’abitudine di tenersi in forma andando a correre tre volte a settimana.
 
“Signorina, direi proprio che lei merita un bel 30”la interruppe il professore di statistica. La ragazza sorrise soddisfatta; sapeva bene che la matematica, o quello che si avvicinava alla materia, non fosse per niente il suo forte, ma il massimo lo meritava. Poteva essere distratta, poteva dimenticare le corse, ma sullo studio era fissata.
Salutò il professore cordialmente ed uscì dall’aula. Gli altri ragazzi si avvicinarono per chiedere il risultato dell’esame e le domande più frequenti del professore. “ ragazzi, fa domande diverse per ognuno. A me ha chiesto l’analisi di regressione, la simmetria, il teorema di bayes, binomiale e la proprietà di correttezza” disse, cercando di ricordare quasi tutti gli argomenti di discussione. I ragazzi annuirono e si concentrarono sui propri libri.
Prese il cellulare e mandò un messaggio all’amica.
“alle 20:00 al Saint  Patrick. Ho preso 30” 
E rimise il cellulare in borsa.
La sua mente, però, ritornò al sogno di quella notte. Cosa volevano dire quei sogni? Perché lei era sempre mascherata e non poteva toglierla? Perché non riusciva a vedere il ragazzo? I suoi sogni erano sempre un po’ ombrati, non riusciva mai a vedere il ragazzo in viso o a guardare i suoi occhi. Anche l’ultimo era stato così: erano in un’enorme sala da ballo ed era tutto buio. C’era mancato davvero poco che non le togliesse la maschera. Il modo in cui la stringeva, così forte e con una sicurezza degna di un uomo. La stretta di un uomo era essenziale: se  un uomo ti stringe con poca sicurezza, allora, non è quello giusto. L’odore leggero di dopobarba, misto ad un qualcosa di dolce, non faceva altro che rendere il sogno ancora più perfetto e logorante.  La ragazza scosse la testa, non poteva continuare a pensare ad un ragazzo che non avrebbe mai incontrato o che, magari, non esisteva neanche nella vita reale.
Si diresse verso la metropolitana ed entrò nel treno.
Non doveva più pensarci, questo era deciso.
 
Non ci fu frase più contrastata di quella, perché alle 20 della stessa sera, mentre aspettava le sue amiche al pub irlandese della città, Joe continuava a pensarci. Semplicemente perché non aveva nulla da fare o, perché, non poteva non farlo. Si fece portare una pinta di birra dal cameriere ed osservò la coppia di fronte a lei. Chissà se il ragazzo del sogno non smetteva di pensare a lei. Magari se ne stava anche fregando e lei, da buona ragazza quale era, si torturava.
“Ehi, trenta!“urlò una voce dall’ingresso del locale rustico.
Helly, Clod ed Ash erano appena entrate. L’altezza dell’ultima superava di gran lunga le piccole bandiere irlandesi sparse per il locale, mentre le altre due arrivavano a malapena a toccarle. Erano migliori amiche da sempre; Helly per lei era la compagna della sua anima. Perennemente alla ricerca di un’avventura, bella e sempre alla moda, lavorava in un salone d’alta moda di Roma. Clod era alla facoltà di Architettura ed era la persona più elegante che lei avesse mai visto; teneva i capelli corti alle Audrey Hepburn. Ash, invece, era la più piccola delle tre e frequentava l’ultimo anno di liceo. Il suo nome non era proprio quello, ma era così abituata a chiamarla in quel modo che, quando diceva il suo vero nome, quasi non la riconosceva. Era la più alta e i capelli castani le ricadevano lisci sulle spalle.
“Io lo dico che sei un maledetto genio” urlò ancora la più piccola delle tre, piazzandosi proprio in braccio alla più grande. Scoppiarono tutte a ridere, perché era risaputo che quando Ash faceva un complimento a Joe, sicuramente c’era un doppio fine.
“Ash, cosa ti serve stavolta? Guarda che il tema d’inglese non te lo faccio” disse, scoppiando, poi, a ridere.
Presero posto e cominciarono a scegliere cosa ordinare.
“cosa posso portarvi”, chiese un ragazzo sulla ventina, coi capelli biondi e gli occhi come l’oceano.
Drizzarono tutte sugli attenti, soprattutto Helly. Segno che aveva adocchiato una nuova preda.
“per me un irish coffee ed un panino Dublino”disse Ash.
“per me la stessa cosa” concordò, Clod.
“ a me, invece, porti un panino vegetariano, una Tuborg e il tuo numero” ammiccò la rossa, scatenando le risate da parte di tutti e un’occhiata maliziosa da parte del biondino.
“per un panino Dublino e una pinta di Guinness”terminò la mora.
Il cameriere prese le ordinazioni e se ne andò.
“e il tuo numero”disse Ash, prendendo in giro Helly.
Scoppiarono nuovamente a ridere, perché si sapeva che quella sera la casa della rossa sarebbe stata occupata.
“beh, almeno io ci provo a conoscere qualcuno. Qui, Clod è fidanzata, anzi, sposata. Ash, ha avuto qualche relazione, mentre Joe è persa sempre dietro al bel ragazzo dei sogni”rispose composta la ragazza chiamata in causa.
Joe, prese la parola.” Ma io so che esiste..”
“si, ma sono sempre sogni, dovresti accettarlo prima o poi”concluse, Clod.
Annuì distratta, perché sapeva che si stava cacciando in un bel guaio, ma se poi fosse esistito per davvero?
Stava per ribattere quando fu fermata dall’arrivo del cameriere che portò le varie ordinazioni, tra cui il suo numero per colei che l’aveva richiesto. Ennesima conquista di Helly.
 
“Io direi di fare un brindisi”disse, improvvisamente Joe.
Le altre si voltarono e sorrisero. “a cosa?” chiese, poi, Clod.
La mora sorrise e si alzò in piedi. “ A noi, alla nostra amicizia. Al lavoro di Helly, al nostro architetto, alla diplomanda e alla futura dottoressa in scienze politiche. Inoltre ai ragazzi, ai sogni e ai viaggi improvvisi” terminò, accostando il bicchiere di birra a quello delle amiche.
“oh, soprattutto ai ragazzi” aggiunse, Helly, facendo un occhiolino al bel cameriere che da lì a poco sarebbe diventato l’ennesima vittima.
Si salutarono presto, perché ognuna aveva degli impegni con i rispettivi partner. Così Joe entrò nella sua auto e guidò fino a casa.
Era stanca.
Stanca per la giornata passata tra studio e lavoro.
Stanca per le notti insonni e per quei sogni strani.
Aprì la porta di ingresso del suo appartamento. Era arredato in modo molto etnico. All’ingresso aveva messo una cornice grande a forma di casa, dove c’erano delle foto delle sue amiche e della sua famiglia. Aveva deciso di trasferirsi a Roma una volta terminato il primo anno di università a Napoli. Semplicemente perché voleva la sua indipendenza, nessun strano motivo. Nessuno scheletro nell’armadio.
Percorse il lungo corridoio che la portò in camera sua,che era la stanza più particolare della casa. Delle grandi tende arancioni oscuravano la finestra, mentre una libreria si estendeva per tutta la parete. Delle foto erano attaccate ad una parete, mentre su quella di fronte c’erano dei quadri di Londra. La sua Londra.
Si spogliò e si buttò sul letto.
Sì, era davvero stanca e percepì che quella notte non lo avrebbe sognato.
 

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Angolo autrice:
Grazie a tutti quelli che hanno visualizzato e letto il prologo della storia. Anche se, sapete, una recensione farebbe più che piacere hahahaha. 
Qui c'è il primo capitolo, spero che vi incuriosisca più di quello precedente :3
Allora, come abbiamo letto, la storia è ambientata in Italia. La ragazza è un'universitaria fuorisede a Roma e in più fa strani sogni.
Che dite? Riuscirà a trovare il suo bel ragazzo dei sogni?
Lo scopriremo solo leggendo! :D
Aggiornerò ogni Sabato, visto che in settimana sono un pò occupata. 
A prestissimo!
Un abbraccio, 
Semmai <3
  
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