stories can make us fly
{
that’s what we are, in the end }
Se
anche solo la metà delle cose che gli ha raccontato è vera – e sono vere tutte, naturale che lo sono: i suoi
occhi non brillerebbero così se non fosse tutta una lunga favola reale – Clara
Oswald ha vissuto un’intera esistenza e oltre tra le storie, intrecciandole le
une con le altre, sulle ali di un vento che l’ha portata ovunque nel tempo e
nello spazio. E forse quell’uomo di cui parla con il fuoco nella voce – il Dottore
– forse non è lui l’eroe della Storia, forse è lei.
Robin
Hood l’ascolta e la guarda e si chiede se non dovrebbe sentirsi divorare dalla
collera. A nessuno, ritiene, dovrebbe essere concesso conoscere qualcuno che
tanto per cominciare sa tutto di una vita che non è la sua – ma l’ha messo in
guardia, Clara, non è solo rimasta a osservare nel silenzio compiacente di chi
sa – e nessuno, ne è sicuro, dovrebbe sentirsi dire che un giorno sarà
ricordato soltanto come un racconto, un’illusione e poco più da condividere nei
tempi bui – ma ci ha creduto, Clara,
credeva in lui ancora prima di incontrarlo e, pur nel suo avere già intrecciato
insieme mille e mille storie, una volta uscita dalla scatola blu gli ha
comunque regalato un riso sorpreso, meravigliato, incantato. L’ascolta e la
guarda e gli sembra un sortilegio, una stregoneria bella, poiché non esiste
collera in lui e la foresta di Sherwood non è più piena delle risate assordanti
dei suoi uomini né del ricordo silente di Marian – in questo istante infinito c’è
solo Clara, la voce di Clara che racconta, gli occhi di Clara che hanno vissuto
più di quanto l’abbia fatto chiunque altro e forse per questo sono così belli.
Un
sapore inedito gli scivola sulla guancia, salato e dolce insieme, e la mano di lei
che se lo porta via ma resta sulla sua pelle è un incantesimo nuovo.
«Mi
dispiace. Tutto questo ti rattrista?»
Robin
Hood stringe quella mano e la bacia, e si chiede se non avrebbe tutte le
ragioni di odiarla e si rende conto che invece potrebbe amarla. E non sarebbe
questa, la più bella delle storie?
«Cosa
gli hai detto di preciso?»
«Potresti
smetterla di aggrottare le sopracciglia a quel modo? Sono inquietanti.»
«Lo
so. Allora? Cosa?»
Clara,
la Clara tutta vestita di fiabe e avventure, di rosso, si stringe nelle spalle.
«Niente. Tutto. Perché me lo chiedi?»
Perché è bello sapere di essere ancora il tuo eroe
vorrebbe dirle il Dottore, quella parte del Dottore che non ha smesso di
credere nei miracoli e nelle ragazze impossibili, nelle donne che salvano gli
uomini con le parole, nella speranza che sanno portare in una vita di un rosso
straordinario è bello sapere di essere
ancora lui, per te. Invece è un’altra la storia che gli esce di bocca.
«Già
che sei vestita così, potremmo anche andare a vedere come se la passa Re Artù.»
Clara
ride – e la sua è una risata che il Dottore non si stancherà mai di ascoltare.
[ 500 parole ]
Spazio dell’autrice
Come se non amassi Clara già abbastanza, ecco che è arrivato Robot of Sherwood e io ho dato fondo a
tutti i miei feels.
Ho shippato Robin/Clara da morire e non
riesco a fare a meno di pensare che un uomo che venga a conoscere il suo
futuro, un futuro che sfocerà nella leggenda anziché nella storia, semplicemente
meriti che a raccontarglielo sia una
persona come Clara, una persona che di storie ne ha viste e intessute tante lei
stessa (I was born to save the Doctor) e che per questo sarà sincera, aperta, non gli
nasconderà niente, e gli darà speranza. Personalmente in ciò rivedo un sacco l’Amy che ha donato i girasoli a Vincent van Gogh e che – pur
se in circostanze completamente differenti – a sua volta ha dimostrato a un
uomo che il suo futuro si sarebbe delineato, in qualche modo, anche se lui in
quel momento non aveva alcuna coscienza né sicurezza di sé: questo perché
sappiate che quell’accenno al rosso straordinario
ha un preciso motivo di esistere. E niente, insomma, tutto l’episodio gioca
molto sul ‘cinismo’ di Twelve paragonato alla natura
positiva e caciarona dell’eroe diverso e simile che è Robin Hood, ma se si
guarda con attenzione il vero contrasto è tra realtà e sogni, tra speranza e
disillusione, e allora il rapporto che ho visto delinearsi tra Robin e Clara
riflette automaticamente nuova luce anche su quello tra Clara e il Dottore
stesso: dopotutto, nonostante tutto, lui è
il suo eroe. La rievocazione dell’Eleven/Clara mi
sembrava doverosa.
Ah, ho chiuso con Re Artù perché mi andava (leggi: da quando ho
guardato Merlin voglio disperatamente
il crossover, e Clara vestita così mi sa di Camelot
da ogni poro). Posso aggiungere comunque che mi piace troppo l’idea di un Twelve che passa dalla fase Robin Hood non esiste a Andiamo
a vedere come se la passa Re Artù. *si fa i film del caso*
Il titolo omaggia la quote di Robin che mi è rimasta nel cuore e
rielabora anche le parole indimenticabili di River Song: we’re all stories, in the end.
Spero solo di avervi trasmesso un po’ di quello che questi tre
insieme hanno fatto sentire a me.
Aya ~