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Autore: Rota    08/09/2014    3 recensioni
Kuroko intravede disordine, lungo la strada, persino un uomo disteso a terra dietro un bidone della spazzatura ancora pieno, e una puzza di marcio che si nasconde e si mescola a quello asettico della perfezione di plastica; neanche lo smog delle fabbriche sempre produttive riesce a intaccarlo. Capisce di aver raggiunto il limite che separa il centro dalla periferia, le case bianche dei nobili e quelle nere degli operai: la vicinanza con la parvenza del mondo libero lo inebria, come il dolore e come la sensazione di gelo della notte. Il cuore ha un tumulto che lui, per la prima volta dopo troppo tempo, riconosce come gioia.
-Senti, senti! Stammi a sentire! Moglie, incubatore, uomo, qualsiasi cosa tu sia in questo momento! Ascoltami un attimo! Non mi interessa, chiaro? Non osare darti la colpa di tutto ciò! Tu non hai colpe! Io sono il solo responsabile! Quando ti ho salvato dalla strada, l'ho fatto per me! Quando ti ho morso e ti ho legato a me, l'ho fatto perché io ti desideravo! Tu non hai colpe, hai capito?
Prima classificata al "Di Omega!Verse, fluff e OTP - Multifandom contest" valutato da graceavery
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Mpreg, Tematiche delicate
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*Capitolo due*

Fly me up on a silver wing


Fly me up on a silver wing
Past the black where the sirens sing
Warm me up in a nova's glow
And drop me down to the dream below

 

 

 

-Senti, senti! Stammi a sentire! Moglie, incubatore, uomo, qualsiasi cosa tu sia in questo momento! Ascoltami un attimo! Non mi interessa, chiaro? Non mi interessa niente come tu sia stato allevato! Non mi interessa cosa ti abbiano insegnato, quali comportamenti tu debba tenere in situazioni come questa! Sono stato chiaro? Non mi interessa! Non osare darti la colpa di tutto ciò! Non provarci nemmeno! Tu non hai colpe! Io sono il solo responsabile! Quando ti ho salvato dalla strada, l'ho fatto per me! Quando ti ho morso e ti ho legato a me, l'ho fatto perché io ti desideravo! Tu non hai colpe, hai capito? Tu non hai colpe!

 

Mani che lo prendono, dall'oscurità, e lo strascinano di forza. Anche nei suoi sogni, la mano che gli tappa la bocca sa di pelle consumata – la porta che, chiudendosi, gli ruba tutta la poca luce della notte, è la sola immagine davvero vivida. Un'ondata di odori diversi e di sensazioni tattili sconosciute alimentano il suo terrore, anche di fronte al rumore dei passi che si avvicina e martella sempre di più il suo cranio.
Eccoli.
Eccoli.
Eccoli!
-Se stai calmo ti salvi, razza di idiota!
È un sussurro, intriso di rabbia, irritazione e forse finamai anche paura, ma è ancora in grado di annullare qualsiasi suono e appianare il respiro troppo accelerato. Un ordine non per la vita, soltanto per la propria libertà. Quella è stata la prima volta che Kuroko ha aspettato l'alba contro il suo petto, registrando col proprio il ritmo del suo cuore.

 

Kagami gli ha detto che è stato perché ha sentito il suo odore, come un forte vento che gli è arrivato in faccia all'improvviso.
Kuroko non ha idea di cosa sia esattamente, il vento, e con ogni probabilità non lo sa bene neanche Taiga – conserva una discreta esperienza di cosa sia la brezza, quella carica di smog e sostanze inquinanti che arriva sulla gente, portata dai macchinari volanti e smossa dalle loro ali di ferro. Taiga ha detto che non è stato così, che non assomigliava a niente del genere. Profumava, tanto, è stato così forte da colorargli tutto il viso e da farlo sbandare per qualche attimo, con la testa e con il corpo. È stato il vento vero, l'ossigeno puro che l'umanità si è dimenticata da troppo tempo.
Dai polmoni, è arrivato attraverso il sangue in qualsiasi parte del corpo, e gli ha riempito il cervello totalizzante e assoluto.
Kagami gli ha detto che, qualsiasi cosa lui fosse stato, qualsiasi forma e qualsiasi sesso, in quel momento ha sentito la necessità di averlo per sé. Di possederlo, quasi, perché gli era necessario.
Quando le sue mani lo hanno stretto, gli è sembrato piccolo e fragile – la prima delle menzogne dettate soltanto dal corpo, perché ora sa quanto forte lui sia, quanto resistente e assoluto.
Quello è stato il primo abbraccio in attesa della fine della notte, con il suo capo contro il petto e i capelli contro il collo.

 

Kuroko si sveglia dal proprio sonno solo dopo l'ennesimo bacio di Kagami; è nudo come lo ha lasciato, caldo di coperte e di notte, profuma di buono e dell'amore che ha posato sopra la sua pelle.
Non apre ancora le palpebre, lascia che la sensazione delle sue mani contro la schiena, sul finire di quel lungo e muscoloso braccio che gli cinge la vita, catalizzi la sua attenzione e lo accompagni dolce fino alla piena veglia.
Sente il suo naso infilarsi, intrepido, tra i suoi capelli spettinati, e il secondo dopo Taiga borbottare contrariato qualcosa a proposito dell'assurdo e dell'improbabile in generale, senza nominare in maniera precisa ciò che lo disturba così tanto – come, per esempio quel ciuffo chiaro che gli ha solleticato la narice.
La molle abitudine di un risveglio come quello lo ha sedotto e completamente conquistato, nel corso del tempo. Non ha più l'obbligo di mantenere il proprio corpo piacente, nei limiti delle proprie capacità, né assecondare abitudini artificiali che mantengono il corpo adatto a una sola attività.
Un prezioso manufatto della scienza come lui, d'altronde, non può che essere l'emblema del progresso e della pazzia umana, del suo genio e della sua repressione più accanita. In un mondo dove la procreazione è un altro modo per differenziare chi spera e chi può, gli uomini modificati come lui svolgono il ruolo di partorienti non solo nella componente biologica ma anche nel ruolo sociale, depositari di tutte le paure e dei timori dei potenti non in grado di gestire un mistero così grande come quello della vita, seppur artificiale.
Come bambole di porcellana, le Mogli asservono i desideri dei propri mariti, e non gli è richiesto proprio altro. L'umanità ha perso l'ennesima occasione di mostrarsi migliore, o quantomeno decente, inducendo uno svilimento di ogni possibile sentimento umano come base di ogni rapporto di coppia.
La fortuna di Kuroko è stata quella di aver potuto scegliere il proprio marito. Nel fango, tra gli acidi liquidi che gli hanno invalidato i piedi, tra lo sporco e la fame di un piatto di minestra per pasto, negli occhi scuri di chi è tacciato come estraneo alla società dominante – quando Kagami lo ha legato a sé, con il marchio di appartenenza, lui ha potuto sperimentare la vera felicità e il vero amore: dubita ancora nel profondo del proprio cuore, con immane tristezza, che molti dei suoi compagni possano anche solo immaginare cosa quel sentimento sia.
Finalmente Taiga trova la sua bocca. La accarezza lento con la punta della lingua, in una carezza dolce, giusto per raccogliere il suo sapore. Anima e corpo, si appartengono, e questo lo ricordano a ogni carezza e a ogni centimetro di pelle con cui si toccano.
Le luci dei lampioni, fuori, sono ancora spente, la giornata lavorativa non ancora cominciata. L'innaturale silenzio che si espande ovunque crea una cappa di protezione fasulla attorno a loro di cui riescono a godere in quei radi momenti della giornata in cui sono entrambi a casa.
E pur con l'odore affievolito dalla droga, Kuroko lo chiama. Non con le parole, perché dalla sua gola escono solo quelle necessarie, ma con il corpo, nel piccolo piede che si intrufola tra le sue caviglie.
Kagami impiega poco a rispondere e a prendere spazio, passionale e mattiniero come sempre è, tra le sue gambe morbide.
I lampioni si accendono dopo pochi minuti, ignari di ogni cosa.

 

*****

 

Occhi che lo guardano, un po' come se volessero strappargli l'anima di dosso e un po' come se cercassero quel brandello di umanità in essa capace di poter recepire il dolore immenso che provano. Senza sapere niente.
Quel giovane ragazzo, ancora per metà chino in avanti e con le ginocchia sporche di nero del cemento, si volta a fissarlo per un solo istante, prima di tornare a urlare tra le braccia dei suoi colleghi, così poco abituati a trattare quel genere di situazioni da reagire più forte del dovuto: la spalla di lui, stretta in una morsa, si piega all'indietro in maniera totalmente innaturale, e questo gli da solo un altro motivo per urlare più forte.
Kagami dubita che sia mai stato così vivo, durante il resto della sua esistenza.
Hyuuga lo vede scosso, immobile mentre quella voce isterica si allontana poco a poco. Gli rivolge tutta la propria severità, parole che sanno più di rimprovero che di empatia, ma tace subito quando lo vede piegarsi di lato e sostenersi con il muro di un edificio, bianco in volto.
Resta in quella posizione, a guardare nel vuoto, anche diverso tempo dopo che non sente più le voci della Moglie fuggiasca, mentre Hyuuga ancora gli chiede se sia morto o vivo.

 

Kuroko gli ha detto una volta, complice una situazione particolarmente intima e un bagno caldo che ancora li stava avvolgendo in acqua tiepida e profumata, di essere stato risvegliato dal suo fuoco, e per questo ha saputo sentirsi vivo davvero.
Kagami ride quando pensa a quelle parole, sempre, perché gli viene naturale associare quel particolare elemento alla distruzione. O alle fornaci sempre accese, voraci, delle fabbriche di carbone dove suo padre ha consumato la propria esistenza, o ai roghi dei senzatetto in cui si bruciava droga grezza, assuefante e annichilente.
Tetsuya, attraverso le proprie parole, ne ha dato un nuovo significato e una nuova espressione. Forse è anche merito dell'istruzione particolare che ha avuto – il suo intelletto non è assopito, e si nutre sempre di concetti nuovi che agitano l'animo e lo rendono fecondo. Più che calore, gli ha spiegato la seconda volta, del fuoco ricorda la passione espressa nel colore e nella vivacità, in quell'energia spesa a rimanere sempre acceso e a brillare, con tutte le proprie forze.
Non fa male, al tocco, e rende pago lo spirito.
Quando Kuroko gli ha permesso di toccarlo e di morderlo, ha sentito quel fuoco. Ha dimenticato nozioni scientifiche riguardo lo scatenarsi di reazioni chimiche, così come la voce del proprio istruttore che gli ripeteva come un mantra la straordinarietà di un evento simile, degno solo di un marito.
Lo ha vissuto, sulla pelle e nella carne. Il cervello completamente acceso, e la sua bocca ovunque.

 

Hyuuga insiste per accompagnarlo a casa, perché vede che non sta affatto bene. Gli ha tenuto compagnia per tutto il pomeriggio, non tanto perché fosse obbligato per questioni lavorative ma più per una questione di empatia umana. Pur non avendo che parole burbere e ruvide, intimandogli di fare il proprio lavoro come si doveva, non l'ha perso di vista un solo secondo, e questo Kagami lo ha sentito.
Non può permettersi un legame più ravvicinato di quello, per quanto gli sia grato. È costretto a mantenerlo a distanza, a dire di non preoccuparsi che sta bene, a rifiutare qualsiasi aiuto dando mostra di un orgoglio e di una testardaggine che gli sono propri, è vero, anche se non così tanto da risultare sgarbato. Junpei non può far altro che accettare la sua volontà e lasciarlo andare.
Kagami non può esplicitare il disagio di sentirsi solo, fuori da quella casa. Sarebbe crudele nei confronti di Kuroko, sarebbe vigliacco nei confronti di qualsiasi altra persona, e anche solo l'ammetterlo a se stesso, nei radi momenti in cui può permettersi di pensare, se ne vergogna. Ribolle, trattenendo tutto dentro, come un falò con poco spazio in cui stendere le proprie lingue.
Cammina lento sulla strada, in mezzo a un buio poco fitto, ma non riesce a godersi la vista di niente, né delle poche e discrete luci né del profumo di pulito che arriva da casa Mitobe. Un forte disagio gli fa tremare la pelle e il corpo tutto, rallenta la sua marcia e lo fa sbandare contro un palo; il casco sopra la sua testa, tipico dei giorni di pioggia, produce un rumore acuto di metallo a quello scontro, e la sua bocca una serie di insulti e borbottii a non finire.
Quando arriva davanti a casa, rimane fermo sulla soglia per qualche istante, domandandosi se sia giusto oppure no che si presenti di fronte a Kuroko.
Ogni giorno, il suo lavoro è quello di far rispettare una legge che opprime lui, che opprime Tetsuya e che rende clandestino il loro rapporto. Ogni giorno, incontra e si scontra con persone che sfiorano il limite del sistema e che provano per lui solo odio e astio, senza la minima empatia. Ogni giorno, la sua mano lavora per il governo della Fabbrica delle Mogli.
Fa male il cuore, ogni istante. Non tanto il dover vivere una doppia vita, quanto piuttosto rimanere fedele al proprio vero ideale.
E non è neanche una questione di anteporre la propria felicità a quella altrui, perché se fosse così semplice Taiga si aggrapperebbe all'idea di essere egoista e quindi giustificherebbe tutta la propria meschinità.
Sui suoi errori e sui suoi successi verte anche la vita di Kuroko, e con questo non può permettersi di giocare.
Varca la soglia di casa e vi entra, con addosso ancora la propria divisa.

 

Lo stringe così forte che quasi lo spezza.
Nel bacio, uno torna a respirare, uno torna a sentire la vita nelle vene.
-Kagami- kun, aspetto un bambino.

 

-Straniero, ti dai troppa importanza. Il tuo egocentrismo offusca il senso di giudizio e rende le tue capacità fallaci. Tu, come tutti gli altri, cadi nell'errore di credermi senza volontà e incapace di influire sul mio stesso destino. Riservami, te ne prego, il favore di non considerarmi un mero oggetto. Almeno tu. Perché, dal principio di questa storia, siamo in due. Siamo io e te. I fili dei nostri destini si sono intrecciati a vicenda, quando si sono incontrati per caso, ed è stata una cosa consapevole. Non essere così egoista: lascia un po' di colpa anche a me.

   
 
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