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Autore: alteria95    10/09/2014    0 recensioni
Scarlett si allontanò, nascosta nell’ombra della notte. Era sola, non c’era anima viva in giro: l'unico suono che tradiva la sua presenza era il rumore dei passi affrettati sul cemento. Qualche cane rabbioso abbaiava, rinchiuso dietro a un cancello. La luna rifletteva la sua pallida luce sulle strade semibuie. In lontananza si udiva il rumore delle macchine che scorrevano nel traffico cittadino. Scarlett tremava, terrorizzata dal suo stesso respiro. Si girò: due occhi verdi la fissarono nell'oscurità. Una mano le afferrò un braccio e la trascinò di peso dietro una porta socchiusa di legno rovinato.
Sam correva a perdifiato: ispira, espira, ispira, espira. Un passo dopo l’altro, fuggiva dalla sua stessa vita, priva di senso e piena di ricordi. Aveva il fiatone, ma ogni passo era una conquista verso quel futuro in cui sperava da anni. Era stufo di aspettare. Lo scorrere dei giorni, uno dopo l’altro, monotoni, assurdi, privi di vita, lo logorava. Il grigiore lo stava uccidendo, la sua intera esistenza era un disperato grido in cerca di aiuto. Era talmente schiacciato dalle menzogne e dalle ipocrisie che respirava per miracolo.
Genere: Introspettivo, Science-fiction, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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PROLOGO
Sono ferma, appoggiata al davanzale della finestra in salotto. Guardo il giardino, le sue sfumature ricamate di luci e ombre. Fuori nevica e l'aria è invasa da un dolce biancore, fatto di leggera malinconia soffusa. Il cielo è candido, non si riesce a scorgere nulla, solo un profondo silenzio che sovrasta il mondo. Il vento gelido muove le ultime foglie autunnali attaccate ai rami. La neve si accumula sull'erba, un cristallo sopra l'altro. Avverto i ricordi più lontani, quasi dimenticati, tornarmi in mente. Ultimamente non ho voglia di fare nulla, mi manca l'energia per alzarmi volenterosa la mattina. Sono lontani i bei tempi in cui mi  svegliavo pronta a vivere una nuova giornata. A dire il vero avevo motivi piuttosto forti per vivere: non vedevo l'ora di vederlo. Lui era la luce delle mie giornate. Un sorriso amaro mi affiora sulle labbra. Bastava che mi guardasse, uno sguardo ed era fatta, la giornata era subito più bella. Come passano in fretta gli anni e i mesi, le ore. All'inizio sembra che manchi una vita alla fine di una giornata, poi ti ritrovi a sera senza nemmeno renderti conto di ciò che è successo. E' sempre bastato poco per rendermi malinconica: una canzone, una frase lasciata a metà, un libro o un film. Non ho mai pensato alla tristezza come a un fattore negativo; trovo anzi che abbia un qualcosa di poetico, un non so chè di magico. E' dalla tristezza che nascono le cose migliori, ti apre il cuore e ti spalanca i pori della pelle. Adesso sembrerà che io sia una strana moralista con le idee poco chiare, ma provate a immaginare un mondo senza tristezza. Persino la felicità perderebbe di significato, non avrebbe più nessun senso. Ho freddo ai piedi, le dita sono congelate. Quasi quasi mi metto i calzini. Mi piace casa mia, è piccola e accogliente. Al piano di sotto ci sono la cucina, minuscola e tutta in legno, e il salotto, con un bel camino e tanti cuscini. Ho anche una sedia a dondolo di cui vado molto fiera. Per raggiungere il piano superiore c'è una scalinata ripida e stretta. Sul soppalco ci sono il letto, il guardaroba e la libreria. Fuori ho un giardino, un fazzoletto di terra molto disordinato e lasciato a se stesso. Mi piace la spontaneità della natura: deve essere libera e selvaggia. Ogni tanto è bello abbandonarsi allo scorrere dei pensieri. La tempesta continua a imperversare fuori dalla finestra. Mi piacerebbe avere qualcuno con me, una persona con cui condividere una coperta in una notte come questa. Purtroppo, per la mia stessa stupidità, sono rimasta sola, senza la persona che amo. Io amo Samuel e l'ho tradito. Non riesco a definire precisamente il motivo che mi ha portata a farlo. Forse avevo paura, paura di non poter tornare indietro, paura di non poter mai più stare con qualcunaltro. Il punto è che non mi sono quasi resa conto di quel che stava succedendo e mi sono ritrovata nel letto di un altro ragazzo. Vorrei poter dire che non mi sia piaciuto, ma sarebbe una menzogna bella e buona. E' stata un'esperienza bellissima, ma non valeva il prezzo di ciò che ho perso. Povero Sam. Mi sto lamentando, quando dovrei solo stare zitta. Chissà come sta, mi manca da morire. Magari sta con un'altra ragazza. Mi mancano le sue mani, morbide e calde, e il suo profumo. Mi rimaneva sempre addosso, ogni volta che lo abbracciavo. Passavo le ore ad annusarlo, adoravo il suo odore. Aveva un sorriso così dolce, quando mi guardava sembrava vedesse la sua salvezza. Come ho potuto fargli questo... Certe serate sono l'ideale per perdersi nei sensi di colpa. Non so cosa fare: non c'è niente che mi ispiri. Nessun film mi distrarrebbe e nessuna canzone mi aiuterebbe. Ho acceso il camino e la casa puzza di fumo, ma non ho voglia di aprire le finestre. Senza un minimo di volontà mi alzo e lo faccio: una brezza gelida trasporta qualche solitario fiocco di neve. Che stanchezza, sento tutte le membra intorpidite. Mi piacerebbe scrivere, sento che è il momento adatto. So che farei nascere una storia con un'anima, una storia che sanguina. Prendo il computer e mi rimetto sulla sedia a dondolo. Vorrei mettere qualcosa di me in quello che scriverò. Posso sempre provarci. E' così relativo il passaggio fra realtà e fantasia... Noi tutti potremmo essere solo parole scritte a inchiostro nero su un foglio di carta stracciata.
CAPITOLO PRIMO: I DUE SENTIERI

Scarlett si allontanò, nascosta nell’ombra della notte. 
Era sola, non c’era anima viva in giro: l'unico suono che tradiva la sua presenza era il rumore dei passi affrettati sul cemento. Qualche cane rabbioso abbaiava, rinchiuso dietro a un cancello. La luna rifletteva la sua pallida luce sulle strade semibuie. In lontananza si udiva il rumore delle macchine che scorrevano nel traffico cittadino. Scarlett tremava, terrorizzata dal suo stesso respiro. Si girò: due occhi verdi la fissarono nell'oscurità. Una mano le afferrò un braccio e la trascinò di peso dietro una porta socchiusa di legno rovinato. 
Sam correva a perdifiato: ispira, espira, ispira, espira. Un passo dopo l’altro, fuggiva dalla sua stessa vita, priva di senso e piena di ricordi. Aveva il fiatone, ma ogni passo era una conquista verso quel futuro in cui sperava da anni. Era stufo di aspettare. Lo scorrere dei giorni, uno dopo l’altro, monotoni, assurdi, privi di vita, lo logorava.
Il grigiore lo stava uccidendo, la sua intera esistenza era un disperato grido in cerca di aiuto. Era solo: la donna che fingeva di amare era una bugiarda, come lui del resto. Era talmente schiacciato dalle menzogne e dalle ipocrisie che respirava per miracolo. I suoi genitori, ognuno perso nel suo mondo, a mala pena si ricordavano di lui, persino gli amici erano spariti. Aveva perso il lavoro e il litigio con Kathleen aveva degenerato la situazione. In realtà la famosa situazione non era mai stata tanto rosea: erano solo illusioni di un'apparenza infida e bugiarda. In spalla soltanto uno zaino, scappava da quegli anni perduti, consapevole di non poterli più recuperare. Non si può cancellare il passato, bisogna imparare a conviverci. Svoltò a un incrocio e giunse di fronte al mare: ne sentiva l’intenso profumo di sale, il suo sguardo fuggiva all’orizzonte. Finalmente rallentò. I suoi occhi tristi erano pieni di quella magnetica visione. Immaginò di essere inghiottito da un’onda e di essere trasportato sul fondo roccioso per l’eternità: il silenzio non è mai reale come nei luoghi dove non è mai stato emesso un suono. L'acqua sarebbe stata una tomba perfetta: ovattata, silenziosa, traditrice. Che morte invisibile sarebbe stata, nessuno se ne sarebbe accorto: morto così com’era vissuto. Dandosi del codardo, si allontanò dalla ringhiera su cui era poggiato, l’unica barriera tra se e la morte. Camminava lentamente, la luce di follia nei suoi occhi si stava spegnendo. Forse dovrei tornare a casa. No, non l’avrebbe fatto, mai e poi mai. L’incubo era finito. Sfilò dallo zaino un pacchetto di Marlboro rosse e ne accese una: gli piaceva l’odore intenso, profumato del tabacco. I suoi passi avanzavano sul marciapiede, il fumo della sigaretta intonsa lo seguiva come un cane fedele.                                               
                                                    
Scarlett si risvegliò frastornata, carponi sul marciapiede di una strada che non aveva mai visto prima. Si guardò intorno spaesata, ma non ricordava nulla della sera prima. Una fitta nebbia le avvolgeva la mente ogni volta che cercava di capire cosa fosse successo. 
Che diavolo mi è capitato? Devo essere caduta e aver sbattuto la testa. Ma come ci sono arrivata quì? Ho passato tutta la notte sdraiata su questo marciapiede?! Ok, ieri sera sono uscita con Thea. Stavo tornando a casa, e poi cos'è successo? Se solo riuscissi a ricordare...
Era quasi l’alba e il sole non era del tutto comparso. Una debole luce illuminava scarsamente il cielo. Cercò di alzarsi, ma il suo equilibrio vacillava. Inciampò per terra. Toccandosi la testa, gemette di dolore: un brutto bernoccolo era apparso in mezzo ai folti capelli rossi. Lasciò passare qualche minuto e, quasi certa che le gambe avrebbero retto, si alzò. Fece qualche passo di prova e si allontanò, vagando per le strade sconosciute. Intorno a lei c’erano fabbriche grigie, palazzi vuoti e cancelli arrugginiti. Cani rabbiosi abbaiavano solitari. Era nel quartiere industriale, il cuore grigio di ogni città. Cercava un’uscita da quel labirinto di viuzze, dal silenzio colmo d'angoscia che riempiva l'aria. La malinconia la stava avvolgendo. Scarlett camminava per strada, il ticchettio dei suoi stessi passi le faceva compagnia. Che tristezza. In questo posto dimenticato dal mondo il cemento strangola il sole e sembra che nessuno ci faccia caso. Guardandosi intorno in cerca di qualche indizio, scorse un giovane in lontananza: era sulla ventina, alto e magro, un naso lungo e diritto, penetranti occhi verdi. 
La bellezza dello sguardo profondo e del volto raffinato catturava magnetica ogni pensiero sfuggente. Un profumo inebriante raggiunse le narici di Scarlett. La ragazza, magnetizzata dalla misteriosa figura, lo fissava in silenzio. Lui alzò lo sguardo su di lei e la osservò per qualche istante. I suoi occhi le leggevano l'anima, un’occhiata densa di parole da cui era difficile staccarsi. Scarlett parlò per prima: “Ecco, io… Scusa, sai dirmi dove posso trovare la fermata d’autobus più vicina?” 
“Vai dritto per un centinaio di metri e alla seconda gira a destra. Buona fortuna.”  Una voce profonda e affascinante scaturì dalle sue labbra. Scarlett ringraziò intimidita e staccò lo sguardo. Il volto del ragazzo aveva risvegliato in lei una strana sensazione. Perchè mi sembra di conoscerlo? Lo vide allontanarsi e impallidire come uno spettro nella nebbia mattutina. Si risvegliò all’improvviso, come incantata. L'ho sognato o era davvero davanti a me? Seguì le istruzioni e, senza rendersene conto, si trovò seduta sul sedile sporco di un autobus ancora più sporco. I vetri dei finestrini erano opachi, coperti di polvere e scritte. Il rumore che la circondava la riportò con i piedi per terra: doveva assolutamente tornare a casa. Il suo sguardo vagava fuori dal finestrino, perso in mezzo alla folla cittadina delle sette del mattino. La gente correva, non faceva altro che correre dall'alba al tramonto. Tutto era basato sull’apparire, nulla sull’essere. La vita per la maggior parte di quelle persone era un reality show: come ci si sente a essere una femme fatale? Una donna in carriera tradirebbe il suo fantastico ragazzo? Cosa si prova ad essere fidanzato e scopare ogni notte con una ragazza diversa? Nell'avere dei figli meravigliosi che si bucano di nascosto? I vestiti all’ultima moda e l'apparenza di una vita perfetta servivano a creare l'illusione della felicità. Nessuno avrebbe mai dovuto cedere, essere se stesso, nudo davanti al mondo, o la vetrina di cristallo che dava un senso a quelle vite si sarebbe frantumata. Che importanza aveva se tutto crollava? Era fondamentale mantenere la facciata. 
Cosa può fare alle persone una società di lupi affamata di anime? 
Scarlett era ipnotizzata davanti al finestrino, il flusso ininterrotto dei suoi pensieri le faceva sorvolare l’autobus. 
All’improvviso sentì una mano toccarle la spalla e saltò sul sedile: l’autista, con un sorriso gioviale, la informò di essere al capolinea. Scese dal bus: la strada le era familiare. Distaccandosi freddamente dai suoi pensieri, si avviò verso casa. Josh la stava aspettando.
                                         
Cos’è la vita? Qual è il suo scopo? Questa domanda ossessiona l’uomo dalla notte dei tempi. Elettroni e quark formano supernove, l’uomo, la terra, un albero. Tutto nell'universo è composto dagli stessi elementi fondamentali. I sentimenti da dove arrivano? Cosa c'è di diverso fra una roccia e un essere in grado di amare? Scarlett era ossessionata dalla ricerca di verità. Forse è sbagliato cercare risposte che non arriveranno mai, ma la voglia di capire che mi tormenta è una sete troppo grande per essere estinta. Cosa regola questo universo così dannatamente difficile? Mi sembra di essere ossessionata da tutto. Vita, morte, amore, leggi di fisica, strutture atomiche, droga, sesso... Cosa lega tutto questo?
La vita è un mistero: la felicità sembra un’ospite di passaggio. 
Mi sento sempre più spinta a credere che sia solo un'illusione. Forse l'essere umano non è nato per essere felice. Forse la felicità è solo l'attesa di un momento, che quando si realizza non smette mai di deluderci. Mi sento esplodere, come se fossi sull'orlo di un precipizio e scivolassi ogni secondo più in giù.
 Mentre mescolava verdure e riso in una vecchia pentola di ghisa, Josh sbucò da dietro la porta della cucina. Si avvicinò traballando a Scarlett e le sorrise sghembo. Non si era nemmeno accorto della sua assenza quella notte. Era tornato dal lavoro alle quattro passate ed era crollato sul letto. Quel mattino, aprendo la porta di casa, Scarlett aveva temuto un'ennesima litigata: non ne poteva più, ogni scusa era buona per discutere. Quando lo aveva visto profondamente addormentato, non era riuscita a trattenere un sospiro di sollievo. Josh la raggiunse in fretta, solo un respiro li divideva. Le sfiorò delicatamente una spalla: Scarlett ebbe un silenzioso attacco di ribrezzo. I suoi lunghi capelli erano unti e appiccicosi e l’alito puzzava di erba. Qualche anno prima, quando erano fuggiti insieme verso un futuro romantico, era un bel ragazzo. Alto, occhi penetranti e lineamenti spigolosi, era decisamente attraente. Scarlett lo fissò, lo sguardo vuoto, e dopo qualche secondo si allontanò con la scusa di apparecchiare. Servì la cena nei piatti e Josh come sempre ebbe da ridire. "Piccola... Perchè cucini sempre e solo verdure, cazzo? Non ti impegni mai per me! In fondo me lo merito, con tutto quello che faccio in questa casa." Da quando aveva trovato un lavoro e contribuiva economicamente, tirava fuori sempre la stessa frase per potersi lamentare di tutto. Scarlett ribolliva dalla rabbia. Evitò di parlare, il volto livido. Una parola... Pronuncia un'altra sola fottuta parola ed esplodo. Mise un boccone in bocca e fece fatica a mandarlo giù per quanto era stopposo. Finì velocemente di cenare, lavò i piatti e si infilò in bagno, chiudendo a chiave la porta. Non voleva ricevere brutte sorprese anche quella sera. Aprì l'acqua calda nella vasca e afferrò un libro che stava finendo di leggere. Aveva paura di andare a dormire. Non voleva nemmeno che lui la sfiorasse, la sola idea la disgustava. Aspettava sempre che il ragazzo si addormentasse prima di  avvicinarsi al letto. Si immerse nell'acqua calda e si isolò nell'anestesia che solo la parola scritta sa donare.
  
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