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Autore: SimmyLu    30/09/2008    10 recensioni
Mosca, Monastero Vorkof. Yuri Ivanov si trova costretto a richiedere l'aiuto di Kai Hiwatari, a causa di problemi economici riguardanti proprio il monastero che si è trasformato in un ricovero per gli orfani e i ragazzi senza fissa dimora della capitale russa. Ma non è solo questo problema che toglie il sonno a Yuri, il ragazzo presenta i sintomi di ferite più gravi e profonde che scavano nell'anima e nel cuore, fino a portare alla luce segreti mai rivelati. Il giovane russo è l'origine di misteriosi e inspiegabili fenomeni e l'unico che sembra poterlo capire è proprio Kai. Fra paure, incubi, ricordi del passato e un'infanzia dimenticata, cadono silenziose le piume rosse della fenice sul bianco lucente della neve moscovita.
[ Personaggi: Yuri, Kai, Boris, Sergej, Vorkof, altri ]
Genere: Generale, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Boris, Kei Hiwatari, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’AMORE BIANCO

… di Simmy-Lu …


Capitolo UNDICESIMO: LA RISATA DI YURI





Sergej seguiva Yuri e Kai da lontano, nervoso infastidito e preoccupato.
Si voltò per controllare se qualcun'altro avesse avuto la brillante idea di scortare il capitano in quell'assurda passeggiata notturna.
Erano soli.
Sentendosi preda di una strana inquietudine, il ragazzo biondo rimpianse di non aver avvertito Boris prima di uscire dal monastero.
Non gli sarebbe affatto dispiaciuto avere una compagnia diversa da quella che stava pedinando.
Yuri procedeva davanti a tutti. Kai lo seguiva pochi passi più indietro, mentre Sergej cercava di rimanere ad una certa distanza da entrambi in modo da non essere notato, in una lunga ed improbabile fila indiana.
Yuri abbandonò la strada principale imboccando un sentiero sterrato che attraversava uno dei campi vicini per poi perdersi nel bosco; una sola diramazione portava ad una cascina abbandonata.
Non c'era nulla a parte il bosco oltre il rudere.
Dove stava andando Yuri? E perché Hiwatari era con lui?
D'improvviso Sergej dovette abbandonare le sue domande e i suoi pensieri: Kai, continuando a camminare, si era voltato accorgendosi della sua presenza e lo fissava di sbieco con un'espressione indecifrabile che gli fece salire un brivido su per la schiena.
Una pressione sconosciuta esercitò il suo potere su di lui.
Una forza che lo costrinse a fermarsi e lo atterrì vanificandone la volontà.
Sergej trattenne il respiro sentendosi impotente.
Kai allora si voltò senza fare o dire qualcosa, limitandosi a seguire Yuri che continuava ad avanzare.
Esitante, Sergej li guardò allontanarsi e divenire figure incerte, contorni nella notte.
Era giusto seguirli?
Si sentì improvvisamente colpevole.
Dopotutto quelli non erano fatti suoi, non aveva diritto di intromettersi.
Cominciò a pensare che forse la cosa migliore da fare sarebbe stata tornare al monastero e aspettare il loro ritorno.
Mentre quell'idea si faceva largo nella sua mente, ne arrivò un'altra che la contrastò e ne prese il posto.
Fu come scorgere qualcosa nel buio.
Sergej non ne era completamente certo, ma credeva di aver intuito dove Yuri si stesse dirigendo.
Non lo avrebbe lasciato solo per nulla al mondo.
Nemmeno lo sguardo raggelante di Kai Hiwatari gli avrebbe fatto cambiare intenzione.
La discussione avuta con Yuri quella mattina perse improvvisamente importanza, dissolvendosi nei ricordi.
Il cielo tuonò minaccioso.


* * *

Senza alcun preavviso o spiegazione l'avevano preso e trascinato fuori dal dormitorio.
Luce, rumore, mani che l'afferravano strattonandolo.
Istintivamente aveva urlato, si era dimenato, si era aggrappato a tutto quello che gli era capitato sotto mano, cercando di liberarsi graffiando, scalciando e mordendo.
Ma contro tre uomini adulti un bambino di otto anni aveva ben poche speranze di riuscire a fuggire. Anche se avesse potuto, non avrebbe comunque avuto un posto in cui rifugiarsi.
Un potente schiaffo ben assestato bastò per stordirlo momentaneamente e portarlo fuori dalla stanza.
Qualcuno pronunciò le parole «Yuri Ivanov.» e «Ordini di Vorkof.» mentre tentava di ricacciare indietro le lacrime dovute al dolore nascondendo il viso dietro i capelli rossi.
La porta del dormitorio si chiuse senza fare rumore.
Gli altri ragazzi non si erano opposti, non avevano protestato, non lo avevano aiutato rimanendo fantasmi nel buio.
"Se hai un problema è tuo soltanto".
Era la legge del mondo dal quale tutti venivano.
Una legge rispettata anche nel Monastero Vorkof.
Uno degli uomini lo afferrò per un braccio e, seguito dagli altri, gli fece percorrere il corridoio a passo di marcia.
Yuri era spesso costretto a correre per tenere il passo dei suoi aguzzini.
Rabbrividì al solo pensiero di quello che gli sarebbe potuto accadere di lì a poco.
Nel monastero vigevano regole ferree alle quali non si poteva disobbedire e tutto era organizzato in funzione di un metodo semplice e collaudato, quello del premio o della punizione.
Era norma che i ragazzi più promettenti venissero spostati dai dormitori comuni ai piani superiori in stanze singole e più tranquille; i meno dotati erano invece portati a quelli inferiori: nei sotterranei.
Venivano puniti e spesso tornavano al dormitorio dopo qualche giorno, pieni di lividi e con gli occhi pesti. A volte non tornavano, ma nessuno ne parlava mai.
Yuri non stava salendo.
Sapeva quello che stava per accadere, ma cercò di non mostrare la propria paura.
Il pavimento dei sotterranei era umido e freddo, gocce d'acqua gelata colavano dal soffitto.
Yuri continuò a camminare serrando gli occhi, concentrandosi sul movimento dei suoi piedi per allontanare il gemito d'angoscia che lottava per uscire dalla sua bocca.
Si fermarono davanti ad una cella vuota che uno degli uomini aprì con una vecchia chiave di metallo facendo cigolare la porta.
Lo spinsero dentro facendolo cadere sulle pietre gelate.
Fu lasciato solo.
A tremare.


* * *


Yuri, Kai e Sergej continuarono a camminare fino a raggiungere il bosco.
Fra gli alberi il sentiero svaniva a tratti a causa dell'oscurità, per ricomparire poi sempre meno delineato.
Quando anche l'ultimo segno di terra battuta venne a mancare, Yuri non sembrò risentirne e continuò ad avanzare senza esitazioni fra le piante e i cespugli come se percorresse quel tragitto nella sua mente, senza ostacoli.
Sergej si era intanto avvicinato di più per evitare di perdere di vista i due ragazzi che lo precedevano. Il capitano sembrava non essersi accorto della sua presenza, oppure, più semplicemente, non le dava peso.
Il buio catturava veloce la luce di qualche lampo e il rumore dei loro passi.
Sopra di loro il cielo era scosso dai tuoni, pronto a riversare la sua rabbia sulla terra.
Finalmente, Yuri rallentò il passo e si fermò.
Sergej si mantenne a distanza respirando nervosamente e serrando rigido la mascella: i suoi timori erano stati confermati.
«Eccola.» disse Yuri, indicando qualcosa nelle tenebre davanti a sé con la mano che reggeva la bottiglia per poi concedersi un altro sorso di liquore.
I suoi occhi erano fissi, vuoti e allo stesso tempo colmi di un sentimento confuso.
Freddo.
Kai si avvicinò sforzandosi di vedere nel buio.
Aggrottò la fronte.
Non c'era assolutamente nulla.


* * *

Erano passate le ore.
Erano passati i giorni e le notti, anche se non c'era modo di distinguerle.
Il giaciglio nell'angolo della cella, dove passava praticamente tutto il suo tempo raggomitolato come un animale, era scomodo e sempre freddo. Aveva le mani e i piedi intorpiditi che cercava di risvegliare muovendoli e sfregandoli fra loro.
Non c'era luce.
Yuri era convinto che i ratti gli girassero attorno nel buio attendendo il momento più opportuno per rosicchiargli le dita; cercava allora di fare rumore per scacciarli e ricordare a se stesso che era ancora vivo.
A volte, senza preavviso dato che le visite non erano mai ad orari costanti, arrivava uno degli uomini di Vorkof a portargli qualcosa da mangiare.
Il bambino allora lo supplicava piangendo di poter uscire e che, se gliene avessero dato la possibilità, sarebbe sicuramente migliorato, ma quello che otteneva era soltanto scherno o peggio un calcio in pieno viso, come l'ultima volta.
Il tempo passava in solitudine.
Passavano le ore.
Passavano i giorni e le notti.
Yuri aveva cominciato a non stare bene, la realtà e l'immaginazione si erano fuse in un amalgama inconsistente e debilitante.
Forse, pensava, lo avrebbero lasciato lì a morire lentamente, ridendo di lui.
Gli incubi erano diventati più frequenti e più reali, tanto che spesso non riusciva a distinguere i sogni dalla realtà, in un limbo di dubbi e di sospetti.
Riviveva situazioni che si ripetevano all'infinito, come in un incubo costante, molle ed eterno.
Il sogno era verità, la verità non il sogno.
Quando finalmente ritornava in sé, il suo cuore batteva all'impazzata e il suo corpo era scosso dai brividi.
Piangeva tanto che il petto gli doleva.
Si detestava per essere così debole, così indifeso.
La sua vita non era altro che un'arrancare, uno strisciare per sopravvivere.
Non possedeva nient'altro che se stesso e tutto il freddo che provava nel corpo così come nel cuore.
Tutto il gelo che si era nascosto dentro di lui fino ad allora.
Fin da quando poteva ricordare.
Sentì dei passi avvicinarsi da lontano con il rumore che riecheggiava sulle pietre.
Una tenue luce apparve dal fondo del lungo corridoio, dipingendo sui muri lunghe ombre spettrali.
Immagini distorte di ricordi lontani si allontanarono, cedendo il posto ad una momentanea lucidità.
Sempre tremando, Yuri si aggrappò alle sbarre della sua cella.
In attesa.

* * *

Kai non capiva che cosa Yuri volesse mostrargli.
Non potendo scorgere niente, si voltò verso il ragazzo russo per chiedere spiegazioni.
Ma la faccia di Yuri era contratta in una strana smorfia e sembrava che il ragazzo faticasse a trattenere una risata.
Per un momento Kai pensò ad uno scherzo, ma gli occhi del giovane gli fecero subito cambiare opinione.
Erano stanchi e affaticati, ma colmi di paura e allo stesso tempo di rabbia.
Kai allora guardò alle sue spalle e cercò Sergej, fermo dietro di loro.
«Che cosa significa?» chiese, cominciando a preoccuparsi.
Sergej si avvicinò di qualche passo, abbattuto e visibilmente turbato.
«Guarda meglio.» gli rispose.
Kai, confuso, provò ancora una volta a cercare qualcosa di fronte a sé.
Fece un passo avanti nella speranza di scoprire di cosa si trattasse, ma prima che potesse farne un altro Sergej lo afferrò per una spalla, bloccandolo.
Yuri cadde a terra in ginocchio e liberò una risata nervosa, quasi isterica.
Non poteva più trattenerla.





FINE UNDICESIMO CAPITOLO, continua...


N.d.A: Mi scuso con voi lettori, che siete sempre così gentili nei miei confronti, per il tempo trascorso dal precedente aggiornamento di questa storia. Purtroppo ho dovuto mettere da parte lo scrivere a causa di impegni personali prima e di problemi tecnici poi. Spero in ogni caso che il nuovo capitolo sia di vostro gradimento!

Domanda: Quali sono i capitoli o le parti di questa fanfic che vi sono piaciuti meno fino ad ora?
Ringrazio tutti coloro che hanno risposto alla domanda precedente e, se avete tempo e voglia di dare una risposta anche a questa domanda, aggiungete la risposta nella recensione di questo capitolo, grazie! ^_^

Beyblade © Takao Aoki
   
 
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