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Autore: Utrem    14/09/2014    2 recensioni
Post VII stagione. Buffy non vuole più soffrire e si rifugia laddove crede d'essere circondata solo da ciò che è bene. Senza più i suoi amici, in procinto di sposarsi, dopo l'incontro con qualcuno riuscirà a riformulare le sue priorità non solo come cacciatrice, ma anche come persona.
Dal prologo: "Si era ripristinata in tempo. Stava bene, benissimo in verità, anche se era ovviamente scioccata dai pensieri aberranti appena avuti. Era stata evidentemente raccattata da una temporanea follia. [...] Equipararsi a una cacciatrice brancolante nella notte, perennemente sola, equivaleva a una condanna a una permanenza nell’ Inferno. Lei amava il suo Paradiso. Il suo imperfetto Paradiso. [...]"
Genere: Introspettivo, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Buffy Anne Summers, Nuovo personaggio, Un po' tutti, William Spike
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Normal again.



Inspira espira, inspira espira.
Inspira, espira; inspira, espira.
Inspira; espira. Inspira; espira.
Inspira. Espira. Inspira. Espira.
Buffy constatò che, dopo l’esercizio delle notte precedenti, ricordava quasi a memoria le tappe del rallentamento del respiro del fidanzato. Provò a fare un pronostico della durata di ognuna e si rivelò del tutto accurato. Inoltre, abituata com’era ora a fare le ore piccole, la sonnolenza le annebbiava meno la testa ed i suoi pensieri erano più lucidi.
Si inumidì i denti con la lingua, salda e sensibile sul materasso morbido e sotto le coperte pruriginose.
Era serena: serena, nella sua rabbia. Per la prima volta dopo tanto tempo aveva una sola missione, un obiettivo principale ben definito che relegava inevitabilmente tutti gli altri alla condizione di secondari: picchiare Spike, così da fargli imparare a tacere nei momenti opportuni.
Un allenamento! Con lei! Chissà quanto si compiaceva di quell’idea! Poteva vederlo: rideva e si sfregava le mani con quel ghigno, così tronfio, così sfrontato, così tipicamente suo; “Sarà un vero spasso” si ripeteva, affumicandosi i polmoni vuoti con una stecca di Marlboro!
Sì, in effetti lo sarebbe stato, convenne, ma non per lui.
Si accarezzò le nocche di ambo le mani con gli indici e lasciò riposare le palpebre per l’esiguo tempo rimanente. Non mancava molto prima che Ryan cedesse al suo sonno pesante caratteristico e le spianasse la strada: a occhi chiusi, lo poteva quasi odorare. Quando avvenne questo scatto, non fu colta impreparata: i suoi sensi lo avevano preveduto con largo anticipo.
Scese dal letto in punta di piedi, lo sguardo già rivolto verso la porta; sistemò i capelli in una coda, stringendo bene il laccio affinché un eventuale scioglimento della presa di questo non la distraesse; si mise una maglia nera larga, tagliata sulle spalle e ampi pantaloni di velluto, per avere maggiore libertà d’azione; infilò un paio di stivaletti col tacco spesso, inimitabili sia per l’estetica, sia per i calci formidabili che le avrebbero permesso di sferrare.
Deglutì: era pronta, si sentiva pronta. Lei era sempre pronta, si rammentò: era una Cacciatrice, formalmente la Cacciatrice, solo precocemente ritirata. Un professore, un muratore o un commissario in pensione non solo non smettono di saper svolgere il proprio lavoro, ma nella gran parte dei casi ne sono più esperti di tutti quelli ancora di ruolo messi assieme.
Scivolò fuori dall’appartamento con guizzi e finte simili a quelli che avrebbe adoperato in battaglia, superò la prima rampa di scale con un salto in discesa e la seconda scavalcando il corrimano e cadendo sulle ginocchia, in perfetto equilibrio.
L’adrenalina le solleticava già i lobi delle orecchie, tempestava nei polsi frementi, contraeva quadricipiti e glutei pulsanti. Non poteva più resistere.
In quello stato, bussare le parve irrisorio: decise invece di spalancare la porta con una pedata risoluta. Una minaccia, un assaggio.
Puntualmente, la voce dell’avversario s’alterò in reazione:
“Buffy, ma sei tu?! Che diamine ti prende?!”
“Avevi detto di volerti allenare” lo canzonò, morsicando avidamente la violenta vibrazione sarcastica nel suo tono di voce “Che c’è? Non è forse questa l’atmosfera che cercavi?”
“Sì, ovvio, ma non per questo è il caso di far cascare dal letto l’intero dannato palazzo!” Spike confermò, l’irritazione che prese colore nelle sue gote livide “A ogni modo, tenevo a dirti una cosa…Buffy… non devi per forza sacrificarti per me. Ho impiegato le ore di luce in cattività ad allenarmi da solo e, a dire il vero, mi sento abbastanza in forma. Ho scoperto di potermela cavare, se mi ingegno un po’. Quello che sto tentando di dirti è… so del tuo recente cambio d’abitudini, del tuo nuovo lavoro e dello sposino, e non ti posso certamente biasimare se fare a botte con me nel cuore della notte non è attualmente la tua massima aspirazione. Così, per quanto mi sarebbe molto utile una prova pratica, puoi pure tornare a casa, se lo desideri. Non ti giudicherò”
Buffy trasalì ed in risposta chiuse i pugni ancor più tenacemente, le lunghe unghie conficcate nei palmi. Una vampata di furia le arroventò il viso, mentre si accingeva a perpetuare le intenzioni mescolate per l’intera giornata.
“Tornare a casa? Mi stai invitando ad arrendermi? È quello che stai suggerendo?! Buffy ha una vita felice, non sventra più vampiri nel tempo libero e quindi è automaticamente debole?! È questo quello che pensi, Spike?!”
“Ehi, abbassa la cresta! Io non-“
La sua giustificazione in extremis fu interrotta da un potente gancio di Buffy, che lo spedì contro la parete opposta della stanza.
“Hai proprio una bella vena umoristica: dici di non giudicarmi quando non fai altro che parlare di me e dei problemi che supponi che io abbia! Tu, che meno di tutti ne hai la licenza! Non sei il mio psicanalista, William! Al massimo io sono la tua badante, con tutte le pene che mi stai facendo passare per starti dietro!”
In due falcate lo raggiunse, lo afferrò per il bavero della già malridotta maglietta e lo appese al muro.
“Cristo, Buffy, prendi una pastiglia per la pressione! Io non-“
“Ahahah! Dovrei calmarmi?! Dopo tutto quello che è successo?! Perché? Non credo proprio!” replicò, piantandogli una ginocchiata negli stinchi come conferma.
Spike strinse i denti e gemette, ferito e innervosito dall’attitudine ingiustamente abusiva della donna. Tuttavia, trattandosi solo di due colpi e non essendo ancora particolarmente agonizzante, reagire usando la sua stessa moneta gli sembrava un’opzione deprecabile, così tentò di ragionare:
“Ascolta, non ho la più pallida maledetta idea di quello di cui tu stia parlando, ma se adesso ti ho detto di andare a casa è a causa della smorfia schizzinosa che hai fatto ieri, un attimo dopo che ti ho illustrato la mia proposta! Non volevo insinuare nulla, per l’inferno, sei tu che ci hai voluto leggere dentro chissà quali… mortali offese o che altro! Pensavo di farti un piacere!”
Buffy era esterrefatta.
Lo stava rifacendo. La voleva confondere di nuovo.
Tenendogli fermo il petto con una mano, gli falciò il viso con un destro tanto micidiale da far quasi fare un giro completo al suo collo.
“Non dire più niente!” gli intimò, digrignando i denti “Non giocare con la mia mente Spike, non ti permettere! Non proferire più una singola parola o giuro che ti pianto questo stivale giù per la gola!”
Il nuovo colpo era stato molto più forte dei precedenti. Spike aveva sentito entrambe le arcate dei denti sbatacchiare al contatto e gli si erano rovesciati gli occhi.
“Ma sì, prego! Continua pure a menarmi gratuitamente e a comportarti da pazza furiosa! Tanto l’ho capito che è quel periodo del mese!”
Non esagerava. Buffy era cieca dalla rabbia, quasi ferale. Non ricordava d’averla mai vista così, neppure nei loro scontri da nemici: come la maggior parte dei lottatori professionisti, prediligeva mantenere la calma a prescindere per raggiungere un’elevata concentrazione. Irriconoscibile: era pericolosamente visibile da quanto non combattesse più, e Spike ne era terrorizzato.
“Giusto! Io ti sto menando, ma tu non stai reagendo! Quanto tapino sei diventato, Spike?! Pensavo che questo fosse un tuo allenamento! Sarei io, quella debole?!”
“Sì, lo sei!” Spike ruggì fermamente in risposta, impressionato lui medesimo dal timore incusso dal suo tono di voce. Buffy abbandonò la presa immediatamente, tutta tremante.
Non era impaurita. O, perlomeno, reputava di non esserlo affatto. Confondeva vittoria e sconfitta, tristezza e soddisfazione e anche se aveva solo una vaga percezione di farlo, bloccava prepotentemente tutto e lo sostituiva con indefessa aggressività.
“Ti senti, quando parli?! Sei emotiva, suscettibile oltre ogni misura! Ricorri alle legnate perché non sai come replicare, ti impensierisci perché temi di non saper affrontare le situazioni! Devi aver combinato qualcosa di grave, Buffy, perché ti riconosco a malapena!” proseguì, facendola indietreggiare di proposito con un passo minaccioso e una malignità che scoprì di non poter trattenere “Tu sei debole eccome!”
Buffy mise le braccia conserte. Aveva assorbito e rigettato tutto, sia perché era bruciante dell’infuriare del momento, sia per contraddirlo.
“Oh be’, allora vorrà dire che ho bisogno di allenamento! Ma la domanda è: di noi due, chi ne ha più bisogno? Muoio dalla voglia di scoprirlo! Tu no?”
Spike le lanciò un’occhiata in tralice difensiva, che non poteva però celare lo sconcerto. Era già schierata, in una posizione che le garantiva libertà di movimento, gli avambracci leggermente protesi in avanti.
Voleva picchiarsi con lui, a tutti i costi: era evidente ed era assurdo. Era una pessima decisione, un’orribile decisione, lo sapeva: eppure l’accontentò, perché sentì che non poteva esimersi dal farlo.
Ammiccò un istante e poi le afferrò le spalle. Buffy cercò di opporsi, ma lui le impegnò braccia e gambe in una finta e la fece girare con un colpo di mano: approfittò infine del secondo guadagnato per colpirla con un calcio sulla parte bassa della schiena, cosicché fosse costretta ad un brutto atterraggio. Difatti, ebbe una lenta ripresa che le impedì di ripartire come avrebbe voluto: Spike le fu sopra prima che potesse muovere un muscolo. Troppo sicuro di avere il bersaglio assicurato, quest’ultimo però calcolò male i tempi e Buffy riuscì a bloccare il pugno con un braccio e a stringerlo in una morsa sferzante fra le ginocchia puntute. Spike guaì e lei non tardò ad avvantaggiarsi con una gragnuola di colpi perfettamente mirati. Non appena si presentò abbastanza ferito da lasciarla andare – dopo più tempo del previsto, Buffy si rialzò senza esitazione e, ricordando nitidamente il suo insopportabile parlare a vanvera, lo sferzò con due fendenti col tacco: uno in mezzo alle gambe e uno sulla testa. Spike si accasciò sul pavimento, stordito dalle gravi lesioni.
Buffy gli si approssimò, intenzionata a colpire ancora, ma lui non pareva davvero essere più in grado di rialzarsi.
Si sentì percossa di nuovo, ma stavolta da un freddo e pungente rimorso. Le parve che la sua saliva si fosse solidificata in un cubetto di ghiaccio.
Stava ancora scrutando apprensivamente quella testa bionda, quella schiena inerte, quando si sentì mozzare il fiato. Spike s’era voltato a una velocità incommensurabile e le aveva piazzato da terra un tremendo calcio nell’addome. Così, le sue difese erano state irrimediabilmente penetrate e fu un burattino nelle sue mani: vendicò ogni singolo colpo che gli aveva inflitto prima con straordinaria precisione, a un ritmo che lei, realizzò presto, non sapeva tenere. Dopo aver subito per un po’, riuscì a pararne qualcuno per il rotto della cuffia e nel mentre ebbe occasione di guardarlo in faccia: aveva mutato aspetto.
Lo stupore la lasciò talmente interdetta da farle abbassare stupidamente la guardia. Per un attimo arrivò addirittura a invocare pietà con lo sguardo, ma il muso feroce non ne ebbe e le perforò la mascella con un cazzotto che la spedì di testa contro il muro.
Buffy sospirò e valutò a fatica i danni, scoprendo con orrore d’essersi fatta seriamente male, per i suoi standards.
Eppure non era normale, non poteva essere normale. Quante volte era stata colpita così? Innumerevoli, e aveva sempre recuperato la forza per rialzarsi.
Perché non era così anche adesso?
Scrutò con risentimento il volto di Spike, nuovamente umano. Era a bocca aperta, attonito: sembrava essere diventato d’un tratto ancora più pallido e smunto del solito.
“Che è successo?” le chiese ingenuamente, con voce acuta e innaturale.
“Non lo so” ammise Buffy, portando una mano dietro la testa per esaminare col tatto la ferita “Tu mi hai… mentre io, prima… be’, non avresti dovuto essere…”
“Non l’ho fatto di proposito… farti male di proposito!” Spike spiegò traumatizzato, pronunciando così rapidamente le stesse parole da far sembrare che stesse recitando uno scioglilingua “C’è qualcosa che non va, qui. Cosa non va?”
Si scambiarono sguardi increduli per più d’un minuto, istupiditi. Percepivano come il dissolversi d’una cortina che aveva alterato loro la vista sino a quel momento.
“Sono stata io… o sei stato tu?” Buffy continuò, rialzandosi penosamente.
“Io…” rispose lui vergognosamente, correndo ad aiutarla.
“No… entrambi!” obiettò lei, rifiutando gentilmente il suo soccorso e ripristinando lentamente loquacità “Qualcosa ci ha posseduto, Spike. Ci ha fatto lottare insieme perché ci ferissimo…”
Lui piegò la testa su un lato in riflessione, quando fu scosso da una raggelante rivelazione.
“Il demone!” concluse, senza mai richiudere la bocca “Il demone schifoso mi ha fatto il lavaggio del cervello! Anche a te… perché anche a te, però?”
“Eppure non sembrava. Era tutto così… naturale! Il mio risentimento con te, il litigio, la lotta … è come se mi avesse trasformato, mi avesse fatto comportare in un modo diverso, ma non troppo perché potessi accorgermene. Solo ora a distanza capisco d’essere stata eccessiva senza motivo, il che mi porta a imputare il demone… ma con quale potere strano avrebbe potuto farlo?”
“Quel demone di m*£$a ha coinvolto anche te, te!” Spike ormai s’ era perso nei suoi vivaci improperi e non la stava ascoltando “Di tutte le persone su questo mondo, ha scelto di gettare anche te nella mischia, solo per il gusto di farmi dare in escandescenze! Scommetto che non sarà altrettanto compiaciuto quando metterò la sua testa mozzata sulla parete come trofeo di caccia! Anzi, potrei vivisezionarlo e usare le sue viscere per farmi delle collane! Oppure strizzargli i bulbi viscidi coi pollici e costringerlo ad assaggiarli! O-“
“Spike, ti prego, basta! Sto cercando di ragionare!” Buffy lo riprese, seccata “Ieri hai avuto quell’incubo devastante e ti sei risvegliato con i canini sguainati; poi hai fatto la proposta dell’allenamento, così, all’improvviso, originando convenientemente il pretesto per uno scontro fisico; in qualche modo, il demone deve avermi fatto accanire terribilmente con te, cosicché ti volessi picchiare; poi ti ha posseduto, facendoti assumere la forma predatrice, in modo che fossi spinto a danneggiarmi. In poche parole, sta pianificando di distruggerci mettendoci costantemente l’uno contro l’altro”
“Ma che teoria brillante! Ovviamente questa pappardella era indispensabile per capirlo! E comunque non ha nessuna importanza perché, adesso che abbiamo assistito agli effetti della sua influenza, impediremo alla dannata bestia di avviluppare i suoi tentacoli attorno al nostro cervello un’altra volta!” Spike sentenziò, con una risolutezza precaria e poco convincente.
“Come fai a esserne sicuro?! Non sappiamo neppure molto bene come funziona tutto questo meccanismo super-iper-malvagio atto a renderci super-iper-malvagi… più o meno! Dio, è così…  dovremmo metterci sotto ed effettuare delle ricerche per arrivare a capire effettivamente qualcosa! Oh aspetta, aspetta, lo so… Spike, potresti cercare di ricontattare il demone della vendetta che ha esaudito il tuo desiderio!”
“Hm, buona idea! È un vero peccato però che quei tizi non siano il tipo da lasciare il proprio numero di cellulare ai clienti!”
Buffy alzò gli occhi al cielo. “Intendevo dire che potresti andare a cercarlo! Conosci a menadito tutti i ritrovi della gente come lui, no? Chiedi informazioni in giro e magari riesci a scovarlo e a estorcergli qualcosa!”
“Oh be’, sì, quello potrei farlo. Viaggiare è sempre rigenerante. D’altronde, dopo quello che ho fatto stasera è meglio che non mi faccia vedere per un po’, qui in giro” Spike acconsentì, col capo lievemente chino.
“Ma non sei stato tu!” Buffy replicò con forza “Così come non sono stata io prima a… lo sai, fare la pazza furiosa! E poi non è nulla di tragico, solo un graffietto. L’impatto mi ha un po’ sviato sulla gravità della ferita. Oltretutto, neanche tu hai una gran bella cera. Non hai neppure la sfortuna di doverlo verificare domani mattina allo specchio!”
“Già!” rise lui, senza però apparire minimamente felice “Affidarsi all’intuito è vitale se si è vampiri, anche quando si bada al proprio aspetto”
Buffy si unì alla risata, chinando il capo per nascondersi.
“Cosa?” Spike non aveva capito.
“La freddura! ‘Vitale’? ‘Per i vampiri’? Non l’hai fatta di proposito?” Buffy appariva delusa, ma nel contempo il sapere spontanea la battuta aumentava il suo divertimento.
“Ah… no” confermò lui, cercando di partecipare alla sua distrazione, pur avendo ben altri pensieri. Sospirò rumorosamente. “Suppongo di dovermene andare, allora. Meglio partire adesso che temporeggiare e magari ritrovarsi con qualche altra brutta sorpresa”
“Giusto.”
“Non ho neppure l’ingombro della valigia. Non c’è nulla di utile, qui… a parte il cuscino o i tappeti, ma quelli non posso portarmeli dietro”
Buffy gli fece eco con un sospiro fragoroso. La conversazione si stava spegnendo, la mezzora precedente era stata tremenda, nuovi pericoli erano sicuramente in agguato e gli occhi di Spike erano due torbide pozze di rimpianto. Le sue labbra si stavano tormentando, mentre non riusciva a risolversi a parlare.
“Quando tornerò” iniziò poi, sopprimendo l’insicurezza accennata prima “Tu ed io, saremo ancora…”
“Partners? Certo!” Buffy finì al suo posto, forzando un po’ di falsa allegria per contrastare la sua cupezza.
“… amici?” Spike rettificò, ripristinando un po’ del timore previo al suo prendere parola.
Buffy restò attonita alla sua domanda. Spike… un suo amico? Il solo pensarlo era strano, per usare un eufemismo. Eppure, visti i loro recenti trascorsi, il loro rapporto rassomigliava più di tutti quello d’una amicizia. Una vecchia amicizia, per la precisione. Quel tipo di amicizia disinteressata, forte senza essere forzata, che raramente si riesce sia a ottenere che a mantenere, che tollera le divergenze ed i contrasti in favore della stessa, poiché la si sa essere più importante.
Era una descrizione perfettamente calzante per la loro relazione. Pareva quasi assurdo, ma era così. Era davvero così.
“Sì. Saremo ancora amici”
“Perché prima hai detto che ti pesa badare a me, ed io non vorrei essere solo un peso” proseguì, senza poter alleggerire la pesantezza del suo tono.
“Non è vero. Non ero io, quella”
“Ma a te pareva d’esserlo, Buffy. Come fai a saperlo con sicurezza?”
“So che tu non sei un peso per me”
Spike esplorò preoccupato e un po’ tentennante i suoi occhi, temendo che avesse raccontato una bugia per rassicurarlo, ma vide solo limpida e rassicurante onestà. Ne fu più che grato, quasi estasiato: era come se lo avesse appena aperto, avesse sondato con zelo tutto l’interno e l’avesse accettato, con tutte le sue imperfezioni, tutti i suoi difetti. Fu per lui una sensazione nuova, nuova ed incredibile, da cui avrebbe faticato a riprendersi. Non era quella che aveva sempre sognato e che desiderava con ardore da anni, ma era comunque un meraviglioso regalo.
“Allora vado” annunciò, ancora ubriaco di esultanza, e si diresse verso la porta, proibendo all’emotività di uscire fuori dagli argini. Buffy lo seguì da presso, ansimante per la stanchezza ma anche svincolata dalla collera malsana di prima, che aveva vissuto così intensamente e realisticamente.
“Stai attento” la raccomandazione le scivolò sulla lingua.
 “Starò attento” promise lui, forzandosi a un atteggiamento compassato. Dopotutto, la stava per lasciare.
“Sarebbe utile se avessi un modo per aggiornarmi anche mentre sei via… ma apparentemente nemmeno i vampiri sono tipi da cellulare ed io non ne ho di scorta, a meno che-”
“Cercherò un telefono. Dimmi il tuo numero” Spike la interruppe: non poteva farsi scappare l’occasione.
“*************. Sei sicuro di riuscire a ricordartelo?”
“Ho una buona memoria”
“Bene. Suppongo che dobbiamo salutarci…” rilevò lei, lasciando trapelare il dispiacere dalla voce.
“Già… ci vediamo, Buffy”
“…presto?” soggiunse, ponendo un forte accento sull’importante parola.
“Be’, dipende da quando riesco a stanarlo. Se ci riesco, per inteso. Quelle bestie sono brave a non farsi trovare, se vogliono”
“Ok… ciao”
“Ciao…”
Spike esitò qualche secondo, il tempo di fissarsi in mente il viso della ragazza un’ultima volta, poi prese a incamminarsi.
Buffy incrociò le braccia, mentre sentiva la tristezza pervaderla nel guardarlo partire. Quel viaggio avrebbe potuto benissimo durare undici giorni: dopodiché, sarebbe stato direttamente faccia a faccia con quell’entità sconosciuta e non avrebbe più avuto modo di rivederlo. Certo, c’era possibilità che riuscisse a raccogliere informazioni in tempo, ma la carta da visita di quest’ultima, ‘la più grande minaccia a cui chiunque, uomo o demone, si fosse mai esposto’, faceva intendere che non ce ne fosse riguardo a una vittoria. In più, la questione del controllo metteva in discussione la sua, forse la loro incolumità anche in quel lasso di tempo. Perché anche lei…? Perché gli era legata oppure perché vi era, in qualche modo, direttamente coinvolta? Non ne aveva idea, ma in cuor suo sperava di non esserci dentro fino al collo, perché potesse far fede al suo impegno con Ryan, alla sua rinascita. Forse era stata un’allucinazione, forse non ci aveva davvero nulla a che fare, forse la partenza di Spike avrebbe davvero riportato le cose alla normalità, almeno per lei: perché in fin dei conti, per quanto affetto e compassione potesse serbare per Spike, la normalità era ancora quello che voleva.
Il barlume di speranza dato dall’ultima ipotesi la riportò sui gradini, ed infine a casa. 
   
 
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