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Autore: BlueButterfly93    14/09/2014    1 recensioni
(REVISIONE STORIA COMPLETATA)
MIKI: ragazza che, come il passato le ha insegnato, indossa ogni giorno la maschera della perfezione; minigonna e tacchi a spillo. È irraggiungibile, contro gli uomini e l'amore. Pensa di non essere in grado di provare sentimenti, perché infondo non sa neanche cosa siano. Ma sarà il trasferimento in un altro Stato a mettere tutta la sua vita in discussione. Già da quando salirà sull'aereo per Parigi, l'incontro con il ragazzo dai capelli rossi le stravolgerà l'esistenza e non le farà più dormire sogni tranquilli.
CASTIEL: ragazzo apatico, arrogante, sfacciato, menefreghista ma infondo solamente deluso e ferito da un'infanzia trascorsa in solitudine, e da una storia che ha segnato profondamente gli anni della sua adolescenza. Sarà l'incontro con la ragazza dai capelli ramati a far sorgere in lui il dubbio di possedere ancora un cuore capace di battere per qualcuno, e non solo..
-
Lo scontro di due mondi apparentemente opposti, ma in fondo incredibilmente simili. Le facce di una medaglia, l'odio e l'amore, che sotto sotto finiranno per completarsi a vicenda.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ubriaca d'amore, ti odio!'
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CAPITOLO 7
Filo da torcere per Peggy







«Se solo... Tu avessi parlato con i diretti interessati, all'epoca dell'accaduto, io non sarei stata costretta a ricorrere a questo, ora» anticipai, pensando ad alta voce e sospirai dopo aver seguito Peggy nella famosa aula dove avveniva la creazione e la stampa del "dolce journal". 

Aveva i muri sui toni del beige, tre scrivanie con sopra un computer, vari fogli sparpagliati e una lampada. La stanza, poi, era circondata da vari armadietti in legno e vetro. Di lato, accanto alla finestra era posta un'enorme stampante. Era quella l'artefice di tutti i pettegolezzi del Dolce Amoris. In me dominò subito l'istinto di appiccare il fuoco per bruciare ogni cosa presente in quello spazio in modo da non permettere per parecchio tempo la pubblicazione di quel maledetto giornalino. 

Nella mia testa cercai di riordinare i fatti legati alla verità che sarei stata disposta a raccontare per aiutare Castiel. Non avevo mai compiuto un gesto del genere per nessuno. L'aria di Parigi stava inquinando e intasando il mio cervello e soprattutto il mio cuore. Per scacciare quegli strani pensieri mi ricordai che il rosso fosse solo un mio amico e per gli amici solitamente si é disposti a fare qualsiasi cosa. Solo per quel motivo sentivo il costante bisogno di aiutarlo e di difenderlo, cercai di convincermi. Tra l'altro dovevo sdebitarmi per il caos generato dalla mia curiosità, il giorno prima. Castiel sarebbe diventato un mio caro amico, col tempo. Sì, era quello il posto spettante a lui nel mio cuore. Solo quello.

«Quindi?!? Seriamente? Sei venuta a disturbare il mio lavoro solo per farmi una paternale?» quasi mi rimproverò incrociando le braccia, sollevando le sopracciglia e fermandosi al centro della stanza.

"Frettolosa, la ragazza".

«Oh no, non avere tutta questa fretta. Ho qualcosa per te, ma io non dò niente se prima in cambio non mi viene dato qualcosa...» cercai di imitare le parole ed il tono di voce utilizzati da lei stessa qualche giorno prima; prima della catastrofe. E sorrisi furbamente. Castiel mi stava contagiando parecchio. Imitavo persino le sue espressioni, dannazione!

«Stai cercando d'imitare me, per caso? Ma lascia che ti confessi una cosa... Ci sono voluti anni prima di acquisire la sicurezza che ho io ora. Non é un lavoro per principianti, cara Micaela!» Imitò anche lei il mio sorriso deridendomi.

Sembrava stesse parlando di qualcosa di estremamente difficile e pericoloso, ma non era nient'altro che una sottospecie di ricatto ciò che faceva alla gente pur di avere i suoi dannati scoop. 

«Sí, certo come dici tu...» lasciai cadere il discorso. Non potevo tirare la corda più di tanto. Peggy mi serviva.

«Dai su, finiamola con i giri di parole. Vediamo cosa vuoi. Sputa il rospo!» gettò la spugna capendo che non l'avrei lasciata in pace.

«Dovrai ritirare ogni accusa fatta nei confronti di Castiel ed io racconterò la mia verità. Una verità che non conosce nessuno nè in Italia e nè in Francia» man mano che proseguii il discorso la sicurezza andò a scemare. Non ero poi cosí tanto pronta a levare parte della mia maschera. Stava accadendo troppo velocemente.

«Tzé... Dovevo immaginarlo» rispose scuotendo la testa. 

Iniziai a sudare. Forse Peggy non era ricattabile come pensavo. Infondo a chi sarebbe potuto importare della mia storia strappalacrime?!? Ero stata un'ingenua.

Ma non potevo arrendermi. Non ancora. Non prima di aver giocato tutte le mie carte.

«É una storia che non é presente neanche nel curriculum scolastico. O meglio... Di questa storia ne é presente solo una piccolissima parte» cercai di essere convincente.

Lei continuava a guardarmi con uno sguardo duro, al centro della stanza, con le braccia incrociate. Cosí mi giocai l'ultima chance di convincerla.

«Sai bene che non é stato Castiel a stuprare Violet. E qualora quest'ultima si convincesse a raccontare la sua verità, una denuncia per calunnia sarebbe assicurata per te, cara Peggy Lefevre» mi fermai per qualche secondo e poi sganciai l'ultima bomba «E... Credo che nessuna vera testata giornalistica -marcai su quel termine denigrando tacitamente il suo dolce journal da quattro soldi- rischierebbe di assumere una persona che ha giurato il falso in sede legale. Avresti il futuro segnato. Povera piccola giornalista squattrinata...» un sorriso soddisfatto disegnò il mio volto. Incrociai anch'io le braccia, fiera di essere nipote di avvocato.

«V-violet n..non d-denuncerebbe mai il suo vero stupratore...» vacillò mentre io riacquistai il coraggio. 

Finalmente ero riuscita a toccare il suo punto debole. Il suo futuro da giornalista. 

Per la prima volta fui orgogliosa del sangue della famiglia facoltosa che scorreva nelle mie vene. Disponevo della loro stessa audacia quando m'interstadivo. Lo sosteneva anche zia Kate.

«Oh sí che lo farebbe invece.. Sbaglio o non sta più insieme a quel ragazzo? Riuscirei a convincerla tranquillamente, sai che ne sono capace!» In realtà non ero più sicura come pochi istanti prima. Non ero neanche sicura di Violet, che non stesse più insieme a quello stronzo di ragazzo stupratore che si trovava. Eppure mentii utilizzando la stessa sicurezza avuta all'inizio della discussione. Se avessi vacillato un minimo, sarebbe stata la fine. Non potevo permettermelo. Non ora che Peggy aveva mostrato i primi cedimenti.

«Ascolterò prima ciò che hai da dire. Se sarà davvero un'esclusiva come sostieni leverò ogni mia accusa nei confronti di Castiel» anche Peggy aveva avuto informazioni sul processo, dopo quelle sue frasi ne fui ancora più sicura, altrimenti sarebbero state altre le sue risposte. Sapeva di quanto ancora non fosse tutto perso, per quel motivo era restia ad accettare il mio compromesso. Per una motivazione a me ignota voleva condannarlo a tutti i costi.

La notte prima, quando il rosso mi aveva spiegato com'erano andati realmente i fatti, avevo capito che Castiel non fosse ancora stato condannato in via definitiva. La sua causa, dopo la fase iniziale del processo, era stata archiviata a quindi sospesa a data da definire perché Violet aveva deciso di non testimoniare e le prove finite nelle mani dei giudici, fino a quel momento, non erano risultate schiaccianti. E avendo ricevuto, nel corso degli anni, altre denunce -non aveva voluto dirmi per cosa- era stato condannato ugualmente e provvisoriamente ai lavori socialmente utili. Ma se Peggy stessa avesse ritirato ogni tipo di accusa, i fatti sarebbero decisamente cambiati. Castiel sarebbe stato risarcito, non sarebbe finito in galera e di conseguenza non avrebbe avuto alcun precedente. Perlomeno non per quel reato. Il sistema penale francese funzionava in quel modo; avevo sentito zia Kate discutere con alcuni suoi colleghi o clienti parecchie volte. 

Quando fui sicura di non aver fatto un buco nell'acqua con il chiedere a Peggy di ritirare le sue accuse, mi ritenni pronta. Schiarii la voce con un colpetto di tosse ed iniziai a raccontare, per la prima volta in sedici anni di vita, dettagli sul mio passato alla persona sbagliata ma per una causa dannatamente giusta secondo il mio cuore. Sapevo che da quel momento ogni cosa sarebbe cambiata. Ma dovevo farlo per lui. Nessuno avrebbe dovuto temere Castiel, da quel giorno in poi. Sapevo che il rosso incuteva terrore a parecchi anche solo con la sua voce o la sua stazza, ma perlomeno dopo il mio contributo nessuno lo avrebbe temuto o tenuto a distanza per essere uno stupratore. Anche secondo lui quello era uno dei peggiori reati di cui si poteva essere accusati; era innocente e doveva essere scolpato a tutti i costi. 

Ricordare alcuni dettagli della mia vita passata fu tremendo e senza volerlo delle lacrime mi solcarono il volto. Stavo riaprendo delle ferite che avevo tentato di cucire e ricucire con le mie maschere. Iniziai a tremare impercettibilmente. E quando mi resi conto che potevano bastare quei fatti raccontati, decisi di fermare il racconto. Sollevai la testa che non mi ero accorta di aver abbassato e guardai la mia interlocutrice. Per tutto il tempo eravamo rimaste in piedi, al centro della stanza, immobili come se qualcuno ci avesse sotterrato i piedi con il cemento. 

«Bene, bene! Tutti si congratuleranno con me, domani, per aver scovato il passato di Micaela Rossi. Che bellezza!» batté le mani saltellando per l'eccitazione del momento. 

L'indomani avrebbe avuto un incremento di popolarità a mie spese. Risi amaramente, asciugando le lacrime. Ma andava bene così. "L'hai fatto per Castiel" continuavo a ripetermi nella testa mentre il coraggio e la forza stavano via via scemando. 

Lei tornò seria e finalmente disse ciò che volevo sentire uscire dalla sua bocca. «Fino ad oggi l'unica cosa scoperta su di te era il tuo nome di battesimo. Ho chiesto in giro, ho fatto le mie ricerche ma nessuno sapeva niente. La gente sa solo dell'enorme somma di denaro che possiedi come eredità. Incredibile. Quindi direi di sì, essendo sicura di avere l'esclusiva sulla tua storia, avrai in cambio il mio aiuto» tirai un sospiro di sollievo davanti alle sue parole. Ce l'avevo fatta. 

Peggy mi aveva fissata per tutto il tempo, aveva visto quanto raccontare quella storia mi avesse lacerata dentro eppure non le era interessato. Eravamo la cosa più lontanamente paragonabile a due amiche, ma umanamente io avrei reagito diversamente. Anche se avessi avuto davanti la mia peggior nemica mi sarei preoccupata per lei, ma evidentemente quella parola non esisteva nel vocabolario dell'aspirante giornalista.

«Ma ora dimmi la verità... Perché l'hai fatto?» mi chiese spiegazioni. Era da lei, farlo. 

E senza volerlo, senza capirne il motivo, mi sentii avvampare. Non risposi a quella sua domanda, finsi di non aver capito aggrottando la fronte. Non parve essere preoccupata per me, ma più che altro sembrava essere alla ricerca di altri scoop. 

«Perché ci tieni così tanto a Castiel? Vi conoscete soltanto da un mese. Cosa ti ha fatto?» insisté. Non conosceva la parola "arrendersi" ed io non conoscevo più alcuna parola, invece. Ero diventata muta. 

Il mio volto andò a fuoco maggiormente e lo abbassai iniziando a torturarmi le mani per il forte nervosismo crescente sempre di più nel mio corpo. Non volevo, non dovevo avere quella reazione. Maledizione!

«O mio Dio! Ti piace davvero Castiel Black?» 

Alzai di scatto la testa e sgranai gli occhi dinanzi a quell'insinuazione. Una strana sensazione s'insinuò nel mio stomaco. Non sapevo cosa mi stesse prendendo. Non sembravo più essere la persona decisa e sicura entrata quindici minuti prima in quella stanza, quella persona che aveva messo in difficoltà Peggy sembrava essere la bella copia della Miki insicura e muta di quel momento. Lei di tutta risposta si mise una mano davanti alla bocca in segno di stupore e mi fissò con gli occhi spalancati peggiorando la mia situazione. 

«Pensavo ti piacesse il segretario del...»

«Ma insomma, BASTA!» sbottai sorprendendo sia me che lei. 

Quelle non erano le reazioni di una persona sana di mente. Sembravo bipolare. Un minuto urlavo, un minuto mi ammutolivo e il minuto dopo sbottavo. Se avessi continuato ad avere quei comportamenti avrebbero dovuto rinchiudermi in una clinica specializzata. Ma avevo sentito abbastanza, anche troppo, per quella mattina e quell'ultima insinuazione mi aveva fatta esplodere. Doveva smetterla d'infilarmi nei guai, smetterla di tirarmi dalla bocca parole non dette. Era insopportabile quella ragazza. 

«Non mi piace nessuno. N E S S U N O» pronunciai lettera per lettera affinché si mettesse bene in testa quel concetto. Mi aveva stancata quel suo continuo ficcanasare.

Il mio improvviso momento di nervosismo e mutismo era ufficialmente giunto al termine.

«Odio che vengano punite persone innocenti per fatti non commessi. E poi... Castiel è l'unica persona che mi è stata vicina, a suo modo, dal mio arrivo a Parigi. Può essere la persona più arrogante, più scorbutica esistente al mondo ma non sarebbe capace di violentare nessun essere umano. Lui... Non è il mostro di cui voi vi divertite tanto a parlare. E questa storia deve finire. Per questo motivo oggi stesso, tu ed io, ci recheremo in caserma e vedremo di fare il possibile per ritirare ogni tua accusa nei suoi confronti. STOP!» m'imposi gesticolando e diventando rossa in volto per la rabbia. 

Doveva smetterla di ricercare scoop ogni minuto. Ma soprattutto doveva smetterla di mettere me al centro dell'attenzione di tutta la scuola. 

 



Castiel

«E un'ultima cosa... non sono venuta in questa città con la fissazione di trovarmi un ragazzo. Quindi mettitelo bene in testa...» Miki si avvicinò lentamente verso la pettegola e con il dito indice picchiettò sulla testa di Peggy «a me non piace nessuno. Né Castiel; né Nathaniel!» scandì bene le parole e si allontanò da lei proseguendo verso la porta per uscire.

«Quando termineranno le lezioni ti aspetterò qui davanti. Non pensare di svignartela. A dopo!» 

Quando fu sul punto di aprire la porta scattai e corsi a chiudermi dentro il bagno dei maschi per non essere scoperto. Non era da me seguire le ragazze e origliare le loro conversazioni eppure l'avevo appena fatto. Quando mi aveva salutato quella mattina, dopo la notte trascorsa nel liceo, c'era stato qualcosa di strano nel suo sguardo... Come se mi stesse nascondendo qualcosa, e nello stesso tempo come se si stesse per mettere nei guai; in parte era stato così. Il mio intuito si sbagliava rare volte. 

Io non le piacevo. L'aveva detto esplicitamente poco prima. 
Ma neanche lei mi piaceva. E allora perché me ne stavo lì chiuso in quel bagno ferito nell'orgoglio a pensare e ripensare alle sue parole? Non avevano senso i miei pensieri. Stavo perdendo colpi. 

Eravamo quasi amici come ci definiva lei. A me andava bene così; eppure quel bacio, la sua vicinanza, il suo profumo non mi erano stati indifferenti. E inevitabilmente ne avrei voluto ancora. Insomma... Se fossimo stati quasi amici con benefici, non mi sarebbe dispiaciuto. Non mi sarebbe dispiaciuto poter sfiorare la sua bocca, poter toccare lei ogniqualvolta ne avessi avuto voglia. Ma non dovevo, non potevo, non con lei. Era dannatamente pericolosa per il mio cervello. Era l'unica ragazza capace di tenermi testa e più che altro era l'unica a cui io lo permettevo. Dopo Debrah nessuna aveva avuto il privilegio di potermi insultare, deridere neanche bonariamente e invece Miki sì. Non riuscivo a spiegarne il motivo, eppure mi divertiva quel nostro continuo battibeccarci. E più di tutto adoravo stuzzicarla, farla innervosire anche con poco. 

Scossi la testa. Sollevai gli occhi al soffitto e sbuffai. Dovevo smettere di pensarla. Presi il cellulare dalla tasca posteriore dei miei jeans e composi un messaggio. Avevo bisogno di distrarmi. 


A: Ambra

Ti aspetto nel bagno dei maschi. Fai presto


Inviai subito. Ambra era un'ottima fonte di distrazione quando usava la bocca per fare altro e non per parlare. Una bella scopata di prima mattina era ciò che mi serviva per togliere labbra morbide, occhi da cerbiatto e fisico da urlo, dalla mia testa. Miki. Lei doveva sparire, doveva restare solo un lontano ricordo. 

Eppure stava facendo tanto per me. Questo non potevo negarlo. Inizialmente, quando avevo deciso di seguirla quella mattina, ero arrivato a pensare che fosse andata da Peggy solo per far sapere a tutti del nostro bacio. Poi mi era bastato avvicinarmi alla porta per capire quanto in realtà Miki fosse una persona d'animo buono. Io non meritavo neanche la sua amicizia. Aveva deciso di rendere pubblica la sua storia, mai raccontata prima, pur di far ritirare a Peggy le accuse nei miei confronti. 

Nessuno aveva mai fatto un gesto del genere per me. E per un attimo ebbi la malsana idea d'irrompere nella stanza per fermarla, per non permetterle di rendere pubblica una parte dolorosa del suo passato; ma poi un flash mi fece ricordare e bloccare sui miei passi. Debrah. Mi aveva dato amore, o almeno io m'illudevo fosse tale; aveva portato la luce nella mia vita monotona e solitaria ma all'improvviso aveva deciso di riprendersi tutto ciò che di positivo poteva esserci dopo di lei. Si era ripresa indietro tutto il bene con gli interessi. Mi aveva distrutto. E come lei, tutte le ragazze, tutte le persone, sapevo che prima o poi se ne sarebbero andate. Anche Miki l'avrebbe fatto. Lei non era diversa. Non meritava la mia compassione o protezione. Lei aveva contribuito a riaprire quella parte buia del mio passato e di conseguenza avrebbe dovuto assumersi le sue responsabilità. Aveva la sua testa per ragionare e qualora si fosse messa nei guai ne sarebbe dovuta uscire da sola. Non dovevo proteggerla. Non potevo, ne andava del mio orgoglio. Così bastò quel pensiero per far finta di non aver mai ascoltato la conversazione tra lei e Peggy. Lasciai ogni cosa al suo corso. Non ero neanche sicuro che avrebbero permesso di ritirare le accuse della giornalista...

Poi una voce stridula irruppe nella solitudine delle mie riflessioni «Cass...» 

La mia fonte di distrazione era appena arrivata. 

"Miki non è nessuno".

E con quell'ultimo pensiero rivolto a lei, mi liberai totalmente la mente pronto per concedermi al piacere fisico.

 



Miki

Castiel sembrava essersi dileguato nel nulla dopo la notte passata al liceo. Durante l'ora di letteratura 
-precisamente la seconda ora di lezione- il banco accanto al mio era ancora vuoto. Mancava anche Ambra. Era impossibile non collegare la loro assenza, fare due più due, ed era intollerabile pensarli insieme, magari nella stessa stanza in cui io e lui avevamo passato la notte. Immancabilmente arrivarono le fitte al cuore e allo stomaco. Dovevo smetterla di pensare al rosso costantemente. Stavo diventando patetica, lui era il mio quasi amico. Solo quello.

«Signorina Rossi vista la sua diligenza nell'ascoltare la lezione di oggi, può essere così gentile da spiegare ai ritardatari cosa abbiamo detto finora?!?» mi prese in giro la professoressa. Alzai il volto di scatto e sgranai gli occhi guardandomi intorno, incredula.

Castiel ed Ambra erano appena entrati in aula insieme, non avevano neanche avuto la decenza di risistemarsi e di entrare separati. Era palese cosa avessero fatto, visti i capelli scompigliati di lei e l'espressione soddisfatta del viso di Castiel, automaticamente mi apparì una smorfia disgustata sul volto. Quando poi il rosso prese posto di fianco al mio il disgusto aumentò e dovetti allontanarmi da lui per il senso di nausea provato nel sentire il suo odore. Non odorava più di Castiel, non odorava più di buono, odorava di un'altra. Di Ambra. Volevo scappare.

«Allora? Stiamo ancora tutti aspettando...» richiamò la mia attenzione, nuovamente, la professoressa. 

Non avevo proprio idea dell'argomento trattato quel giorno, nella mia testa vorticavano solo immagini di Castiel ed Ambra avvinghiati. Che schifo! 

Cercando di eliminare quelle immagini dalla mente mi guardai intorno e presi spunto da un libro aperto sul banco affianco al mio, quello di Iris, per capire cosa stesse spiegando la professoressa. Fortuna volle che quel giorno stesse facendo una carrellata degli autori europei più importanti e in quel momento le pagine del libro di Iris erano posizionate proprio sugli autori italiani, precisamente su Alessandro Manzoni. Spuntò un sorrisetto furbo sul mio volto e poi guardando dritta negli occhi la professoressa le ripetei qualcosa su quell'autore conosciuto come le mie tasche.

«Per questa volta ti è andata bene, sei molto preparata sull'argomento sebbene tutti sappiamo non stessi seguendo la lezione. Comunque d'ora in poi evita di distrarti, altrimenti sarò costretta a metterti una nota disciplinare sul registro» mi rimproverò giustamente la professoressa. Annuii senza rispondere.

«Secchiona» ovviamente non poteva passare inosservato a Castiel il mio breve intervento di qualche istante prima, che quindi aveva ben pensato di stuzzicarmi con le sue battute che però non avrebbero ricevuto risposte per quel giorno. Ero ancora nervosa con lui. Infatti mi limitai a guardarlo di sbieco, incrociai le braccia poggiandomi allo schienale della sedia e spostando lo sguardo verso la professoressa cercai di seguire la lezione. 

«Hai il ciclo per caso?» continuò il rosso punzecchiandomi il braccio con una matita. Ovviamente non poteva starsene buono ed in silenzio in un angolo. 

«Ehi bella bionda?!? E' con te che sto parlando...» 

«E no eh... Tutto ma non bionda!» quasi urlai tant'è che la professoressa mi lanciò un'occhiataccia rimproverandomi con lo sguardo. 

«Allora è vero...» lasciò la frase in sospeso.

Mi voltai verso di lui, irritata, per cercare di capire cosa intendesse e lo trovai con il suo solito sorrisetto impertinente. Aggrottai la fronte.

«Cosa?»

«Che sei gelosa perché hai capito cosa è successo tra me e Ambra» spiegò ovvio senza mai abbandonare quel ghigno sul suo viso.

Un colpo tra il cuore e lo stomaco mi fece sussultare. 

«Ma figuriamoci... Puoi fartela tutte le volte che vuoi».

"Sì, certo".

Con un altro sorrisetto e uno sguardo di troppo fece cadere lì il discorso e lo ringraziai mentalmente.

-

Durante l'intervallo ebbi modo di riflettere, essendo sola, e ritenni giusto scusarmi sia con Violet -per aver riaperto le sue ferite- che con Nathaniel per esser stato messo in mezzo a quella storia in cui apparentemente non c'entrava nulla. 

Iniziai da Violet. 

«Mi accompagni in bagno?» trovai una banale scusa per approcciarmi a lei.

Era chinata sul foglio, a disegnare come ogni giorno durante l'intervallo, quando mi vide nascose subito il contenuto del disegno, dopodiché mi guardò truce ma accettò senza parlare. Era timida ma gentile. 

Ci avviammo verso il bagno sotto lo sguardo incredulo della maggior parte della classe. Pensavano di aver davanti le due vittime di Castiel. Che sciocchi. 

Mi schiarii la voce «ehm... volevo scusarmi con te. Sai, per tutto il discorso dell'articolo uscito sul giornalino. Ma... Definivano Castiel come un mostro ed io volevo capirne il motivo, eppure tutti continuavano a nascondermi cosa ci fosse dietro a quell'appellativo... Così ho chiesto a Peggy che ha ben pensato di rispondere alle mie domande con un articolo. Io non potevo immaginarlo.. Non sapevo ci fosse dietro una storia così seria, che ci fossero in mezzo altre persone, tu e...» 

mi bloccò prendendo la parola «N-no... n-non devi scusarti, non potevi sapere cosa c'era dietro...» timida posò la sua piccola mano sul mio braccio per fermare la mia camminata. 

Restammo fuori dalla porta del bagno, in un angolino, dove avremmo potuto parlare tranquillamente. 

«Castiel non è una persona cattiva» sussurrò con il volto basso. Mi sembrò di vederla arrossire. Se non fossi stata ad una distanza ravvicinata, non l'avrei sentita. Mi stupì per quella confessione. Pensavo ci mettesse più tempo nel dichiararmi la verità.

«Lo so, so tutto» restò sorpresa davanti alla mia asserzione. 

«C-come?» mi scrutò con i suoi occhi pieni di timore.

«S-sì... Ho parlato con Castiel e...»

«Come? Lui ti ha raccontato tutto?» mi frenò incredula. 

In effetti Castiel non era tipo da svelare così presto dettagli sulla sua vita ad una persona qualunque.

«Sì, ma non è questo il punto. Dovevi dire la verità su chi fosse il tuo vero stupratore, Violet. E ancora sei in tempo per farlo, se vuoi. Chi ci fa del male deve pagare. Non può girare a piede libero mentre continua a combinare chissà cosa!» tentai di aprirle gli occhi e posai una mano sulla sua spalla in segno di sostegno. Se avesse avuto bisogno di qualcuno avrebbe potuto contare su di me. Non eravamo amiche, ma era una persona buona ed indifesa, doveva essere aiutata nel percorso dell'eventuale confessione. 

«T-tu non sai niente!» alzò il tono di voce, si scostò dal mio tocco e si voltò per allontanarsi da me, da una verità scomoda. 

«Tu non stai più con lui, vero?» non volevo pensare che dopotutto stesse ancora con una persona del genere. Ma dovetti farlo, la sua reazione mi portò a sostenerlo.

«Lasciami stare» si voltò nuovamente verso di me con un'espressione furibonda sul volto. Non sembrava più la Violet indifesa e timorosa anche solo di parlare, quella era una versione nuova di lei. Non sapevo come approcciarmi, volevo aprirle gli occhi. Era difficile.

«Io capisco che sei stata innamorata, capisco la tua fragilità, ma non puoi giustificare un atto del genere. Ti prego Violet, ragiona!» sapevo di essere insistente, ma doveva capire. 

«I-io non volevo passare alla fase successiva, non mi sentivo pronta. Discutevamo da qualche settimana su quell'argomento. Ma quel giorno era diventato insistente, i suoi baci, i suoi tocchi lo erano. Eravamo in un vico buio, io non volevo, mi allontanavo, cercavo di scostarmi dalle sue mani ma lui era più forte. Quando partì il suo primo schiaffo e quando sbottonò i pantaloni, mi abbandonai, capendo che era finita non mossi più un muscolo. Sentivo solo dolore dappertutto» mi confessò d'un tratto dopo essersi riavvicinata a me. Con lo sguardo vuoto posato su un muro stava immaginando chissà quali ricordi. E poi si sciolse in un pianto silenzioso. Era inevitabile non farlo. Mi sentii quasi colpevole di averle fatto rievocare momenti della sua vita passata.

Ma decisi di non parlare. Non le sarebbe servito un "mi dispiace", l'aveva sentito troppe volte. Sarebbe stato inutile. Mi avvicinai ancor di più al suo corpo esile e sebbene non avessimo alcuna confidenza l'abbracciai stretta. Era di qualche centimetro più bassa di me, in quel momento parve ancora più indifesa. Volevo mostrarle la mia vicinanza e lei per un attimo l'accettò. 

«Non posso denunciarlo. Ciò che è successo è stata solo colpa mia» si allontanò dalle mie braccia.

«No, tu...»

«Dovevo scappare, ma non l'ho fatto, da codarda ho aspettato che qualcuno agisse al posto mio e quando Castiel mi ha trovata per caso, lui è scappato. Non mi ha guardata neanche più in faccia. Avrei solo dovuto accettare di concedermi a lui, una settimana prima, e tutto sarebbe stato normale. Noi staremmo ancora insieme, magari» non poteva colpevolizzarsi ancora, non doveva. Stava delirando.

«Violet...» non mi lasciò finire, ormai era persa nei ricordi, nei suoi tormenti, nei suoi pensieri, non riusciva neanche a vedermi. Non si rese conto neanche di star confessando a me il suo passato.

«Da quel giorno non ho più avuto sue notizie, è scappato da Parigi. Neanche i suoi amici sapevano dove fosse finito quando li ho chiamati, un anno fa. Avrei voluto affrontarlo ma non me l'ha permesso. Quindi per rispondere alla tua domanda di prima: direi di no. Non sto più con lui.» 

«E non pensi sia un bene non stare più insieme ad una persona del genere? Se ti amava realmente ti avrebbe aspettata, senza approfittare di te. Apri gli occhi, Violet» quasi le urlai in faccia e lei sussultó. Non volevo spaventarla ma solo farle vedere la verità con occhi diversi, estranei dal suo amore accecante nei confronti del suo ex-ragazzo. Fu lì che prese conoscienza di avere un'altra persona davanti oltre lei stessa e i suoi ricordi.

«Tu non puoi sapere se mi amava realmente o meno. Tu non c'eri quando mi guardava, non c'eri nei nostri momenti. Io c'ero. Solo io posso conoscere il bene che mi ha fatto. Nessun altro. Nessun altro sa cosa provo da quel giorno, la delusione per me stessa, il cercarlo per le strade ma non trovarlo mai. Solo io so... Nessun altro sa» e con quelle parole che le spezzarono la voce scappò senza permettermi di ribattere. 

Incredibile, ma vero... Lei lo amava ancora.
 

*****

Quando quel giorno di scuola giunse al termine tirai un mezzo sospiro di sollievo. Mezzo perché la mia giornata ancora non si era conclusa, anzi la parte più importante doveva ancora pervenire. Sapevo che Peggy non aveva ancora concluso il suo lavoro, così decisi di recarmi in aula delegati per poter parlare finalmente con Nathaniel. Anche lui lasciava la scuola circa un'ora dopo rispetto ai normali studenti. Dovevo chiarire la questione del giornalino sebbene l'ultima nostra conversazione non si era conclusa in maniera troppo piacevole, quella mi parve l'occasione ideale per farlo. 

Quando arrivai a destinazione la porta era socchiusa e sbirciando notai -con non troppo piacere- che Nathaniel si trovava in compagnia dell'altra segretaria delegata, Melody. 

Lui intento a controllare dei fogli, lei intenta a controllare lui. Quando si avvicinò maggiormente a lui, accorciando le distanze e pronunciando il suo nome capii volesse parlargli, così decisi di origliare la conversazione e nello stesso tempo di sbirciare dalla porta socchiusa. Sapevo che quel gesto non fosse segno di buona educazione, ma sentivo il bisogno di capire il loro genere di rapporto ed essendosi presentata l'occasione, l'afferrai al volo. 

«Nath... Tu mi piaci, lo sai.»

"Wow che bell'inizio di discorso, ad effetto proprio, complimenti!"

«Siamo amici, Mel...» gli ricordò lui con tono grave senza degnarla di uno sguardo e quindi mantenendo il volto chino sui fogli.

«Beh, no... Tu non sei solo un amico per me e vorrei tanto tornassimo quelli di un tempo, vorrei fossimo qualcosa di più. So che anche tu lo vuoi» lei pendeva dalle sue labbra. Lo guardava con sguardo di adorazione. Come faceva a non capire che invece lui non fosse minimamente interessato?

«Ti ho già chiarito questa cosa un miliardo di volte, Mel, io non provo nulla per te... Non più. Fino a qualche giorno fa andava bene anche a te. Non so cosa tu abbia frainteso, ma è questa la realtà. Mi dispiace!» finalmente si era degnato di alzare lo sguardo e posarlo su di lei. Non parve neanche un minimo dispiaciuto. La sua espressione di freddezza mi fece rabbrividire. Insomma stava pur sempre dando un due di picche, non poteva reagire in quel modo. 

«Ma cosa dici? Eh?» Melody iniziò ad urlare terminando la sua pazienza dopo le parole di lui «quando mi baciavi non pensavi fossimo amici, fino a un mese fa uscivamo insieme quasi tutte le sere e mi tenevi la mano anche in pubblico. Questo lo chiami fraintendere, tu?» le si spezzò la voce. Quasi mi dispiacque. 

Quindi era come immaginavo. Nathaniel e Melody non erano due semplici amici. Sebbene non mi restò indifferente, la notizia non mi sorprese. 

«Ehi non urlare, potrebbero sentirci... Prova a calmarti!» il suo tono calmo e indifferente si contrappose a quello estremamente nervoso di Melody. Lo avrei preso a calci. 

Nathaniel era perennemente preoccupato dell'immagine di se stesso che avrebbe potuto dare alla gente. Non voleva fare pessime figure, voleva mostrarsi sempre preciso e perfetto, come un robot senza alcun tipo di sentimento e di conseguenza gli altri erano come trasparenti. Si percepiva da lontano un miglio quanto Melody stesse soffrendo per le sue parole, ma a lui continuava a non importare.

«Oh no, no caro mio. Io urlo e grido quanto voglio. E sai una cosa? Vorrei tanto che quella mezza prostituta della Rossi sentisse quanto sei bugiardo. Da quando è arrivata lei non rispondi alle mie chiamate e ai miei messaggi, non mi calcoli, non mi sfiori, non esci con me. Ti sembro stupida? Ti sembra che non vedo il modo in cui la guardi? Ma sai una cosa? Quella ha pesci più grandi da prendere. Lei non ti calcola minimamente. È troppo troia per te!»

Fu lì che non vidi più. Le mie orecchie avevano sentito troppo. Senza riflettere ulteriormente e senza far caso al fatto che avesse praticamente rivelato una specie d'interesse di Nathaniel per la sottoscritta, spalancai la porta ed entrai urlando verso quella ragazzina con il bisogno incessante d'insultare un'altra per conquistare il ragazzo dei suoi sogni. Patetica! Ed io mi ero persino dispiaciuta per lei, poco prima. Non meritava la mia compassione.

«Perché non ripeti davanti a me gli insulti che mi hai fatto finora? Troppo facile sparlare alle spalle!» 

«Vai in giro con vestiti che sembrano esser stati rubati ad una prostituta. Ma questa non è una novità neanche per te o sbaglio?!?» sorrise sfidandomi. Non aveva ancora capito niente.

«Sempre meglio una che si veste come me piuttosto che come te... Una santarellina che va in giro ad elemosinare un ragazzo. Patetica! Sei talmente convincente e sicura di te stessa da aver bisogno d'insultare me per avere un po' di attenzione da parte del ragazzo che ti piace. Ora se permetti, dovrei parlare con Nathaniel. Grazie, ciao!» finsi un sorriso finto e la salutai trionfante con la mano per invitarla ad uscire dalla stanza. 

Nathaniel restò da spettatore alla scena, non prese le parti di nessuno. Ovviamente. Non sia mai... "se fosse passato qualcuno e avrebbe visto il segretario delegato scomporsi, sarebbe stata la fine" pensai sarcasticamente.

«Non ho nulla da invidiarti. Nath è mio!» mi guardò con sguardo truce aggrottando la fronte. Sembrava quasi una bambina per le frasi appena uscite dal suo becco. Ed io, invece, scoppiai a riderle in faccia. Non riuscii a trattenermi. 

«Guarda, detto tra me e te...» mi avvicinai a lei e accostando la bocca al suo orecchio, per evitare di farmi sentire dal delegato, le sussurrai «non ho nessuna intenzione di rubartelo. Anche se... valutando la vostra conversazione di poco fa, non sembra proprio che tu ce l'abbia in pugno. Forse potresti passare da me per imparare qualche tecnica di seduzione» conclusi deridendola e ammiccando. E facendole un occhiolino decisi di uscire di scena. Rimandai ad un altro momento le mie scuse a Nathaniel. Anche se, dopo la sua prestazione per un attimo valutai l'ipotesi di non fargliele proprio. Ero stufa di respirare la stessa aria di gente come Melody, pronte a giudicare il monaco dall'abito. E l'avevo lasciata lì, inerme alle mie spalle, incapace di ribattere il mio monologo. 

Quando uscii trovai Peggy proprio sulla porta intenta ad origliare la nostra conversazione. Sarei stata nell'ennesimo articolo del dolce journal. Lo capii dalle sue mille domande che susseguirono. Ormai una volta in più, una in meno, non avrebbe cambiato nulla; sarei finita in quel giornalino ugualmente. 

*****

Quella sera tornai a casa stremata per tutti i fatti accaduti durante quella giornata di scuola. Ma quantomeno ero soddisfatta per la sua conclusione. Dopo la fine delle lezioni Peggy non era scappata in un altro Continente per evitare il ritiro delle accuse a Castiel, ma si era recata con me in caserma. Dopo aver esposto le sue richieste agli addetti, questi avevano trascritto il suo volere in un verbale dicendole che l'avrebbero mandato in Tribunale e i giudici competenti del caso, l'avrebbero esaminato. Qualora Violet non si fosse decisa a testimoniare, la causa si sarebbe chiusa e Castiel sarebbe stato assolto. Ovviamente i tempi erano abbastanza lunghi per risentire avvocati, giudici e per riesaminare tutti i fatti, ma nel giro di qualche mese avremmo di sicuro scoperto se la richiesta fosse andata a buon fine o meno. 

«Micaela...» mi voltai verso quella voce inconfondibile. Non l'avevo sentita entrare.

«Ma tu non dovevi essere fuori città per lavoro?» 

«Abbiamo finito un giorno prima. Mi dispiace per te, la casa è stata a tua completa disposizione per poco tempo» si prese gioco di me, non poteva immaginare che in realtà non vedevo casa esattamente da quando era partita anche lei. Poggiò la piccola valigia sul pavimento dell'entrata e poi proseguì «a proposito... hai fatto la brava durante la mia assenza? Non hai combinato guai, vero?»

"Oh sì zia, tutto apposto. Ho solo litigato con una mezza psicopatica. Ho solo avuto a che fare con una ragazza vittima di stupro. Ho solo cercato di convincerla a denunciare ma non c'è stato verso. Ho solo baciato il ragazzo della valigia scambiata. Ieri notte sono solo rimasta chiusa dentro scuola con colui che quando viaggia fa la collezione di oggetti strani e perversi. Ho solo dormito insieme a lui. Ho solo chiesto una verità alla persona meno raccomandabile che ha ben pensato d'inventarsi varie storie su di me e d'inserirmi nel suo giornalino. Quindi sono solo finita nel giornalino più letto della scuola e ora tutti mi conoscono come la ragazza dagli intrallazzi amorosi. Ho solo scoperto che Castiel è stato accusato ingiustamente di essere uno stupratore. Ho solo dovuto raccontare la mia vera storia -per cercare di scolparlo- che uscirà domani su quel maledetto giornalino. Direi di no... non ho combinato guai, zia". 

«No zia, niente guai, tutto apposto!»






 



N.A.

In questo capitolo, nel revisionarlo, ho deciso d'inserire qualcosa in più sulla violenza fisica. Non volevo entrare troppo nei particolari in quanto è un argomento troppo delicato, ma nel mio piccolo volevo affrontare dei fatti che purtroppo accadono ogni giorno. Molte donne non riescono a confessare, come nel caso di Violet, restando nel silenzio e nel dolore. Molte poi si vergognano di raccontare la verità, ma non dovrebbero. Non si deve tacere davanti a maltrattamenti o violenze carnali, non si può tacere. Chi fa del male deve pagare; e non importa se è un marito, un fidanzato, una persona cara, chiunque sia è giusto che debba pagare. 

DENUNCIATE. NON SIETE SOLE. Ormai esistono tante associazioni, tante vittime con cui parlare, dove sentirsi capite. Quindi davvero, trovate il coraggio di denunciare anche solo quando c'è un campanello d'allarme. E parlo non solo della violenza fisica, ma anche dei vari maltrattamenti fatti da mariti deficienti ecc.. perché non ama, non vuole bene un uomo che picchia o che fa qualsiasi tipo di male fisico e/o psicologico. 

Non so se potrò inserire ancora qualcosa sul percorso/storia di Violet, vorrei tanto farlo, ma nella storia pubblicata nel 2014 non c'era più nessun riferimento oltre questo capitolo e quindi devo valutare un po' di cose prima, per capire come e se poterla inserire. Non vorrei lasciar cadere qui l'argomento perché è un tema troppo importante. Quindi vedrò. Può anche essere io decida di fare una One-shot su questo argomento. Comunque sia, per qualsiasi cosa, sarete avvertiti. 

Tra due capitoli verrà rivelato il racconto di Miki fatto a Peggy e quindi parte del passato della protagonista. Non è stato raccontato volutamente in questo capitolo. 

Ora vi saluto.

Alla prossima...

  
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