Playlist: Daughter – Youth (https://www.youtube.com/watch?v=VEpMj-tqixs).
All Thieves – Turn and turn again (https://www.youtube.com/watch?v=3M_vCxOiOeU).
The National – About Today (https://www.youtube.com/watch?v=Ef1nJWtkprU).
We used to be birds, but now we're monsters
Non servono più le stelle: spegnetele anche tutte;
imballate la luna, smontate pure il sole;
svuotatemi l'oceano e sradicate il bosco;
perché ormai nulla può giovare.1
1. Fear
C’era un istante, al mattino. C’era un istante, in
cui tutto era fermo, immobile, congelato. Non c’era niente,
in quell’istante, solo il passaggio dal buio
interno delle palpebre alla luce proiettata sul soffitto ingiallito.
Era un misero attimo, e tutte le volte Angelina faceva in tempo a
sperare che durasse
in eterno. Perché in quell’istante non
c’era dolore, non c’era sofferenza, non
c’era agonia, non c’era Fred. Ma quel momento tutte
le volte passava, e
tutto le precipitava addosso, di nuovo, sempre uguale, sempre
più pesante. Dolore, sofferenza, agonia, Fred.
Era così tutti i giorni, ma ciò nonostante era
impossibile per lei farci l’abitudine. Avveniva tutto in
fretta, prima che la parte consapevole del suo
cervello potesse intervenire e salvarla dall’illusione di un
torpore duraturo. Così, tutte le mattine si ritrovava
smarrita, schiacciata da un dolore
troppo grande.
Questa era la parte che tutti capivano, la parte che, nelle giornate
buone, poteva anche riuscire a raccontare ad una di quelle persone che
una volta erano
sue amiche e che ora apparivano solo volti sbiaditi dal tempo. Ma
c’era un’altra parte, un’altra
verità. Quel piccolo istante la mattina la spaventava.
Ogni volta che ricompariva il dolore, c’era una parte di lei,
sotto la patina di apatia che la circondava, che provava sollievo. La
verità era che la
sofferenza era l’unica cosa che la teneva ancorata a lui,
era l’unica cosa che le ricordava che era esistito davvero un
tempo in cui si svegliava
tra le sue braccia. La verità era che viveva nel terrore di
svegliarsi un giorno e accorgersi che quell’istante di
immobilità non finiva, per poi rendersi
conto di non ricordare più il suo volto.
C’era
stato un periodo in cui Angelina rifuggiva tutto
ciò che le ricordava Fred. I ricordi erano talmente vividi, vivi,
in lei che non poteva
sopportare nient’altro. Così, finito il funerale,
aveva apparentemente tirato una riga sulla sua vecchia vita: aveva
smesso di frequentare i luoghi dove
era stata con lui, aveva smesso di fare le cose che faceva con lui,
aveva smesso di frequentare, beh, praticamente chiunque; la
verità era che si era
rintanata nel suo letto, a vivere nei ricordi.
Ma questi avevano poi cominciato a sbiadire, gettandola nel panico. Un
giorno, per esempio, si era accorta per caso che non ricordava
più che cosa le
avesse detto Fred prima del loro terzo bacio. Il ricordo era vago,
appena accennato; non solo, erano anche passati giorni
dall’ultima volta in cui ci aveva
pensato. Quella era stata una delle isterie peggiori che
l’avessero mai colta fino a quel momento. Non poteva
permettere che dimenticasse, non poteva
permettere che lui scivolasse via da lei.
I ricordi erano tutto ciò che gli rimaneva di lui e lei
viveva nel terrore di perdere anche quelli.
2. Pain
Si svegliò di soprassalto,
le sue stesse urla che ancora le
rimbombavano nelle orecchie, le lacrime che le rigavano il viso.
Scalciò il lenzuolo, agitando
le gambe: non poteva sopportare di essere abbracciata, nemmeno da un
lenzuolo reso caldo dal sudore che lo impregnava. Si
rannicchiò su sé stessa, come a
voler occupare il minor posto possibile, i singhiozzi che la
scuotevano.
Non ricordava più il suo viso.
Una volta era in grado di vederlo, visualizzarlo, come se fosse
lì, a galleggiare di fronte a lei; ora era come sbiadito, e
più cercava di metterlo a
fuoco, più esso pareva dissolversi e scivolare via. Il
problema era che non era stato nemmeno doloroso, non in sé e
per sé: il dolore non era provocato
dall’assenza dell’immagine, il dolore, di un tipo
diverso, era provocato dal fatto che, evidentemente, volente o nolente,
il tempo stava lentamente e
lievemente lenendo le sue ferite e lei se n’era resa conto.
Era per questo che aveva ripreso a guardare le fotografie, aveva
ripreso a frequentare i posti che frequentava con lui, aveva ripreso a
fare, in solitudine
però, le cose che faceva con lui, ricercando Fred e la
consapevolezza della sua scomparsa in ogni dove, in ogni momento, in
ogni passo, in ogni respiro; e
soffrendo, soffrendo immensamente in questo vortice autodistruttivo dal
quale non voleva uscire.
È questo quello che accade in certi casi: non vuoi che il
dolore sparisca, perché il dolore è
l’unica cosa che ti rimane di lui. E così ti fai
male, sempre
più a fondo, e non importa che tu stia trascinando nel
baratro anche coloro che sono intorno a te. Anzi, importa, ma
ciò non fa che acuire la sofferenza
stessa, il che è necessario. È questo il punto
cruciale del dolore: chiede di essere sentito.2
Perciò, quel giorno, decise di rientrare nel luogo
in cui
aveva giurato di non entrare più e nella vita della persona
che aveva giurato non avrebbe più
neanche guardato.
3. Collision
La porta era aperta, nonostante fosse orario di
chiusura. Il campanello
che avvisava quando un cliente entrava nel negozio suonò
quasi impercettibilmente,
ma nelle orecchie di Angelina rimbombò come se fosse stato
un tuono. Poteva già sentire un groppo salire in gola,
l’eco di ricordi assopiti che si faceva
strada in lei. Chiuse gli occhi un istante, quasi assaporandoli.
«Che cosa ci fai qui?» chiese lui con un tono
stupito che mal celava una punta di aggressività.
Angelina guardò George qualche istante prima di rispondere,
e le bastò quello. Le bastò uno sguardo per
capire: c’era ancora in mezzo anche lui. Non le
fece piacere, ma non riuscì a non pensare che fosse giusto.
Era giusto che ci fossero ancora persone che soffrissero per Fred
così come stavano
facendo loro, non era giusto invece che il mondo proseguisse come se
nulla fosse.
«Sono venuta per vedere te».
George sollevò un sopracciglio, in attesa, ma Angelina non
proseguì.
«Mi era parso di capire» proseguì allora
lui «che non avessi intenzione di avere più a che
fare con me. L’hai reso piuttosto chiaro».
«Sì» ammise lei. «Ma questo
era… prima».
George sbuffò. «Se hai intenzione di farmi un
discorso sul fatto che la vita va avanti e che dovrei farlo anche io, e
che…»
«No» lo interruppe lei. «Non penso
nemmeno sia vero. Non sono venuta qui per te» aggiunse dopo
qualche istante. «Sono venuta qui per me».
George non rispose. Era una conversazione densa, fatta di pause e di
sguardi, ma nessuno dei due aveva fretta. Era come se vivessero ad
un’altra velocità
rispetto alle altre persone.
«Avevo bisogno di vederti» proseguì lei.
«Cioè. Avevo bisogno di vedere lui».
George capì all’istante, Angelina poté
percepirlo chiaramente; ma non la cacciò via, come si era un
po’ aspettata: dopotutto lei si stava approfittando di
lui. Ma forse anche lui aveva bisogno di approfittarsi di lei. O forse
no, a lei non importava, non in quel momento in cui le sembrava di
avere di fronte
Fred. Un Fred diverso, non il suo Fred, il che non faceva
però che sottolineare la sua assenza e renderla
più amara, proprio ciò che lei aveva ricercato.
Lui puntò la bacchetta contro la porta e Angelina
poté sentire il rumore del meccanismo che entrava in azione,
chiudendola.
«Andiamo» disse George, accennando con la testa
all’appartamento ai piani superiori.
«Perché lo fai?» chiese lei, aspettando
un secondo prima di avviarsi.
George scosse le spalle mentre lei gli passava accanto superandolo, poi
la seguì. «A volte mi fermo nel bel mezzo di una
frase, aspettando che lui la
completi» disse, atono, mentre salivano le scale.
«Ogni volta che qualcosa che una volta avrei trovato
divertente accade, il mio sguardo lo cerca».
Angelina non rispose, e cedette il passo per farlo passare avanti e
permettergli di aprire la porta.
«Sai» proseguì lui, mentre maneggiava
con il chiavistello. «Sono contento sia capitato a
lui». Lei si sentì raggelare. «Non avrei
mai voluto che lui
andasse incontro a tutto questo» concluse George, entrando
finalmente nell’appartamento.
Mentre gli odori che un tempo erano familiari la raggiunsero, Angelina
sentì gli occhi inumidirsi. Era tanto che non piangeva.
Poi varcò l’ingresso e si chiuse la porta alle
spalle.
4. Destruction
Due
persone che vivono un dolore simile, possono farsi forza a vicenda
e riuscire finalmente ad andare avanti; trovano sollievo nel vedere una
sofferenza
condivisa. Ma ciò non accade se nessuna delle due ha
intenzione di superare ciò che affligge loro. Si innesca un
meccanismo quasi irreversibile, in cui
l’uno trova sollievo nel dolore dell’altro e
acuendo il proprio. Ci si chiede ‘come stai?’ solo
per sentirsi rispondere male, perché una risposta diversa
non sarebbe accettabile.
Era in questo che erano finiti George e Angelina, tentavano di
distruggere loro stessi e l’uno con l’altro,
incapaci di affrontare un dolore troppo grande
in maniera sana. Così stavano assieme, raccontandosi ricordi
in modo doloroso, vivendo nel passato e nel presente allo stesso tempo,
senza volgere alcuno
sguardo al futuro, rimproverandosi ogni qual volta nasceva un istante
privo di tutte queste sensazioni.
Ogni tanto vi era qualche momento di chiarezza, qualche momento in cui
entrambi capivano che tutto questo era insano, ma non sapevano come
uscirne, né
volevano farlo sebbene avessero quasi dimenticato i meccanismi inconsci
che li avevano portati lì. Così, quando il
momento passava, ricominciavano le
litigate, i rimproveri, le accuse, solo per aumentare il dolore,
l’unica cosa che ormai sentivano.
«Quand’è che è
cominciato
tutto questo?»
«Quando ‘noi’ è diventato
‘io’».
We used to be birds, but now we’re monsters3
1: Ultima strofa di “Blues in Memoria” di
Wystan
Hugh Auden
2: “That’s the thing about pain: it demands to be
felt.” – Citazione da “The Fault in Our
Stars” di John Green
3: Frase dal twitter ufficiale della band Of Monsters and Men
– prima di chiamarsi così e prima di entrare nella
band, la cantante, Nanna, aveva un
progetto solista chiamato “Songbird”.
NdA:
La storia era stata concepita in maniera totalmente diversa e la prima
parte è stata scritta mille anni or sono, poi è
arrivato il blocco dello scrittore,
dal quale sono uscita (forse) oggi, nel momento in cui sto scrivendo
queste righe e ho concluso questa storia. Mi premeva dirlo.
Sinceramente non ne sono soddisfattissima in sé e per
sé, ma almeno sono soddisfatta per essere riuscita
finalmente a scrivere qualche cosa, anche se mi
pare palese che io mi sia arrugginita.
Spero vi abbia lasciato qualcosa.