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Autore: Marceline    14/09/2014    2 recensioni
Matt annuì e guardò in modo imbarazzato i tasti dell’ascensore che s'illuminavano uno dopo l’altro. Era abituato alla sua goffaggine e alle sue figure grezze ormai, ma quel ragazzo era davvero carino ed entrare come una palla da bowling dentro un ascensore non era propriamente il modo in cui avrebbe voluto attirare la sua attenzione.
Genere: Drammatico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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A Caterina, una delle migliori amiche del mondo.








Le porte dell’ascensore si stavano per chiudere, mancava solo un piccolo spiraglio. Il ragazzo corse, trasformando i suoi soliti passi lenti in grandi falcate, e si tuffò dentro quei cinque metri quadrati che erano l’incarnazione della sua salvezza. Tirò un sospiro di sollievo e solo dopo ciò si rese conto che non era solo in quella sottospecie di scatola.
“Ehm... Non potevo permettermi di aspettare il prossimo.” Mugugnò Matt, stringendo al petto il suo blocco da disegni.
L’altra persona, un ragazzo di circa la sua età, gli sorrise e gli fece l’occhiolino. “Nessun problema, sono spesso in ritardo anche io.”
Matt annuì e guardò in modo imbarazzato i tasti dell’ascensore che s'illuminavano uno dopo l’altro. Era abituato alla sua goffaggine e alle sue figure grezze ormai, ma quel ragazzo era davvero carino ed entrare come una palla da bowling dentro un ascensore non era propriamente il modo in cui avrebbe voluto attirare la sua attenzione.
“Mi chiamo Tony, comunque.” E porse la mano a Matt, che esitante lo guardava. La strinse con delicatezza e sentì sotto i polpastrelli che la pelle dell’altro sembrava irritata, con delle bolle, quasi come una dermatite.
“Matt.” Mugugnò quando si ricordò di uscire dalle sue ipotesi da pseudo-dermatologo.
“A che piano vai?”
“Ottantanovesimo.” Disse Matt, stavolta con più sicurezza. Azzardò anche a guardare Tony negli occhi e rimase sorpreso dal colore intenso di essi. Non che fossero azzurri o verdi, erano di un marrone chiaro, quasi mielato, ma erano sicuramente migliori di qualsiasi paio di occhi blu che Matt avesse mai visto.
“Uh, non sono mai stato all’ottantanovesimo, anche se io sono solo due piani più su. Di cosa ci si occupa lì ai bassi fondi?” Tony sorrise e Matt si chiese se alle otto e mezza di mattina una persona potesse sorridere così tante volte. Ma ricambiò il suo sorriso per essere cortese, nonostante fosse ancora solo a quota due caffè e ancora non troppo sveglio per azioni troppo complicate come scoprire i denti senza che il tutto sembrasse un ringhio.
“Ci sono alcuni studi di animazione.” E fece cenno verso il proprio blocco da disegno. “Io mi occupo di creare i personaggi e disegnare le azioni principali, a volte mi capita anche di scrivere qualche puntata.”
“Wow, devi essere bravo!” Disse con entusiasmo, sembrava quasi che stesse per battere le mani come un bambino. “Il mio lavoro è di gran lunga meno... creativo.”
“Fammi indovinare, avvocato?” Matt quasi non riusciva a credere di aver intavolato una buona conversazione con uno sconosciuto in soli ventitré piani.
Tony rise sommessamente, la lingua che faceva capolino tra i denti. Matt si concesse un’occhiata più lunga e seguì la mano affusolata di Tony che scompigliava i ricci che gli ricadevano sulla fronte, quasi a voler nascondere gli occhi.
“No, assolutamente, non sarei in grado di difendere me stesso, figurarsi qualcun altro. Sono laureato in fisica ma faccio tutt’altro, sono socio di una compagnia d’affari.”
“Beh, sicuramente guadagni più di un fumettista.” Le parole erano fuggite dalla bocca a Matt. Si morse la lingua e stava già elaborando una scusa per la sua indelicatezza quando Tony lo anticipò.
“Ci si annoia molto di più di un fumettista.” Gli sorrise di nuovo. “Siamo già al settantaseiesimo... che peccato.” Matt sentì le proprie guance infiammarsi e voleva scomparire dalla vergogna. Perché non era in grado di flirtare? Aveva le stesse capacità di quando era in terza media, e questo è tutto dire.
“Già. Beh, sono solo due piani in basso, se vuoi un gior--”
L’ascensore sobbalzò così forte che i due ragazzi furono scaraventati contro il soffitto. Matt sentì nitidamente il rumore del suo cranio spaccarsi da qualche parte e il sapore ferroso del sangue in bocca. Ma non ebbe nemmeno il tempo di chiedersi cosa stesse succedendo che furono di nuovo sbalzati a terra.
Matt si rannicchiò. L’ascensore s’inclinò verso sinistra e sentì il corpo di Tony rotolare verso quella parte. E poi il boato. Un boato così immenso da fargli tremare le ossa. Un rumore così forte e orribile da sovrastare i pensieri colmi di paura che gli urlavano nella testa. La testa gli faceva malissimo, sentiva tutti i capelli appiccicosi e la puzza del sangue lo portava sull’orlo dello svenimento secondo dopo secondo.
Quando tutto fu silenzio, quando iniziarono le urla d’aiuto, Matt sentì le corde dell’ascensore spezzarsi. Scivolarono giù di un paio di piani ma poi si fermarono: l’ascensore si era fortunatamente e precariamente storto ancora di più verso sinistra.
“Tony...” E si rese solo in quel momento che aveva gli occhi chiusi e aprendoli si rese conto che la luce era sparita. C’era solamente il quadro dei pulsanti tutto illuminato che donava un’aria giallognola a tutto. Ma Matt individuò facilmente il corpo di Tony immerso in una pozza di sangue.
Non si muoveva, aveva la testa infilata sotto le braccia, le gambe piegate con angolature strane e non decisamente umane. Matt strisciò verso sinistra ma l’ascensore si mosse, cadendo malamente di un altro piano. Il panico lo sovrastò e si rannicchiò nell’angolo vicino ai pulsanti illuminati, tremando violentemente.
Passò un’eternità di urla e pianti prima che Tony cominciò a muoversi. Matt avrebbe voluto aiutarlo in qualche modo, ma aveva capito che l’equilibrio dell’ascensore era molto critico e se si fosse mosso di mezzo passo, sarebbero precipitati fino a...
“M-matt?” La voce di Tony era meno di un sussurro, quasi si stupì di sentirla oltre le urla strazianti al di fuori dell’ascensore.
“Non muoverti!” Matt non avrebbe voluto suonare così disperato, ma la sua voce uscì così acuta e terrorizzata da spaventare lui stesso.
“Anche se volessi non credo che potrei... Le mie gambe sono ancora attaccate?” Tony aveva il viso premuto contro la moquette  e gli occhi erano chiusi. Forse non sentiva più le sue gambe e forse aveva paura che addirittura non ci fossero più. Matt le guardò di nuovo e non seppe capire quanto grave fosse il danno, ma di sicuro quello che aveva bucato il pantalone all’altezza del ginocchio destro era un osso.
“Sono attaccate, ma... Credo che la gamba destra sia rotta, la sinistra mi sembra apposto.”
“Mh, io non me la sento tanto apposto, ma almeno sento dolore.” Espirò dalla bocca e con il fiato venne fuori una quantità sostanziosa di sangue. Matt fu costretto a distogliere lo sguardo e puntarlo in alto, ma questo gli procurò una fitta pazzesca alla testa, dove più o meno doveva esserci la ferita.
L’ascensore continuava a emettere rumori strani, come se stesse gemendo anche lui poiché in preda alla sofferenza. Era insopportabile sentire tutti quegli scricchiolii e quelle urla provenire da ogni dove, così Matt si costrinse a parlare.
“Almeno senti il dolore? Ne sembri quasi felice.”
“Vuol dire che ho ancora la parte inferiore del corpo attaccata a quella superiore. Direi che ne sono abbastanza felice.” Tony faceva molta fatica a parlare, le parole gli si spezzavano in bocca e il fiato sembrava mancargli come se non avesse respirato per ore.
Sentirono il palazzo tremare, sentirono piani crollare e l’ascensore accartocciarsi. Sentirono parecchie urla in lontananza spegnersi tutte d’un botto. Sentirono il peso di metà del palazzo sulle loro spalle, e sapevano che non avrebbero retto a lungo. L’aria si era impolverata, l’ossigeno era poco e l’odore del sangue stordiva.
“Dovremmo fare rumore, battere contro le porte!” Matt aveva le mani strette a pungo, le lacrime che gli rigavano le guance e la paura che gli riempiva completamente il corpo.
“Credi che qualcuno possa sentirci?” Tony sembrava così calmo, così consapevole di ciò che era intorno a loro. Matt continua a negare, che era tutto impossibile, che si sarebbero salvati senza un graffio.
“Cos’è successo?” Matt cercò di assumere un tono calmo, stava iniziando a capire che iperventilare avrebbe fatto finire l’ossigeno prima. E sarebbe morto prima.
“Non lo so. So solo che ucciderei qualcuno per avere un sorso d’acqua.”
Matt cercò con lo sguardo la propria tracolla e la trovò a poco meno di due spanne da lui. Allungò il braccio e la prese, cercando la bottiglietta d’acqua che aveva riempito a casa quella mattina. Era tutta accartocciata ma stranamente non si era rotta. Bevve un sorso e poi la richiuse e la fece rotolare in direzione di Tony. La prese con la mano destra, totalmente insanguinata, e in qualche modo riuscì a bere senza staccare il viso da terra.
“Grazie, davvero. Credo di stare addirittura meglio.” Provò a sorridere ma tutto quello che ne uscì fuori fu una smorfia di dolore.
“Di nulla.” E l’ascensore si mosse di nuovo. Questa volta Matt poté percepire il vuoto sotto di sé e il che voleva dire solo una cosa: se fossero scesi ancora l’incrinatura verso sinistra sarebbe finita... e verso il suolo rimaneva solo una discesa dritta.
“Allora, quando hai capito di essere gay?” La voce di Tony lo fece tornare con la mente al presente e quando collegò alle sue parole un senso compiuto era quasi sconvolto.
“Non sono gay.” Borbottò, per poi guardarsi le punte delle dita delle mani. Fortunatamente, nel senso lato della parola, aveva perso abbastanza sangue da non poter arrossire.
“Oh, andiamo, ti sembra il momento di nasconderti? Sei chiuso in un ascensore, chi vuoi che lo venga a sapere?”
“Non mi va di parlare di questo.” Cercò di chiudere il discorso. Ma Tony non sembrava dello stesso avviso.
“Fammi indovinare...” Disse Tony. Lentamente si stava sollevando, aiutandosi con la parete alle sue spalle. Quando appoggiò la schiena e le gambe furono distese davanti a lui, continuò a parlare. “I tuoi non lo sanno, hai paura di quello che potrebbero pensare. Alle superiori hai avuto una storia tragica e segreta con il quarterback che ti ha ferito così tanto da chiuderti in te stesso. Ora ti senti fragile e credi che non potrai amare più nessuno in vita tua.”
“Non era il quarterback, nella mia scuola non si faceva rugby. C’era la squadra di baseball...”
“Allora era l’interbase?”
“Battitore.” Sbuffò in fine Matt.
“Bingo! C’ero andato vicino.”
“E tu invece? Aspetta, ora provo io.” Matt non sapeva perché, ma si era innervosito. “Capitano della squadra di palla a nuoto, fidanzato con la capo cheerleader, ma poi alla fine hai capito che l’unica che amavi era la tua dolce e timida vicina di casa e l’hai sposata. Ora non hai nemmeno trent’anni, una casa a due piani, tre figli e un cane.”
“Sbagliato.” Tony sembrava divertito e ciò infastidiva ancora di più Matt. Chi si credeva di essere? Solo perché era un riccone del novantunesimo piano e aveva la vita perfetta, ciò non voleva dire che fosse migliore di lui, piccolo fumettista gay che viveva ancora con i suoi.
“Non era palla a nuoto? Baseball anche tu?”
“Sinceramente non saprei dirti, non ho mai fatto sport scolastici. Facevo parte del corso avanzato di matematica.” Sembrava un misto tra soddisfatto e imbarazzato. “E hai anche sbagliato di grosso sulla mia vita coniugale: sono gay fino al midollo.”
“Oh.”
“Ma ci hai beccato con la casa a due piani e un cane.” Sghignazzò, ma tornò subito serio. “ Mio marito ha chiesto il divorzio dopo due anni e mezzo di matrimonio.”
“Mi dispiace.” Sputò subito fuori Matt. Tony fece spallucce e il sorriso gli tornò di nuovo.
“A me non spiace per nulla per lui, quel personal trainer per cui mi ha lasciato è molto più sexy di me.”
L’ascensore crollò ancora un altro po’, stavolta più giù delle altre volte. Vennero un po’ sballottati ma riuscirono entrambi ad ancorarsi al pavimento.
“Non credo sia possibile che sia più sexy di te.” Stava per morire, no? Tanto valeva dire quello che pensava.
Tony sistemò un po’ le sue gambe insensibili che si erano spostate e guardò Matt, come se anche lui avesse lasciato crollare le difese.
“Sei bravo a flirtare.” Disse Tony.
“Certo, come no.” Rise Matt. E rise davvero, di cuore. Non poteva crederci che in una situazione del genere si potesse ridere. Continuò a ridere per un pezzo, anche se la ferita alla testa gli mandava fitte lancinanti.
“Magari un giorno di questi possiamo uscire.” Disse Tony quando Matt finalmente finì di ridere.
“Sarebbe fantastico.” E si guardarono dritti negli occhi, tacendo quella verità che gli gravava sulle spalle.
L’ascensore lanciò l’ennesimo gemito di metallo e crollò, cadendo verso il basso senza freni. Matt e Tony furono di nuovo sbalzati verso il soffitto, ma con una violenza che non era per nulla comparabile alla prima, era milioni di volte peggio. L’urto aveva fatto uscire dai polmoni di Tony un urlo così forte da spezzare il cuore di Matt.
Matt allungò una mano verso Tony e la strinse. Sapeva che per l’altro ormai era troppo tardi per stringere la sua, ma il solo toccare la sua pelle lo tranquillizzò. E quando quella folle corsa giunse al termine, Matt era sicuro di stare sorridendo.





 


Per non dimenticare,
11 Settembre 2001.
  
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