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Autore: _Trixie_    14/09/2014    7 recensioni
[Seguito di Quattro volte in cui Emma e Regina furono felici e la quinta in cui non lo furono e Quando un cuore si spezza.]
«Io e Regina abbiamo un figlio da proteggere. Pensavamo sarebbe stato meglio andarcene, tornare a Storybrooke, se questo fosse stato ciò che Henry desiderava. Dopo quello che abbiamo saputo non lo lasceremo in un mondo pericoloso come questo, senza di noi. Ma quando non ci sarà più motivo di temere della sua vita, sarà lui a decidere se ci vorrà accanto o meno» rispose Emma.
Regina sospirò e chiuse gli occhi. Emma aveva ragione, ma non c’era motivo di parlarne in quel momento.
«Ma questo è il tuo mondo, tesoro, è la tua casa» rispose Biancaneve con un filo di voce.
Emma scosse la testa.
In quel momento, il grido di una donna squarciò l’aria.
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Altri, Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'This is your heart, can you feel it?'
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Seguito di Quattro volte in cui Emma e Regina furono felici e la quinta in cui non lo furono e Quando un cuore si spezza, (potete tranquillamente saltare le prossime quindici righe circa se avete una memoria migliore della mia e vi ricordate come era finita la scorsa storia ;D) che si era conclusa con Emma e Regina che, finalmente, scampano dall’isola di Euridice e tornano a Storybrooke.
Qui, grazie a Tremotino e Belle, scoprono che in realtà sono passati molti anni dal giorno in cui Emma bevve la pozione del sonno per raggiungere Regina, tanti che tutti, ormai, credevano che nessuna delle due donne si sarebbe mai più risvegliata.
Tremotino e Belle raccontano loro di come Mary Margaret e David abbiano avuto una secondogenita, Ethel e di come, poi, siano partiti con Henry per tornare a vivere nella Foresta Incantata.
Emma e Regina decidono di raggiungerli immediatamente, ma, prima che possano partire, fanno la conoscenza del piccolo Aiden, figlio di Belle e Tremotino, il quale confessa alla madre che “manca un cuore”.
Nella Foresta Incantata le cose per Regina e Emma non vanno come avevano immaginato e Henry, ormai cresciuto, si rifiuta di vedere o parlare con le sue mamme, accusandole silenziosamente di averlo abbandonato.
 


E con un ringraziamento speciale alla mia nostra evelyn_cla per il paziente betaggio, ecco l’ultima parte della storia,
buona lettura! ;D
 

 

 

Capitolo I
Per proteggere un figlio

 
 

Henry sentiva l’aria accarezzargli i capelli corti.
Il suo stallone correva, un guizzo di muscoli sotto di lui, e si slanciava, leggero sulle sue esili e forti zampe, attraverso il bosco.
Il mantello svolazzava sulle spalle di Henry, gli zoccoli che battevano ritmicamente sul terreno.
Henry lo ascoltò, il suo cuore divenne un tutt’uno con esso, un tumulto assordante nel quale perse la sua coscienza, lasciando che andasse alla deriva, trascinata dal sangue rombante nelle sue vene.
Abbandonò le redini, ma lo stallone sembrò non accorgersene. Erano uniti, cavallo e cavaliere, e Henry nemmeno sapeva come fosse possibile.
Il ragazzo impugnò il suo arco, estrasse una freccia dalla faretra appesa alla sella e la incoccò.
Tese la corda.
La sua preda correva di fronte a lui, instancabile e veloce, agile sul terreno accidentato. Ma Henry non aveva intenzione di demordere.
Cacciare. Cacciare era meraviglioso e inebriante. E il cervo che stava inseguendo quel giorno rendeva l’impresa ancora più piacevole. Era uno degli esemplari più belli che Henry avesse mai visto. Il ragazzo strinse gli occhi, riducendoli a due fessure. Osservò il cervo ancora per qualche secondo; i suoi movimenti affannosi e disperati, i muscoli tesi verso la salvezza.
Lo stallone di Henry, come a un muto comando del suo cavaliere, aumentò l’andatura, guadagnando terreno e affiancandosi al cervo all’aprirsi di un’ampia radura.
Il ragazzo scoccò la freccia. Un sibilo sinistro e un tonfo sordo fu tutto ciò che riecheggiò tra gli alberi nello scalpiccio di zoccoli.
Lo stallone rallentò l’andatura ancor prima che Henry afferrasse le redini e cambiasse direzione con un ampio semicerchio, portandosi accanto al cervo abbattuto tra i passi tumultuosi, e sovrastandolo con la propria ombra.
«Dritto al cuore» osservò Henry, cercando di eliminare dalla propria anima quel dolore lontano. 
E se chiese se il destino toccato in sorte al povero cervo non fosse in realtà il destino che attendeva tutti loro. 
 
«Non mi piace» commentò Regina, lo sguardo puntato verso il basso e le braccia a circondarsi il corpo. Emma le si avvicinò, appoggiando una mano alla balaustra del balcone della loro camera e una sulla schiena di Regina.
«Cosa non ti piace?» domandò, seguendo poi la direzione dello sguardo dell’altra donna. «Oh».
«I tuoi genitori dovrebbero darmi retta».
«Lo so. Non piace molto nemmeno a me, anche se…» Emma esitò, mordendosi il labbro inferiore e ripensando alla conversazione avuta con Biancaneve. «Forse… Forse stiamo solo amplificando le cose. Siamo nella Foresta Incantata, ogni cosa qui è diversa, Regina».
La donna dai capelli scuri si voltò, incrociando lo sguardo di Emma.
«So bene che qui ogni cosa è diversa. Questo non è bel mondo, Emma. Le sue leggi sono brutali e non hanno fatto altro che portarmi dolore e sofferenza. E hanno cambiato quella che ero» disse Regina. «Lo so che qui la vita è diversa, Emma, ed è per questo che non mi piace».
Emma sospirò, ma non rispose.
Entrambe tornarono a guardare verso il basso, dove Henry stava tornando da una battuta di caccia in compagnia di qualche altro ragazzo della sua età con i quali aveva stretto amicizia. Sul retro di un calesse di legno, un cervo abbattuto faceva bella mostra di sé.
Nei pressi del portone di ingresso, Henry scese da cavallo e David, in attesa, gli diede una pacca sulle spalle. Regina e Emma erano troppo in alto per poter sentire le loro parole, ma dai cenni non fu difficile intuire che il Principe stesse chiedendo della preda e di chi l’avesse abbattuta.
Henry annuì entusiasta e David lo abbracciò, prima che i due si avvicinassero al cervo per ammirarlo più da vicino.
Regina storse il naso.
«Dritto al cuore» commentò. «È stato colpito dritto al cuore».
 
Emma sospirò, osservandosi nello specchio a figura intera.
Indossava un paio di pantaloni attillati, di un grigio così scuro da poter essere confuso con il nero e un paio di stivali che arrivavano fin sopra il ginocchio dello stesso colore. Sopra, una semplice blusa bianca le aderiva al corpo a causa dello stretto gilet di cuoio che aveva appena finito di abbottonare.
Sospirò. Mancava solo un cappello da pirata e avrebbe potuto unirsi alla ciurma della Jolly Roger.
No, decisamente quei vestiti non facevano per lei.
Fece per spogliarsi e cambiarsi di nuovo, quando la mano di Regina fermò la sua.
«Stai benissimo, Emma».
La ragazza dai capelli biondi incrociò gli occhi di Regina attraverso il riflesso dello specchio.
«Questi vestiti… non mi sento a mio agio» si lamentò la ragazza. «Sono troppo… fiabeschi?»
Regina scosse la testa.
«Sei una principessa. Dovresti indossare tulle e seta, cinture di diamanti e scarpe di cristallo».
Emma fece una smorfia, ma non rispose.
«Quelli sono vestiti fiabeschi. Tu indossi pantaloni da uomo, una semplice camicia, e spero che sia almeno di chiffon, e troppo cuoio per una ragazza con i tuoi natali, Emma. E porti una spada in vita» commentò Regina, con un sorriso divertito.
«Chiffon?»
«Sei un’esponente della famiglia reale, cara, non puoi andartene in giro vestita con tessuti scadenti» rispose Regina, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
La donna lanciò un’ultima occhiata allo specchio, prima di sedersi sul letto con eleganza e far scivolare i piedi in un paio di scarpe d’argento.
Osservò Emma rovistare tra le cose  sparse sulla toeletta e Regina pensò che mai, in vita sua, avrebbe immaginato di dividere la sua stanza con la figlia di Biancaneve.
«Ah, giusto, le cose regali e tutto il resto» sospirò Emma, arrotolando i capelli e fermandoli con uno spillone sulla nuca. Sicuramente era di Regina, a giudicare dall’elegante R incisa su una delle due estremità, quella con una pietra incastonata.
A quanto pare gli elastici non andavano particolarmente di moda da quelle parti.
«Cosa ti aspettavi? Sei la figlia di Biancaneve e del Principe, sei l’erede al trono e la madre di un altro principe. Senza contare che stai con la legittima regina di questo regno» le fece notare Regina.
«Legittima? Non credo che mia madre sarebbe d’accordo».
«Ero la moglie di suo padre. Che le piaccia o meno, il trono è mio. Il fatto che non lo rivendichi, non significa assolutamente nulla» rispose Regina.
Emma si avvicinò alla donna e si sedette accanto a lei.
«Ti manca? Il potere, intendo».
Regina la guardò per un lungo istante. Forse era solo una suggestione, ma da quando erano arrivate nella Foresta Incantata, gli occhi di Emma sembravano di un verde ancora più intenso del normale.
E lei trovava sempre più difficile non perdersi in quelle schegge di colore.
«No» rispose infine Regina, con un sospiro. «Il potere non mi manca e non potrebbe aiutarmi. Non è del potere che ho bisogno».
Emma annuì, raggiungendo la mano di Regina abbandonata sul letto e stringendola.
«Ora va meglio, non credi?» domandò la ragazza, con un filo di voce.
Regina accennò un sorriso.
«Almeno riesce a guardarci negli occhi».
Henry.
Era di Henry che finivano sempre a parlare.
Non era facile vivere in quel castello, incrociarlo nei corridoi e vedere come lui non avesse alcun bisogno di Emma o Regina. Le sue spalle si erano allargate, la sua voce si era fatta più profonda e lo sguardo fiero. Del suo viso infantile non rimaneva nulla.
All’inizio si era rifiutato categoricamente di vedere Emma o Regina, ignorandole e fingendo che loro non fossero mai tornate, e per quanto Biancaneve insistesse perché, almeno, desse loro la possibilità di parlare, lui sembrava non voler sentire ragioni.
Ma poi, una sera, si era semplicemente presentato a cena allo stesso orario di Emma e di Regina, aveva accennato loro un saluto e poi si era seduto. Entrambe le donne avrebbero voluto alzarsi e abbracciarlo e dirgli quanto lui fosse importante, chiedere scusa, ma nessuno aveva osato muovere un muscolo.
Biancaneve aveva riempito l’aria con la sua voce leggera, mentre si occupava di Ethel, chiedendo al ragazzo della sua giornata. Henry aveva risposto pazientemente, ma tutti, in quella stanza, sapevano che Biancaneve lo stava facendo solo per permettere a Emma e Regina di avere uno scorcio della vita del figlio. Entrambe le furono enormemente grate.
Emma, a volte, prima di addormentarsi, lasciava che la sua mente dipingesse una sala da pranzo con un tavolo ovale e le tende bianche alla finestra, da cui si intravedevano i fiori coltivati con pazienza da Regina. E immaginava il profumo che si spandeva dalla cucina, dove le lasagne cuocevano con pazienza nel forno, sotto l’occhio vigile della sua donna; e l’aria si riempiva dei lamenti di Henry perché, davvero, lui non aveva intenzione di apparecchiare. E così Emma lo avrebbe aiutato e, come al solito, Regina e Henry si sarebbero lamentati perché la ragazza non era nemmeno in grado di sistemare forchetta e coltello nel modo corretto.
Il ragazzino avrebbe raccontato loro della sua giornata durante la cena e avrebbe storto il naso, imbarazzato, alla vista di Emma che afferrava e stringeva la mano di Regina, un piccolo cerchio d’argento a impreziosirne l’anulare.
E Regina avrebbe detto che la sua giornata non era stata poi male, ma che sarebbe decisamente andata meglio senza la nausea mattutina. Perché Emma avrebbe voluto un altro figlio, da Regina.
Se solo le cose fossero andate diversamente…
Emma chiuse gli occhi.
«Dovremmo tornare a Storybrooke».
La voce di Regina tagliò l’aria, andando a conficcarsi nel cuore di Emma e lasciandola senza fiato.
Gli occhi verdi della ragazza cercarono, confusi e spaventati, quelli di Regina.
«Come?» disse in un soffio.
«Ci ho pensato molto. Henry… » Regina scosse la testa, i suoi occhi si riempirono di lacrime e la donna si alzò, allontanandosi di qualche passo dal letto. «Henry qui è felice. Anche senza di noi. Soprattutto senza di noi. Credo che dovremmo semplicemente tornare a Storybrooke e visitare la Foresta Incantata nei fine settimana e durante le festività».
«Regina, vuoi abbandonare di nuovo nostro figlio?» domandò Emma, incredula.
L’altra donna sospirò.
«No» disse. «Voglio essere sua madre. Potrei dargli nuovi ricordi, lo sai? Potrei guardarlo negli occhi, stringergli la mano, e semplicemente modificare la sua memoria. Fargli credere di essere stato sempre con noi, anche sull’Isola di Euridice, di avermi raggiunto insieme a te, di aver bevuto la pozione del sonno insieme a te» disse Regina lentamente e voltandosi per guardare Emma negli occhi. Voleva che la ragazza capisse fino in fondo.
«Potrei fare tutto questo e avere di nuovo nostro figlio, tutto per noi, portarlo via da questo posto e rifarci una vita a Storybrooke. E nonostante ci sia una parte di me che vorrebbe farlo, non ho intenzione di ingannare nostro figlio. Perché non sarebbe reale, Emma, sarebbe una finzione» spiegò Regina, inginocchiandosi di fronte all’altra e afferrandole una mano.
«Lo capisci, Emma?»
La donna dai capelli scuri singhiozzò.
«Capisci? Ma questo… tutto questo è reale. È reale quello che provo per te e quello che provi per me. Ed è reale quello che prova Henry, è reale il suo risentimento. Per questo credo che dovremmo andarcene. Non dovremmo imporgli la nostra presenza. E se ci chiederà di tornare, allora torneremo. Sarà dura ed è stata dura, per me, pensare anche solo alla possibilità di vivere a Storybrooke senza Henry. Ma forse è la cosa migliore, lasciare che… lasciare che si prenda i suoi tempi. Stargli accanto in punta di piedi, senza piombare nella sua vita come abbiamo fatto, costringendolo a rompere quell’equilibrio che aveva trovato perché il dolore della nostra mancanza non lo divorasse vivo».
Lacrime calde scivolavano lungo le guance di Regina, ma la donna non le asciugò.
«Non vorrei andarmene, ma è il mio egoismo a parlare. Tornare a Storybrooke… credo che sarebbe la cosa migliore per Henry».
Emma chiuse gli occhi e piegò la testa, sospirando, le spalle improvvisamente pesanti.
Sentì la mano di Regina afferrarle il mento e sollevarle il volto.
«Emma».
«Hai ragione» disse all’improvviso la ragazza, scivolando sul pavimento di fronte a Regina, cercandone l’abbraccio. «Hai ragione, dovremmo lasciare a Henry il suo spazio, senza  costringerlo a perdonarci… Hai ragione, Regina. È solo che non voglio andarmene, non voglio andarmene senza Henry» disse Emma, la voce parzialmente soffocata dai capelli dell’altra nei quali aveva immerso il volto. «Fa male, pensare di andarsene e vivere in un mondo diverso da quello di nostro figlio, Regina».
«Lo so».
«La sua memoria… Perché non-».
«No, Emma. Non sarebbe reale».
La ragazza annuì e si scostò, tirando su con il naso per cercare di frenare le lacrime.
«Chiediamo a lui» disse con voce tremante.
«Cosa?»
«Chiediamo a Henry quello che preferisce. È la sua vita, chiediamo a lui» spiegò Emma.
Regina esitò, chiedendosi se quella possibilità non si sarebbe rilevata più devastante di quanto Emma potesse immaginare.
Sentire la voce di Henry, del loro bambino, dire loro che avrebbe preferito saperle in un mondo diverso dal suo, Regina lo sapeva, poteva fare davvero male.
 
Quella sera a cena Biancaneve e David avevano ospiti. Seduti di fronte a Regina e Emma, c’erano la principessa Abigail e il neo principe Frederick.
Mary Margaret stava raccontando di come l’allora Kathryn Nolan l’avesse schiaffeggiata nel bel mezzo del corridoio della scuola elementare di Storybrooke, suscitando l’ilarità generale con le sue esagerazioni.
Emma credeva si trattasse semplicemente di una cena di piacere, ma Regina le aveva spiegato di come i forzieri del regno dei suoi genitori fossero pericolosamente vuoti e  di come Re Mida, padre di Abigail, avesse deciso di donare loro abbastanza oro per evitare la bancarotta.
In cambio, l’anziano re non aveva richiesto nulla se non un’alleanza commerciale e militare, con una specifica clausola di non aggressione da parte di entrambi i regni e di reciproca difesa dei confini.
Emma aveva commentato dicendo quanto fosse vantaggioso un accordo del genere e Regina aveva annuito, spiegandole che la generosità di Re Mida era dovuta esclusivamente a David e di come, anni e anni prima, avesse salvato Frederick, permettendo ad Abigail di avere il suo lieto fine.
I rapporti personali si rivelavano, in un posto come la Foresta Incantata dove il politicamente corretto non era altro che una barzelletta, molto importanti. E i genitori di Emma avevano e continuavano ad elargire talmente tanti favori da poter contare su ogni genere di sostegno e aiuto inaspettato.
Abigail e Frederick si erano recati in visita proprio per siglare l’accordo, portando con loro più dell’oro pattuito. La salute di Re Mida, aveva spiegato Abigail, era così cagionevole che aveva preferito costringere il padre a rimanere al castello.
«Pensavamo» disse Abigail quando l’ondata di risate si fu quietata, «di accettare la vostra offerta di fermarci a corte per qualche tempo».
«Davvero? Ma è meraviglioso, David, non credi?» rispose Biancaneve, con un sorriso.
David annuì, ma Emma colse un’ombra di dubbio negli occhi di Regina. Lei era estremamente brava a leggere tra le righe e individuare intrighi.
Le parole non dette, diceva spesso, sono sempre le più importanti.
«Credo sia un ambiente migliore» aggiunse Frederick, con voce bassa e calda, «per mia moglie e il nostro primogenito».
Biancaneve spalancò gli occhi.
«Aspetti un bambino? E quando pensavi di dircelo?» domandò, fingendosi oltraggiata.
«Sono solo al primo mese» disse Abigail, arrossendo e scambiando un’occhiata con Frederick.
«Alla fine della cena» sussurrò Regina nell’orecchio di Emma, mentre Biancaneve si alzava e aggirava il tavolo per congratularsi con Abigail, «vorrei scambiare un paio di parole con i tuoi genitori. Credo che questo non sia il momento migliore per parlare delle nostre intenzioni, Emma».
La ragazza guardò Regina per un lungo istante, leggendo nei suoi occhi scuri una richiesta di fiducia.
Sapeva qualcosa, Regina sapeva qualcosa di importante, Emma poteva vederlo chiaramente.
Lanciò una breve occhiata a Henry, che si era aggiunto ai nonni per le congratulazioni, prima di guardare di nuovo Regina e annuire.
«Forse è meglio unirci a loro» aggiunse infine Regina, alzandosi con eleganza e tendendo la mano verso Emma.
Insieme, si avvicinarono a Abigail e Frederick.
 
«Regina, ne sei sicura?»
«Non ho prove, se è questo che vuoi sapere. Ma sì, sono ancora capace di annusare il pericolo e le mezze verità, quando li ho sotto il naso. Ho vissuto per anni a corte: ho imparato il gioco della politica, David».
Erano in biblioteca, David camminava avanti e indietro mentre Emma e Biancaneve erano sedute su un vecchio divano di pelle. La figura di Regina era delineata dal camino acceso davanti al quale si trovava la donna.
Erano i primi giorni di primavera, ma per quanto le giornate fossero calde, le notti erano ancora fredde.
«Spiegami di nuovo tutto dall’inizio».
Regina scosse la testa, spazientita, bevendo un lungo sorso di vino prima di appoggiare la coppa argentata sopra il marmo del camino.
«Prima di lanciare la Maledizione, c’era un gruppo di nobili che frequentava la corte di Re Mida e ordiva una congiura contro di lui. Erano per lo più congiunti del re, alcuni di loro comparivano persino nella linea di successione al trono, e nessuno tollerava che Abigail sposasse Frederick. Non era di sangue reale, non aveva possedimenti di alcun genere e soprattutto era così devoto a Mida che sarebbe stato impossibile controllarlo per influenzare Abigail e, attraverso lei, il padre.
Non mi importavano i loro intenti, almeno non abbastanza perché me ne interessassi fino in fondo. Non so dirti se volessero uccidere Frederick, così che uno di loro potesse aspirare alla mano di Abigail, o se puntassero persino a uccidere Mida e sua figlia. Se fossi stata una di loro, avrei fatto in modo di eliminare Frederick, facendolo sembrare un incidente, e costretto Abigail a sposare il più spietato tra i cospiratori. Attraverso la minaccia della vita della figlia, avrei costretto Mida ad acconsentire a ogni richiesta dei congiurati. Più oro, più terre, più privilegi.
Ad ogni modo, non credo che i congiurati abbiano dimenticato i loro propositi. E ora che Abigail ha effettivamente sposato Frederick e con un erede in arrivo, le loro possibilità di accedere al trono sono più effimere ogni giorno che passa.
Hanno rimesso in piedi la congiura e Mida lo sa. Anche Abigail e Frederick ne sono a conoscenza, per questo Abigail vuole rimanere, almeno per dare alla luce il bambino e tenerlo al sicuro. Se non fosse per la vita del piccolo, sono sicura che nessuno dei due avrebbe mai lasciato il fianco di Mida. E sono altrettanto sicura che Frederick ripartirà presto per il loro regno» disse Regina.
«Ma questi congiurati, David, sono spietati. La prosperità del regno di Mida ha indebolito il loro potere al punto che le differenze di reddito tra il più povero dei contadini e il più ricco dei nobili sono davvero esigue. Tutto quello che conta in quel regno è la posizione sociale, i tuoi natali. Vogliono il trono e non si fermeranno davanti a nulla.
Probabilmente ci sono sicari che cavalcano verso il nostro regno in questo preciso istante.
Se volete dare loro ospitalità, dovete parlare loro chiaramente. E aumentare immediatamente il numero delle sentinelle nel castello, controllare i confini.
Re Mida non è uno sciocco. Con quel contratto ha assicurato ad Abigail un posto sicuro dove rifugiarsi. Il patto di non aggressione potrebbe fermare chiunque conquisti il suo regno con la spada dall’attaccarci, è vero, ma Mida ha comunque inviato abbastanza oro da poter far fronte a una guerra di anni».
Regina sospirò e rimase in silenzio.
Biancaneve e David si scambiarono uno sguardo, mentre Emma si disse che Regina, se non fosse stata accecata dal dolore e dal desiderio di vendetta, sarebbe stata una delle migliori regnanti che quel posto avesse mai visto e il suo nome sarebbe stato intessuto nelle ballate di tutto il reame con dolcezza e riverenza, fino alla fine dei tempi.
«Perché non confessare la verità?» domandò infine Biancaneve.
Regina scosse la testa.
«Perché Mida non è l’unico con una famiglia da difendere. Forse temeva che con Ethel, l’arrivo di me ed Emma e la presenza di Henry, non avreste accettato di fornire ospitalità a una principessa incinta con una condanna a morte sulla testa».
«Che sciocchezza, certamente l’avremmo accolta!» esclamò Biancaneve.
Regina guardò Emma, che sorrise con amarezza.
La giovane ragazza avrebbe lasciato andare alla deriva il regno e i suoi abitanti, rifiutando l’oro di Mida e di accogliere Abigail, pur di non mettere Regina e Henry in pericolo. Erano la sua famiglia, e doveva difenderli.
«Biancaneve, quei congiurati… sono spietati. Conosco storie orribili, su di loro. Se tu e David volete permettere ad Abigail di rimanere, le nostre difese dovranno essere incrementate. Incanterò degli amuleti, per tutti noi, che ci proteggeranno da molti dei metodi preferiti dai congiurati per
assassinare appartenenti della casa reale»
«Metterò i nani a difesa degli appartamenti reali» disse l’uomo, guardando la moglie per cercare un sostegno che non tardò ad arrivare. «Ordinerò a due guardie di piantonare l’ingresso degli alloggi di Frederick e Abigail. Il vantaggio di una congiura esterna al nostro regno è che, almeno all’inizio, non c’è motivo di dubitare dei nostri uomini».
«Domani mattina parleremo con Frederick e Abigail» aggiunse Biancaneve. «Regina, vorrei almeno la tua presenza. Potresti isolare la conversazione di domani come stai facendo ora?»
Regina annuì.
«Certamente, ma credo che dovreste allontanare almeno Ethel e Henry dal castello. Sono i primi in linea di successione e sono giovani, troppo giovani, per vivere in un clima di costante pericolo» disse Regina.
«Emma è la prima in linea di successione» rispose David.
Gli sguardi di tutti i presenti vennero puntati sulla ragazza, che tossì nervosamente.
«Io… Ecco, io, rifiuterei… abdicherei…. lascerei… Sì, ecco, insomma, non voglio governare questo regno» rispose Emma.
«Ma sei nostra figlia. Questo regno è tuo di diritto».
Emma scosse la testa.
«No, e non credo nemmeno che dovrei essere qui» rispose la ragazza.
«Non credo sia questo il momento di discuterne» intervenne Regina.
David aprì la bocca, ma la moglie lo precedette.
«Di cosa stai parlando, tesoro?»
«Io e Regina abbiamo un figlio da proteggere. Pensavamo sarebbe stato meglio andarcene, tornare a Storybrooke, se questo fosse stato ciò che Henry desiderava. Dopo quello che abbiamo saputo non lo lasceremo in un mondo pericoloso come questo, senza di noi. Ma quando non ci sarà più motivo di temere della sua vita, sarà lui a decidere se ci vorrà accanto o meno» rispose Emma.
Regina sospirò e chiuse gli occhi. Emma aveva ragione, ma non c’era motivo di parlarne in quel momento.
«Ma questo è il tuo mondo, tesoro, è la tua casa» rispose Biancaneve con un filo di voce.
Emma scosse la testa.
In quel momento, il grido di una donna squarciò l’aria. 





 
   
 
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