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Autore: Luce_Della_Sera    15/09/2014    2 recensioni
(Sequel di "L'amore è sempre amore").
Irene e Sara, ormai sposate da quattro anni, continuano a vivere la loro vita, insieme alla piccola Vittoria, che ormai frequenta la seconda elementare. Tutto sembra procedere per il meglio, finché il passato non comincia a riemergere, nella persona del padre naturale della bambina... da quel momento, due tipi di pensiero inizieranno a scontrarsi: da una parte, chi sostiene la famiglia tradizionale, dall'altra chi sostiene quella dell'amore. Chi avrà ragione?
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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LA VERA ESSENZA DELLE FAMIGLIE

Capitolo 1: il parco giochi

“Don’t kill Cedric! Who’s Cedric, your boyfriend?”
Irene alzò lo sguardo dal testo che stava traducendo, e si mise a riflettere intensamente. Sapeva che i suoi capi detestavano anche il più piccolo accenno a situazioni che definivano “poco decorose”, quindi sapeva bene che non doveva tradurre letteralmente. Ma come, visto l’evidente significato della frase? Ci pensò su ancora per un momento, dopodiché digitò: “Non uccidere Cedric! Chi è Cedric, il tuo amichetto?”.
“Ecco fatto”, si disse, “Più politically correct di così non si può … anche perché dubito che qualche bambino si accorga del trucchetto! A proposito di bimbi, chissà come starà la mia Vittoria?” si chiese.
Sua figlia ormai aveva sette anni e quello era il suo primo giorno alle scuole elementari; vivace e quasi sempre allegra, era una vera gioia sia per lei che per Sara, la sua compagna. Durante gli anni della scuola materna le due donne avevano detto alla bambina che il suo papà viaggiava spesso ed era per questo che non lo aveva mai visto, ma la verità era ben altra: Dario aveva lasciato Irene appena lei gli aveva comunicato di essere incinta, a dispetto di quell’uomo maturo e responsabile che gli premeva tanto essere!
“Beh, una cosa è certa”, pensò la giovane mamma “Ormai sono anni che non si fa sentire, e quindi è chiaro che non avremo mai notizie di lui. Quando Vittoria crescerà e sarà in grado di capire cosa è successo tra me e suo padre mentre lei era ancora nella mia pancia, deciderà se cercarlo o meno!”
 
 
Sara era seduta sul divano a guardare la tv e si stava accarezzando la pancia, quando sentì aprirsi la porta.
“Ciao amore!” le fece Irene entrando, “Hai passato una bella giornata al lavoro?”.
“Sì, anche se le due nuove ragazze che ho alle mie dipendenze in questi ultimi tempi fanno un sacco di pasticci, e quindi mi hanno fatta un po’ disperare”.
“Oh, povera cucciolotta mia! Se vuoi, ti faccio rilassare io!” le propose l’altra, venendole vicino e lanciandole uno sguardo malizioso.
“Mi piacerebbe, ma Vittoria è in camera sua: se esce e ci vede, che le diciamo?”
Irene si bloccò, un po’ delusa. “Già … ma che fa in camera sua, a proposito?”.
“Sta facendo dei disegnini: oggi è tutta eccitata, sai? A quanto pare nella sua classe c’è un bimbo di colore, e lei ne è rimasta affascinata. Chissà, magari tra qualche giorno lo prenderà per fidanzatino!”
“Vuoi dire che è etero? Ma per carità!”.
Entrambe scoppiarono a ridere fragorosamente e quando si furono riprese Irene decise di andare a salutare sua figlia, che appena la vide saltò giù dalla sedia su cui era seduta e iniziò a parlare a raffica.
“Mamma Irene, mamma Sara aveva detto che quando arrivavi tu potevamo andare al parco … possiamo, vero? Così conoscerai Kevin: è molto simpatico, ed è tutto nero … forse è caduto in una fontana di cioccolato quando era molto piccolo!”. La bambina fissò la madre biologica, speranzosa, i suoi occhi verdi riflessi in quelli color nocciola dell’adulta.
“D’accordo, tesoro …” concesse quest’ultima, sforzandosi di non ridere dell’espressione seriosa della piccola. “Però ci stiamo solo un paio d’ore, ok? Mi prometti che non farai capricci quando dovremo andare via?”
“Sì mamma, promesso!”
Irene osservò la figlia mentre si infilava il cappottino, tutta contenta. “Non so perché”, ragionò tra sé e sé, “Ma l’idea di uscire stranamente non mi entusiasma affatto!”
 
“Eccolo, è lì!” Vittoria indicò un punto poco distante. “Keviiiiiin!” strillò poi, correndo verso il bimbo di colore, che sentendo il suo nome rimase inchiodato sul primo scalino dello scivolo che aveva intenzione di provare.
“Queste sono le mie due mamme”, continuò la bimba, infervorata. “Visto che non ti ho detto una bugia? Ce le ho davvero!”.
Il ragazzino scrutò le due donne, che erano arrivate qualche secondo dopo la loro bambina: dalla sua espressione, era chiaro che aveva ancora qualche perplessità circa la sincerità della coetanea.
Irene e Sara si guardarono, incerte sul da farsi: dovevano dire qualcosa per chiarire la situazione, o era meglio lasciar perdere? E se dovevano intervenire, in che modo?
Nessuna delle due ebbe tempo di prendere una decisione in un senso o nell’altro, però, perché proprio in quel momento si levò un’altra voce.
“Kevin, che succede? E’ arrivata la tua amichetta?”. Una donna nera, sulla trentina, si diresse verso il bambino.
“Sì, mamma … questa è Vittoria. E queste sono le sue due mamme!”.
Ci fu uno scambio di sguardi tra le tre adulte, poi la signora di colore si rivolse alla bambina.
“Piacere di conoscerti, Vittoria! Come stai?”
“Bene, signora, grazie! E lei? Queste sono le mie due mamme!”
“Oh, ma come sei carina ed educata! Kevin”, fece poi, rivolta al figlio. “Mi dispiace, tesoro, ma mi sono dimenticata di comprare il regalo di compleanno per papà! Dobbiamo andare: saluta la tua amica, la rivedrai domani a scuola!”.
Trascinò via il bambino dandogli a malapena il tempo di salutare, e si affrettò ad uscire dal parco giochi, sparendo ben presto dietro un angolo.
Vittoria si guardò i piedi, ben calzati in scarpe da ginnastica rosa. Non voleva piangere, voleva dimostrare di essere una bambina grande e coraggiosa … però, non capiva perché molte persone, specie le madri e i padri dei suoi amichetti, diventavano strani ogni volta che lei diceva che aveva due madri: loro le volevano bene, e questo le bastava. Perché nessun altro lo capiva? Nonostante i suoi sforzi, due lacrimoni le solcarono le guance; tirò su le braccia per asciugarle, ma proprio in quel momento si vide offrire un fazzoletto: guardò in alto, e vide Sara che le sorrideva.
“Non prendertela, piccola … anche le mamme ogni tanto dimenticano le cose, sai? Sapessi quante cose mi dimentico io!”.
La bimba si sentì rincuorata. Che stupida era stata! Era chiaro che quella signora non odiava le sue mamme.
“Davvero anche tu scordi le cose?”.
“Oh, sì, tesoro, molto spesso! Adesso cosa vuoi fare? Vuoi tornare a casa?”.
La bimba ci rifletté e si guardò attorno, osservando gli altri bambini attorno a lei, poi si rivolse ad Irene. “Posso restare ancora un po’? Giocherò con qualcun altro, oggi!”.
“Ma certo, vai. Però ricordati che non possiamo restare molto, perché devi fare i compiti, ok?”.
“Va bene!” rispose Vittoria, mentre già correva verso una sua coetanea per cercare di fare amicizia.
“Speriamo sia più fortunata, stavolta!” fece Irene alla sua compagna con voce piuttosto bassa, mentre osservava la figlia partire alla carica.
“Sì, lo vedi?” le rispose la moglie, sempre con lo stesso tono. “L’altra bambina le sta parlando!”.
“Meno male. Non sopporterei di vederla delusa due volte nello stesso giorno! Non che mi abbia fatto piacere il fatto che ci sia rimasta male per le parole di quella donna, intendiamoci …”.
“Ti capisco. Io stessa non riesco a credere che ci sia ancora gente così ignorante al mondo, sai? Eppure siamo entrati da un pezzo nel ventunesimo secolo! Ma è così difficile capire che per far crescere un bambino in modo sano ed equilibrato serve l’amore, e non conta il sesso dei genitori? Siamo state fortunate, lo ammetto, perché nella classe di Vittoria la maggior parte dei bambini non si fa problemi a stare con lei, e la maggior parte dei genitori ha la mentalità aperta. Ma mi dispiace che dovrà incontrare gente che la guarderà strana sempre, solo perché non ha una mamma e un papà!”.
“Beh, noi però abbiamo sempre fatto di tutto per non farla sentire anormale, no? Le abbiamo fatto conoscere altri bambini cresciuti in famiglie arcobaleno … e l’ha presa bene, ricordi?”.
“Certo che me lo ricordo … ma non puoi negare che finora ha avuto solo brevi assaggi della cattiveria delle persone: più andrà avanti più sarà in grado di capire, e più la nostra situazione le creerà difficoltà. E’ un dato di fatto, purtroppo! Hai visto come quella donna ha calcato sulla parola ‘papà’? E come si è improvvisamente ricordata del regalo, quando ha saputo che i genitori dell’amichetta di suo figlio sono due donne? Vittoria ha percepito benissimo che c’era qualcosa che non andava, l’hai vista anche tu: forse, se non si è ancora fatta domande, se le farà a breve!”.
Irene alzò le braccia in segno di resa. “Sì, lo so, hai ragione da vendere. Ma un anno fa, prima che iniziasse le scuole elementari, l’ho presa da parte e le ho spiegato, ovviamente in modo che lei potesse capire, che esistono gli etero, i bisessuali e gli omosessuali, di ambo i sessi: e le ho detto che ci sono bimbi con una mamma e un papà, e bimbi con due papà e due mamme. Che altro avrei dovuto fare, di più? Frequentiamo spesso anche Marco e Tommaso, che hanno Davide: come vedi, faccio del mio meglio”.
“Nessuno ti sta dicendo che non ti impegni abbastanza per far vivere a Vittoria una vita serena, amore. Dobbiamo solo essere preparate, tutto qui!”.
“Ma io lo sono! O almeno credo …”. Irene tacque per un momento, e cercò la sua bimba con lo sguardo: appena la vide giocare con altre due bambine che sembravano avere più o meno la sua età, si rilassò. “A proposito dei nostri amici”, disse poi. “L’hai detto a Marco?”.
“Certo, gliel’ho detto. E’ molto felice!”
“E anche tu lo sei, vero?”
“Certo! Non dovrei? Però …”.
Irene guardò teneramente la donna che tre anni prima aveva accettato di diventare sua moglie.
“Non temere, Sara. Andrà tutto bene, stavolta!”.
“Lo spero. Ne ho già perso uno, non voglio ripetere l’esperienza!”
“Molte donne hanno un aborto spontaneo, la prima volta. Però poi di solito le volte successive va tutto bene!”.
Dicendo questo, strinse delicatamente a sé l’amore della sua vita: così facendo, l’occhio le cadde sull’orologio,  che teneva sul polso sinistro.
“Oh, credo sia ora di andare!” esclamò, e si sciolse a malincuore da quell’abbraccio così dolce.
“Vittoria, dobbiamo tornare a casa!”, chiamò qualche secondo dopo: la bambina fece un po’ di storie, perché si stava divertendo e non voleva assolutamente andarsene, ma alla fine si lasciò convincere, e seguì le due donne quasi saltellando e raccontando cosa aveva fatto insieme alle coetanee.
“Meno male che si è ripresa subito”, si disse Irene, mentre fingeva di ascoltare la figlia e annuiva ogni tanto per farle pensare che le stava dando la sua completa attenzione. “I bambini per fortuna si distraggono facilmente!”. Pensò anche a Kevin, il bambino che aveva tanto affascinato la sua piccola: chissà se anche lui aveva percepito l’ostilità della madre verso di lei e Sara? Aveva sentito in che modo la mamma aveva nominato il padre, anche non comprendendo appieno cosa aveva voluto sottolineare?
“A proposito di padri: se non ricordo male, oggi è anche il compleanno di Dario!” si ricordò poi la giovane donna. “Chissà dov’è, ora, se pensa mai al fatto che sette anni fa ha avuto una figlia?”.
Non fece parola di questi pensieri alla sua compagna: sapeva bene come il solo nominare Dario la faceva innervosire! Preferì amarla a lungo, quella sera, dandole tutta se stessa: mentre raggiungeva l’apice del piacere e allo stesso tempo sentiva l’altra venire sotto di lei, sgombrò la mente da qualsiasi pensiero.

  
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