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Autore: Yutsu Tsuki    16/09/2014    4 recensioni
Dal primo capitolo:
“Osservando il suo volto, si accorse di una cosa. Tutti quegli anni passati dietro a due spesse lenti rotonde gli avevano fatto dimenticare di quanto belli fossero i suoi occhi. Erano di un verdeacqua chiaro, ma intenso, quasi luminoso. Si avvicinò ancora allo specchio e allungò la mano, come per poter afferrare quel colore che era un misto fra il cielo azzurro senza una nuvola ed un prato fresco d'estate.
Voleva toccarli, sfiorare quella luce e immergersi in essa, ma venne bruscamente interrotto dalle urla di sua sorella: — Keeeen! Vieni a cena, è prontooo!
Si allontanò in fretta dalla sua immagine riflessa. Per un attimo restò senza parole. Era rimasto affascinato dal suo stesso volto. Poi scoppiò a ridere, rendendosi conto dell'assurdità della cosa.
Aprì la porta della stanza gridando: — Mi chiamo Kentin!! — e corse in cucina.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dolcetta, Kentin, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 16


Antidolorifici







Ignorando le urla spasmodiche di Ambra, Kentin e gli altri portarono Karla dalla preside. Non appena poté riceverli, le spiegarono per filo e per segno quello che era successo realmente la sera della festa e il motivo per cui lei ed i professori si erano trovati nel posto giusto, al momento giusto. La ragazza raccontò di come Ambra le avesse ordinato di condurli sulla scena del delitto, senza che lei ne sapesse niente. Questa testimonianza offerta da Karla si rivelò determinante per provare l’innocenza di Kentin; la preside, dopo averci pensato a lungo, decise di lasciarlo andare e di chiamare i genitori di Ambra.
— Chiederò loro un colloquio il prima possibile. È inammissibile che nella mia scuola accadano episodi del genere! — esclamò con veemenza, prima di far uscire i ragazzi dal suo ufficio.
Quando furono fuori, Kentin poté tirare un sospiro di sollievo.
— Te l’avevo detto che sarebbe andato tutto bene, no? — gli disse Alexy, sorridendo gentilmente.
— Sì, ma dobbiamo ringraziare Karla. È merito suo se non andrò nei casini — rispose voltandosi verso di lei. Accorgendosi di essere osservata, la ragazza arrossì e disse velocemente: — Non...non c’è di che. Questa volta Ambra ha proprio esagerato.
— Già. Mi chiedo che cosa dirà la preside ai suoi genitori — intervenne Rosalya. — Sarebbe bello poter assistere alla sua sfuriata! — Poi divenne di colpo seria, spalancò gli occhi ed esclamò: — Ragazzi, ho un’idea! — e senza aggiungere altro corse via verso l’uscita della scuola.
Gli altri si guardarono con aria interrogativa, ma non poterono domandarsi che cosa avesse in mente l’amica, poiché sentirono suonare la campanella che segnava la fine dell’intervallo.
Al termine delle cinque ore di lezione, Kentin salutò i suoi compagni, prima di tornare a casa. Benché sapesse di non valere niente per lei, non poteva smettere di pensare a Candy: anche se solo per un giorno, la sua assenza a scuola gli era davvero pesata. Dopo aver mangiato, si chiuse in camera e si mise a studiare.

Erano ormai le 7 di sera, quando udì il suono del suo cellulare che lo avvisava di un nuovo messaggio. Lasciò da parte gli esercizi di inglese che stava ultimando ed andò a prendere il telefono dalla tasca dello zaino. Sentì come un groppo formarglisi in gola, non appena lesse il nome di Candy. L’SMS che gli aveva mandato recitava così:

“Ciao. Ti chiedo scusa per quello che è successo ieri... Vorrei parlarti, non è che puoi venire in ospedale?
Mi manchi...”


Restò per un minuto a fissare quelle ultime due parole. In un primo momento si sentì felice, ma poi si rese conto che forse quella era solo un’ulteriore prova di quanto Candy fosse in realtà un’opportunista. Ora che era in difficoltà, aveva bisogno di lui, mentre prima lo ignorava bellamente. Anzi, aveva cercato di farlo ingelosire, per giunta.
Riflettendo, però, c’era anche la possibilità che avesse deciso di accettare di stare con lui. Ma questo non l’avrebbe certo scoperto restando a casa.
Si mise in fretta il giubbotto di pelle che aveva comprato insieme ad Alexy e sgattaiolò furtivo verso l’anticamera. Se sua madre l’avesse visto, probabilmente gli avrebbe impedito di uscire a quell’ora. Cercando di non far rumore, chiuse piano la porta di casa e camminò in direzione dell’ospedale, che fortunatamente era a pochi minuti sia da casa sua che dalla scuola.
Una volta arrivato, raggiunse il reparto in cui alloggiava Candy ed entrò nella sua stanza; la trovò seduta davanti ad un tavolo a leggere un libro di scuola. — Ciao — la salutò. Quando lei lo vide, le brillarono gli occhi. Le sue condizioni sembravano migliorate; l’espressione stanca e sciupata del giorno prima era stata rimpiazzata da un’aria un po’ più vigorosa.
— Ciao. Grazie per essere venuto — disse flebilmente. — Vieni, siediti pure qui — e gli indicò una sedia vicina.
Kentin si sedette accanto a lei, aspettando la sua prossima mossa. Aveva ancora vivo in mente il ricordo di quando, il giorno prima, proprio lì, si erano quasi baciati. Dopo un po’, Candy prese la parola.
— Volevo chiederti scusa per ieri. Non so dove avevo la testa! ero davvero stordita. Dev’essere stato l’effetto degli antidolorifici. Per favore, dimentica tutto quello che è successo, okay?
Kentin la guardò un attimo, per capire che cosa intendesse di preciso con “tutto”.
— Quindi le cose che mi hai detto non erano vere? — chiese, allarmato.
— Ehm, non proprio... Quando ho detto che in passato eri l’unico che ci teneva a me, era vero. E anche che ho finto di interessarmi a Castiel, solo per farti ingelosire...
— Allora mi stai dicendo che accetti di stare con me? — chiese, senza troppi giri di parole.
Candy alzò lo sguardo su di lui, lasciando trasparire una certa infelicità.
— Io vorrei... che rimanessimo amici — abbozzò un sorriso.
Amici. Forse una pugnalata al petto sarebbe stata meno dolorosa. Perché quella parola, così semplice e positiva, era in realtà maledettamente ingiusta.
Non poteva, arrivato a questo punto, chiedergli una cosa simile. Dopo tutto ciò che aveva dovuto passare per cercare di conquistarla, ora gli proponeva di rimanerle soltanto amico.
Ma quello era il momento di scegliere. Fra lui o lei. Avrebbe preferito continuare a combattere per raggiungere il proprio obiettivo, o rendere felice Candy, esaudendo il suo desiderio? La risposta fu ovvia.
— E va bene — ripose sommessamente. Lei allungò una mano, come a voler stipulare un patto. Kentin la strinse, sforzandosi di sembrare convinto. La scelta era stata fatta. Ora era impossibile tornare indietro.
— Tieni, avevo preso una cosa per te — esclamò Candy, di nuovo sorridente, estraendo dal cassetto del comodino una confezione di biscotti Prince — al cioccolato, i tuoi preferiti!
Kentin la prese con gioia. Anche in quella situazione Candy era in grado di scaldargli il cuore.
Dopo averla ringraziata, guardò l’ora: erano già le 7:30.
— Ora dovrei andare, è un po’ tardi — le spiegò, sperando che sua madre non si fosse accorta della sua assenza. — Tu sai già quando uscirai?
— Dovrei tornare a casa mercoledì — ribatté.
— Ma dovrai tenere le stampelle?
— Purtroppo sì...
— Capisco. Allora... a presto.
— A presto!
Kentin uscì dalla stanza e percorse in silenzio il corridoio dell’ospedale.
Rimanere amici. Avrebbe potuto sopportarlo?

La mattina seguente incontrò Armin ed Alexy appostati vicino al portone della scuola.
— Ciao. Tutto bene? — chiese Kentin.
— Sshh! Stanno per arrivare i genitori di Ambra — disse Alexy a bassa voce.
— Di già?
Un istante dopo due figure serie e composte si avvicinarono con passo svelto all’entrata. La donna indossava un abitino attillato color prugna, abbinato ad un coprispalle rosa chiaro. Poco sopra il décolleté era appeso un ciondolo dorato apparentemente di grande valore. In poche parole, una versione adulta di Ambra. Il volto, incorniciato da dei lunghi capelli biondi e lisci, era molto severo, ma non quanto quello dell’uomo che le era accanto, che non appena passò davanti ai tre ragazzi per entrare a scuola, rivolse un’occhiataccia ai vestiti di Alexy.
— Ma che ha da guardare, quel bifolco? — proruppe lui, infastidito.
— Abbassa la voce, potrebbero sentirti! — lo avvertì il fratello. Era la prima volta che Kentin vedeva Alexy arrabbiato.
— Ma che mi senta! E che venga qui, così facciamo un bel discorsetto. Da uomo a uomo. — Gli altri due si trattennero dallo scoppiare a ridere, ma poi intervennero per calmarlo.
— Dai, lasciali perdere. Vedrai che non faranno più tanto gli altezzosi, quando la loro figlia verrà punita.
Entrarono anche loro tre nell’edificio, scorgendo da lontano i genitori di Ambra che si dirigevano nell’ufficio della preside. Poi la loro attenzione fu catturata da delle strane ombre provenienti dalla fine del corridoio, proprio dietro l’angolo che dava sulle scale.
Incuriositi, si avviarono per vedere cosa stesse accadendo.
Oltrepassato il muro, sorpresero i loro compagni di scuola intenti a trafficare con uno strambo marchingegno posato sul suolo.
— Ma che diamine combinate!? — Esclamò Alexy.
— Fa’ silenzio! Cerchiamo di ascoltare la conversazione fra la preside e i genitori di Ambra! — sussurrò Rosalya mentre aiutava Peggy a far funzionare l’aggeggio.
— E se vi beccano?
— Non ci beccano. C’é Violet che sta facendo da palo — indicò l’altro lato del corridoio, dove la ragazza era appiccicata alla parete e si guardava continuamente attorno.
— Ma cosa credete di scoprire di tanto interessante? — intervenne Armin.
— Sicuramente c’è qualcosa di importante in ballo. La preside era agitatissima stamattina — rispose Rosalya.
— Dai, venite, c’è spazio anche per voi — disse Iris, facendo posto fra Melody e Kim. I tre ragazzi si aggiunsero al gruppo, sedendosi a terra e ascoltando con attenzione i primi suoni emessi dal registratore di Peggy.
La macchina era collegata tramite un filo ad un microfono posizionato accanto alla porta dell’ufficio della direttrice. Esso si trovava sul lato dei cardini, così che, se anche qualcuno avesse aperto la porta, non lo avrebbe potuto notare.
— Adesso inverto il segnale, così il rumore arriverà solo qui da noi — ragionò Peggy, pigiando su alcuni bottoni e regolando il pulsante del volume.
Le frasi iniziali erano un po’ disturbate, ma dopo un po’ le parole si fecero sempre più distinte.
— Spero non ci siano problemi con i voti dei nostri figli — fece una voce maschile, probabilmente quella del padre di Ambra.
— Non si preoccupi, non si tratta di questo — rispose quella della preside.
In quell’istante Violet cominciò a gesticolare, indicando che qualcuno si stava avvicinando ai ragazzi. Senza che nessuno avesse il tempo di muovere un dito, Nathaniel sbucò da dietro l’angolo.
— Che state facendo qui per terra!? E che cos’è quell’affare? — esclamò sdegnato. Peggy e Rosalya, che erano le più vicine al registratore, gli fecero segno di stare zitto e lo trascinarono sul pavimento di fianco a loro.
Stava per insorgere, ma la voce di sua madre catturò la sua attenzione.
— Come!? Nostro figlio ci ha detto che il colpevole era un altro ragazzo!
— Si è trattato di un equivoco. La sua cara figliola ha escogitato un piano per non farsi scoprire, ma grazie alla prova che ho ottenuto, la sua colpa è inequivocabile.
— E quale sarebbe questa prova? — la voce maschile si udì tuonare fuori dall’ufficio, anche senza bisogno del microfono.
— Aveva chiesto ad un’altra studentessa di condurmi sul luogo dell’incidente, proprio nel momento in cui esso avvenne. E se è stata proprio lei a confessarmelo, lei che è una grande amica di Ambra, allora non può che essere vero.
Altre proteste uscirono dalla bocca dell’uomo, ma vennero rese tutte vane dalle parole insindacabili della preside.
Intanto il colorito delle orecchie di Nathaniel si fece di un rosso cremisi. Gli altri si guardarono, immaginando lo stato di ansia in cui doveva trovarsi il delegato.
— E quindi cosa intende fare, ora? — domandò con più calma suo padre.
— Non c’è altra soluzione. Vostra figlia è espulsa dal liceo Dolce Amoris.
La preside parlò con impassibilità e chiarezza. Nessuno fiatò. Neppure i genitori di Nathaniel ed Ambra, in base a quanto rivelava il registratore.
Lui era rimasto con la bocca aperta, fermo come una statua di ghiaccio. Quelle degli altri, invece, si erano incurvate per formare degli stupefatti sorrisi.
Con un balzo immediato, il biondino si precipitò sulla porta dell’ufficio, ma Peggy e Rosalya scattarono appena in tempo per fermarlo.
— Non farlo, Nathaniel! Chi pensi che ci rimetterà, se ci fai beccare?
— Infatti! La preside si incavolerà anche con te, se scopre che stavi origliando! — gli bisbigliarono nell’orecchio, trattenendolo per le braccia.
Il ragazzo si calmò improvvisamente, si rimise a posto la camicia strattonata e tornò dietro l’angolo insieme agli altri.
Melody si accucciò accanto a lui, pensando a qualcosa da dire per consolarlo.
Intanto, il dialogo fra i suoi genitori e la direttrice continuava.
— Quindi non potrà andare alla gita a Londra?
— No, mi spiace.
— E i soldi del volo e dell’albergo? — chiese, alterata, la madre di Ambra.
— Oh, non si preoccupi, verrete rimborsati al più presto.
Il botta e risposta andò avanti per altri due minuti, finché la porta si aprì e Rosalya, Peggy e gli altri raccattarono in fretta e furia microfono e registratore, per poi andarsi a nascondere dietro alle scale.
Quando i tre adulti furono usciti dall’ufficio della preside, i ragazzi poterono finalmente gioire per l’incredibile notizia. Ma si frenarono, perché Nathaniel era lì ancora presente.
Se non fosse stato per la sua grande capacità di autocontrollarsi, sarebbe già esploso per lo shock. Cosa avrebbero pensato tutti, ora che era diventato il fratello di una persona non sospesa, non bocciata, ma addirittura espulsa dalla scuola?
Nessuno sapeva bene cosa dire, fino a quando Kim propose: — Beh, ragazzi, ora sarà meglio che torniamo nelle nostre classi. Sono già le 8:10.
Senza aggiungere altro, si diressero tutti nelle rispettive aule. Lontano dal delegato, Kentin poté finalmente esultare di soddisfazione. Ambra, il suo più grande nemico, se ne sarebbe andata per sempre dalla sua vita. Era questo quello che le spettava, dopo aver ferito a tal punto Candy. Però era come se ci fosse qualcosa che non andava. Era sicuro che gli fosse sfuggito un particolare.
Fu non appena varcò la soglia della sua classe, che se ne rese conto.
Ambra non era l’unica ad aver perso l’opportunità di andare in gita. Anche Candy non avrebbe potuto farlo, con una gamba rotta.





✤✤✤




Questo capitolo è stato un parto xD Ho avuto un blocco durato più di due settimane, a partire dalla scena in cui Kentin vedeva Candy in ospedale. Poi, chissà come, sono ripartita :°D
Il titolo mi piace un sacco, anche se sarebbe stato perfetto pure "Friendzone" ahahah XD Però era troppo spoileroso :/
Bene, ringrazio chiunque l'abbia letto :)
A presto!
   
 
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