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Autore: TuttaColpaDelCielo    18/09/2014    0 recensioni
«Ho sbagliato qualcosa?» chiedesti, tremando nel fuoco.
«No. Non hai sbagliato nulla.» ti risposero «Non è colpa tua.»
Ti condannarono ugualmente.

Nata dalle proprie ceneri come l'araba fenice, si chiede Chi sono? e impazzisce lentamente, senza memoria di ciò che fu prima.
Senza passato non c'è futuro; se non eri, non sarai. Allora che senso ha essere?
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 36 – Eco





Riposa gli occhi nella luce del Paradiso aveva detto il Censore rosso.
Lei che aveva visto il sole e gli incendi e il luccichio del sangue umano.
La luce del Paradiso, la luce senza ombre, la luce accecante ch'era stata un tempo tutto il mondo conosciuto. Bianca? Davvero? Era rossa invece. Rossa come i tramonti dimenticati da bambini nati una seconda volta, e le loro ali, e il Fuoco che li aveva ingoiati per risputarli sanguinanti e immemori. Era l'Espiazione a divorarle carni.
Gli squarci alla schiena tormentati, la gola aperta in un ghigno che vomitava fiotti bianchi – per dissanguarla e sfinirla e impedirle di muoversi. Bambola fragile, inerme nell'abbraccio delle fiamme. E ringraziava quel calore bruciante perché la strappava alla sua mente, e il dolore, il dolore, il dolore profondo che sembrava lacerarla da dentro, una violenza, uno stupro, quel dolore era benedetto perché i pensieri s'infrangevano contro l'eco delle sue urla. Era solo un corpo in fondo. Ma se anche l'Espiazione l'avesse dilaniata al punto da segnarle l'essenza, importava?
Era già rotta, ripiegata sulla sua fragilità, rovinata sfiorita difettosa, smembrata in mille frammenti di vite passate. Che la sfregiassero ancora. Era solo un corpo in fondo, era solo un'essenza in fondo, era solo lei stessa in fondo – e di sé, scoprì, non le importava poi molto. Non in quel momento almeno, e forse per altri mille anni a venire, sino a quando i ricordi non fossero scomparsi nel buio. Troppi fantasmi avvinghiati al suo collo.
E il ghigno sulla sua gola vomitava sangue, e la follia nella sua mente vomitava risate.

* * *

Doveva sembrare un cadavere pensò, lì abbandonata sulla pietra fredda, il Fuoco placato e il dolore rovente. Non era mai stato così intenso, così violento – ferite scavate nel corpo e nell'essenza, e sangue versato e urla e risate e il sollievo di non essere sola con la propria mente. La rassicurazione di sentirsi bruciare. Era una cosa malata forse – no, di certo. Scoprì che neanche questo le importava.
Nelchael dall'alto la guardava e non si muoveva. C'era dolore nei suoi occhi? Non riusciva a capirlo, il suo stesso sguardo sfocato da capillari rotti e stanchezza.
«Sciocca.» le mormorò, ma senza biasimo. Solo constatando.
Lei gli sorrise.
Nelchael dovette abbassarsi e passarle le braccia attorno al busto, sollevandola di peso, perché da sola non sarebbe mai stata in grado. Le ali si accasciarono contro la sua schiena, attraversate da piaghe sino alle punte – desiderò di poterle ritrarre, così Nelchael avrebbe potuto prenderla tra le braccia, invece di trascinarla. Tentò di muovere un passo, le gambe cedettero con una nuova ondata di dolore. Si abbandonò contro l'angelo.
«Se vuoi lasciare il Paradiso, vattene ora. Non ti è concesso tempo per riprenderti.»
«Voglio.»
«Sciocca.» le ripeté Nelchael. C'era sollievo nella sua voce.

* * *

Nelchael la adagiò sul terreno umido, sotto un cielo chiaro e lontanissimo. Le ali soffocavano sotto il suo peso. Lei raccolse le ultime energie, uno sforzo appena per sollevarsi appena e farsi ricadere su un fianco. Terra nelle ferite – non aveva voluto che la rivestissero dopo l'Espiazione, maneggiandola come un fantoccio. Sarebbe stato più umiliante della nudità stessa.
«Sono stanca.» sussurrò. Aveva la voce debole e raschiante, rovinata dalla ferita alla gola.
«Dormi. Sei al sicuro – i Cherubini sono preziosi anche per gli Sconsacrati.»
Sorrise. Non era vero, ma dirlo ad alta voce sarebbe stato troppo spaventoso.
«Resta con me finché non mi addormento.»
Nelchael si sedette accanto a lei.

L'essenza si accartocciava su sé stessa, proteggendo disperatamente il proprio dolore. L'assenza era un vuoto terrificante dentro di lei, un'agonia che riecheggiava nella solitudine della sua mente.
«Ricordo Sariel, sai.» sussurrò per zittire il silenzio «La sognavo, da umana. Si faceva chiamare madre.»
Nelchael non rispose.
«Tu invece ci sei stato solo alla Venuta. Accanto a Sariel.»
Parlare le faceva male, ogni inspirazione una fitta, ogni parola bruciore, ma continuò.
«Ricordo la tua essenza che mi avvolgeva mentre morivo.»
«Non dovresti.»
«Ti sei interessato così a tutte le tue creazioni
«No. Ma tu sei stata l'ultima, e l'unica ferita.»
«Perché l'ultima?»
«...perché poi Sariel è impazzita.»
Compagni d'eternità strappati l'uno all'altra. Doveva essere come perdere una parte di sé, guardarsi attorno e scoprirsi solo all'improvviso.
Chiuse gli occhi.
«Come si sopravvive all'assenza, Nelchael?»
Lui non rispose.

* * *

Quando riapre gli occhi, Michael è lì.





***
Angolo autrice
Capitolo cortissimo, lo so, ma è l'ultimo prima dell'epilogo. Tra tre giorni pubblicherò anche quello e quest'avventura, che mi ha accompagnata per due anni e mezzo, sarà finita. Stento a crederci. Colgo l'occasione per ringraziare chi ha commentato, inserito la storia tra le preferite e le seguite o è semplicemente passato di qui - tutti molto più numerosi di quanto mi aspettassi. Sapere che questa storia interessava a qualcuno è stato lo stimolo più grande a continuarla e a fare del mio meglio. Ci sarà un seguito? Forse, ma prima voglio finire anche Lambda, in attesa da troppo tempo di essere continuata, e magari dedicarmi anche ad altre idee. Si vedrà. Per ora mi basta l'enorme soddisfazione di poter scrivere la parola fine a questa storia.
Di nuovo, grazie a tutti. Spero che leggere Ceneri vi sia piaciuto quanto è piaciuto a me scriverla.
   
 
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