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Autore: _ayachan_    03/10/2008    22 recensioni
A cinque anni dalle vicende de "Il Peggior Ninja del Villaggio della Foglia", che ne è stato delle promesse, dei desideri e delle recriminazioni dei giovani protagonisti?
Non si sono spenti con l'aumentare dell'età. Sono rimasti sotto la cenere, al caldo, a riposare fino al giorno più opportuno. E quando la minaccia è che la guida scompaia, quando tutt'a un tratto le scelte sono solo loro, quando le indicazioni spariscono e resta soltanto il bivio, è allora che viene fuori il carattere di ognuno.
Qualunque esso sia.
Versione riveduta e corretta. Gennaio 2016
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'eroe della profezia'
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Penne 09
20/01/2016


Capitolo nono


Sbronza di gruppo




Gli ermellini sono animali adorabili.
Candidi, morbidi, dal muso vispo, i baffi tremuli, si muovono timidi ed eleganti, sgusciando di ombra in ombra senza capire che sono troppo chiari per mimetizzarsi. Hanno zampe fini e silenziose, una coda soffice come seta; in due parole sono esteticamente deliziosi, e sembrano ricalcare tale deliziosità anche con il loro comportamento.
Ma gli ermellini sono carnivori. Il che vuol dire che, periodicamente, il loro timido sgusciare di ombra in ombra si tramuta in un agguato predatorio, e il loro candido musetto si tinge di rosso mentre affondano i canini nella carne ancora calda e vibrante dell’altrettanto tenera vittima. Per non parlare di quando qualcosa minaccia i loro cuccioli.
Hinata era un po’ come un ermellino.
Candida, timida, tenera, eccetera eccetera. E poi, di tanto in tanto, carnivora.
Era stata tale a dodici anni, durante il torneo di selezione per Chunin, combattendo contro Neji; era stata tale, a suo modo, a venticinque, per sposare Naruto e non lasciarsi abbattere dal parere contrario del padre; era stata tale anche a trentaquattro, quando, per la prima volta, Naruto aveva avuto paura di lei.
E quella era stata la volta peggiore.


Erano rientrati dall’ospedale un paio di ore prima, con un fagotto a testa tra le braccia e due domestiche con relative culle al seguito. Avevano presentato le ultime arrivate ai loro fratelli, raccogliendo la studiata indifferenza di Hinagiku, il sorriso tenero di Hanako e l’entusiasmo del minuscolo Minato – molto offeso dal fatto che le neonate non rispondessero ai suoi saluti – e poi avevano cercato di spiegare ai gemelli di due anni cosa significasse ‘avete altre due sorelline’. Yumi e Iyoku naturalmente non avevano capito granché, ma avevano scrutato curiosi le due bambine addormentate e poi avevano sorriso da dietro gli occhi bianchi degli Hyuuga.
Naruto e Hinata si erano mostrati soddisfatti e si erano ritirati nella loro stanza, affidando gli altri figli alla cura delle domestiche. Avevano posato i fagottini dormienti sulle coperte e si erano stesi ai lati del letto, tenendoli tra loro, limitandosi a guardarli e a cercare stupidamente di capire a chi assomigliassero. Li avevano accarezzati, senza svegliarli, e Naruto aveva chiesto a Hinata come si sentiva: bene, benissimo, ormai era abituata al tran tran, tutto a posto.
«Meno male, per fortuna.»
Pausa di silenzio.
«Siamo a sette, eh.»
Hinata gli aveva sorriso un po’ stancamente. «Come Sasuke e Sakura. Come desideravi tanto.»
«Beh, non è che lo volessi proprio per loro...» aveva bofonchiato Naruto arrossendo. «Mi piaceva una famiglia numerosa, ecco!»
«Ed è quello che hai. E saranno tutti bambini belli e forti.»
«Come me.»
«Come te.»
Altra pausa.
Naruto aveva accarezzato la guancia arrossata di una delle bambine, che, come già appurato, avevano gli occhi azzurri e nessuna traccia di byakugan.
«Certo che i maschi alla fine sono stati solo due, eh» se ne era uscito in tono casuale.
«Come?»
«No, dico... sette figli e due soli maschi. Sasuke e Sakura ne hanno quattro.»
Silenzio. Denso silenzio.
«Naruto...»
«Non sto mica dicendo niente, eh! In fondo le probabilità erano del cinquanta percento e le femmine sono fantastiche, sul serio, le adoro!»
«Naruto...»
«Guarda Hinagiku! Sembra quasi un maschio, no? E’ come averne uno in più! Già, le femmine sono proprio splendide!»
«Naruto, stai per caso cercando di dire qualcosa?»
Doveva accorgersene quando Hinata aveva calcato il suo nome, avrebbe pensato più tardi.
«Ehm... non esattamente... Cioè, forse sì» aveva inspirato a fondo, poi, facendo bene attenzione a non svegliare le bambine, si era sporto verso Hinata. «Insomma. Abbiamo trentaquattro anni, siamo giovani, no?»
«Abbiamo trentaquattro anni e sette figli, Naruto, quattro dei quali nati in due soli parti.»
«Sì, sì, lo so... E’ solo che... Pensaci, dai! Tre bei maschietti vivaci tutti uguali a me, e...»
Si era interrotto bruscamente quando le labbra di Hinata erano scomparse, livide e biancastre.
«Naruto.»
Un brivido.
«Ho trentaquattro anni e due neonate sul letto. Neanche ieri queste due neonate sono venute alla luce in maniera del tutto naturale, e non lo augurerei nemmeno al generale della Roccia che voleva uccidermi. Ti amo, Naruto, e voglio vederti felice: questa è l’unica ragione che mi ha permesso di arrivare fino ad oggi senza lamentarmi. Ma, e credimi, ti amo ancora nonostante tutto, adesso basta. Hai avuto sette figli come Sasuke, e sono tutti splendidi e perfetti! Io ho fatto sette figli soffrendo le pene dell’inferno, e ora penso che cinque femmine sia quanto di meglio potesse capitarci! Perciò, Naruto, non chiedermi altri bambini, non farlo, o potrei trovare qualcosa da ridire!»
Qualcosa da ridire’. Una minaccia da quattro soldi sulle labbra di chiunque, ma non su quelle di Hinata, nonostante le sue urla, se di urla si poteva parlare, fossero molti decibel al di sotto della rabbia media. Naruto, fissando i suoi occhi dalle pupille contratte, aveva deglutito a vuoto, tendendo d’istinto una mano ad accarezzare la bambina che si era messa a piangere.
«Ma no, io non intendevo...» aveva balbettato, imbarazzato, e Hinata aveva abbassato rigidamente lo sguardo per accarezzare la seconda neonata che rischiava di svegliarsi.
«Va bene così, Naruto» aveva risposto, con una strana voce monocorde. «Credo che abbiamo concluso il discorso.»
E allora, insieme alla drammatica fine delle sue speranze di fondare una squadra di calcio con i piccoli Uzumaki, a Naruto erano tornate in mente le parole pronunciate da Tsunade in occasione della miracolosa nascita di Minato: ‘verrà il giorno in cui questa povera donna si ribellerà, statene certi’.


Dopo due anni, vivo e seduto a una tavola decisamente affollata, Naruto non pensava più all’Uzumaki football team – se non sporadicamente – e riteneva che tenere d’occhio sette bocche fosse già abbastanza oneroso, visto che avevano tutte la tendenza a strozzarsi con il cibo tre volte al giorno. Non aveva più aperto il discorso con Hinata, si era goduto i figli e le figlie e si era persino rassegnato a tornare alle vecchie precauzioni, cosa che lo lasciava parecchio stranito, dopo undici anni di libertà. Poi aveva praticamente adottato Chiharu, Kotaro e Hitoshi.
«Saranno almeno sei mesi che non mangio un ramen con quei tre» rifletté, ruminando la sua cena con aria assorta.
Hinata sollevò lo sguardo dal tavolo e sorrise, fingendo di ignorare Hinagiku che spostava gli spinaci dal suo piatto a quello di Hanako.
«E’ vero, ultimamente li hai un po’ trascurati» ammise, tendendosi a versare dell’acqua a Minato, che tossiva disperato per colpa di un boccone di traverso. Non aveva bisogno di chiedere di chi parlasse, ormai aveva imparato a riconoscere il tono con cui Naruto si riferiva alla sua squadra.
«Tra la storia dell’Hokage ora, e tutti i problemi prima li ho persi di vista. E’ che se la cavano benissimo anche senza di me, sono grandi ormai...» sbuffò, battendo pacche leggere sulla spalla di Minato. «Almeno adesso che stanno per partire per Suna dovrei portarli fuori a cena. Come facevamo con i ragazzi da giovani! Ma certo!»
«Penso sia un’ottima idea» approvò Hinata, che non conosceva i risvolti alcolici del passato di Naruto. «E se vedi la moglie di Iruka ricordati di farle i nostri auguri per la gravidanza, mi raccomando. Alla sua età è già difficile avere bambini, non credo che abbia molte altre occasioni...»
«Non dovremmo portarle un vassoio di dolcetti? Hina, riprendi immediatamente quegli spinaci o ti spedisco a casa di Neji.»
Hinagiku impallidì, e sotto lo sguardo timido di Hanako riprese la poltiglia verde che tanto odiava.
«Forse sarebbe meglio un sacchetto di tè pregiato» obiettò Hinata pensierosa. «Se non sbaglio dovrebbe essere ancora nel periodo delle nausee.»
«Oh, non ricordarmelo... Cerco il tè, okay? E nel biglietto metto anche i bambini?»
«Sì, penso che possa funzionare. E li inviteremo a cena, una sera.»
«Cucina Ayame?»
«Naruto!»
«Che ho detto?»


Dal momento che la gravidanza era solo agli inizi, ogni sera Ayame stazionava ancora dietro al bancone di Ichiraku. Accoglieva i clienti, sorrideva, rispondeva educatamente alle loro domande, versava sakè in abbondanza e faceva lievitare il conto per magia. Quando suo padre se ne accorgeva lei si limitava a ricordargli che un bambino comporta molte spese, e il futuro nonno si scioglieva e la lasciava fare, ripromettendosi di ripagare i gentili allocch... ehm, ospiti, con la preziosa visione del pargolo, una volta che fosse nato.
Tuttavia, quando Naruto si presentò al banco insieme ai suoi tre allievi, Ayame arrivò a pensare di fermare il flusso di sakè, anziché alimentarlo: al sesto rabbocco del vaso di ceramica tra Chiharu e Kotaro gettò un’occhiata preoccupata al padre, chiedendogli silenziosamente come dovesse comportarsi. Oltre il legno e le ciotole di ramen mezze vuote, illuminati dalle luce calda delle lampade appese al soffitto, Naruto e Kotaro erano riversi sul bancone a cantare allegramente una canzone volgarotta. Accanto a loro Chiharu fissava le bacchette con sguardo intento e poi cercava invano di prelevare un pezzo di carne dal suo brodo, mancando clamorosamente qualunque cosa fosse solida nella tazza, mentre Hitoshi, seduto subito oltre, aveva realizzato che anche se avesse fumato una sigaretta davanti a Naruto lui non se ne sarebbe ricordato, e quindi aspirava boccate rassegnate fissando il menù.
«Ancora!» esclamò Naruto all’improvviso, sollevando il sakè e rovesciandone metà sul tavolo. L’incidente lo fece scoppiare a ridere, il che trascinò Kotaro in una risata convulsa che per poco non lo ribaltò dallo sgabello.
«Credo che per stasera sia abbastanza...» intervenne Ichiraku, avvicinando cautamente la mano a quella di Naruto. Ma lui tirò indietro la sua, offeso, e gli scoccò un’occhiataccia. «No no» commentò, cercando di schioccare la lingua e riuscendo quasi a strozzarsi. «Io l’ho pagato e io me lo bevo.»
E giù tutto in un colpo.
«Kaboom!» fece Chiharu, lasciandosi andare a una risatina isterica che spinse Hitoshi a fissarla.
«Sei ubriaca?» le chiese stralunato.
«Chi, io?» replicò lei, fissandolo improvvisamente seria come marmo. «No, sono solo un po’ brilla» e piantò la bacchetta sul bordo della ciotola, rischiando di rovesciarla.
Hitoshi inspirò a fondo: a causa delle solite emicranie quella sera aveva evitato l’alcol. Per la stessa ragione aveva anche scordato di controllare che i suoi compagni di squadra non si dessero alla pazza gioia. E ora, con orrore, si rendeva conto che di tutti e quattro era lui l’unico sobrio. La cosa più irritante era sentire Naruto che continuava a ripetere quanto fosse venuta bene la serata.
«Ragazzo, forse faresti meglio a portarli a casa» suggerì Ichiraku con una certa discrezione.
«Da solo?» Hitoshi fece una smorfia decisamente poco entusiasta.
«Non lo so. In qualche modo.»
Entrambi fissarono di nuovo gli altri, e videro Naruto con la ciotola calcata sulla testa che combatteva accanitamente con Chiharu in una sfida all’ultima bacchetta. Sotto di loro Kotaro, tut'a un tratto, piangeva.
«Okay, ha ragione» si arrese Hitoshi. «Quant’è?»
«Lascia stare il conto. Ci penserà Naruto domani. O dopo. O tra una settimana, se per allora si sarà ripreso. Non l’ho mai visto bere tanto.»
«Io non ho mai visto nessuno di loro ridursi così» grugnì l’Uchiha, tirandosi in piedi. «Forza! Sveglia! Si va in missione!» chiamò, strappando le bacchette dalle mani dei due fieri combattenti.
Chiharu balzò allegramente in piedi, ondeggiando come un salice in piena tempesta, Naruto inciampò in una delle gambe dello sgabello e piombò a terra ululando dal divertimento.
«Livello S!» esclamò Chiharu sollevando un pugno.
«Naturale» grugnì Hitoshi, sospingendola verso il bancone quando la vide pendere verso l’asfalto. Lei barcollò per un istante, si aggrappò allo sgabello e finì per accasciarsi sulla schiena di Kotaro, ancora in lacrime. Nonostante sapesse perfettamente che era solo ubriaca, Hitoshi provò una punta di irritazione e la tirò su di nuovo, assolvendo all’ingrato compito di sorreggerla.
«Forza! Basta schifezze!» gridò Naruto rialzandosi a fatica. «Tutti a dormire, mocciosi!»
«E’ arrivato» borbottò Hitoshi, mentre lui sollevava di peso Kotaro.
«Allora. Tu porti a casa lui e io porto a casa lei» spiegò il maestro sbattendogli addosso il compagno gemente, e senza tanti complimenti si fece rotolare addosso Chiharu, ancora immersa in una serie di risatine isteriche. Lei gli si aggrappò al collo e gli scompigliò i capelli, e Hitoshi, inaspettatamente, sentì una vena di irritazione gonfiarsi sopra la tempia.
«Ma tu e Kotaro abitate più vicini» sibilò, spingendo il compagno verso il maestro e tirando indietro Chiharu.
Naruto corrugò la fronte, momentaneamente stordito dall’improvviso cambiamento, quindi sollevò un indice con l’intenzione di dire qualcosa che evidentemente gli era già sfuggita. Ci rifletté per un istante, infine se ne uscì con un profondo: «Uh.»
«Siamo d’accordo» troncò Hitoshi, facendosi passare un braccio di Chiharu attorno al collo e cercando di ignorare la sua risata, così vicina all’orecchio che lo avrebbe stordito se non fosse stata intrisa d’alcol.
«Aspetta un attimo» lo bloccò Naruto, mettendolo improvvisamente a fuoco. «Non mi suona bene.»
«Tre per venti?»
«Ottantasei. No. Cinquantaquattro. Ma che c’entra?»
Hitoshi stirò le labbra in un sorriso di scherno. «Sei così ubriaco che nulla ti suonerà bene, stasera.»
«Ehi ehi! Ricorda a chi devi portare rispetto, moccioso!» tuonò Naruto, e nella foga lasciò andare Kotaro, che si schiantò al suolo e si svegliò dal torpore con un patetico: «Questo è sleale!»
«Tu non porterai a casa Chiharu» insisté Naruto, riacciuffandolo e piazzandoselo sulle spalle – cosa che fece molto male al suo equilibrio. «Non mi fido a lasciartela in mano in quelle condizioni.»
«Stai insinuando qualcosa?» scattò Hitoshi sentendo il sangue salire velocemente al viso.
«Certo che sì!» esclamò Naruto, appoggiandosi al banco per ritrovare il baricentro. «Tu sei un Uchiha. Un Uchiha! Gli Uchiha saltano addosso alle donne degli altri come... come... come pulci!»
«Le donne di chi?» Hitoshi strabuzzò gli occhi.
«Degli altri! Le mie! No, la mia! Oh, ma chi se ne importa? Se ti lascio con Chiharu me la mangi!»
Hitoshi iniziò a pensare che ne aveva abbastanza. «Premesso che gli Uchiha si fanno assalire dalle donne e non il contrario,» esordì pomposamente, sotto lo sguardo preoccupato di Ichiraku e figlia. «credo che nessuno abbia il coraggio di mettere le mani addosso a questa cosa!» scosse Chiharu, che fissò uno sgabello con un sorriso stupido. «Io per primo! Non la spingerò dietro nessun cespuglio, non la assalirò tra le ombre, e quando sarai sobrio torneremo sul discorso ‘mie donne’, signor ‘sono felicemente sposato e me ne vanto’!»
Naruto gli rilanciò uno sguardo confuso. «Eh?»
Hitoshi sentì una vena vicina alla frattura, dalle parti del pomo d’Adamo, e comprese che se parlare con Naruto sobrio era difficile, parlare con Naruto ubriaco era impossibile.
«Ne discutiamo domani! Vattene a casa!» abbaiò, minacciando di calciarlo via.
«Senti un po’ tu, brutto... brutto...» partì Naruto, ma Kotaro gli si aggrappò al collo e gli schiaffeggiò la bocca con espressione severa.
«No no» disse. «No. Non si dice. No. Devo vomitare.»
Ichiraku sbiancò, Ayame scomparve nel retro, Naruto fissò Kotaro confusamente e Hitoshi soffocò il grido che premeva nella sua gola.
«Giuro che se non me ne vado in questo preciso istante do fuoco a tutti, anche senza Amaterasu» ringhiò tra sé. E mentre Naruto entrava nel panico vedendo il colorito di Kotaro e Ichiraku gli tendeva precipitosamente una ciotola vuota, lui sistemò meglio il braccio di Chiharu sulla spalla e la costrinse a voltare la schiena a tutti.
«Ciao ciao!» rise lei, salutandoli con la mano. Per farlo perse di nuovo l’equilibrio e per poco non strozzò Hitoshi.
«Ciao niente!» strillò Naruto, aggrappandosi al suo colletto con l’ultimo barlume di razionalità. «Io lo so cosa vuoi fare!»
«Ucciderti» sibilò l’Uchiha voltandosi rabbioso, ma mentre lo faceva vide la sua ancora di salvezza oltre le spalle del maestro. E un lampo di trionfo gli passò nello sguardo.
«Inuzuka!»
Kiba, che avanzava poco oltre, vide il gruppo al completo e ignaro li raggiunse, tenendo per mano una bambina sui due anni. Sembrava ancora il diciottenne di un tempo, ma forse e solo forse aveva domato leggermente la sua natura ribelle e messo su un paio di chili.
«Naruto! Saranno settimane che non ci vediamo! Congratulazioni per la nomina!» esordì battendo una pacca sulla sua spalla, mentre una donna e una bambina un po’ più grande si univano a lui, con il bisnipotino di Akamaru al seguito. Naruto lo mise a fuoco con difficoltà, poi sorrise, fissando il suo orecchio. «Shino! Quanto tempo!» ridacchiò.
«Sbornia di terzo grado» annunciò la moglie di Kiba, Tsume, figlia del capo del clan Nekozuka e storico nemico degli Inuzuka. Il loro era stato un amore molto turbolento, a partire dal primo incontro al matrimonio di Naruto che si era risolto in una quasi faida generazionale, e poi si era evoluto fino a un matrimonio che tuttora lasciava perplessi tanti e che vedeva le bambine contese tra i due clan: a breve avrebbero ricevuto un animale di cui occuparsi, ma sarebbe stato un cane o un gatto?
Naruto fissò l’intera famiglia mentre Kiba realizzava lentamente la situazione, poi ridacchiò scioccamente. «Dove sono i vostri insetti?» chiese gioviale. «Ah! Datemi una mano! Portate a casa Chiharu!»
«Chi?» fece Kiba, stordito, e Naruto con una manovra complessa si voltò per indicare Hitoshi, mentre Kotaro svuotava lo stomaco in una ciotola sotto lo sguardo scioccato della figlia minore di Kiba. Ma alle sue spalle c’era solo la luce aranciata delle lampade di Ichiraku e un vago, vaghissimo sentore di fumo.

Hitoshi procedeva imprecando con la sigaretta tra i denti e un braccio a sorreggere Chiharu. Se Kiba non fosse comparso all’orizzonte dubitava che sarebbe riuscito a distrarre Naruto abbastanza a lungo da allontanarsi.
Sbuffò, sputando a terra il mozzicone consumato, ma l’attimo di distrazione fece sì che Chiharu inciampasse nei suoi stessi piedi e rischiò di fargli stirare un muscolo sulla schiena.
«Cosa dovrei mettere addosso a questa qui?» sbottò mentre la sentiva ridere felice. «Neanche la punta di un dito, porca p...»
«Dove si va?» lo interruppe lei con la testa reclinata mollemente sulla sua spalla.
«A casa» grugnì lui, trattenendosi a stento dall’aggiungere ‘idiota’.
«Sembra divertente...» sospirò lei tamburellandogli i capelli con le dita.
Hitoshi roteò gli occhi. Poi, a sorpresa, la sentì tirarsi leggermente su e posare il viso nell’incavo del suo collo. Quando il suo respiro gli solleticò la pelle, contro ogni logica avvertì un brivido caldo.
«Puzzi di fumo» la sentì sussurrare con voce meno strascicata di quel che pensasse.
«E tu di alcol» rispose in un borbottio cercando di scrollarla via.
La sentì allontanarsi ridendo e provò un certo disagio accorgendosi del suo seno contro il torace.
«Ma sotto sotto profumi» gli concesse lei, scuotendo la testa come per snebbiarsi le idee. «Non lo so. Sento anche puzza di sakè. Hai bevuto?»
«Tu hai bevuto.»
«Oh. Non mi sembrava.»
«Haru, sta’ zitta!»
«Perché?» sollevò la testa, sforzandosi di sfoggiare il suo miglior ghigno strafottente, ma tutto ciò che tirò fuori fu un vago sorriso ebete.
«Perché straparli!»
Chiharu sospirò, e di nuovo lui la sentì contro il collo e la sentì espirare ridendo piano.
«Smetti di fare anche questo!» le sibilò, infastidito, in qualche modo lusingato, ma soprattutto nervoso.
«Perché?» ripeté lei in un mormorio roco. «Perché ti piace?»
«Sei ubriaca!» se la scrollò di dosso bruscamente e lei perse per un attimo l’equilibrio, rischiando di piombare a terra nel mezzo della strada silenziosa.
«Se sono ubriaca non ti conviene lasciarmi in piedi da sola» gli fece notare lei, poi gli si appoggiò addosso con uno sbadiglio. «Lo sai? Non ho sonno» biascicò.
Hitoshi sospirò esasperato. Si arrese all’idea di sostenerla. «Ti odio da ubriaca» mormorò passandole un braccio attorno al corpo, e il disagio che aveva provato fino a un attimo prima si acuì e trasformò quando sentì il suo fianco sotto la mano. Forse l’odore dell’alcol si stava dissolvendo, perché all’improvviso gli sembrava molto meno fastidioso.
E fu allora, quando meno se lo aspettava, che lei alzò la testa, gli posò una mano sulla nuca e lo tirò a sé, baciandolo.
L’aroma forte del sakè gli entrò nelle narici tutto in un colpo, annebbiandogli per un attimo i sensi. Sentì le dita di Chiharu tra i capelli, e dopo un istante la sentì dischiudere le labbra e ricordò perché l’alcol gli faceva schifo. Ma fu solo un istante, subito travolto da anni di fantasticherie e sogni ad occhi aperti, anni pieni di notti insonni, riflessioni e sforzi disperati per smettere di pensarci. Da quanto rimuginava su un bacio di Chiharu? E da quanto odiava Baka e Yoshi e anche Kotaro e chiunque le si avvicinasse? Senza contare che fino a due minuti prima la trovava quasi ripugnante – o si stava sforzando di farlo? – mentre ora, anche se lui era debole e lei ubriaca, anche se sapeva che quel bacio era vuoto e inutile, gettava alle ortiche l’onore, l’etichetta, gli ammonimenti deliranti di Naruto e dimenticava l’odore e il sapore del saké, stringendosi addosso Chiharu e rispondendo al bacio con la foga del miracolato. Si sentiva più ubriaco di lei, e sentiva che avrebbe voluto continuare a baciarla fino a un maledetto letto e fregarsene della morale e di quello che avrebbero detto gli altri, approfittarne ora che era lei a cercarlo, subito, perché non sarebbe capitato di nuovo. Prima di rendersene conto si trovò ad accarezzarla, a baciarle il collo e la bocca, ancora, respirando veloce o non respirando affatto.
«Piano...» sussurrò lei con una risatina, poi lasciò che tornasse alla pelle sensibile sotto il mento. Lui la sentì ridere contro il suo orecchio, le mani affondate nei capelli e l’intero corpo premuto contro il suo, e la sospinse contro il muro di una casa. Si staccò un solo istante per riprendere fiato.
All’improvviso lei smise di ridere e lo fissò, mortalmente seria.
«Non sono ubriaca» mormorò, e quel mormorio impiegò qualche lungo istante per diventare comprensibile nella testa di Hitoshi.
Ma, non appena lo fu, la sorpresa e l’euforia vennero spazzate via dalla risata incontrollata di Chiharu.
«Forse sono un po’ brilla» continuò lei, la fronte contro la sua spalla e la voce soffocata contro la maglietta. «Ma non del tutto. Sai me l’ha detto che devo esercitarmi. E tu... tu...» alzò lo sguardo, cercando di metterlo a fuoco, poi corrugò la fronte.
«Che cosa ti ha detto Sai?» farfugliò Hitoshi.
«Mmh... Voglio andare a casa. Devo vomitare.»
Non c’è che dire, pensò il lato cinico di Hitoshi, mentre l’eccitazione spariva di botto. Una conclusione di classe.

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Ci volle tutto il giorno seguente perché i ragazzi e Naruto recuperassero la lucidità: Chiharu e Kotaro dovettero lottare contro un'emicrania feroce, che ostacolava pesantemente la preparazione degli zaini per la missione; Hitoshi passò la mattina a fingere di avere lo stesso problema per concentrarsi sugli ultimi sviluppi con Chiharu, ma la questione era di tale portata che nel pomeriggio l'emicrania divenne realtà e dovette restare davvero rinchiuso in stanza con le finestre oscurate per diverse ore.
Lo studio dell'Hokage rimase penosamente vuoto: Naruto era fuori gioco, Sakura era di turno in ospedale e Sasuke si era defilato in commissariato prima che a qualcuno venisse in mente di convocarlo. Shikamaru, subodorando il rischio di una giornata di duro lavoro, era letteralmente scomparso nel nulla lasciando detto che aveva importanti questioni di strategia da approfondire. Temari sospettava che stesse dormendo a casa dei suoi genitori, ma non poteva provarlo.
Così fu Koichi ad impilare in bell'ordine i documenti con le autorizzazioni per la missione di Suna, tutti freschi di stampa e completamente privi di firme. Nel farlo versò qualche lacrima di nostalgia al pensiero di Kakashi, che per quanto inefficiente almeno si presentava in ufficio. Preparò le pile di incartamenti suddividendoli ordinatamente per shinobi, spolverò le poche zone libere della scrivania e compilò attentamente il modulo per la richiesta di ferie che faceva la polvere nel cassetto da mesi.
Al diavolo il periodo di preavviso, lui domani non si sarebbe presentato. Venissero pure a lamentarsi!
Cosa che, in effetti, Sakura fece.
Uscita dall'ospedale passò nello studio dell'Hokage, aspettandosi di trovare Naruto o almeno Shikamaru, ma fu accolta soltanto da sei pile di documenti complicati e un foglio di ferie di dubbia validità. Allora raccolse il materiale e si trasferì da Koichi, chiedendogli di analizzare insieme ogni singolo paragrafo per evitare che il Consiglio li utilizzasse contro di loro in futuro. Koichi tentò una flebile protesta, ma la minaccia di non considerare valida la sua richiesta di ferie lo ridusse ben presto al silenzio.
Fu così, con una manciata di ore di sonno all'attivo e due vistose occhiaie sugli zigomi, che Sakura si presentò alle porte del Villaggio la mattina della partenza del gruppo per Suna.
«Tirate fuori i sigilli!» annunciò distribuendo i plichi a ogni intestatario. «Nessuno si muove di qui se non vedo tutte le vostre firme!»
Ci fu un po' di confusione mentre le penne passavano di mano in mano tra i borbottii. Temari colse l'occasione per riversare fiumi di lamentele sull'inefficienza del marito, che finì per nascondersi dietro Chiharu per scamparla. Naruto firmò nei posti sbagliati e dovettero discutere sulla validità o meno delle firme cancellate da uno scarabocchio. Alla fine, dato che Koichi era in ferie, stabilirono di accettarle a patto di controfirmare la correzione con tutti i sostituti Hokage, e in pratica la partenza fu ritardata di quasi mezzora.
Chiharu riempì i suoi moduli rapidamente e li consegnò a Sakura perché li facesse passare agli altri Hokage. Fu la prima a finire, il che le concesse qualche minuto per osservare Hitoshi senza che nessuno se ne accorgesse.
Aveva avuto un incubo, da ubriaca. Aveva sognato che Hitoshi la accompagnava a casa dopo il ramen da Ichiraku e la baciava contro il muro di una casa. Ma non poteva essere reale, doveva per forza essere un brutto sogno, giusto?
Che razza di sogno, tra l'altro. Baciare Hitoshi? Neanche sotto tortura. Avrebbe portato conseguenze catastrofiche, tra cui l'esplosione definitiva del gruppo Sette e le risate eterne di Sai. Dei, poteva quasi immaginarselo Sai che si sbellicava: le aveva detto di fare pratica e lei aveva preso un ragazzino inesperto?
Hitoshi finì di compilare i documenti e incrociò il suo sguardo. Lo distolse subito. A Chiharu si gelò la spina dorsale.
Poteva non essere un sogno, dopotutto?
«A pagina trentadue quante firme hai messo?» chiese Kotaro facendola trasalire. «Io ne vedo sei, tu?» Chiharu diede una rapida occhiata al foglio e confermò, innervosita. «Credo di avere ancora qualche postumo dall'altro ieri...» si scusò il giovane Lee. «Mia madre dice che ancora non sa come ha fatto Naruto a trovare casa nostra, tanto era marcio.»
«Ah, ti ha riportato Naruto?»
«Sì... Ha riportato a casa tutti, no?»
Chiharu serrò le labbra. Non se lo ricordava. Kotaro la fissò per un lungo istante, poi spostò lo sguardo su quello che vedeva lei, e notò Hitoshi che aggiungeva un paio di firme dimenticate insieme a Sakura. Si irrigidì.
«Tua madre non si è lamentata vedendolo così ubriaco?» insisté un po' troppo in fretta. «Insomma, è il nostro maestro, non...»
«I miei non si sono svegliati» troncò lei. «Sono una brava kunoichi anche da ubriaca.»
«Ah, certo...» Kotaro si mosse a disagio da un piede all'altro. «Quindi anche tu sei tornata con Naruto.»
Chiharu non confermò. I flash di quello che si sforzava di considerare un incubo si ripresentavano alla sua mente con più insistenza, davanti a Hitoshi. Qualcosa le serrava lo stomaco. Voleva solo che Kotaro se ne andasse e la lasciasse in pace.
«Devo riflettere!» sbottò senza pensarci. Kotaro ammutolì. «Cioè. Mi sa che ho saltato una pagina verso la fine. Ci stavo ripensando adesso. L'avevo lasciata per dopo e non l'ho più compilata... Scusa un minuto.»
Senza lasciargli il tempo di ribattere si allontanò in direzione di Sakura e Hitoshi. Li raggiunse appena prima che Sakura fosse chiamata altrove, ma fece in tempo a riprendere in mano i suoi documenti e chiedere a Hitoshi la penna. Lei e lui rimasero soli, in silenzio, senza guardarsi.
Hitoshi la vide sfogliare il suo documento avanti e indietro, come se cercasse qualcosa, ma le firme erano perfette e in ordine. Una parte di lui voleva dirle di tenersi la penna e allontanarsi in tutta fretta, un'altra non riusciva a smettere di sbirciarle il collo in cerca di segni dell'altra sera. Chissà se Chiharu ricordava qualcosa?
«Allora... Ti sei ripresa?» azzardò l'Uchiha faticosamente.
Chiharu scrollò le spalle e gli gettò un'occhiata infinitesimale. «Tu?»
«Ieri è stata dura.»
«Davvero hai bevuto con i tuoi mal di testa?»
Hitoshi la fulminò con lo sguardo. No, non ho bevuto. Però ho pensato a quanto hai bevuto TU, avrebbe voluto risponderle. Invece si schiarì la voce e guardò altrove. Deglutì. Fuori le palle, si disse prendendo fiato.
«Sai,» lo prevenne Chiharu. «Kotaro dice che Naruto lo ha riportato a casa completamente ubriaco. Chissà come ha fatto ad accompagnare noi?»
Hitoshi fece una smorfia risentita. «Vuoi giocartela così?»
«Giocarmela?» ripeté lei, per una volta confusa.
«Davvero non ti ricordi niente?»
Chiharu esitò, a disagio. Flash dell'incubo dell'altra notte le balenarono davanti agli occhi insieme a un poco opportuno ricordo del profumo di Hitoshi, che ora le sembrava molto più intenso.
Oh-oh.
«No. Non ricordo niente» si affrettò ad assicurare. «Ero più marcia di Naruto, si vede... Beh, meno male che a casa ci siamo arrivati, giusto?» ripiegò distrattamente i documenti per la partenza. «Le firme sono a posto, vado a consegnarle a tua madre. Tieni.»
Hitoshi prese meccanicamente la penna che lei gli tendeva, resistendo all'impulso di insistere. Aveva abbastanza orgoglio per capire che Chiharu non voleva approfondire la questione. Bene, allora. Non l'avrebbero approfondita. Al diavolo lei e le sue avances alcoliche. Al diavolo!
Infilando rabbiosamente la penna nello zaino, si voltò e incrociò lo sguardo di Kotaro. In un secondo vi lesse sospetto, minaccia e un fondo di paura. Ripensò alla sera in cui avevano bevuto seduti sul marciapiede, alla scioltezza con cui lui aveva centrato il cestino, al fondo di avvertimento che aveva sentito nelle sue parole. Ripensò, fissandolo, al loro tacito accordo per tenere in piedi il gruppo sette.
Senza rispondere all'occhiata, quindi, gli diede di nuovo le spalle.
In quel momento chiamarono tutti a raccolta. La cerimonia delle firme era completata, Sakura aveva mollato il faldone in mano a Naruto e stava facendo gli auguri di rito. Hitoshi tornò rapidamente alla realtà constatando che per l'ennesima volta l'unico grande assente era suo padre, e questo, sommato all'irritazione causata da Chiharu, gli fece desiderare una sigaretta con intensità quasi morbosa. Sventuratamente, per almeno tre giorni sarebbe dovuto restare pulito.
«Siate prudenti, non abbassate mai la guardia» disse Sakura in conclusione. «Non ho bisogno di sottolineare per l'ennesima volta quanto sia importante la riservatezza, in questo caso.»
«Saremo muti come tombe!» approvò Gai con un sorriso altrettanto luminoso. «Torneremo vincitori, mio Hokage!»
«Non ne dubito» gli concesse lei, magnanima.
«Ehi» Naruto si schiarì la voce irritato. «Io sono l’Hokage. Io. E’ così difficile da ricordare?»
«No maestro!» si affrettò ad esclamare Kotaro. «Cioè, no, nobile Hokage!»
Naruto lo fissò abbattuto e cercò aiuto guardando Chiharu.
«Più aspettiamo, più aumenta il caldo» disse lei lapidaria.
«Avete finito di perdere tempo?» annuì Temari, battendo a terra un piede.
Naruto piegò la testa sulla spalla di Shikamaru, demoralizzato, e lui gli batté una pacca indolente sulla schiena. «Lo so. Lo so. Sono fatte così, purtroppo.»
«Forza, gambe in spalla e partiamo!» esclamò Gai a quel punto, pieno di entusiasmo. «La giovinezza non attende!»
In un balzo fu già diversi metri oltre l’ingresso, lungo il sentiero. Rock Lee e Kotaro lo seguirono entusiasti, anche se la gioia di Kotaro aveva un che di affettato. Dietro di loro partì Hitoshi, dribblando i sicuramente umilianti auguri di sua madre, e a seguire Temari e Chiharu.
Gli Hokage rimasero a guardarli con un’ombra di inquietudine sul viso, non osando augurare buona fortuna a voce alta.
Ma non erano gli unici a sperare silenziosamente per il meglio. Mentre correva rasente il bosco Chiharu intravide una sagoma tra i cespugli, e, ne fu certa, la riconobbe per quella di Baka.
Suo malgrado si lasciò sfuggire un sorriso impercettibile.
Stupido...








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Buonasera a tutti!
Aggiornamento in diretta dalla gelida Olanda.
A questo punto la storia ha preso un binario proprio diverso
rispetto alla precedente versione.

Non ho ancora idea di come si risolverà.
Ehm.

Grazie a tutte le persone che lasciano una recensione
e a quelli che leggono soltanto!
Dopo tanti anni mi commuovete sempre!
  
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