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Autore: Kaiyoko Hyorin    19/09/2014    2 recensioni
[Estratto dal primo capitolo]
Non fece in tempo a realizzare quell'unico fugace pensiero che ella si accorse di avere i suoi occhi scuri puntati addosso, cosa che ne aumentò drasticamente la soggezione che provava nei suoi confronti ed a stento riuscì a impedirsi di sussultare nuovamente, preda di un imbarazzo senza pari.
“P-perché mi fissa in quel modo?!”
[Fine Estratto]
Era iniziato come un lavoretto di revisione e invece mi sono ritrovata a stravolgere completamente la trama, creando qualcosa di nuovo ed inaspettato! Ad oggi è l'opera più lunga che abbia scritto e spero che il risultato sia valso lo sforzo, augurandomi che risulti comunque una lettura gradevole, a prescindere! Vi auguro una buona lettura!
Attenzione: aggiunto OOC per il cambiamento caratteriale a cui i personaggi vanno incontro nel corso dell'intera storia, in accordo con la trama, senza comunque arrivare ad uno "stravolgimento" nel vero senso della parola; quindi non spaventatevi!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio
Note: Lime, OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Unione d'affari'
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19. Compagni di squadra


Così, il 16 Settembre di quell'anno lo passarono insieme, per quasi ogni singolo minuto.
Si svegliarono e alzarono senza fretta, non avendo l'entusiasmo di Max a metterne loro sull'uscire e fare un giro da qualche parte. E, se le giornate precedenti si erano rivelate capricciose e volubili, almeno per quel singolo giorno il sole sembrò l'unico vero padrone incontrastato della volta celeste.
Kei ritirò il proprio beyblade, tracciando nella sabbia un solco fra i tanti, prima di lanciare un'occhiata alle onde che si infrangevano, poco distanti da loro, sul bagnasciuga. Si erano diretti in spiaggia, ma il calore di quella splendida giornata iniziava a farsi sentire ora che il sole era ormai alto nel cielo, rendendo invitante l'idea di un tuffo persino al dranzerblader.
Sollevò allora lo sguardo sulla ragazza con cui aveva accettato, senza troppe remore, di passare la giornata. La vide piegata in due, i lunghi capelli sfumati di rosso e legati in quella coda alta pendente in avanti sul capo chino, le braccia nude che puntellavano le gambe fasciate dai suoi immancabili jeans blu, ad altezza delle ginocchia. Stava cercando di riprendere fiato, la pelle chiara che iniziava ad arrossarsi a causa della luce del sole sotto cui erano rimasti sino a quel momento, accaldata e sudata. Poteva coglierne il respiro affannoso sino a lì, confuso con il rumore delle onde.
– Pausa – propose la mora, sollevando finalmente il capo e puntando quei suoi occhi verdi su di lui.
Kei di rimando annuì con un semplice cenno del capo, inspirando certo con più descrizione ma a sua volta in moto accelerato rispetto al normale. Era stato un buon allenamento, un po' sfibrante forse, ma soddisfacente. Le propose di mangiare qualcosa e mentalmente si appuntò l'idea di farla togliere dal sole, per evitare che si prendesse una bella scottatura su braccia e spalle, lasciate scoperte dalla canotta color piombo che sembrava prediligere. Probabilmente sarebbe stato anche il caso di procurarle una crema idratante, giusto per andare sul sicuro.
Il grande e freddo Kei Hiwatari che si da' tanta pena per una ragazza.
Quell'osservazione su sé stesso gli fece serrare le labbra in una smorfia, mentre calcava con i piedi nudi la finissima sabbia del litorale, avvicinandosi alle proprie scarpe per recuperarle con un unico movimento fluido. Raggiunse il duro selciato della strada che costeggiava la spiaggia, cogliendo con la coda dell'occhio Yukiko fare altrettanto. Comparendo infatti alla sua destra, ella aveva le gote arrossate e le labbra leggermente schiuse nell'esternare uno sbuffo, gli occhi luminosi contornati da un'espressione corrucciata mentre esaminava e ripuliva le sue scarpe da ginnastica, assicurandosi che non vi rimanesse della sabbia all'interno.
Quando la mora si accorse del suo sguardo, lui si affrettò a deviarlo, guardandosi brevemente attorno, preda dell'improvvisa necessità di decidere da che parte andare per mettere qualcosa nello stomaco. Ignorò l'intimo quanto istintivo desiderio di tornare a guardarla, un desiderio che non aveva né nome né forma, ma era alla stregua di un mero impulso, tanto labile da venir accantonato nello spazio di un semplice battito di ciglia.
– Come siamo messi a fondi?
La voce della nightblader lo trasse dai suoi oziosi pensieri, dandogli modo di scoccarle una nuova e giustificata occhiata mentre, al contempo, era chinato a infilarsi la seconda scarpa. Gli ci volle un istante per elaborarne la domanda, fare mente locale e poi darle una risposta esauriente quanto concisa.
– Domani il vecchio dovrebbe fare il versamento – le disse – nel frattempo ci rimangono un totale di circa 96 dollari sulla carta di credito.
Terminò di allacciarsi la scarpa e la mora nel frattempo gli rispose con un mugugno pensieroso, prima di esprimersi in un commento più articolato.
– Credo che dovremmo tenerci un po' più di margine per la prossima volta, non si sa' mai. Per ora propongo di trovare un carretto di hotdog e procurarcene un paio.
Kei annuì con un semplice cenno del capo, raddrizzandosi. Non era mai stato un tipo di grandi pretese, il più delle volte gli bastava si trattasse di qualcosa di commestibile, ma questo non voleva dire che non avesse anche le sue preferenze. Sommariamente comunque, gli hotdog non gli dispiacevano.
Trovarono il suddetto carretto di fronte all'ingresso di un parco e alla nuova proposta della moretta di fermarvisi, il blader non ebbe di nuovo nulla in contrario. Dovettero girare un paio di minuti prima di trovare un luogo adatto, ma alla vista dell'albero contorto ed isolato, provvisto di un'ampia chioma ricolma di foglie, non ebbero alcuna esitazione. Yukiko vi si abbandonò sotto, lasciandosi ricadere sull'erba all'interno dell'ombra proiettata dalla pianta stessa, facendosi sfuggire un sospiro di sollievo. Kei dal canto suo fu più discreto, ma non appena ebbe guadagnato la protezione da quel sole battente si rilassò e si dedico a finire il proprio pranzo, cosa che gli impiegò trenta secondi a dir tanto: non si era minimamente reso conto di quanto fosse stato vuoto il suo stomaco, prima del primo boccone.
Concentrato com'era stato sull'allenarsi, gli era nuovamente capitato di perdere la cognizione di sé stesso, come gli accadeva spesso fino a qualche anno prima. La ragazza, che lo fece riemergere dai suoi pensieri, gli porse la bottiglia dell'acqua che avevano acquistato al supermarket lì vicino e lui ne bevve un lungo sorso, prima di restituirgliela e osservarla fare la stessa cosa. Inarcò un sopracciglio, seguendo con lo sguardo una goccia d'acqua scivolare dall'angolo delle labbra di lei e tracciare una linea umida sino al mento. Questo prima di voltarsi di scatto verso un'altra parte, appena si rese conto di quanto quella vista lo attraesse.
Stava ancora tentando di riprendere il pieno controllo dei propri impulsi, cercando di giocare la carta della razionalità, quando un movimento con la coda dell'occhio lo informò del cambio di posizione della nightblader, che si distese con ambo le braccia sopra il capo, le mani intrecciate a far da cuscino dietro la nuca. Ancora una volta allora si soffermò a scrutarne i lineamenti del viso, approfittando del fatto che ella avesse chiuso gli occhi, notandone il sorriso leggero che le delineava le labbra. Aveva un'espressione che trasudava serenità e soddisfazione, le ciocche scure carezzate da un alito di vento di quel primo pomeriggio. Lo stesso alito di vento che si insinuò anche fra i suoi capelli argentei.
Poi venne distratto dal proprio cellulare, che vibrò per avvertirlo di un messaggio. Sfilandolo dalla tasca anteriore dei pantaloni il blader sfiorò lo schermo e immediatamente questo si illuminò, rivelandogli il mittente: Max. Ciò che lesse gli fece inarcare un sopracciglio, cosa che ultimamente gli capitava fin troppo spesso. Una parte di lui si chiese cosa saltasse in mente al biondino di punto in bianco, mentre l'altra già stava domandandosi se il suggerimento che gli era pervenuto fosse abbastanza buono da poter essere preso in considerazione. Ripose il telefono in tasca.
– Ti va? – la voce della nightblader lo costrinse a tornare a guardarla con fin troppa rapidità, per scoprirla porgergli una delle due cuffiette degli auricolari del suo lettore mp3, il suo viso atteggiato in un'espressione interrogativa.
Il dranzerblader ci impiegò un paio di secondi buoni prima di avere una reazione, preso alla sprovvista da quell'invito, ma quando si riebbe non riuscì a far altro che allungare una mano per prendere in consegna quel mezzo auricolare. Scivolò in avanti, stendendosi a propria volta sull'erba, una mano dietro il capo e l'altra poggiata sul ventre mentre le prime note di chitarra elettrica gli penetravano nell'orecchio sinistro. Dal medesimo lato la mora si era rimessa nella stessa posizione di prima, allungata in obliquo rispetto a lui a formare un angolo di circa sessanta gradi, il cui vertice erano le loro teste, vicine tanto basta da non tendere il filo delle cuffie ma non abbastanza da sfiorarsi.
The Art of Breaking accompagnò i suoi pensieri, un'altra canzone a lui nota nel repertorio di quella ragazza. Si chiese se non iniziassero ad avere troppe cose in comune: i gusti musicali, il Beyblade, il tipo di genitori.. eppure, stranamente la cosa non gli causò il minimo fastidio e se ne sorprese lui stesso. Perdendosi a fissare la distesa di quel cielo completamente terso, ripensò ancora una volta alle aspettative di suo padre, agli oneri che lo attendevano in Giappone ed a quanto lontano da tutto quello fossero.
Quel Futuro a loro imposto ora gli appariva tanto distante quanto impalpabile in quella placida giornata estiva, messo in secondo piano dal Presente in cui si erano buttati a capofitto entrambi, scegliendo di prendersi quella pausa da tutto e tutti.
Sorrise, rendendosi conto che quella era la prima volta che si concedeva una vacanza come si deve.
E fin'ora non si era ancora rivelata una cattiva idea.


– Tre – scandì la voce del ragazzo di fronte a lei.
– Due – seguì Yukiko, con il medesimo tono.
– Uno..
– Pronti.
– Lancio! – esordirono all'unisono, azionando il lanciatore nello stesso momento e mandando i loro rispettivi beyblade a sfrecciare sul terreno erboso.
La nightblader osservò la propria trottola dal caratteristico blu scuro fendere il suolo, piegando steli d'erba e lasciando solchi decisi al suo passaggio. Premette il tasto 'play' del proprio lettore a quel punto, già cogliendo le note di attacco della canzone prescelta. Aveva deciso di provare una nuova tattica e l'ispirazione l'era venuta soltanto qualche minuto prima, ripensando al torneo disputato fra i rappresentanti della BBA e della BEGA, fra cui il suo attuale avversario.
Scoccando un'occhiata carica di sfida al dranzerblader, per una frazione di secondo soltanto si chiese come avesse fatto a sopportare tutto il tempo la sciarpa che portava al collo, col caldo avvolgeva Los Angeles quel giorno.
– Vai Dranzer!
Kei prese l'iniziativa, cosa che non la sorprese e per contro lei fece un passo di lato, movimento che venne imitato da Night poco più in là e che gli permise di schivare quel primo assalto. Sulle labbra le si delineò un debole sorriso, avendo ottenuto quel primo risultato positivo.
Si era ritrovata a riflettere, constatando con sé stessa che spesso la musica la aiutava a caricarsi, ad affrontare le proprie giornate a testa alta. Si era chiesta se questo non potesse essere applicato anche agli scontri di Beyblade e allora le era venuta in mente la tattica di gioco di quell'idol che era stata tanto in voga fino a tre anni prima, quella che era entrata a far parte della squadra della BEGA appunto.
Destra. Sinistra. Destra. Avanti. Seguendo un ritmo che poteva udire soltanto lei attraverso gli auricolari, Night si mosse sul terreno, rapido e preciso nelle oscillazioni, colpendo Dranzer un paio di volte prima di ritirarsi di nuovo.
La falla nella tecnica di quella ragazzina si era rivelata una sola: dandosi il tempo da sé nel cantare lei stessa le proprie canzoni, allora anche gli avversari potevano regolarsi ascoltando il suo show e quindi prevenire le sue mosse. Un problema che la blader dai capelli bicolori credeva di essere riuscita ad aggirare, tenendosi una cuffia in un orecchio e l'altra a penzolare nel vuoto.
Un ampio arco per aggirare l'avversario e poi, allo scandire della batteria, ecco stringere l'angolo e accelerare, attaccandolo direttamente. Dranzer sembrava non riuscire a fare molto altro a parte resistere stoicamente ai suoi assalti, cosa che fece nascere un mezzo sorriso sulle labbra di lei, mentre sollevava di nuovo lo sguardo su Kei. Il ragazzo dai capelli d'argento stava fissando con espressione concentrata lo scontro, l'aria corrucciata, gli occhi scuri che non si perdevano un solo movimento. Non lasciava intuire alcunché di ciò che stava pensando, ma la cosa non la preoccupò.
Ora! – l'improvvisa esclamazione di lui la fece sussultare.
Il bey blu e rosso intercettò mirabilmente quello dai riflessi argentei di lei, in uno stridio di metallo contro metallo che si prolungò per diversi secondi mentre lo spingeva indietro. Yukiko spalancò gli occhi chiari: l'aveva anticipata senza problemi, prendendola in contropiede.
Com'è possibile?
Solo lei poteva sentire il ritmo che stava seguendo, possibile che il suo avversario fosse già riuscito a prendere il tempo delle sue mosse? Sì, rifletté, era più che probabile. Avrebbe dovuto aspettarselo dall'ex campione mondiale.
In quel momento le risuonò attraverso l'auricolare il breve esordio di chitarra e lei ne cavalcò le note, approfittandone per disimpegnarsi e riprendere fiato. Una canzone, per quanto basata su un tempo preciso e regolare, aveva una melodia che poteva differire in cadenza e attacchi, e lei poteva usare quelle caratteristiche a proprio vantaggio. Il ritornello le diede il segnale, la musica ormai sul punto di terminare e lei schiuse le labbra, mormorandone le strofe in un impulso di combattività.
When I feel numb, I'll let you know.
Night sfrecciò accanto a Dranzer, congelando il terreno sotto di esso, cristallizzando la piega degli steli d'erba intorno a loro e ricoprendoli di brina.
I wont become what I was before.
Gli tagliò la strada, impedendogli di uscire dalla sottile lastra di ghiaccio che già si stava sciogliendo, aumentandone al contempo lo spessore. Dranzer oscillò.
You cannot kill what's not your creation.
Un ampio movimento del braccio e Night si scostò bruscamente dal suo accerchiamento, tracciando sul terreno un nuovo solco ad U.
This is the Art of Breaking.
Presa la rincorsa a quelle parole tanto flebili quanto decise, il bey blu scuro si lanciò all'attacco, con la medesima rapidità e precisione dimostrata poco prima. Fioco il bagliore che avvolse la trottola, in risposta all'attivazione del suo attacco migliore, scagliandosi impetuoso contro Dranzer.


Kei afferrò il suo bey al volo, ringraziando mentalmente la propria ostinazione nell'essersi infilato i guanti in pelle anche quel mattino. Credeva di essere riuscito a prendere il ritmo degli attacchi della sua avversaria, ma l'offensiva decisiva lo aveva preso in contropiede, non tanto per il modo in cui si era ripresa, ma per il modo in cui aveva conciliato il suo modo di combattere con l'ispirazione che le era venuta dalla musica che le risuonava nelle orecchie.
Sembrava essere migliorata all'improvviso, sfoggiando movimenti più precisi e puliti rispetto a quello stesso mattino. Inoltre aveva colto l'occasione per destabilizzare Dranzer con quella sottile patina ghiacciata sotto la sua base e lo aveva scagliato fuori gioco con un'offensiva rapida e potente come poteva essere soltanto il suo attacco Stella Cometa.
Sfoggiò un sorrisetto. Non male per un primo esperimento.
Con una rapida occhiata quantificò i danni al proprio bey, notando con una certa soddisfazione che non ve n'erano: si era trattato di un incontro rapido ed indolore, basato sull'effetto sorpresa ma, dopotutto, era stato soltanto un allenamento.
– Allora? – la voce di lei ne catturò nuovamente l'attenzione.
– Sei migliorata, ma credo che tu sappia già di poter fare di meglio – le disse lui, lanciandole quella provocazione con assoluta noncuranza. Si infilò la mano libera in tasca, mentre sotto il suo sguardo vide l'espressione di aspettativa di lei sfumare in favore di una più critica e riflessiva, vagamente corrucciata. Sollevò un angolo delle proprie labbra in un mezzo sorrisetto al vederla annuire, apprezzandone la capacità di essere oggettiva – Vuoi riprovarci?
A quella domanda lei annuì nuovamente e il dranzerblader spostò la mano libera dietro la schiena, estraendo dalla fondina il lanciatore, avvertendo dentro di sé l'entusiasmo all'idea di battersi nuovamente con un avversario degno della sua attenzione, per forza e inventiva. Si chiese che cosa avrebbe escogitato per cercare di aver di nuovo la meglio su di lui, in quanto doveva essere ben consapevole che la stessa tattica non avrebbe funzionato una seconda volta.
Così fu, sebbene la mora riuscì a dargli ancora una volta del filo da torcere. Quando quel nuovo incontro terminò, Kei avvertì il sudore scivolargli dietro la schiena e dovette concedersi un momento per riprendere fiato, approfittando della medesima necessità della sua avversaria. Scrutandola, la ritrovò nella stessa posizione di quel mattino, piegata in avanti a puntellare le ginocchia con le braccia, il capo reclinato e contornato di ciocche nere e rosse, le spalle arrossate e frementi in risposta al respiro irregolare. Inarcò un sopracciglio.
– Yukiko – il chiamarla per nome ebbe l'effetto sperato, perché la ragazza sollevò il capo verso di lui, mostrandogli nuovamente quell'iridi color verde smeraldo piene di interrogativi – Ti interessano le stelle?


Quella proposta l'aveva colta di sorpresa, una sorpresa che era andata aumentando da quando aveva messo piede fuori dal taxi che li aveva portati sin lì. L'osservatorio di Griffith era un edificio imponente, con due ali laterali a far da cornice all'alto soffitto a cupola, posto su una collina che affacciava direttamente e senza impedimenti sulle luci di Los Angeles. Mentre i due ragazzi procedettero con passo misurato lungo il vialetto che li avrebbe condotti all'entrata, Yukiko lasciò spaziare lo sguardo tutt'attorno, finendo per fare un giro su sé stessa, tentando di trattenere almeno nell'espressione la propria ammirazione.
L'ultima volta che aveva visitato un osservatorio, accompagnata da suo padre, era stato quand'era ancora una bambina.
Ora invece il ragazzo che non solo si era offerto di accompagnarla, ma dal quale era partita l'iniziativa, le camminava un passo indietro, lo sguardo volto a fissare un punto alla sua destra e le mani ficcate in tasca. Questi rappresentava quanto di più distante dal suo defunto genitore potesse esserci al mondo.
Quando furono di fronte alla porta a doppia anta che dava sulla sala interna, la mora scoccò un'ultima occhiata al giardino che avevano appena attraversato e che era illuminato da una serie di lampioni, mettendo in risalto la candida pietra da cui era formato il monumento che era stato eretto al centro dello spiazzo. Al di sopra di questo, la volta celeste era oscurata dall'inquinamento luminoso, cosa che le fece storcere le labbra in una piccola smorfia.
Le parve il colmo: un osservatorio le cui luminarie oscurano le stelle del cielo notturno.
Pignola” le risuonò nella mente la voce di Night, proveniente dal suo bey.
Lei lo ignorò, domandandosi come trovasse la forza di comunicare con lei dopo tutto l'allenamento che avevano affrontato quello stesso giorno. Probabilmente le risorse di un bitpower erano più estese delle sue, che a stento riusciva a non sbandare ad ogni passo. Si sentiva esausta, se avesse avuto un letto a disposizione vi si sarebbe abbandonata senza esitazione, ma non si era sentita minimamente disposta a rinunciare a quella serata. Il pensiero di trovarsi davvero in visita al famoso Griffith Observatory di L.A. bastava per riempirla di entusiasmo. Che poi con lei vi fosse anche il dranzerblader con cui aveva trascorso gli ultimi giorni quasi ininterrottamente, era stato un incentivo a non lasciarsi scappare l'occasione. Quando avrebbe avuto modo altrimenti, di fare qualcosa di diverso dal solito in sua compagnia?
Il protagonista di quelle riflessioni, ignaro di tutto, la anticipò all'interno e lei si affrettò a seguirlo, immettendosi ben presto nella saletta che ospitava alcune arcate per le varie ali del palazzo e la biglietteria. Un poster era affisso alla loro destra e su di esso vi era l'annuncio con gli orari per gli ingressi al planetario. Bastò un'occhiata ai due blader perché concordassero di procurarsi due biglietti per quell'evento, riuscendo per un colpo di fortuna ad accaparrarsi gli ultimi due posti disponibili per lo 'spettacolo'.
Una volta dentro, si accomodarono nell'ultima fila di poltroncine color caffé, nei due posti a ridosso del passaggio centrale. La stanza del planetario era un'ampia sala circolare, con le poltroncine disposte in più file a semicerchio, tutte rivolte verso l'oratore che avrebbe loro illustrato di lì a poco le meraviglie dell'universo, assecondando le proiezioni che si sarebbero susseguite sulle loro teste, tenendo gli spettatori tutti con il naso all'insù.
Così fu per Yukiko, la quale una volta terminata la visita, si ritrovò a massaggiarsi il retro del collo con una mano mentre guadagnava, accanto a Kei, l'esterno.
– Sono tutta un dolore – si lamentò, uscendo nell'ampia terrazza che fungeva da posto panoramico. Appena se ne accorse difatti, la mora spalancò gli occhi chiari, bloccandosi sul posto alla vista dell'enorme distesa di luci della città ai piedi dell'altura.
Alle sue spalle, il suo compagno di viaggio si spostò, aggirandola e accostandosi al parapetto in cemento, come se niente fosse. Il tempo che il ragazzo dai capelli d'argento si fermasse, ché Yukiko si riscosse e senza riuscire a sminuire l'ampio sorriso che le si aprì in volto, lo raggiunse quasi di corsa.
– Wow! – si lasciò sfuggire in un sussurro, appoggiando ambo le mani sul parapetto e sporgendosi parzialmente in avanti, come se così potesse giovare di una vista migliore. L'entusiasmo malcelato le fece dimenticare il torcicollo e la spossatezza accusata fino a un istante prima, mentre spostava lo sguardo a destra ed a sinistra, colmandosi gli occhi di quel panorama. La città si stendeva sino all'orizzonte, la zona del centro che si distingueva sin troppo facilmente grazie ai grattaceli che si stagliavano contro il cielo oscuro. Per quanto anche Tokyo fosse una città di tutto rispetto, quella era la prima volta che la nightblader si ritrovava di fronte a qualcosa del genere.
E Kei era parte integrante di quella 'prima volta'.


Hiwatari Kei scoccò un'occhiata di sottecchi alla mora che se ne stava silenziosa a mirare il panorama, i lunghi capelli scuri carezzati da una leggera quanto costante brezza. La vista di quel suo sorriso, caratterizzato da una sfumatura infinitamente dolce, gli fece sbattere le palpebre, sentendosi come risucchiato in una dimensione lontana da quello spazio e tempo. Stordito e confuso, non riuscì a far altro che guardarla per una manciata di secondi buoni, distinguendo senza alcun problema le luci della città riflesse nei suoi occhi verdi.
Si riebbe soltanto quando lei sembrò accorgersi di quello sguardo, voltandosi a guardarlo con una nota di perplessità che lo fece voltare di scatto dall'altro lato, preda di un disagio che non gli era familiare. Che diavolo gli stava prendendo?
Ti sei imbambolato” gli sussurrò la vocina dell'Aquila Rossa, in tono malizioso.
– Umphf – sbuffò lui in tutta risposta, corrucciandosi in volto e dando sfoggio del proprio fastidio.
L'imbarazzo del momento gli stava facendo battere il cuore più velocemente di quanto avrebbe dovuto ed impiegò alcuni minuti per riuscire a calmarsi abbastanza da rilassare la propria espressione corrucciata. Non abbastanza tuttavia da azzardarsi a schiudere nuovamente le palpebre, non fidandosi del proprio lato irrazionale, il quale pareva del tutto incline a voler dire la sua sin dal primo mattino. Cosa che lui non era assolutamente intenzionato a permettere.


E adesso che gli era preso?
Era questo che si stava chiedendo la nightblader, mentre scoccava qualche occhiata con fare interrogativo al ragazzo che le stava accanto. Le era sembrato che la stesse guardando e quell'impressione si era rafforzata, trovando la sua conferma, nel momento in cui, voltandosi, lo aveva visto voltarsi bruscamente dall'altra parte.
Stava ancora cercando di rimettere sotto controllo il proprio cuore, partito in un galoppo forsennato che le inondò - ne era sicura - il viso di un rossore fin troppo evidente. Così, la stessa moretta cercò un istante dopo di dare un freno alle proprie emozioni, fissando ostinatamente il panorama di fronte a loro senza fiatare.
Los Angeles. La città degli angeli.
Erano arrivati fin lì eppure, perdendosi a mirare quelle luci, soltanto in quel momento Yukiko prese realmente coscienza della cosa, rendendosi effettivamente conto di aver vissuto quegli ultimi giorni come circondata da una bolla di sapone che aveva reso il mondo intorno a lei sfuocato, quasi irreale. Lo scoppio di quella bolla, avvenuto pochi istanti prima, le diede modo di guardare quello spettacolo di luci e ombre con occhi diversi.
Non si trovava all'interno di un sogno. Quella era la realtà. E a portarla fin lì era stato Lui.
La sensazione di calore che le si sprigionò dal petto la fece arrossire nuovamente, ma era troppo presa dai propri pensieri per dar peso a quell'emozione.
Non ci avrebbe creduto se le avessero detto, due settimane prima, che fra lei e il dranzerblader si sarebbe venuta a creare quella sorta di... cosa? Che cos'era quel rapporto che li legava? Non sapeva nemmeno come definirlo, perché chiamarlo amicizia le sembrava totalmente inappropriato. Eppure, ripercorrendo tutto ciò che era successo negli ultimi venti giorni col pensiero, non trovò una definizione che potesse adattarsi a quella strana complicità venutasi a creare.
A parte la parola 'compagni'. Sì, rifletté, compagni di squadra. Sembrava suonare bene.
– Ehi Kei – lo chiamò, infrangendo quel silenzio fin troppo ostinato e ricevendo in cambio un'occhiata in tralice alla quale rispose con un mezzo sorriso – Noi siamo compagni di squadra..
Quella che non era una domanda ma una semplice affermazione parve prendere in contropiede il dranzerblader, facendogli sbattere più volte le palpebre sotto l'attenzione di lei, che si godette con una nota di soddisfazione quel guizzo di stupore che gli comparve sul volto segnato di blu ed a lei profilato. Questo per pochi secondi soltanto, finché non lo vide richiudere gli occhi e sfoggiare un sorrisetto placido quanto ironico, che ben si accostò allo sbuffetto divertito che gli sfuggì.
– Si direbbe di sì.



...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Buona sera! Chiedo un attimo scusa per il ritardo.. cioè di solito aggiorno al mattino ma oggi ho avuto altri incarichi da eseguire (sì, proprio così, non sn stata impegnata per mia volontà) e sono letteralmente distrutta. Distrutta. Mamma mia. Non so nemmeno se avrò la forza di andare un po' avanti e già vi anticipo che dovrete attendere pazientemente fino a lunedì sera per il prossimo capitoletto! (Perché lunedì mattina ho il primo giorno di lezione XD)
Non vi nego che questa volta scrivere questo capitolo è stato un po' più difficile - noterete che è un po' più lunghetto poi - ma spero che i miei sforzi abbiano dato i loro frutti! Fatemi sapere se non è così che ci metto una pietra sopra xD no, al momento non ho la forza di pensare di cambiare qualcosa, scusatemi. Forse in un futuro prossimo.
Intanto vi allego un'immagine dell'osservatorio di Los Angeles, perché è davvero spettacolare e non so se sono riuscita a dare un'idea.



Sperando che sia stata comunque una buona lettura, vi mando un saluto!

baci
Kaiy-chan
   
 
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