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Autore: xX__Eli_Sev__Xx    20/09/2014    1 recensioni
[Seguito della One-Shot "You abandoned me"; spoiler X-Men DOFP]
Charles, Erik, Logan e Hank tornano a villa Xavier per tentare di localizzare Raven. Ad aiutarli ci sarà Charlotte Xavier, sorella di Charles, anch'essa mutante.
Durante le ricerche e gli allenamenti per migliorare i suoi poteri, Charlotte scoprirà cose che avrebbero dovuto rimanere nascoste, segreti mai rivelati e così potenti che sconvolgeranno totalmente la sua vita.
Nella corsa contro il tempo per salvare l'umanità e impedire al terribile futuro descritto da Wolverine di avverarsi, ognuno degli X-Men dovrà fare i conti con il proprio lato oscuro e mettere da parte l'orgoglio e l'odio per salvare, non solo le persone amate, ma l'umanità tutta.
Genere: Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Dottor Henry 'Hank' McCoy/Bestia, Erik Lehnsherr/Magneto, James 'Logan' Howlett/Wolverine, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The second chance


CAPITOLO VENTITRE

 
 Quando Charlotte si svegliò vide che si trovava ancora nel laboratorio, legata al lettino, con la flebo attaccata al braccio sinistro. Le forze erano tornate in parte, ma lei era certa che non sarebbe nemmeno riuscita a reggersi in piedi se anche fosse riuscita a liberarsi. Quell’inibitore era più potente di quanto avesse immaginato, tuttavia avrebbe dovuto trovare un modo per scappare, una volta che le forze fossero tornate. Avrebbe dovuto andarsene da lì, prima che Trask potesse utilizzare il suo DNA contro di lei o peggio contro la sua specie. Sicuramente era già al lavoro per perfezionare le Sentinelle e per capire come utilizzare il suo DNA per i suoi scopi e se avesse scoperto come utilizzare le sue capacità contro di loro, sarebbero stati tutti spacciati.
 Tentò di pensare ad un modo per uscire di lì senza essere scoperta prima che potesse essere abbastanza lontana, ma nulla era adatto, considerando che non sarebbe nemmeno riuscita a reggersi in piedi, figurarsi correre per una lunga distanza.
 Poi qualcosa le balenò nella mente.
 Era una telepate.
 Poteva comunicare con la mente anche a distanza.
 E avrebbe potuto provare a contattare Charles. Forse se si fosse concentrata abbastanza ci sarebbe riuscita, nonostante la sua debolezza. E in ogni caso doveva provarci, non poteva rimanere lì.
 Chiuse gli occhi.
 
 Charles si svegliò di soprassalto, ansimando.
 Aveva sentito la sua voce. Charlotte gli aveva parlato. Era al laboratorio di Trask, a pochi chilometri dalla Casa Bianca. Era lì che la tenevano prigioniera. E lui doveva andare da lei. Doveva aiutarla e agire in fretta. Non poteva chiedere l’aiuto di nessuno o sarebbe stato troppo tardi. Avrebbe impiegato troppo tempo a mobilitare tutti i suoi amici per quell’operazione di salvataggio, perciò avrebbe dovuto agire da solo.
 Si allungò verso il comodino e aprì il cassetto. Aprì una tabacchiera in legno e prese la piccola siringa all’interno in cui erano ancora presenti pochi milligrammi del siero di Hank. Se li iniettò nel braccio e questi fecero effetto immediatamente: sentì la sensibilità ritornare e poté sentire nuovamente le gambe, mentre udì le voci scemare sempre di più, fino a scomparire.
 Dopo essersi vestito, si diresse verso il salotto, aprì il secondo cassetto della scrivania e prese la pistola che era contenuta all’interno. Uscì di casa e dopo aver messo in moto l’auto, partì alla volta dell’aeroporto.
 
 Una volta arrivato al laboratorio di Trask, entrò tentando di non fare rumore. Percorse vari corridoi e salì due rampe di scale. Era sicuro che Charlotte gli avesse mostrato quello nel sogno, ma non aveva calcolato che i corridoi, lì dentro, si assomigliavano tutti.
 Sorpassò alcuni magazzini e raggiunse l’ala est. Era poco illuminata, perciò Charles rallentò il passo per non fare rumore urtando qualcosa nel percorso. Vagò senza meta per quasi mezz’ora, perso in quel dedalo di corridoi e svolte.
 Ad un tratto sentì una leggera puntura all’altezza del collo.
 E poi non vide più nulla.
 
 Charles si svegliò in una cella fredda e buia. Era steso a terra, sul freddo pavimento in pietra. Quando si sollevò sui gomiti, capì che il siero di Hank aveva smesso di fare effetto. La sensibilità alla gambe era nuovamente scomparsa per lasciare il posto alle voci all’interno della sua mente.
 «Buongiorno, professor Xavier.» la voce di Trask lo fece trasalire. «Come si sente?»
 Il professore non fece caso alla domanda che gli era stata rivolta. Il suo primo pensiero fu Charlotte. «Dov’è mia sorella?» chiese infatti, accortosi che l’uomo era di fronte a lui e lo stava osservando, fuori dalla cella a debita distanza.
 «Sua sorella?» domandò l’altro, perplesso.
 Charles capì di aver fatto un errore. Lui non aveva idea del fatto che Charlotte fosse sua sorella e forse se non l’avesse scoperto, sarebbe stato meglio per lei. Ma lui aveva compiuto un passo falso e si era tradito. Non potevi restare zitto, Charles? si rimproverò mentalmente.
 «Oh, adesso capisco.» disse Trask, ghignando. «La ragazza.»
 «Cosa le hai fatto?»
 «Nulla, per ora.» rispose. Poi, riflettendo su ciò che Charles gli aveva detto, riprese. «Quindi è qualcosa di genetico. Anche la ragazza è una telepate come lei. Questo spiega come sia potuto arrivare sin qui. Dovete aver comunicato mentalmente.» concluse «Portentoso.»
 «Se provi a farle del male, bastardo, io ti-»
 «Cosa? Mi uccide?» domandò sbeffeggiandolo. «Nemmeno cammina, come potrebbe uccidermi?»
 Charles ringhiò.
 «Non si preoccupi, le faremo avere una sedia a rotelle. Ma per ora può avere solo questo.» tirò fuori un paio di chiavi, aprì la porta della cella e si avvicinò al professore – che tentò di ribellarsi, senza risultati – e gli iniettò un siero direttamente nel collo.
 Dapprima Charles si sentì strano. La sensibilità alle gambe non sembrava tornata, ma sentì le voci nella sua testa acquietarsi via via sempre di più, per lasciare il posto ad una voce sola. Era una voce famigliare, profonda. Potente ma allo stesso tempo sommessa, quasi un sussurro, un ronzio flebile ma assordante.
 «Farà tutto quello che le dirò, professore.» disse Trask, ancora in piedi di fronte a lui. «Da oggi in poi non ubbidirà ad altri che a me. Sono stato chiaro?»
 Xavier annuì.
 Trask sorrise.
 
 Charlotte sperò che il messaggio fosse arrivato a destinazione. Aveva fatto fatica a mantenere il contatto abbastanza a lungo da poter trasmettere tutte le informazioni necessarie a Charles per poterla trovare. E adesso risentiva di quello sforzo. Rivoli di sudore gli rigavano le tempie, il respiro si era fatto accelerato e rotto e il suo cuore stava galoppando nel suo petto, martellando con violenza nella cassa toracica.
 Sbatté più volte le palpebre, poi si voltò verso la finestra da cui penetrava la pallida luce del sole del mattino. I suoi raggi colpivano i tavoli su cui Trask teneva i suoi strumenti proiettando riflessi all’interno della stanza e illuminando anche una porzione del suo lettino, riscaldandola.
 La mutante chiuse gli occhi e si immaginò il sole caldo sulla pelle, il giardino della villa di Charles, lei ed Erik stesi sull’erba a ridere. Le mancava così tanto. Se solo fosse stata attenta a Washington, non si sarebbe trovata in quella situazione in quel momento.
 La porta del laboratorio si aprì all’improvviso e due uomini entrarono. La liberarono dalle cinghie che la tenevano incollata al lettino e la trascinarono fuori.
 Lei non tentò di liberarsi dalla loro presa: era ancora troppo debole e sarebbe stato inutile. Si limitò a seguirli lungo i corridoi, riuscendo a malapena a reggersi in piedi.
 Percorsero vari corridoi fino ad arrivare davanti ad una porta in legno interamente dipinta di bianco. Bussarono e quando dall’interno la voce di Trask li invitò ad entrare, loro lo fecero.
 Una volta dentro, il cuore di Charlotte perse un battito.
 «Charles!» esclamò, vedendo suo fratello seduto su una sedia a rotelle, immobile accanto alla scrivania di Trask. Si liberò dalla presa dei due uomini con uno strattone, ritrovando la forza che negli ultimi due giorni l’aveva abbandonata, e lo raggiunse. Si inginocchiò di fronte a lui e lo abbracciò «Mi dispiace di averti messo nei guai, non volevo che prendessero anche te.»
 Fu allora che si accorse di non sentire la pressione delle braccia del fratello sul suo corpo.
 «Charles?» lo chiamò allontanandosi.
 Lui mantenne lo sguardo fisso davanti a sé.
 «Charles, stai bene?» chiese ancora Charlotte.
 «Non può sentirti.» affermò Trask avanzando verso di loro. Era rimasto immobile in un angolo della stanza, osservando i comportamenti della ragazza senza dire nulla. «Non sapevo fosse tuo fratello.»
 «Cosa gli hai fatto?»
 «Ho solo fatto in modo che non potesse disubbidire ai miei ordini.» spiegò l’altro con un ghigno stampato in faccia. «E per la cronaca… non può riconoscerti. Ogni tentativo è inutile.»
 «Charles» lo chiamò lei scuotendolo per le spalle. «Charles, ti prego. Sono io. Sono Charlotte.»
 Nulla. Il professore non si mosse.
 «Visto?» continuò Trask. «Adesso veniamo a noi. Se lui è un telepate ed è tuo fratello, vuol dire che lo sei anche tu. Ma non mi spiego come tu possa avere questi altri poteri.» affermò. «Vuoi essere tu a spiegarmelo?»
 Lei lo osservò disgustata, senza proferire parola.
 L’uomo riprese. «Lo scoprirò in ogni caso. Quindi sarebbe più semplice se fossi tu a dirmelo.» sospirò, vedendo che la ragazza non aveva intenzione di parlare. «Voglio sapere dove si trovano i tuoi amici mutanti. Quello che controlla i metalli, la donna blu e il mostro. Vorrei fare la loro conoscenza. Sarebbe ora di presentarmeli come si deve, dolcezza.»
 «Vai all’inferno.» fu la risposta della ragazza.
 Lui sorrise. «Tu ti ritroverai all’inferno.»
 Lei tornò a guardare il fratello. «Charles…» sussurrò «Torna in te.»
 Trask rise. «Professore?» lo chiamò.
 Charles si voltò verso Trask.
 Charlotte sobbalzò, gli occhi spalancati per lo stupore. Perché rispondeva a Trask e non a lei? Perché lo aveva riconosciuto?
 «Visto, piccola? Risponde a me e a me soltanto.»
 Lei scosse il capo, si alzò in piedi e indietreggiò; la rabbia la invase. Quando i due uomini tentarono di afferrarla nuovamente per le braccia, lei si scansò, strinse i pugni e le katane comparvero improvvisamente, senza che nemmeno le avesse evocate. Sferrò due fendenti e i due uomini caddero a terra, immobili. Le forze erano tornate di colpo, velocemente come quando l’avevano abbandonata e non sembrava possibile controllarle.
 «Straordinario.» si lasciò sfuggire Trask osservando i suoi movimenti fluidi, rapidi e precisi.
 «Libera mio fratello, Trask!» disse lei puntando le lame verso di lui. L’avrebbe ucciso volentieri, se non fosse stato per l’avvertimento che Logan aveva dato loro. Avrebbe potuto solo minacciarlo e sperare che le sue minacce andassero a segno.
 «Non credo proprio.»
 La rabbia la invase. Al diavolo Logan e i suoi consigli. «Allora scoprirò da sola come fare.» quando fece per avvicinarsi e trafiggere l’uomo, lui parlò ancora.
«Professore» disse per richiamare l’attenzione di Charles. «Dolore.»
 Xavier si voltò verso la sorella.
 Charlotte rimase immobile senza capire, poi sentì Charles entrarle nella testa, scavare nella sua mente e riportare a galla i ricordi più dolorosi. Gridò di dolore e cadde a terra. Le spade scomparvero quando cozzarono con il pavimento e lei si prese le testa fra le mani, gridando dal dolore.
 «Charles…» lo implorò «Ti prego, smettila…»
 Lui continuò come se non l’avesse sentita.
 Charlotte gridò ancora; il dolore era troppo, il fratello era molto più potente di lei e non avrebbe potuto opporsi.
 «Credo che adesso basti, professore. Grazie.» concluse Trask.
 Il dolore cessò e Charlotte, stremata, cadde sulla schiena e perse i sensi.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Ciao a tutti! Eccovi il 23esimo capitolo.
A Lunedì, Eli
[Revisionato il 19/03/2016]
 
   
 
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