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Autore: shalalahs    20/09/2014    0 recensioni
I pensieri erano come pesci voraci. Cambiavano direzione in una maniera impressionante, riavvicinandosi e sfuggendo come sapone. Non importava quanto stringessi l'attenzione attorno ad essi, riuscivano sempre a scivolare via ed allontanarsi, soppiantati da parole fastidiose e mal volute.
Un piccolo frammento, come un vetro che rotea su sé stesso e rifrange parzialmente la luce. Si trattava di uno di quei pensieri insopportabili, che mi costringevano a distogliere lo sguardo, a cercare disperatamente un modo per pensare a qualcos'altro. Quel volto giovane e vitale aveva, troppo tardi, riempito di nuovo i miei pensieri. Perché lui? Perché, fra tutti coloro che potevano capitare, lui?

[sequel di "Al di là dell'incubo" di Megara X.]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: I Cinque Guardiani, Jack Frost, Pitch, Sorpresa, Un po' tutti
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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!WARNING! LA SEGUENTE STORIA È IL SEQUEL DI QUESTA FANFICTION, SCRITTA DA MEGARA X. SI CONSIGLIA, QUINDI, LA LETTURA DELLA PRECEDENTE ONE-SHOT PER LA COMPRENSIONE DELLA STORIA. OGNI AVVENIMENTO A CUI FACCIO RIFERIMENTO FA PARTE DELL'ORIGINALE.
GRAZIE PER L'ATTENZIONE <3



 

[...]

Uno sbuffo mi risvegliò, bruscamente, nel silenzio della mia grotta mi accorsi che i miei Incubi erano completamente tornati -o quasi. Qualcuno ne mancava all'appello, ma dall'altra parte del globo era ancora notte, perciò.. sarebbero ritornati presti, non c'era dubbio. Mi issai lentamente sui gomiti, arrivando a sedermi, le gambe penzoloni su un precipizio che costeggiava i vari piani della mia casa fatta di roccia e guglie appuntite che, però, non sforavano e non ferivano alcun cielo azzurro, si confondevano solamente col nero del soffitto, pieno di stalattiti appuntite, antiche, che, a volte, si congiungevano a stalagmiti. Altre volte, il terreno era crollato, mostrando una profonda spaccatura, altre invece era crollato da una parte, inclinandosi e perdendo l'andatura orizzontale. Non era mai stato un problema, muoversi nella mia dimora. Mi piacevano quelle incongruenze nette, portate dalla distruzione, ma non avevo mai avuto un perché. O meglio, anche quello giaceva sotto secoli e secoli di solitudine, strappati alla mia mente per inerzia. Il mondo aveva cambiato il suo aspetto, ma non gli uomini. Gli uomini erano sempre uguali, così come lo ero io, immutabile, rappresentavo -assieme ai miei Incubi- la giovinezza uguale, o quasi, di coloro che si inerpicavano per la vita adulta.
Sospirai, soddisfatto, senza riuscire a negare che, in tutta quella visione, c'era qualcosa che mancava. Come se non quadrasse qualcosa.
Il momento in cui mi hai chiesto di essere la tua famiglia.
Scacciai con impeto quei pensieri. Illusioni. Erano solo illusioni. E forse era tempo di accettare che, forse, c'avevo davvero creduto, per un attimo. Era così vivido e convincente, ma io stesso sapevo quanto un incubo potesse esserlo. Mi ero fatto fregare due volte. Ero debole, mi dissi. Ero debole e disperato, per quella sconfitta.
Un piccolo campanello d'allarme risuonò nella mia mente. Fu un tintinnio cristallino, appena accennato, ma chiaramente presente, percepibile e chiaro. Socchiusi gli occhi, dissolvendomi nel buio e facendo disperdere la sabbia nera. Mi lasciai ricadere lungo la parete, un'ombra che si mischiava alle altre ombre, ora più chiare, ora più intense, quasi tangibili. Mi diressi là dove le mie ombre, la mia estensione, mi avvertivano. Come quando la tela di un ragno cattura una mosca e questa, agitandosi, non fa altro che attirare il predatore. Era più o meno lo stesso principio. Le ombre emanavano pensieri autonomi, propri, erano intelligenti e capaci di interagire solo con me.
Mi feci guidare, prendere per mano e trascinare là dove, in un piccolo tunnel, si aggirava una creatura estranea a quel luogo. Completamente e totalmente estranea. Sentii il respiro abbandonarmi per un attimo, quando -con sordo timore- notai il guizzo dei capelli argentei. Trattenni il fiato, sgranando gli occhi. Per un attimo, quella stessa sensazione di panico parve attanagliarmi. Il sogno -l'incubo- sembrava essere tornato ad assillarmi, come la prima volta che lo vidi dopo tanto tempo. E, anche se sapevo benissimo che lui non poteva conoscere nient'altro dei miei timori, non potei fare a meno di chiedermi se, all'improvviso, non si girasse come aveva fatto l'ultima volta, guardandomi negli occhi e ridacchiando sommessamente, con quell'aria spavalda e vivace, arrogante per certi versi, a coloro che si arrendevano alla vita.
Sotto certi aspetti, Jack era riuscito a rialzarsi là dove la mia volontà aveva ceduto, ma questo.. oh, questo era uno di quei pensieri che neanche io stesso mi sarei permesso di formulare, a nessuno, neanche alle mie preziose e carissime ombre.
«Pitch?» sentii gridare, seguendo il ragazzo attraverso le ombre dei tunnel. Le modellai, lentamente, senza che lui se ne accorgesse -era semplice, l'avevo già fatto e lui non aveva prestato troppa attenzione, l'ultima volta, per poter comprendere come funzionava il gioco. Lo feci girare in cerchio per un paio di minuti, tenendo sempre aperta la via d'uscita, nel caso in cui si fosse arreso. Invece, quello, anziché proseguire o tornare indietro, si fermò, bloccandosi totalmente e guardandosi attorno.
«Pitch! Vieni fuori! Lo so che ci sei!» esclamò di nuovo.
Sospirai, sommessamente, ancora nascosto nel mio antro scuro, protetto dalle ombre che, fedeli, mi mimetizzavano con loro stesse, coprendomi e sfiorandomi. Una saetta di ghiaccio ruppe le ombre con cui avevo avvolto Jack, facendogli imboccare l'ennesimo tunnel che si avvicinava al luogo in cui avevo raccolto tutti i dentini di Toothiana. Non poteva avanzare oltre, doveva capire che si trovava nella dimora dell'Uomo Nero, non chissà dove.
Sfruttai le ombre ai piedi dello spirito per creare un altro varco. Jack urlò e, sorpreso, finì nel vuoto, ricadendo su degli scalini e rotolando giù. Sentii qualcosa, forse un
«Lo sapevo che c'eri», ma -anche se fosse- ero troppo occupato a farmi trasportare nuovamente dalle ombre, alle spalle del Guardiano, materializzandomi a pochi passi da lui.
«Che cosa vuoi, Frost.» quelle parole erano dolorosamente familiari. Risuonavano nella mia mente, come un discorso programmato. Come se l'altro dovesse improvvisamente ripetere quelle stesse parole del sogno.  
Jack si tirò subito su, celere, saltellando indietro e puntandomi contro il bastone. Mi accigliai, impettito, mantenendo un'aria austera ed altezzosa. Non avrebbe avuto neanche la possibilità di lanciarmi contro una delle sue saette, se solo avessi avuto più forza e prontezza di riflessi, come avevo sperimentato durante la battaglia contro i Guardiani -o i Secoli Bui.
«Bella accoglienza, eh, per chi viene a farti visita.» rispose lo Spirito del Gelo, scrutandomi dritto negli occhi con un sorrisetto impertinente.
Cosa voleva? Prendersi nuovamente gioco di me? Assillarmi inconsciamente con le allucinazioni provocate dal mio sogno? Lo scrutai, dritto negli occhi, senza nascondere la mia ostilità. Cosa voleva? Era forse un gioco? Beh, sarebbe stato difficile non esserlo: d'altra parte, si trattava proprio di Jack Frost, il Guardiano del Divertimento. Il silenzio si fece assillante ed assordante, man mano che l'altro attendeva una risposta. Risposta che non ero intenzionato a dargli. Finché, alla fine, la sua espressione non mutò in una lieve sorpresa.
«Pitch Black che non ha niente da ribattere.. questa sì che è nuova!» esclamò, ridacchiando. «Hai mica battuto troppo forte la testa? Non è che ora inizi a parlare al femminile e vestirti di rosa, heh?» cantilenò, facendomi solo venire una gran voglia di tappare quella bocca. Mi accigliai, visibilmente, sibilando un'offesa a fior di labbra.
«Vuoi forse fare la fine del topo, Frost? Posso accontentarti, se hai voglia.» assunsi un'aria minacciosa, adombrando il volto e sciogliendo la presa delle mani da dietro la schiena, così da poterle stringere in un paio di pugni.
«Non penso proprio che farei la fine del topo, Pitch. Non hai abbastanza potere per potermi battere.» un nervo mi fece guizzare il sopracciglio in un tic nervoso. Aveva ragione, ma potevo sempre dargli del filo da torcere. Non avere la sabbia nera era una bazzecola, se potevo far affidamento su anni di insegnamenti di strategia militare e la mia capacità di trasportarmi attraverso le ombre.
Mi mossi, ma non mi feci vedere. Le ombre mi trasportarono in avanti, sotto ed oltre lo Spirito, rimanendo ad una spanna dalle sue spalle.. così snelle ed esili, era strano pensarle capaci di trasportare su di sé trecento anni di solitudine e autonomia. I pensieri erano mischiati assieme, ma il mio primo pensiero veniva rivolto all'obiettivo finale: spaventarlo, intimorirlo, dimostrargli che ero ancora capace di fargli del male.
«Non penserai certo che gli Incubi fossero la mia unica arma, vero?» chiesi, in un tono che fece intendere tutto e niente. Cos'altro poteva esserci, oltre alla sabbia nera? Le mie capacità, o forse un asso nella manica.
Lo sentii fremere e poi scattare via in un'esclamazione di sorpresa. Ridacchiai, forte delle mie convinzioni. Avevo la situazione in pugno, sarebbe andato tutto bene, secondo i piani. Frost se ne sarebbe andato ed io sarei potuto rimanere da solo, a progettare la prossima mossa.
«Mpf, che vuoi fare? Prendermi a calci? Se ti congelo le gambe non andrai più da nessuna parte, heh!» e sorrise, mentre il bastone brillò di una luce fredda, ghiacciata, ma nessuna saetta si palesò, né mi costrinse a schivarmi. Solo a prepararmi ad un'eventuale uscita di scena attraverso le ombre.
«Sei davvero venuto qui per fare una gara a chi saprebbe difendersi meglio?» chiesi, cambiando argomento all'improvviso. Era noioso. Non mi sarei messo a discutere con un diciassettenne -per quanto longevo- per simili dispute. Potevo benissimo provargli che le mie parole erano veritiere e le sue infondate.
«Hai ragione.» rispose l'altro, raddrizzandosi e fissandomi dal basso verso l'alto, ma sempre con il mento dritto, neanche se ne rendeva conto, probabilmente, di quanto lo facesse apparire fiero e sicuro di sé, quell'atteggiamento. Forse era proprio quella spavalderia ad aver celato a chiunque i suoi effettivi desideri. Non era certo un Guardiano come tutti gli altri; era un ragazzino, che sperava di essere all'altezza del ruolo e che era riuscito a farsi vedere, a non essere più invisibile. Era felice e spensierato, come solo coloro che hanno raggiunto i loro obiettivi possono essere. Cosa succede quando i sogni si realizzano? Jack Frost ne era un esempio. Eppure, nonostante tutto, mi chiesi se avesse anche dimenticato quella sensazione di solitudine, se si potesse davvero staccarsene nonostante tutti i bambini che credevano.
«In realtà ero qui per vedere come te la passavi nel tuo buco freddo e solitario.» continuò Jack, la voce che sembrava quasi volermi canzonare. Cosa c'era di così divertente in quello che aveva appena detto? Una risata mi sgorgò senza poterla trattenere, carica di sarcasmo. Sorrisi e le mie spalle sobbalzarono.
«Ah, sì?» chiesi.
Non capivo, minimamente. Solo il.. -giorno? Quanto era passato? Mi ero addormentato e non avevo neanche preso la briga di controllare se fossero passate ore o giorni- ..beh, l'ultima volta che l'avevo visto non si era fatto il minimo scrupolo ad attaccarmi, senza neanche una buona motivazione. Proprio ora che gliene stavo fornendo milioni, invece, non faceva nulla. Per non parlare del fatto che il modo in cui Jack mi rispondeva, non faceva nient'altro che irritarmi. Venirmi a trovare. Sembrava quasi come se stesse facendo l'elemosina ai poveri senzatetto che, ogni tanto, si facevano assillare dai teppisti per strada.
«Oh, andiamo, mettiamo giù le armi per una volta, che ne dici? Mica ci hai lasciato molta scelta! Capisco che ce l'hai con noi, ma pensavi davvero che ce ne saremmo rimasti fermi con le mani in mano?» chiese, all'improvviso, incrociando le braccia e mostrando un bel cipiglio, l'aria critica. Come se poi non l'avessi saputo anche da solo. Ero stato sconfitto, ma non solo per sfortuna o sorte: avevo fatto un errore di calcolo. Ero troppo sicuro di me, anziché controllare quali luci si spegnessero sul globo -dal mio globo-, avevo pensato di andare a fare una visita ai Guardiani, per godermi l'orrore che si sarebbe dipinto sulle loro facce e gustare il terrore che quella nuova realtà avrebbe scaturito. Oh, quant'era stato dolce, quanto mi aveva compiaciuto vederli contorcersi man mano che le luci si spegnevano. E poi, quell'improvvisa speranza portata dall'Ultima Luce, tale Jamie Bennett, aveva bruscamente interrotto il mio piccolo momento di gloria e soddisfazione personale.
«Noi?» la mia voce fu un sibilo involontario, tradiva più di quanto avessi voluto la rabbia che provavo. Una risata sprezzante ruppe il silenzio che seguì. «Non c'è mai stato un voi, Frost. Loro avevano tutto da perdere: ti è mai passato per l'anticamera del cervello che volessero solo sfruttare il tuo potere?» arcuai un sopracciglio.
Jack parve irrigidirsi a quell'insinuazione.

«Non è vero, non sai cos'hanno fatto per me.» rispose, serio, lapidario. Sembrava davvero convinto. Ma, semplicemente, l'idea di poter insinuare il seme del dubbio nella sua mente fu più allettante di quanto pensai.
«E cos'è che avrebbero fatto per te, esattamente?» la mia espressione sembrò parlare per il resto della frase -illuminami, pensai e mimai sul volto. «Hanno forse recuperato i tuoi ricordi? Oppure hanno permesso che sfruttassi questa tua debolezza?» chiesi, conscio che ricordare un simile episodio non avrebbe fatto niente, se non aumentare il suo disprezzo nei miei confronti.
...
Mi dovetti correggere. Era davvero importante, che quel ragazzino potesse disprezzarmi anche solo un po' meno? Corrugai la fronte, a quel pensiero, scacciandolo il più velocemente possibile. Non era il momento di distrarsi. I miei desideri personali non divergevano dai miei obiettivi finali. E farmi apprezzare da Frost non era certo fra le prime aspettative in cima alla mia lista.
«Hanno forse aiutato qualche bambino a credere in te? Non hanno forse lasciato a te tutto il 'lavoro'? Se così vogliamo chiamarlo.» aggiunsi, vedendolo traballare in mezzo alla sua fortezza di carte. Non era così sicuro, in fin dei conti. Chiunque era facilmente influenzabile da tante belle promesse.
«Io sono un Guardiano! Se avessi bisogno di aiuto, loro ci sarebbero!» sbottò lui, battendo il bastone per terra e congelando una porzione di terreno attorno ai suoi piedi. Sembrava proprio che l'avessi fatto arrabbiare.
Sorrisi, seppur contenendo quello che sarebbe potuto diventare un ghigno. Se non fosse stata per quell'ostinazione che mostrava il mio interlocutore, sarebbe stata una conversazione molto più interessante e divertente. Era come parlare ad un bambino.
«Se ne sei proprio convinto, Jack..» mi strinsi nelle spalle, lasciando cadere il discorso. «Tornando all'argomento che più mi preme.» aggiunsi, risvegliando involontariamente la sua curiosità. «Quand'è che mi libererai dalla tua presenza?» chiesi, nuovamente, scrutandolo dritto negli occhi. Era un volto delicato solo in parte, altri tratti avevano già iniziato a prendere i tipici spigoli del volto di un ragazzo che si affaccia all'età adulta. Eppure, quella crescita era stata brutalmente bloccata dal freddo di un lago, che lo aveva imprigionato in quel corpo, congelandone l'animo e trasformandolo in qualcos'altro, grazie all'intervento dell'Uomo nella Luna.
Lo Spirito fece una smorfia.
«Sei proprio un vecchio scorbutico, eh, Pitch?» chiese, iniziando a camminare sul ghiaccio, scivolandoci sopra con innata agilità. Cacciai la sua immagine di quando giocava a fare l'equilibrista sul muricciolo del mio sogno. Non era effettivamente lo stesso contesto, mi ripetei.
«So solo distinguere fra i miei nemici ed i miei alleati, Frost, è ben diverso.» sorrisi, mellifluo, nel mentre che lo seguivo con lo sguardo. «Cosa che -decisamente- dovresti imparare a fare anche tu.» conclusi, sospirando.
«Mh? Perché mai dovrei?» chiese lui, arcuando un sopracciglio.
Mi trattenni dal passare la mano destra sul volto per stropicciarlo e massaggiare i miei poveri nervi.
«Questa conversazione sta sfiorando il ridicolo.» esordii, tornando a scrutarlo. «Dimmi cosa vuoi, Frost, e poi vattene.» conclusi, nuovamente, indicandolo con aria esasperata.
«Farti divertire, ovviamente!» esclamò lui, come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo.
Rimasi per un attimo in silenzio, non potendo evitare un moto di confusione e shock. Divertirmi? Cos'era, aveva seriamente perso una scommessa? Poteva davvero capitare una cosa del genere?
«Ed io che pensavo fosse Nord l'insano svitato.» osservai, incrociando le braccia al petto, sfarfallando le palpebre.
«Hey, è Olandese.»
«E questo giustificherebbe..?»
Rimase in silenzio. Forse voleva fare una battuta..? Era una battuta?
«Oh, ah. Aspetta.» lo anticipai, prima che potesse dire qualcos'altro. «Ah. Ah. Ah.» ovviamente, l'enfasi fu prossima allo zero assoluto. A quella chiara presa di giro, Jack parve imbronciarsi. Proprio come i bambini, adorabile, riflettei fra me e me.
Ridacchiai stavolta, più per la sua reazione, che per altro.
«Beh, almeno abbiamo oltrepassato la fase esci-da-casa-mia-altrimenti-ti-uccido.» concluse lui, rilassandosi visibilmente. Oh, ma com'era facile fargli abbassare la guardia? Come poteva essere lui un Guardiano? Sul serio, Manny, con quale criterio l'hai scelto stavolta?, pensai.
Uno sbuffo fu la mia risposta. Almeno, inizialmente.
«Non pensare di farmi cambiare idea, sto ancora cercando un modo per farti andare via.» lo redarguii, corrugando la fronte. «Io non ho la soglia d'attenzione di una mosca, al contrario di qualcuno.» e sorrisi, vedendo l'espressione mutare sul suo viso, man mano che ci arrivava.
«Ehi.» protestò. «Questo era un colpo basso.» sbuffò, distogliendo lo sguardo. «E comunque, che ti cambia buttarmi fuori con le tue ombre? Potresti benissimo farlo..»
«Per poi rischiare di vederti ritornare e doverti ri-buttare fuori? No, grazie, preferisco che sia tu a capire. Così non farai nuovamente l'errore di tornare.» spiegai, paziente. Forse ci sarebbe arrivato? Era strano parlarci così, ora che non c'era nessuna guerra a tenerci lontani e tesi su un campo di battaglia.
«Nah, penso che tornerei comunque: so essere molto cocciuto, quando mi ci metto.» sembrò una minaccia, alle mie orecchie. Quella era una minaccia, nonostante fosse stata detta in tono tranquillo, come se stesse constatando un semplice fatto.
«Nel caso, vedrò di farti trovare delle pessime sorprese nell'ingresso.»
«Allora mi intrufolerò da altri cunicoli.»
«Non ci sono altre entrate.»
«Userò i globi di neve di Nord!»
«Per tutti gli incubi..» esalai, a corto di idee. «Conosci l'espressione 'essere una palla al piede'? Ci stai riuscendo perfettamente.» lo misi al corrente, così, per pura e semplice nozionistica.
«Ah. Ah. Ah. Pitch.» ribatté lui con un'espressività eloquente: quanto sei divertente.
«Visto? Impari in fretta, ora togliti di mezzo e risparmiami la tua vista per il prossimo secolo -anzi, mai sarebbe meglio.» mi voltai, dandogli le spalle ed incamminandomi oltre il ponte mezzo crollato, ignorando anche il globo di metallo. Non sentii un rumore dietro di me, neanche un fruscio di abiti. Sapevo che per Jack non era difficile spostarsi, ma un impeto di curiosità riuscì a farmi voltare. Era per controllare che se ne fosse andato, mi ripetei. E non lo trovai nel punto in cui l'avevo lasciato. Era vuoto e deserto.
Una piccola fitta mi trapassò il cuore, mentre una smorfia mi attraversava il volto, mi voltai e gli occhi mi caddero inevitabilmente su..

«Ti avevo detto di andartene o sbaglio?!» sbottai, all'improvviso. Un fiotto di paura attraversò i miei pensieri. Per un attimo, ebbi paura che l'altro avesse notato la mia smorfia, il mio comportamento. Poi, con mio grande sollievo, notai che mi dava le spalle quasi del tutto e che il suo sguardo era occupato a scrutare il globo di metallo, spoglio, adornato delle sole luci dei bambini che credevano nei Guardiani.
«Sul serio, Pitch, perché resti qui dentro?» chiese lui, all'improvviso. «Ogni giorno questo non ti ricorda cose spiacevoli?»
Trattenni il respiro per un attimo, sfarfallando le palpebre, confuso. Sulle prime, la reazione che quelle domande mi suscitarono non sarebbe stata minimamente positiva. Avrei voluto aprire un passaggio sotto i suoi piedi e farcelo cadere dentro, fino a trasportarlo fuori da lì. Invece, presi un respiro profondo, sperando che lui non lo sentisse. Già, perché? Perché restavo lì, nonostante quel globo non portasse altro che miseria e sconforto nei miei pensieri?
Non ero certo uno di quei malvagi stereotipati e insulsi che vivevano nei film. Nessuno che vivesse la sua solitudine senza subirla. Il mio tempo era occupato dai miei piani per poter riconquistare il mio potere, per far sì che i bambini mi credessero. Perfino nei libri, quando le poche volte si parlava dei cattivi, nessuno li mostrava alle prese con i loro pensieri, con le loro coscienze. Possibile che fosse un evento così insolito?
A quale lettore interesserebbe sapere cosa prova il cattivo della storia? L'importante è sconfiggerlo, quella fu la mia risposta, molte volte, mentre anche l'ennesimo libro finiva buttato giù per un crepaccio senza neanche finire di leggerlo. Tutti dedicati al bene, a coloro che subivano o trionfavano. Non c'era realmente un libro che facesse trionfare quelli come me. Era l'insegnamento che il mondo tramandava a sé stesso, benché ci fosse molto più male di quel che chiunque potesse credere. Quante volte avevo sentito, per puro caso, le persone lamentarsi che la giustizia non esisteva?
Dunque, perché quel concetto funzionava solo per gli Umani e non per me? Dov'era la mia giustizia? La esigevo da così tanto tempo che, per un attimo mi persi per ricordare da quanto tempo avevo iniziato a cercarla. E, man mano che riflettevo, più che mi perdevo nei miei ricordi. Tanto che fu uno schiocco improvviso a farmi sollevare lo sguardo.
«Yu-hu? Terra chiama Pitch.» chiamò Jack, battendo nuovamente le mani e facendomi corrugare la fronte.
«Vattene, Frost.» ribadii, dandogli le spalle ed iniziando ad incamminarmi verso la prima macchia scura che si trovasse nell'enorme salone diroccato.
«Non hai risposto alla mia d–»
Senza neanche avvisarlo, mi lasciai cadere nelle ombre, scomparendo alla sua vista ed anche alla mia vista, perdendo i miei margini ed i miei contorni all'interno di esse. Una sensazione fastidiosa mi attanagliava lo stomaco, contorcendolo.
Che razza di codardo, scappare così di fronte alla prima domanda difficile.


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NA:
say whaaaat? (?)
capitolo numero 2, genteH *ç* #esaltata#
this is going too far.
ringrazio ancora Megara X, della quale trovate il link nel primo capitolo, per avermi permesso di pubblicare questa fanfiction -fanfic su altre fanfic, dove finiremo?-
e spero che piaccia anche a lei il seguito *U*
a breve le cose si movimenteranno, spero -anzi, prometto-

paZZo e chiudo,
Shà <3

  
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