Dall'oscura volta silente
grondano tacite pozze di luce,
come lacrime,
sull'umido asfalto lucido.
Con attonita quiete
mormorano bianche le nebbie
sottili tra i fili d'erba.
Lì sulle spighe di grano,
d'oro sgargiante tra le ombre della notte,
al di là della rete,
si susseguono sinuosi
i sussurii delle cicale
serpeggiando in vertiginose spirali.
Paiono ruggir di gioia
e verdeggiare in pozze di pioggia
le rane, soggiogate
da tanta frenesia.
e nell'aria e nelle nubi e fra le fronde
volteggiano in una corsa ubriaca
nobili le nottole.
Riluce sul dorso della foglia,
su cui muto scivola
un rivolo di rugiada,
l'argenteo volto della luna.
E io seduto su terra bagnata
su radici umide
petali vermigli e canti spezzati
aspetto, aspetto in vano.
E son una minuscola nota stridente
d' una sinfonia mai interrotta
in questa lenta e avvolgente notte che
sospira calda sul dorso
dormiente della terra viva.
Poi d'un tratto
si fa nera la volta
dinanzi al volto tuo
e le stelle, a milioni
in un tacito assenso
s'illuminano del tuo nome.
Vivide armonie si fan morte:
non più un suono fra le spighe,
e gli stagni sono specchi scuri;
non più un battito d'ali,
e un velo si stende sul disco di luce.
Sette i cuori tuoi
calpestano ossa
e tessuti col percuotersi
dei loro battiti negli
spazi cavi delle tue stanze,
e uno il cuore mio
lacerato da uno sguardo,
macerato dalle tue parole,
caduto morto sul freddo selciato.
Le concave pareti del cielo
sudano sangue caldo
e l'aria giace torbida
sui nostri silenzi.
S'infiamma lo sguardo
de l'ardore x te;
raggelano parole mai dette
sulla curva insana
della bocca tua;
si spezzano
frasi
sui denti,
onde
sugli scogli;
s'impenna
Il mio sguardo
sul tuo,
e s'aggrappa
al tuo
di respiro,
ché il mio
non l'ho più,
e il cuore
è preda,
e il cuore
è perso,
e i battiti
son fiumi
di rosso ardore,
e io affogo,
annego,
in te;
tendo
le dita
per le tue
tese,
urlo
il nome tuo,
urlo
alle stelle
bastarde
che smettano
che cessino,
mi perdo ti
perdo ci
perdo
e tu...
e
e
e
e
e poi...