Once
Upon A Time In Neverland
Verità
«...Peter vieni qui, baciami.»
Strinsi le sue mani con forza, per impedirmi di scoppiare in
lacrime. Avvicinai il mio viso al suo. Ero pronta; ero finalmente pronta a
lasciarlo andare... sentivo che era giusto, che doveva andare così. Chiusi gli
occhi...
Lui
si ritrasse «Wendy io ti amo.» non era ciò che mi aspettavo così lo guardai
senza capire «Può sembrare che io dia tutta la colpa a te ma in realtà non è
così; tu mi hai permesso di vivere Wendy, di crescere. Senza di te non sarei
ciò che sono ora, non avrei...»
«Consapevolezza,
Peter... tu vivevi nell'ignoranza di un bambino, con le sue gioie e i suoi
dolori. Eri felice e io ti ho portato via tutto questo. Ma un modo per
rimediare c'è: Peter baciami...» ma lui si scostò scuotendo la testa
«No
no! Io ero un bambino che voleva scoprire come fosse finito lì. Voglio sapere
da dove sono arrivato. Se anch'io come gli altri non sono stato reclamato dopo
sette giorni. Ho bisogno di saperlo.»
Dimenticai
il bacio per un attimo «E come?» domandai
«Si
dice che le Sirene siano delle cantastorie, che conoscano passato presente e
futuro. Andrò da loro e mi farò dare delle risposte.» pensai che fossi una
pessima idea.
«Peter!
No!» gli camminai dietro «Le Sirene sono famose per le loro menzogne, non puoi
fidarti...»
«Quelle
sono gli elfi, le Sirene sono obbligate a dire la verità come le fate.»
«Non
cambia niente, non puoi andare lì e fare domande sul tuo passato,
potrebbero...» mi interruppi
«Potrebbero?»
mi incalzò Peter
«...potrebbero
dirti qualcosa che non ti farà piacere.»
«Affronterò
la verità, come ho sempre fatto.» e quel ghigno birichino con cui lo disse mi
fece capire che lo avrebbe fatto, avrebbe affrontato tutto con leggerezza e
spensieratezza. Come avrebbe fatto Peter Pan.
Dimenticai
il bacio, e tutto quello che avrebbe comportato. Ora che sapevo qual era il
mistero mi sembrava di riuscire a vederlo lì, sull'angolo destro della bocca.
Ci vedevo ciò che avevo sempre visto in me prima di donargli tutta me stessa.
Ripensai al bacio della mamma.
Mi
mancava. Mi mancavano tutti e avrei voluto abbracciarli, portarli con me; ma
non sarebbero mai venuti, non avrebbero capito. Nemmeno John e Michael
riuscivano più a capire e ciò che avevamo vissuto sembrava quasi una delle
storie che ero solita raccontare.
Chissà
come stava andando la loro vita adesso...
Senza
rendermene conto eravamo arrivati alla Baia delle Sirene. Quel posto mi metteva
i brividi. Ormai il sole era calato e la notte e il buio avevano preso il
sopravvento. La luce della luna, alta nel cielo, si rifletteva sulle acque del
mare, creando dei giochi di luce meravigliosi e magici. Il mare era calmo e
questo mi spaventò anche di più.
Peter
si accovacciò a riva e chiamò le sirene. Aspettammo per qualche minuto, lui
sulla riva e io più indietro, ben lontana dall'acqua, quando sentimmo lo
scroscio dell'acqua e una sirena non spuntò dinanzi a noi.
«Ciao»
la salutò Peter e la sirena fece un cenno col capo «ho bisogno di sapere della
mia vita. Della mia vita prima dell'Isola.»
Ora,
dato che le sirene non comunicano a parole, ma solo a suoni, vi riporterò ciò
che Arden -questo era il suo nome- ci disse:
«Saluto
te, Peter Pan, signore dell'Isola e
delle stelle. La tua domanda è una domanda interessante perché posta con tanta
serietà e voglia di conoscere, di sapere. Cosa che sempre è stata parte di noi
creature del mare che conosciamo la verità e non proferiamo falsità. Or dunque
la verità eccoti servita, giovane Pan, che tu possa farne buon uso.» e iniziò
il racconto «Ci fu un tempo in cui l'Isola non era altro che un cumulo di
materia inesistente ma viva; la sua nascita può essere paragonata a quelle delle
fate: dal primo sorriso di un bambino. La Natura sapeva che ci sarebbe dovuto
essere un Guardiano dell'Isola, qualcuno che potesse viverci per sempre e
curarla e custodirla. Ma non poteva scegliere una creatura abitante dell'Isola,
per paura che diventasse tiranna sulle altre. Così cerco in altri mondi,
vagando in lungo e in largo alla ricerca di "qualcosa". Finché non si
abbatté sulla Terra, un mondo lontano e popolato da umani. Tutti i bambini del
mondo avrebbero potuto essere "il Guardiano" eppure nessuno sembrava
adatto al compito. Un giorno, lo sguardo della Natura si posò su un piccolo
bimbo, appena nato e assisté alla nascita della sua fata dal suo primo sorriso.
Questa fata era diversa dalle altre: aveva grandi ali dorati, capelli di grano
e occhi dolci e, cosa insolita, una grande aura di luce. Fu in quel momento che
capì che era quello il bimbo giusto. Perché da lui era nata una fata speciale a
cui diede il nome di Trilli. Passarono diversi anni e quando il bambino ebbe
raggiunto l'età adatta per assumersi il compito di Guardiano senza aver perso
l'ingenuità e la spensieratezza dei bambini, la Natura lo strappò alla sua
famiglia e lo portò sull'Isola, cancellando ogni traccia della sua presenza
sulla Terra e i suoi ricordi di quel mondo. Una volta arrivato, l'Isola lo
riconobbe come Guardiano e venne legata indissolubilmente a lui. E dato che
l'Isola era un posto senza tempo e fuori dallo spazio, il bambino non crebbe
mai; fino a che una mortale, una bambina, venne portata qui. La prima in assoluto.
La custode di una grande magia, forte quasi quanto l'Isola...»
La
sirena tacque e Peter si prese qualche minuto per metabolizzare la cosa.
«Quindi
io avevo una famiglia... dei genitori... magari dei fratelli! E tutto mi è
stato portato via» la sirena annuì e io mi accorsi di stare piangendo.
«Chi
ha dato il permesso di fare questo?! Insomma, ha sottratto un bambino dalla sua
vita, dai suoi genitori! E lo ha relegato a vivere su un'isola che non esiste
che...»
«Non
dire ancora una parola, Peter Pan» lo interruppe la sirena «Ti è stato dato
molto. Non sei come gli altri bambini, puoi fare delle cose a loro estranee e
sei qualcuno che ha grandi responsabilità. E ti sei preso cura di tutti quelli
che hanno trovato il modo di raggiungere l'Isola. Molto ti è stato tolto ma
molto ti è stato dato.» e con queste parole la sirena sparì nelle profondità
della Baia.
Peter
rimase immobile e in silenzio per diverso tempo e così io, per paura di
interferire coi suoi pensieri.
All'improvviso
si alzò e mi guardò. Restammo in silenzio e poi lui mi prese il viso e mi
baciò. Non pensai a lasciarlo andare ma a volerlo ancora più vicino. Le sue
labbra a contatto con le mie erano morbide e fresche ma sapevano di sale, dalle
lacrime di entrambi. Ci sdraiammo a terra e facemmo l'amore. Lì, nella radura,
alla luce delle stelle e delle lucciole. Mi amò come se non ci fosse un domani
e io bevvi tutti i suoi sospiri e mi aggrappai al calore della sua pelle a
contatto con la mia.
«Peter
devo dirti una cosa» lui alzò lo sguardo e mi guardò. Gli occhi penetranti e
brillanti. «C'è un modo per farti tornare chi eri prima...»
Lui
mi guardò incuriosito e si puntellò sui gomiti, mentre io sdraiata sotto di lui
prendevo coraggio «Toro Seduto mi ha detto che se io ti baciassi e fossi pronta
a lasciarti andare, questo porterebbe me a casa e te ad essere il Peter di
quattro anni fa.» lasciai il fiato che avuto trattenuto.
«Quindi
è per questo che prima volevi baciarmi... eri pronta a lasciarmi andare?»
distolsi lo sguardo dal suo e mi concentrai su una fogliolina accanto alle mie
dita.
«Credevo
di sì ma... non riesco ad immaginare la mia vita senza di te, Peter Pan» una
lacrima al ricordo del vuoti che avevo provato scese sulla mia guancia. «Mi
dispiace.» Peter mi accarezzò i capelli e mi baciò la lacrima.
«Non
farlo.»
Dopo
aver udito il racconto della sirena capì perché Trilli fosse tanto legata a
Peter e a lui soltanto. Era grazie a lui se era nata e lo amava. Ed era giusto
che fosse così.
Ma
che dire dell'Isola? Se la storia delle sirene era vera -e molte cose mi
dicevano che era così- Peter non avrebbe mai potuto lasciarla senza
distruggerla. E mi chiesi perché proprio io dovevo essere la causa di tanto
caos. Ero forse così speciale da spezzare un legame durato secoli, forse
millenni?
Venni
divorata dai sensi di colpa. Peter era una creatura magica, umana, ma non per
questo lo era meno delle fate o delle sirene e aveva su di sé una grossa
responsabilità: la vita di popoli interi. Sembrava come quel Dio di cui mi
avevano sempre raccontato.
«Wendy!»
a quanto pare ero distratta così il ragazzo mi richiamò più forte «Allora, che
ne pensi?»
«Scusami
Peter ma non ti stavo ascoltando, ero persa nei miei pensieri» lui sorrise e mi
baciò la mano.
«Ho
chiesto se ti andava di andare sulla Terra» tutti i miei nervi si tesero e mi
scostai da lui inconsciamente.
«Sulla
Terra? Perché?» domandai impaurita.
«Non
vuoi vedere come stanno andando le cose? Non sei curiosa? Non ti mancano i
tuoi?» la risposta era sì a tutte le domande. Eppure temevo che una volta
arrivati Peter sarebbe tornato indietro senza di me.
«Vuoi
lasciarmi a casa?» così, con la voce rotta e spaventata, chiesi.
Peter
sembrò veramente sorpreso dalla domanda e sorrise, intuendo le mie paure «No,
amore mio. Assolutamente no. Volevo solo darti la possibilità di sapere che la
tua famiglia sta bene e di vederlo con i tuoi occhi.» sorrisi, grata, una volta
aver capito le sue intenzioni. Sentire nominare la mia famiglia era veramente
strano: non li sentivo più come la mia famiglia; ora era Peter la mia famiglia.
Eppure sentivo sempre la mancanza della mamma o del papà e di John e Michael.
Se solo avessero capito... avrei voluto riportarli sull'Isola un'ultima volta.
«Peter...
pensi che sia possibile portare qui John e Michael ancora una volta?» lui
sembrò rifletterci su e poi annuì scuotendo i capelli biondi.
«Tutto
è possibile se si crede!» e volò via.
NOTE:
Mi dispiace. È più corto del solito capitolo ma è più un
capitolo di transizione per ciò che verrà dopo, anche se viene descritta una
profonda verità.
Ovviamente la storia narrata sull'origine di Peter è
puramente inventata da me, così come la nascita di Trilli. Chiedo scusa, ma
serviva per il racconto che ho in mente. Alla prossima!