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Autore: Evenstar75    23/09/2014    10 recensioni
Trovata la Cura per il vampirismo, Bonnie ha evocato un incantesimo che lascia libera scelta: vivere una vita mortale oppure trascorrere un'eternità da vampiro o da ibrido.
Damon è scomparso da anni e nessuno ha più sue notizie.
Elena ha scelto Stefan e insieme vivono felicemente da umani al pensionato di Zach.
In casa Salvatore è nata una bambina dai meravigliosi occhi azzurri, a cui è stato dato il nome di Demetra.
Sedici anni dopo, Damon è tornato per lei.
'I know the risk but I have to know her'.
Intanto Rebekah Mikaelson trama vendetta contro i suoi nemici di sempre per uno sgarbo che le ha portato via il 'lieto fine'.
Una nuova maledizione incombe sulla ignara e spensierata 'next generation' di Mystic Falls.
I nostri eroi dovranno fare un salto nel passato per salvare il futuro dei loro figli e, per riuscirci, dovranno collaborare e riaprire molte ferite e questioni irrisolte.
Le avventure di Matilde 'Matt' Lockwood, Sheila Bennet, Nick Mikaelson e Demi Salvatore... in capitoli ispirati ad un'ipotetica serie tv :D
Saranno molto gradite le recensioni :D
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Previously On the DemiDiaries.
(rielaborazione delle scene/punti chiave del seguente capitolo)
 
 

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Cap35_Liars_PT2_Always:
 
Demi: ‘’Di’ a Prince che avrà la sua dannatissima Profezia.
Se vogliamo allearci con lui,
dobbiamo almeno scoprire che cos’ha in mente al riguardo.’’
 
Nick: ‘’Se fossi in te, proverei a dare un’occhiata nel posto che mi spaventa di più dell’intera dimora.’’
 
Demi: ‘’ Cara Camera Fantasma in cima alle scale…
A noi due.’’
 
Cap36_Shadows:
 
*Demi sfiorò il contorno evidenziato dell’iniziale del proprio nome sulla coperta e, mentre tracciava quella ’D’ in tutta la sua lunghezza, avvertì che il puzzle della consapevolezza ricongiungeva di colpo tutti i propri pezzi mancanti.*
 
Rebekah: ‘’Ciao, zuccherino. E’ permesso?’’
*la porta via con sé*
 
Prince a Nick: ‘’Avresti dovuto pensarci su per benino, prima di stuzzicare zietta Bex,
rendendola almeno dieci volte più pericolosa di quanto lo sia di solito.

Non vedevo l’ora di fare un giretto sulla Batmobile, comunque.
Tu no?!’’
 
Sul biglietto lasciato da Rebekah al Pensionato:
‘’Vieni a riprenderti il tuo cuore dove un tempo viveva il mio.
Da sola, Elena.
Portati dietro anche soltanto uno dei Salvatore
ed io finirò quello che ho iniziato sedici anni fa.
R.M.’’
 
Elena a Damon: ‘’ Demi è in pericolo. L’ha presa Rebekah.
So dove andare. Ti prego, non seguirmi.’’
 
Damon: ‘’ Per salvare Jeremy, streghetta, devi fare una cosa per me.
Un incantesimo di localizzazione.
Trova la mia bambina ed io lo lascerò andare.’’
Bonnie: ‘’Non lo faccio per te. Ma per Elena.’’
 
Mattie: ‘’Demi si trova in Harrison Street!
Aspettate un secondo, quella è la casa di Matthew Donovan!’’
 
Prince: ‘’ E’ in arrivo una bella baraonda demoniaca
pronta a leccare i piedi della Deveraux.
Demoni e Ombre,
evocati direttamente dall’Inferno grazie al sangue
di un Marchiato con lo Stigma Diaboli.’’
 
 Sheila: ‘’ La ritroveremo, non è così? Tu… la salverai, no?’’
Nick: ‘’Dovesse costarmi la vita.’’
 
Prince: ‘’Ci andrò io, con lui.’’
 
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Flashback
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-… Hayley?- Elijah si era sporto con cautela oltre la porta della camera dei suoi bambini, sbirciando piano verso l’interno e lottando contro l’oscurità quasi completa che gli impediva la visuale. Nel silenzio ovattato, reso tremulo dai respiri dolci e regolari dei due piccoli Mikaelson sdraiati nei loro rispettivi letti, un lieve luccichio aveva catturato il suo sguardo, splendendo nel buio come un paio di familiari occhi felini. Un sorriso d’istintivo sollievo aveva increspato le labbra dell’uomo, mentre la sagoma sottile della propria moglie si delineava nel suo campo visivo; con i lunghi capelli filtrati dalla luce lunare che colava dalla finestra ed il viso ancora rivolto verso uno dei lettini, Hayley si era portata un indice di avvertimento sulla bocca, ma aveva comunque ricambiato il sorriso. - Dormono?- aveva domandato fievolmente lui, appoggiandosi con la spalla contro uno stipite, immerso in uno stato di stupita contemplazione.
Era estremamente raro che, a quell’ora, l’uragano d’energia infantile dei due fratellini fosse già stato placato dal sonno.
Hayley aveva annuito dolcemente, con una punta di trionfo:
- Nick come un angelo.- aveva sussurrato, accennando al fagottino di coperte alla propria sinistra: il bimbo dalla chioma castana era raggomitolato su se stesso, in posizione fetale, con una mano sotto il cuscino immacolato e l’altra a stringere un buffo, consunto orsetto di peluche a forma di lupo. La sua faccia era il ritratto della pace e della rilassatezza. -… e Prince…- le dita delicate di lei si erano avvicinate alla fronte del figlio maggiore, incorniciata da riccioli biondi come da un’aureola arruffata, e ci avevano posato sopra una carezza che gli aveva fatto emettere uno sbuffo d’inconsapevole compiacimento. -… beh, come Prince.- alla donna, assieme a quelle parole, era sfuggita una risatina, poiché le lenzuola del principe erano un groviglio indistricabile e lui era placidamente disteso a pancia in su, occupando, con le braccia e le gambe spalancate, tutto lo spazio disponibile sul materasso, fino all’ultimo centimetro:
- Ci penso io.- si era offerto Elijah, avvicinandosi di qualche passo, senza far rumore. Lei si era spostata appena, per fargli posto sul bordo, ed aveva approfittato di quel momento per raccattare qualche altro pupazzo sparpagliato sul pavimento, là dove il biondo l’aveva lanciato senza troppa misericordia. - Lascia fare a me.- mentre l’uomo faceva scorrere i lembi soffici delle coltri tra le mani e li rimboccava premurosamente sul corpicino di Prince, le iridi intense e calde di lei non l’avevano abbandonato neppure per un istante, seguendo ogni suo singolo, lento e leggiadro movimento. Elijah aveva percepito qualcosa nel proprio petto stringersi e scaldarsi, sotto quello sguardo insistente, ma si era limitato a scuotere il capo quando si era accorto di essersi seduto per sbaglio su qualcosa di fastidiosamente appuntito: - Mmh… pastelli.- aveva mormorato, mostrando alla moglie le matite che aveva recuperato da sotto le coperte, con un misto di divertimento e rimprovero nella voce: - Credevo di averglieli sequestrati per una settimana!-
- Forse sei stato un po’ troppo duro, allora.- aveva bisbigliato Hayley, con un ghigno appena percettibile, allungando la mano libera per posarla sul dorso di quella del marito. - Lo sai che Prince adora disegnare, quando è nervoso. E’ il suo modo di sfogarsi. Di creare qualcosa di diverso da ciò che lo circonda… qualcosa che sia simile a lui.-
- Ha ridecorato l’intero porticato della signora Labonair con un pennarello rosso carminio che, tra le altre cose, non è mai stato ritrovato.- le aveva ricordato Elijah, dignitosamente, con le dita che si allacciavano però con tenerezza attorno a quelle di lei: - Non ritengo sia decoroso consentire che simili atti di vandalismo continuino a verificarsi, tutto qui. Quella brava donna è fin troppo paziente. Sono convinto che la vecchia McPhee li avrebbe inseguiti entrambi fin qui con un bastone da passeggio tra le mani... cosa che non escludo possa accadere anche nei prossimi giorni, in effetti.-
- Ma Eve (1) adora i ragazzi, lo sai. Li considera come dei nipotini. Era qui, in fondo, quando Nick è nato. Ci ha trovati lei, per metterci in guardia… per proteggerci.- lo aveva rassicurato Hayley. Prince si era agitato nel torpore, rigirandosi su di un fianco, ed Elijah aveva lisciato le pieghe del copriletto, quasi senza rendersene conto, posando d’istinto un buffetto sulla sua spalla del bimbo addormentato. Lui non si era più mosso, rasserenato da quel tocco, mentre le ciglia di sua madre s’impregnavano all’improvviso di lacrime trattenute a stento: - Sai, a volte penso che, se dovesse accaderci qualcosa, lei potrebbe… insomma, prendersi cura dei bambini. Potrebbe portarli nel Bayou o anche da qualche altra parte… ovunque, purché lontano da… da…-
- Hayley. Basta così.- le aveva sussurrato l’uomo, in tono di gentile avvertimento. Lei si era interrotta bruscamente ed rimasta a fissarlo nell’ombra, con gli zigomi bagnati e sfavillanti come avorio liquido. Era bella e fiera, combattiva, eppure in qualche modo indifesa, come quando Elijah l’aveva conosciuta. Come quando si era innamorato di lei. - Siamo al sicuro, qui. Guardami…- le aveva toccato la guancia con l’indice, sfiorandole il mento per essere sicuro di incrociare i suoi occhi tormentati. -… non devi angustiarti. Ci siamo noi, accanto a loro. Nessuno toccherà i nostri figli, finché saremo insieme.-
- E se Sophie non si fosse arresa alla sua caccia? Se dovesse trovarci?- aveva ansimato lei, in un soffio strozzato. Le linee sulla fronte dell’umo erano diventate di colpo più profonde mentre lasciava cadere la mano verso il basso, debolmente, senza sapere cosa dire. Hayley si era morsa il labbro inferiore per far sì che la smettesse di tremare, poi si era alzata in piedi di slancio, voltandosi per non farsi vedere in faccia dal marito in un simile momento di fragilità. Elijah aveva garbatamente atteso che si ricomponesse, poi si l’aveva seguita, issandosi e raggiungendola per cingerla tra le braccia. - Non riesco a pensare ad altro...- gli aveva confessato lei, sommessamente, stringendo forte i pugni sulla sua camicia, come se volesse lottare ma non potesse farlo, e quell’impotenza disarmante la stesse lacerando. -… non posso nemmeno immaginare di lasciarli da soli ad affrontare t-tutto… tutto questo inferno, Elijah… sono così piccoli…-
- Potranno sempre contare l’uno sull’altro.- aveva sospirato l’uomo, carezzandole i capelli. C’era una fiducia cieca e disperata, nella sua voce, e dalla sua pelle tiepida trasudava una convinzione talmente assoluta da penetrare fin nelle ossa intorpidite di Hayley. Lei, che si era sempre sentita così piccola, così al riparo, con la guancia premuta contro il suo petto, aveva annuito appena, quasi senza accorgersene. - Sempre. Si terranno d’occhio a vicenda. Saranno una famiglia. E sapranno proteggersi, anche e soprattutto nelle ore più buie. So che sarà così.-
 
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- Ti amo, Elijah.- mugugnò la donna, senza muoversi, con il tono attutito dagli abiti di lui, il proprio fiato caldo sulla stoffa inamidata e le sue braccia avvolte attorno a sé, a tenerla intera davanti alle avversità. - Ti amo.- Lui le aveva posato un bacio delicato sulla testa, poi aveva notato, guardando verso i due lettini, degli strani movimenti: Prince sembrava russare con più impegno di quanto non fosse necessario e, da dietro i ciuffi di pelo grigio del lupacchiotto di peluche, all’uomo parve di aver individuato addirittura il luccichio di un’iride scura, assonnata ma vigile, ardere prima che le palpebre di Nick si richiudessero di colpo.
- Allora devi fidarti di me. E di loro.- aveva bisbigliato Elijah alla moglie, guidandola piano verso l’uscio. Una parte di lui era stata infinitamente lieta di sapere che i piccoli avevano avuto l’occasione di udire, seppur di nascosto, le sue parole di conforto, e si era augurata che entrambi le prendessero come un monito eterno, salvifico. Era la loro unica possibilità, la loro speranza per il futuro.
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- Dici che il motto ‘’restiamo uniti come uno solo, sempre e per sempre’’ varrà lo stesso, una volta che ti avrò staccato la testa dal collo?!- s’interrogò amleticamente Prince, con tono isterico, aggrappandosi allo sportello dell’auto per non rischiare di finire scaraventato fuori dal finestrino. L’azzardo con cui il fratellino aveva appena imboccato una curva ripidissima ed in pendenza gli fece rizzare i peli sulla nuca. - RALLENTA!- ruggì, coi denti digrignati, un secondo prima di puntare un dito accusatore dietro di sé: - TU!- guaì, mentre veniva sballottolato qua e là dall’alta velocità del veicolo. - SOTTOSPECIE DI… POLLICINA! Sei la nipote dello Sceriffo Forbes oppure no?! Perché diamine credi che ti abbia ingaggiata a bordo, se non per evitare che lui… WOH-OOOH, NICKLAUS, QUELLO E’ UN SEMAFORO ROSSO!-
Schizzando oltre un paio di vecchie auto già ferme all’incrocio, Nick fece per premere di colpo il pedale del freno ma, prevedendo uno schianto di dimensioni epiche contro il ciglio del marciapiede, Sheila conficcò le dita nella spalliera del sedile del guidatore, stringendo le palpebre fino a ridurle a due fessure:
- Color ad novum a veteri, id flagito… voluntas mea est virĭdis… glaciare!- il disco scarlatto del semaforo si spense di botto, giusto un istante prima della tragedia, e fu sostituito da una prematura quanto luminosa macchia verde chiaro, che diede il via libera; la Ferrari nera sfrecciò in avanti, proseguendo di tutto diritto nel traffico, mentre qualche passante si copriva la bocca con aria orripilata ed un paio di clacson facevano riverberare nello smog la propria attonita protesta.
- Fiuuuuu!-
Prince si accasciò pesantemente sullo schienale, chiedendosi da dove diamine la Bennett avesse potuto tirare fuori quell’incantesimo ‘’cambia-colore’’, e benedisse in ogni lingua del mondo il manuale che doveva averle fornito una simile nozione. Mattie, nel frattempo, batté le mani, saltellando dall’eccitazione:
- … e quella formula da dove veniva fuori?! L’hai trovata qua sopra?- domandò, indicando il Grimorio di Esther Mikaelson che giaceva chiuso e sigillato sulle sue ginocchia. La strega scosse lievemente la testa:
- Io e Demi avevamo recuperato dei fascicoli di Magia Elementare nel baule di mia madre, tempo fa, ed io… beh, mi sono esercitata.- chiarì, in imbarazzo, continuando a tenersi forte alla pelle fresca che rivestiva il sedile, per mantenere un minimo d’equilibrio.
Al nome della Salvatore, gli occhi di Mattie incrociarono per una frazione di secondo quelli di Nick, riflessi nello specchietto retrovisore.
Distolsero entrambi lo sguardo, immediatamente, ma lei non poté fare a meno di provare un senso di sconvolgente vertigine dalle parti dello stomaco, mentre si rimetteva composta: era stato come guardare nel buio di un burrone senza fondo. Le iridi del ragazzo non erano mai state così impenetrabili, per lei, e la consapevolezza assoluta di non poterlo aiutare in alcun modo concreto, stavolta, la mandava in crisi.
Anche Prince sembrò cogliere un brivido di fragilità nei gesti del fratello minore, perché si schiarì la voce con un colpetto di tosse eloquente.
- Ricordati di girare a sinistra.- raccomandò, con studiato disinteresse, come se gli stesse chiedendo di passargli il sale per poter condire meglio una zuppa di patate un po’ troppo insipida. - Da bravo, così… a sinistra.-  
- Casa Donovan è a destra.- scattò Nick, quasi senza muovere le labbra. Erano livide, come tutto il resto del suo viso, sottili come una linea tracciata con la lama affilata di un pugnale. Strinse di più il volante, come temendo che il tremito delle sue dita potesse farlo sfuggire alla sua presa, poi sibilò: - Lei è lì. E’ in trappola. Voglio soltanto trovarla. Non m’importa un bel niente di essere...-
- … immobilizzato? Ombrizzato? Demonizzato? E tutte le altre cosette orribili che finiscono in -ato?- continuò per lui il figlio di Klaus, sbattendo le lunghe ciglia dorate come se stesse elencando le magnifiche tonalità di lilla con cui gli sarebbe piaciuto ridipingere la propria Capanna. - Ad esempio attaccato, malmenato, azzannato, devastato, triturato, scotennato o spappolato…-
- Per favore!- supplicò Mattie, con un gemito di nausea. Era da poco passata l’ora di pranzo e la grossa fetta di torta di mele e canditi che si era pappata prima dell’arrivo dei Mikaelson in palestra rischiava di giocarle un brutto tiro: - Ho appena mangiato!-
Prince si girò a guardarla e le scoccò un’occhiatina di languida ammirazione, di quelle che, nei film ambientati nelle corti di fine Ottocento, vengono solitamente accompagnate da uno spettacolare baciamano:
- Ma grazie, AMORE, quasi dimenticavo… DIVORATO?!- il suo accento straniero diventò un po’ più marcato e stridulo su quell’ultima parola, quasi a voler volontariamente sottolineare l’estrema gravità della faccenda, ed il ragazzo si accigliò: - Non c’è da scherzare, con queste creature. Purtroppo lo so meglio di te e non sono così idiota da rischiare di restarci secco. Non se ne parla! Sono sicuro che Shane ne sguinzaglierà almeno un paio, ma che dico?, forse di più, attorno alla dimora del nostro compianto quasi-zio Matthew, perciò... abbiamo bisogno di armi. Di un equipaggiamento decente. Se vuoi avere qualche speranza di battere quegli Inferi puzzolenti, tu devi svoltare a SINISTRA!-
- Posso lasciarti scendere.- rifletté Nick a bassissima voce, con il petto che faceva su e giù convulsamente, sotto il vincolo della cintura di sicurezza. - Nel bagagliaio ho una scorta di paletti di legno e forse persino una balestra. Per qualche motivo non sono mai riuscito a separarmene, da quando te ne sei andato via. Era come se qualcosa mi dicesse che dovevo tenerli con me.- Prince non proferì verbo ma Sheila, dal retro, notò come i suoi piedi fossero impegnati a scandire un ritmo più frenetico, forse colpevole, nei pressi dello zerbino. - Puoi andare da solo a prendere tutto ciò che ci serve e poi raggiungermi, mentre io vado avanti e…-
- Ah-ah! Ti ho convinto a scarrozzare anche Cip e Ciop perché ci tenevo alla loro compagnia oppure perché sapevo esattamente che mi avresti proposto questo compromesso, secondo te?!- sbadigliò il principe, accennando alle figlie di Bonnie e Caroline e allo stesso tempo parlando come se non fossero presenti. Nick serrò forte la mascella: - Se mi scarichi qui e adesso, ti avverto: non voglio né pesi né piantagrane. Dovrai portare le signorine con te, anziché nel posticino tranquillo in cui siamo diretti. E ti assicuro che, tra i boschi, nessun paletto potrà salvarle dal finire dritte in pasto ai mostri che sei così ansioso d’incontrare. La scelta è tua.-
Sheila trattenne il fiato, consapevole del fatto che nella voce di Prince non ci fosse neppure una briciola di tentennamento, di menzogna o d’esagerazione, e Matt chiuse gli occhi, come in preghiera. Nick fece lampeggiare la freccetta che indicava la direzione di svolta, poi emise un impercettibile verso di resa:
- D’accordo.- esalò, con le palpebre che pizzicavano fastidiosamente. - Andiamo a sinistra.-
 
///
 
Quando l’insegna sgargiante del Mystic Grill spuntò oltre la chioma frusciante di un albero, la Lockwood strabuzzò gli occhioni, incredula. Non era mai stata meno contenta di trovarsi nei pressi di un ristorante… e questo era decisamente tutto dire:
- E’ uno scherzo?!- strillò, prima di riuscire a trattenersi, acchiappando d’istinto un lembo della cintura di Prince, come se volesse tirarla fino a strozzarlo, nel caso in cui se ne fosse uscito con una delle sue candide conferme. Lui si limitò ad abbassare il cellulare con cui stava freneticamente trafficando da qualche minuto, e la nana ne approfittò per rincarare la dose: - E state molto attento a ciò che risponderete, vostra maestà… umh, com’era? Ah sì, ecco… serenissima!-
- E’ la già seconda volta che attenti alla mia vita, oggi.- osservò lui, con una scrollatina di spalle. Qualcosa le diceva che stava ghignando sotto i baffi. - Tzè. E poi sarei io, il biondino pericoloso in circolazione!- con una mossa aggraziata, il giovane fece scattare l’ancoraggio della propria cinghia, poi sgusciò via dalla sua presa, liberandosi da qualunque minaccia. Il riavvolgitore tornò ad avvilupparsi su se stesso così in fretta da assestare una leggera, altezzosa frustata sulle dita paffute di Mattie e lei, imprecando con aria offesa, si strofinò subito le nocche indolenzite sui jeans.
- Oh, scusami tanto.- la canzonò Prince, spietato. - E’ che ci tengo al mio primato. Al fatto che gli altri abbiano un’alta reputazione di me. Mi spiego?- le strizzò l’occhio con complicità ma, prima che la mano libera ed indenne di Mattie potesse scaraventargli dritto in fronte il librone d’incantesimi di Nonna Original, Nick accostò con il proprio veicolo in un angolo, vicino al magazzino del pub più frequentato della città.
Con un gorgoglio cupo ed elegante, il motore della Ferrari si spense.
- Ma che ci facciamo qui? Volete ammazzare Ombre e Demoni a colpi di sandwich?!- sbottò Sheila. Aveva una delusione talmente evidente stampata sul volto olivastro che, come ogni strega inesperta ed infuriata che si rispetti, sembrava pronta a farsi sfuggire una pioggia di faville colorate dai palmi delle mani. - TU! Noi ci siamo fidati di te!- esplose, rivolgendosi a Prince con veemenza.
Quest’ultimo non si scompose d’un solo millimetro. Anzi, sembrava divertito da quella reazione, come se se la fosse aspettata fin dal primo istante… come se, in fondo, ci fosse abituato:
- E la vostra fiducia ha una scadenza vergognosamente breve, vedo.- commentò serafico, mentre una profonda fossetta gli scavava un attraente solco nella guancia destra. - Sai, forse dovrei ringraziarti. E’ sempre bello sapere che, giovani o vecchie, malvagie o buone, le streghe sono comunque imbattibili nella raffinata arte di essere una gran seccatura, per il sottoscritto!-
- Prince.- lo richiamò Nick, debolmente; era esausto, ma la scortesia rimaneva comunque, in ogni caso, una questione tra le più intollerabili, per lui. Infilandosi le chiavi in tasca, però, il ragazzo dai capelli castani posò uno sguardo d’avvertimento anche sulla Bennett: - Siamo nel posto giusto.- le sussurrò, rassicurante. - Se lui ha degli aiutanti, non possono che essere nascosti qui.-
- Diglielo tu. A me non danno retta!- borbottò l’altro, piccato, affondando i piedi nell’erbetta folta che circondava l’edificio e sbattendo lo sportello all’unisono con le due ragazzine. La Lockwood raggiunse il suo migliore amico in un paio di goffi saltelli, mentre lui si guardava attorno, sperduto, tormentandosi le mani in grembo.
- Come fai a sapere che non ci sta prendendo in giro?- gli bisbigliò, muovendo soltanto la bocca, per far sì che Prince non la udisse; non voleva rischiare di vederlo diventare ancora più nervoso ed insopportabile e Nick, intuendo lo scopo segreto di quel gesto, quasi sorrise di rimando:
- Ne sono convinto. In fondo, ci ha tenuti d’occhio il giorno in cui ti ho svelato di avere un fratello, ed eravamo proprio in questo posto, seduti vicino al bancone, te lo ricordi?- lei annuì, accigliata, ancora poco convinta: - Prince, o qualcuno al suo servizio, ha origliato tutta la nostra conversazione. E un’altra volta, lui sapeva che io e… e Demi saremmo stati tra quei tavoli. Così è venuto fuori, per spaventarci un po’. Siamo dovuti scappare via senza aver toccato cibo… niente male, come primo appuntamento.- un velo amaro calò sulla sua espressione, tramutando il suo sorriso in una smorfia di tristezza e nostalgia. Matt avrebbe voluto posargli una mano sul braccio ma aveva quasi paura di toccarlo. Le sembrava così indifeso e distante che un soffio di vento sarebbe stato sufficiente a trascinarlo via, lontano da lei, dissolvendolo nell’aria fredda. - Dev’esserci qualcosa sotto e non ci resta che scoprire di che cosa si tratti. Non che m’interessi.- chiarì, con il vento che gli faceva sventolare l’orlo del cappotto scuro almeno quanto le ombre sotto i suoi occhi. - Un’arma è tutto quello che mi occorre.-
Mentre Prince controllava l’orario sullo schermo del suo cellulare, un sopracciglio inarcato nell’attesa, Sheila notò che, dal vetro fuligginoso di una finestra ovale incastonata nelle mura del deposito del Grill, si potevano scorgere dei movimenti confusi: c’era qualcuno, tra quegli scaffali polverosi, e si stava avvicinando.
Qualcosa di imponente, lanoso ed indefinito fluttuò silenziosamente dall’interno, per poi sparire nella semioscurità, ma, prima che uno di loro potesse avvisarlo di quell’anomalia, il principe aveva già perso la pazienza:
- Tempo scaduto. Peccato. Immagino che anche quando si renderanno conto che sarebbe stato molto meglio farmi entrare, sarà troppo tardi!- annunciò. Si avviò con passo risoluto verso la porta del magazzino e si rimboccò teatralmente le maniche fino ai gomiti: era chiaro che sarebbe stato in grado di sfondare il legno con un semplice tocco delle dita, ma gli piaceva da matti l’idea di fare un po’ di scena.
Ed il tonfo assordante venne eccome, ma non a causa del colpo che Prince aveva avuto intenzione di assestare: la porta si era aperta un istante prima di quell’impatto, con una violenza almeno altrettanto sconvolgente, ed un qualcosa di enorme e peloso era passato fulmineamente di fronte a tre paia d’occhi allibiti, investendo in pieno il ragazzo biondo e mandandolo a gambe all’aria.
- PRINCE, NO!- urlò Nick, così forte da sentire male alla gola. Senza pensare, senza neppure darsi il tempo di riflettere, di considerare i rischi o di afferrare un sasso, in un tentativo di difesa disperata, il ragazzo si lanciò verso la creatura gigantesca che aveva atterrato suo fratello, aggrappandosi alla sua schiena. Le sue dita ed il suo viso affondarono pienamente in una pelliccia morbidissima e fitta che odorava intensamente di aghi di pino, di resina e di miele, e quel profumo gli diede le lacrime agli occhi, prima ancora che lui potesse capirne il reale motivo.
Il suo istinto scavalcò lesto ogni ragionevolezza e lui inspirò a fondo, sbigottito, inebriato da quella fragranza così famigliare… inconfondibile.
‘’Mamma…’’ pensò, follemente, sentendosi totalmente prosciugato, senza più il coraggio di muovere un muscolo. Era impossibile come non riuscisse a rimanere abbastanza lucido e concentrato da aggrapparsi a qualcos’altro, ad un pensiero qualunque che si discostasse da quel nome che affiorava spontaneo dal suo inconscio in tumulto, eppure…
- Nick! SPOSTATI!- tossì Prince, agitando un braccio nel vuoto. Non sembrava che si stesse lamentando, ma la sua voce fioca era comunque squassata dai singhiozzi. Nick, trafelato, strabuzzò le palpebre, mentre le grida allarmate di Mattie e di Sheila gli rendevano difficile credere alle proprie orecchie e soprattutto comprendere perché accidenti il figlio di Klaus stesse… ridendo. E a crepapelle, per di più. - IDIOTA, STO SOFFOCANDO! PFFFF, PUH… PUH! BASTA-COFFF, LEVATEVI DI DOSS… EVE, DAMMI UNA MANO! UGH…!-
Con una zampata soffice ma decisa, la montagna di pelo spinse Nick da un lato, facendolo rotolare su di un fianco, fino a far sì che giacesse supino, col corpo mezzo sepolto nel prato. Il sole accecò l’adolescente per un momento, prima che una grossa testa si parasse tra lui ed il cielo azzurro, piegandosi a pochissima distanza dalla sua faccia: un muso di lupo, aguzzo, striato di bianco e panna ai lati, con un naso nero ed umido che lo fiutava con circospezione, gli si avvicinò pian piano, mostrandogli una sfilza paurosa di denti affilati come rasoi. A Nick parve di rivedere se stesso durante le notti di plenilunio, meno maestoso e di certo meno potente, ma con un’identica sfumatura rossiccia impressa sulla gola: un simbolo a forma di mezzaluna.
L’emblema di appartenenza al loro clan materno.
Quel punto preciso sul petto della creatura vibrò gutturalmente quando quest’ultima emise un ringhio sommesso, prolungato e terrificante, ed il figlio di Elijah sentì la pelle d’oca farsi strada lungo il proprio collo, assieme alla voce ancora estasiata del fratellastro, proveniente da qualche parte indistinta alla sua sinistra:
- Coraggio, Eve, lo stai spaventando a morte. A cuccia, mollalo…!-
Lentamente, mentre Nick tratteneva il respiro ed affondava le unghie nella terra sotto di sé, come se fossero artigli, nel tentativo di tirarsi su a sedere, quel ruggito diffidente si trasformò in un uggiolio quieto e sorprendentemente commosso.
Gli immensi occhi grigio ferro del Lupo sfavillarono come monete e si addolcirono di colpo:
‘’Sei ancora più bello di quanto avessi immaginato, piccolo mio!’’ esultò una voce femminile che esisteva solo nella sua testa. Sembrava appartenere ad una donna adulta e forse anche un po’ in là con l’età, ed era così inspiegabilmente familiare che il cuore di Nick traboccò all’istante di un profondo senso di tenerezza e di riconoscimento.
Eve…?!
Prima che lui potesse fare qualcosa per evitarlo, una scia lucida e bagnata prese scorrergli lungo le gote, copiosa, inarrestabile, e le dita si chiusero timidamente attorno ad un ciuffo di pelo.
Prince, nel frattempo, se ne stava lungo disteso su un lato, puntellandosi su un gomito per godersi quella scena, con uno strano, antico ed infantile sorriso dipinto sulla bocca:
‘’Ho aspettato così tanto questo momento… il momento in cui avrei finalmente potuto vedere come sei diventato, riabbracciarti… oh, non piangere!’’
Il Lupo femmina gli leccò la guancia con una lingua rosea, calda e un po’ appiccicosa, in un gesto affettuoso che di solito si riservava ai cuccioli del branco, poi si ritrasse, bonaria, per lasciargli riprendere fiato.
- Vi presento Eve Labonair.- gongolò Prince, tirandosi su in un lampo e porgendo poi una mano sporca di clorofilla e terra al fratellino, che la afferrò senza dire una parola, gli occhi neri puntati sul Lupo, che piegò la testa di lato e scodinzolò:
 
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 - Probabilmente non ti ricordi di lei, ma viveva accanto al nostro casolare sul fiume, dieci anni fa, quando…-
- Mi ricordo.- lo interruppe Nick, seccamente. Era guardingo, confuso, come se non volesse credere ai propri occhi e soprattutto a quello che qualcosa nel suo petto aveva capito prima ancora che lui riuscisse a formulare qualunque pensiero razionale. Mentre Sheila spostava la mano dal proprio cuore, là dove l’aveva posata, come nella speranza di impedire a quel muscolo involontario di schizzarle fuori dalla gabbia toracica, e Mattie si avvicinava in punta di piedi alla nuova arrivata, con aria titubante e ansiosa, come se stesse morendo dalla voglia di darle una bella grattata sulle orecchie ma temesse che fosse poco opportuno, Nick si tamponò il viso umido con la manica della giacca.
Il suo cervello si sforzava di trovare un senso a quella situazione, ma riusciva solamente ad essere bombardato dagli sprazzi di un passato che si era ripresentato davanti ai suoi occhi senza alcun tipo di preavviso, destabilizzandolo: c’era una donnina dal corpo minuto e rotondetto che lo teneva sospeso tra le braccia, lasciandolo giocare con la propria grossa treccia argentata, mentre Hayley era impegnata a convincere Elijah del fatto che Prince avesse solo accidentalmente fatto a pezzi il vaso da fiori che il marito le aveva regalato per il loro anniversario… c’era un bel pacco regalo accanto alla sua torta di compleanno, un dono che, quando il fiocco era stato sciolto, aveva mostrato al proprio interno lo stesso lupacchiotto di peluche che aveva accompagnato tutte le sue notti da bambino timoroso ed introverso… e c’era infine una faccia sorridente e piena di rughette d’espressione dietro la fotocamera che aveva scattato il loro ritratto di famiglia, quello che lui aveva portato con sé dalle ceneri della propria infanzia e che ancora conservava tanto, troppo gelosamente…
- Credevo che fossi morta quella notte.- mormorò il giovane, rauco. Si zittì per un attimo, poi ci riprovò, sforzandosi di mantenere la calma: - Non capisco. Ti eri trasferita vicino a noi per restare accanto a nostra madre ed evitare che i suoi figli fossero indifesi, ma Sophie ti ha trovata prima di bussare alla nostra porta. Ti ha impedito di avvisare i nostri genitori del pericolo e ti ha annientata perché non le fossi d’intralcio. E da allora, tu sei morta, Eve. E’ morta.- la voce gli s’incrinò definitivamente, mentre Nick cercava l’aiuto di Prince con lo sguardo implorante: - Com’è possibile che sia qui… c-che sia ancora… ancora…?!-
- La Deveraux e Shane l’hanno trovata prima di arrivare ai nostri genitori, è vero, ma non l’hanno mai uccisa. La strega l’ha messa fuori combattimento e poi, per punirla dell’essere stata un fastidio, le ha scagliato addosso un Anatema.- Sheila alzò lo sguardo, perplessa, e Nick sentì un’altra ondata di pianto premergli sulle ciglia con l’irruenza d’una mareggiata. - Non era necessario che morisse. Sarebbe stato peggio per lei, vivere con la consapevolezza di aver fallito nel proteggere Hayley, l’ultimo membro della stirpe reale dei Labonair, ed i suoi piccoli eredi. Così Sophie l’ha solo costretta, con la sua sporca magia, a sopravvivere con questo tormento… rimanendo intrappolata nella sua forma animale. Per sempre.-
Eve emise un lieve mugolio e Nick tornò a scrutarla, come se la vedesse per la prima volta: i raggi solari le disegnavano splendide strisce nere e color caffè sulla schiena e sulla coda, una cosa davvero insolita ed innaturale per un Lupo Mannaro, abituato ad essere carezzato sempre e solo dalla bianca sorella dell’astro del mattino.
E per un unico giorno al mese.
‘’Quando ho ripreso i sensi e sono venuta a vedere che cosa fosse accaduto…’’ la voce che riverberava nella mente di Nick si impregnò di dolore, una sofferenza che lui conosceva fin troppo bene. ‘’… era ormai troppo tardi. Vi ho cercati dappertutto, seguendo con il mio fiuto le vostre tracce, frugando tra i vostri vestitini e tra i giocattoli, nella botola in cui speravo che vi foste nascosti, in salotto, tra le macerie... ma eravate spariti. Avevano trucidato i vostri genitori senza nessuna pietà e, dalle macchie di sangue sul pavimento, avrei dovuto credere che foste morti anche voi.’’ A quel punto, però, la creatura aveva scosso la testa con una fierezza nobile, e a Prince era tornato in mente il modo in cui Hayley scuoteva la chioma quando voleva assolutamente avere ragione in una discussione, sporgendo il mento in avanti con una smorfia imbronciata. Anche lui aveva ereditato quel caratteristico modo di fare e ne era particolarmente orgoglioso. ‘’Ma non sono mai stata capace di rassegnarmi. Ho vagato in lungo e in largo per le città, cercandovi senza darmi pace, fino a quando…’’
- Fino a quando non ha trovato me.- terminò il biondo al suo posto, mettendosi con le mani sui fianchi.
‘’… e non l’ho convinto a tornare.’’ precisò la Lupa, con aria soddisfatta. Lui fece un gesto minimizzante, senza però abbandonare il proprio lieve sorriso: il ricordo del giorno in cui, scappando a perdifiato lontano da villa Mikaelson e dagli orrori delle SS, aveva incrociato sul proprio cammino quell’angelo custode in forma canina gli tenne compagnia ancora per un po’, fino a quando non si decise a far schioccare la lingua, controllando per l’ultima volta l’orario, con aria palesemente stufa:
- Si può sapere dov’è finito quello scansafatiche di un Doge?! Puah! Sono due ore che cerco di rintracciarlo ma il suo cellulare deve essere precipitato in una tazza di caffè macchiato mentre serviva il menù del giorno al tavolo 8!- Nick aggrottò la fronte, senza capire chi fosse il cameriere protagonista delle sprezzanti imprecazioni del figlio di Klaus, ma condividendo comunque appieno tutta la sua impazienza: non c’era un minuto da perdere, dannazione, e, chiunque fosse quel Doge, doveva darsi una mossa ed aiutarli ad equipaggiarsi.
Altrimenti lui sarebbe partito da solo, e senza più voltarsi indietro.
Ogni secondo era irripetibilmente prezioso e la consapevolezza dello scorrere inesorabile e troppo rapido del tempo gli trapassava lo stomaco con la portata di una miriade di spilli acuminati.
Prince, probabilmente, nonostante l’immancabile facciata noncurante, avvertiva la stessa urgenza di agire, poiché diventò rosso come un peperone e si riempì risolutamente d’aria i polmoni, pronto a mettersi ad urlare a squarciagola il nome del suo ricercato, e tanti saluti alla decenza.
A mali estremi…
Tuttavia, dal modo curioso in cui Eve stava osservando il Mikaelson biondo, Nick capì che la sua telepatia poteva essere indirizzata anche ad uno solo tra loro due, escludendo occasionalmente l’altro fratello dal dialogo in corso. Con molto tatto, infatti, la Lupa riprese la comunicazione di gruppo solamente dopo aver rimproverato Prince in privato. Nick, un po’ divertito dalla scena, indovinò che gli avesse consigliato di tacere e di lasciare fare a lei. Così, sotto le sue iridi interrogative, con uno sbuffo d’introduzione che assomigliò ad un colpetto di tosse umana più che ad un vero latrato, la creatura inarcò dignitosamente la schiena all’indietro e spalancò le fauci:
- AUUUUUUUU-UUUUUUUUUUUUH!- l’ululato fu così fragoroso e prolungato da costringere Sheila a tapparsi entrambe le orecchie, mentre Mattie scoppiava a ridere di gusto ed i vetri della finestrella ammaccata del magazzino parevano oscillare pericolosamente. Prince fece un ghigno compiaciuto, come se quella fosse musica suonata dalla migliore orchestra del mondo, e Nick sbatté le palpebre, stupefatto: una testa scura, coperta da una sottospecie di berretto di lana cinereo, fece quasi subito capolino oltre l’uscio.
- PER TUTTI I DIAVOLI, EVE, MI STAI MANDANDO NEL PANICO TUTTI I CLIENTI… COME AL SOLITO! AHH, MA TE LO GIURO, QUESTA E’ L’ULTIMISSIMA VOLTA CHE PERMETTO A PRINCE DI… OH-OH!- vittoriosa, la Lupa s’accucciò docilmente tra l’erba, agitando la coda, mentre un giovane di bell’aspetto, dalle larghe spalle arrotondate e dall’aria spaesata si accorgeva del piccolo gruppo di ragazzi appostato vicino alla Ferrari. Con le gote lisce ed un po’ spigolose che si tingevano di carminio ed i capelli castani lisci come spaghetti che gli spuntavano a tradimento dal cappellino, il cameriere del Grill li salutò tutti con la mano: -… heilà!-
 
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Le mascelle di Sheila e di Mattie avrebbero potuto tranquillamente spazzare all’unisono il pavimento, se solo sotto i loro piedi malfermi ce ne fosse stato uno:
- W-Willy? William… Doge?!- esclamò la biondina, sconvolta. Conosceva quel tipo, fin dalle elementari: spesso, lui era venuto in città coi suoi genitori per trovare la nonna, l’adorabile governante di casa Locwood, e si era ritrovato a giocare con lei o con le sue amichette, in giardino, come dei bambini spensierati qualunque. Ad un certo punto, come spesso accade ai compagni di birichinate infantili, avevano perso i contatti. Poi, all’improvviso, lui si era ritrasferito a Mystic Falls per vivere stabilmente con l’anziana Mrs Doge, senza frequentare il college, alla semplice ricerca di un lavoro.
Mattie ricordava di essersi sentita dispiaciuta per lui, perché sapeva che la sua decisione di rinunciare agli studi non aveva avuto nulla a che fare con le sue capacità scolastiche, per altro sempre eccellenti, bensì con le scarse possibilità economiche a disposizione della sua famiglia natale.
William le era sempre sembrato un bravissimo ragazzo, normale come pochi, fin troppo intelligente… che cosa cavolo ci faceva in combutta con un principino irascibile, bello e dannato e con la sua improbabile mascotte lupesca?
Allibita, la figlia di Caroline si girò di scatto verso Sheila, con quella domanda stampata su ogni centimetro del faccino paffuto, e si accorse che, dal canto suo, anche la Bennett era decisamente, esageratamente sotto shock.
Nell’ultimo anno, specialmente nel periodo estivo, ogni volta che lei, Demi e Matt avevano bazzicato al Pub, era stata così gentile da consegnare personalmente delle mance generose al simpatico cameriere ventenne e da scambiare qualche parola con lui, appoggiandosi al bancone e giocherellando distrattamente con la cannuccia colorata di una bevanda fresca, mentre le ore trascorrevano ed il ragazzo lucidava l’argenteria con un panno profumato di limone.
Tutti quei momenti rubati sembravano appartenere ad una vita precedente, ancora libera dal sovrannaturale… una vita che, Mattie lo sapeva, mancava alla streghetta più dell’aria, ogni giorno di più. 
- Forse vi siete sbagliati… l’ingresso è dall’altra parte!- canticchiò Will, evasivo, incrociando lo sguardo della streghetta per un secondo e diventando di una preoccupante sfumatura color prugna, al suo cospetto. - Ci vediamo in giro, mh…?!-
- GRRR! Ma perché non ti ho ancora appeso a testa in giù al soffitto, come un caciocavallo, me lo puoi spiegare?- sbraitò Prince, scattando a velocità sovrumana verso il suo compare e acchiappandolo per il colletto della camicia, sormontata da un gilet blu notte lucido come seta. - Mi stai mettendo in imbarazzo!- gli soffiò tra i denti, spingendolo dentro al magazzino con poca grazia.
- TUTTI DENTRO… svelti!-
Mattie e Nick si scambiarono un’occhiata d’allarmata intesa e schizzarono in avanti; poi, mentre la Locwood prendeva per mano l’amica Bennett ancora impalata sul posto e la tirava via con sé, Eve trotterellò allegramente dietro di loro, spingendo col muso la porta del deposito e sigillando la serratura con una zampata definitiva.
Nel frattempo, Will continuava a divincolarsi invano, rischiando d’inciampare in un paio di barili di birra posti nel magazzino:
- Senti, sono ancora in servizio, cosa credi che racconterò al mio capo quando…?-
- Poche chiacchere, sono in missione-salvataggio. E poi, il tuo capo posso soggiogarlo a star fermo a vita e poi usarlo come appendiabiti, chiaro?!- lo stroncò Prince, spiccio, prima di mollare la presa sui suoi abiti con una mossa talmente improvvisa che il giovane sarebbe precipitato a terra, perdendo l’equilibrio, se solo qualcosa di morbido non si fosse frapposto tra il suo sedere ed il suolo; la Bennett, prontamente, pronunciò a mezza voce qualcosa d’incomprensibile e spedì uno sgabello girevole ad attutire quell’urto, giusto in tempo per far atterrare il cameriere su un sedile spugnoso, invece che a terra. William non riuscì a ringraziarla in tempo, anche perché il principe era già tornato alla carica: - L’Inferno sta arrivando… come avevi previsto tu.- annunciò, solenne e contrito, come un giustiziere mascherato che decideva di sotterrare temporaneamente l’ascia di guerra. Una parte di Mattie sperava di riuscire a cogliere almeno un barlume di disappunto sul volto del giovane Doge, ma questi si raddrizzò sul posto, tutt’orecchi, mandando in fumo le sue ultime illusioni: - Hanno preso la Salvatore ed hanno sfruttato il suo sangue da Marchiata, come avevi previsto tu.
 
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E quel balordo di Atticus Shane ha di nuovo i denti avvelenati, potesse inghiottirseli nel sonno!, ergo… un manipolo di teneri ed affabili esserini DEMONIACI sta per essere sguinzagliato alle nostre calcagna, proprio come, neanche a dirlo, avevi previsto TU!- William lo fissò, allibito, ma Prince scrollò le spalle, come per discolparsi: - Che posso dire? Una tragedia annunciata è pur sempre una TRAGEDIA!-
- Caspita se lo è!- trasalì l’altro, inarcando entrambe le sopracciglia ed impallidendo mentre veniva bombardato dal peso di quelle notizie terribili. Aveva l’aria intontita di chi ha appena ricevuto una randellata in testa: - Mi sa che ho bisogno di un drink!-
‘‘Willy continuava ad allarmare Prince in questo senso, ma lui si rifiutava categoricamente di ascoltarlo.’’ spiegò la vocina telepatica di Eve, dopo che la Lupa ebbe colto le facce lunghe e perplesse degli altri ragazzi presenti. ‘’Sono amici da diverso tempo e, oltre ad essere stato la sua spia in città, Doge anche è un imbattibile studioso di Occulto e Magia Oscura. Sapeva che lo Stigma Diaboli, se impresso su un altro Prescelto, sarebbe potuto essere sfruttato per evocare delle nuove entità diaboliche, proprio come quando il mio piccolo era schiavo della Deveraux.’’ sospirò, scuotendo gravemente la criniera multicolore. ‘’Credo che il fingere di non essere poi tanto preoccupato dall’imminente ritorno dei fantasmi del suo passato abbia aiutato Prince a non perdere la testa prima del tempo, ecco. Cosa che, naturalmente, accadrà lo stesso tra 3, 2, 1…’’
- Fermi tutti… un momento!- bisbigliò Mattie, allucinata, mimando il segnale del time out. Le stava andando in tilt il sistema nervoso: - Da quando quel tipo laggiù, un comunissimo, brillante ma sfortunato studente di liceo, è diventato un esperto di Dark BibidiBula?! Non sono mica cose che si imparano nel tempo libero tra uno straordinario mal pagato e l’altro, quelle lì, giusto?!-
- … EH?! Will è un esperto di che?!- sgranò immediatamente gli occhi Sheila, passando in rassegna la propria migliore amica, Nick e la Licantropa scodinzolante, con l'aria offesa di chi scopre di essere stato escluso da una qualche conversazione importante.
Mattie arricciò il nasino:
- Di ‘’Occulto e Magia Oscura.’’- ripeté, più formalmente, senza capire la ragione nascosta dietro quel tono tanto irritato. Sheila spalancò la bocca, come se fosse la prima volta che ne sentiva parlare, e la nana si grattò il mento, confusa: - Scusa, ma dov’eri poco fa, quando Eve ce l’ha detto?-
- Quando chi vi ha detto cosa?!- incalzò la Bennett, mentre Prince e Will confabulavano ad alta voce, coprendo quasi completamente la sua. - Come sarebbe?! Il Lupo… cioè, Eve può parlare?-
Nick scrutò Mattie mentre faceva per aprir bocca e replicare ma qualcosa, nel verde acqua genuino delle sue iridi, lo fece arrivare in un baleno all’unica, seppur assurda, conclusione possibile:
- Sheila non riesce a sentire i pensieri di Eve perché lei, nelle sue condizioni, è in grado di comunicare solamente con chi è un Licantropo. Con chi lo è una volta al mese, con chi lo è in parte, oppure, comunque, con chi potrebbe… diventarlo.- sussurrò, inchiodando la Lockwood con un’occhiata magnetica, indecifrabile. - Non vedo altra spiegazione.- terminò, asciutto.
Matilda si accigliò per un secondo, come se stesse riflettendo sul come interpretare quella frase, se come un insulto o come un complimento. Alla fine, prevedibilmente, parve optare per la seconda, ed un sorriso malandrino fece capolino tra le sue labbra di pesca:
- Vuoi dire che c’è una speranza che anch’io diventi una di voi?- domandò, emozionata fino all’estremità dei boccoli dorati. – AAAH! Lo sapevo che questa stramaledetta fronte alta non era l’unica cosa che avevo ereditato da mio paparino! Ecco perché la fame… ecco perché la febbre! Ma PERCHE’ non me l’hai detto prima, razza di spilorcio?! Potrei essere più forte, e più veloce, e venire con voi a salvare Demi e… oh, ma come si fa ad attivare il gene del Licantropo, come si fa…?!-
- Tu non sarai mai un Lupo Mannaro, è fuori discussione.- sbottò Nick, a denti stretti.
- Ma…!- senza perdere l’entusiasmo, Matt fece per contraddirlo; lui si rabbuiò all’istante, irrigidendo la mascella. Poi esplose:
- Mi hai sentito bene, nana, e non occorre che io mi ripeta! Preferirei, anzi, che l’argomento rimanesse CHIUSO, se non ti dispiace.- il battibecco fu troncato da un tono talmente duro ed inflessibile che la Lockwood lanciò uno sguardo da cucciolotto ferito al suo compare, prima di incrociare le braccia sul petto e di fargli una sonora pernacchia.
- Quanto sei antipatico! Giuro che certe volte, spesso, mi verrebbe voglia di…!- per sfogarsi, assestò un calcetto ad un sacco di farina rovesciato sul pavimento, ma, subito dopo, sentì qualcosa di morbido sfiorarle il collo nudo, come un soffio d’aria calda che odorava di vento e di foreste incontaminate. Un attimo più tardi, la biondina capì che Eve le aveva dato un buffetto affettuoso e conciliante con la punta del soffice muso triangolare e così, colpita da quella dolcezza, Mattie sentì la propria rabbia evaporare, rapida ed inconsistente come quando era arrivata.
La stessa cosa, ahimè, non valse per l’ira di Nick: notando come il confronto verbale tra Prince ed il cameriere non accennasse a finire e, soprattutto, come non stesse portando a nessun risvolto concreto, il ragazzo afferrò un grosso scaffale pieno di spezie essiccate e di altre provviste e lo staccò dai cardini, facendo sì che si sfracellasse sul pavimento marrone, nella sua interezza, con un baccano infernale.
Quel fracasso riscosse bruscamente i due collaboratori dal loro parlottare: William assunse l’espressione inorridita di chi sarebbe stato senza dubbio licenziato per quel casino, mentre Prince si limitava a gongolare sotto i baffi, come un qualunque fratello maggiore orgoglioso dei progressi della propria piccola nemesi.
- Le armi.- sillabò il figlio di Elijah, con una voce controllata a stento. - Non le chiederò una seconda volta.-
 
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- L’hai sentito?!- mormorò il principe, dando di gomito a Willy, deliziato. - Te l’ho detto che quella è una ragazza per cui la gente sarebbe pronta a scatenare una guerra in Terra Santa! E, in effetti… è più o meno questo, ciò che abbiamo intenzione di fare! Allora, cosa te ne dici?-
- Dico che conosco Demetra. L’ho rincontrata al Memoriale di Tina, mentre servivo le bibite agli studenti… ricordo che era così… spaventata.- ammise questi, sistemandosi il berretto ed avvicinandosi in fretta all’unica parete sgombra dell’intero stanzone. Nick lo studiò a lungo, in silenzio, seguendo i suoi movimenti con le palpebre socchiuse, sospettose, fino a quando il ventenne non tirò fuori dal grembiule un bizzarro mazzo di chiavi vecchio tipo, scegliendone una, la più arrugginita e tozza tra tutte: - Come la maggior parte delle vittime di Sophie, neppure Demi merita ciò che le stanno facendo.- il cameriere misterioso girò la chiave in una fessura quasi impercettibile nella roccia, e qualcosa scattò immediatamente, liberando un brivido nell’aria circostante. Sheila fu la prima a muovere un passo, poi un altro, verso il varco nero che si era aperto nel muro. - Seguitemi. Se ci teniamo l’un l’altro in questo modo, non rischieremo di inciampare.- disse William, porgendole la propria mano prima di sparire nell’antro segreto, scavato come nelle profondità della terra.
Seppure insicura, la Bennett l’afferrò e si lasciò guidare nel buio, mentre Nick si affrettava a stringere nelle proprie dita quelle sottili e bronzee della ragazza, permettendo alle tenebre di inghiottirlo per terzo.
 
/// 
 
- AUCH! QUALCUNO MI HA PESTATO UN PIEDE!- gemette Mattie con voce acuta, mentre arrancava quasi alla cieca lungo un corridoio strettissimo che sembrava non voler finire mai. C’era uno strano tanfo nell’atmosfera, qualcosa che ricordava la cannella, il muschio e l’incenso così da vicino da risultare quasi disturbante.
Alla biondina lacrimavano gli occhi, e non soltanto a causa del dolore:
-… non guardare me, NON sono stato io!- si schermì immediatamente Prince, da un punto imprecisato accanto a lei, trascinandosi dietro gli altri come un brontolante chiudi fila: si era rifiutato di farsi tenere per mano da chiunque, durante il tragitto, ma Mattie lo aveva acchiappato lo stesso, volente o nolente, tirandolo per la manica della camicia, come se avesse paura che da un momento all’altro potesse svignarsela.
La pochissima luce che filtrava assieme a delle rade gocce d’acqua da qualche forellino nel soffitto del tunnel illuminò le onde dorate tra i capelli del principe, la punta del suo naso finissimo ed il candore del suo ghigno maleficamente soddisfatto, lasciando davvero poco all’immaginazione collettiva:
- Oh, che sei stato tu, invece!- dedusse prontamente la Lockwood, infervorandosi mentre, con un insistente e sonoro pulsare, la punta del suo povero alluce chiedeva un’istantanea, sanguinosa vendetta. Nick alzò gli occhi al cielo e tirò l’amica via con sé, cingendole appena più forte il palmo, come per richiamarla alla calma; lei inspirò profondamente, gonfiando le guance rotonde come due palloncini, pronta a giustificarsi:
- ARGH! Sta’ sicuro che tuo fratello farebbe diventare pazzo qualunque psichiatra cercasse di prenderlo in cura!- berciò, lanciando un’occhiataccia in cagnesco alle proprie spalle e ricevendo un sorriso fulgente e lusingato in risposta.
- E lo psichiatra dello psichiatra.- precisò Nick.
- E lo psichiatra dello psichiatra dello…-
Mentre i due Mikaelson e Mattie continuavano a bisticciare ed Eve emetteva dei lievi guaiti accomodanti, per tentare di placare gli animi, senza ottenere successo, Sheila incespicò in un gradino difettoso, rischiando di perdere l’equilibrio. Willy la sostenne, consentendole di raddrizzarsi, ed i loro visi si trovarono di colpo pericolosamente vicini:
- Scusami, io… non riesco a vedere niente di niente, quaggiù, dannazione!- si lamentò lei, sforzandosi di focalizzare meglio che poteva i dettagli dell’ambiente circostante e allo stesso tempo di sfuggire all’imbarazzo scaturito da quella situazione. Il giovane la lasciò andare, senza una sillaba, mentre lei continuava ad inveire: - Ma perché deve essere tutto così buio e tetro e terrificante, da queste parti? Perché?!-
Cogliendo il senso inespresso di quell’imprecazione, William osservò la Bennet, con una ciocca del ciuffo che gli sfuggiva dal berretto e gli s’increspava sulla fronte; Sheila ricambiò l’occhiata con diffidenza, senza però distogliere lo sguardo. Era chiaro che una parte di lei non aveva perdonato al nipote della signora Doge, suo amico d’infanzia e ragazzo della porta accanto, la colpa di essersi fatto beccare invischiato in quel mondo magico dal quale le sarebbe tanto piaciuto poter evadere, ed il giovane lo avvertiva senza difficoltà dal suo distacco, dalla rigidezza controllata di ogni suo gesto.
La sera del Memoriale, quando lei si era sgolata per cercare Demi alle Cascate, loro due si erano scambiati delle occhiate diverse, molto più pacifiche, prive di tutto quell’astio silente. Si erano messi a cercarla insieme, sollevati dall’aver incontrato una faccia conosciuta in quel trambusto, collaborando semplicemente perché la figlia di Bonnie aveva perso la sua migliore amica e Will era stato l’ultimo ad averla vista, ad averci parlato.
Anche se per ordine di Prince.
Poi era arrivato un uomo alto, dal giubbotto di pelle nera e dall’aria disperata, e Sheila si era congedata dal bancone degli alcolici per correre a perdifiato da lui.
Chissà se anche questa volta Damon Salvatore stava vendendo l’anima al diavolo, pur di ritrovare la Prescelta scomparsa.
Forse, se ci fosse stato lui, al fianco della Bennett, in quel preciso momento, il suo broncio così angosciato sarebbe svanito.
- Puoi rimediare personalmente all’oscurità, se ti dà noia, sarebbe un giochetto da ragazzi.- suggerì William di punto in bianco, cogliendola di sorpresa. La strega lo fissò, interdetta, ma lui annuì con convinzione, incoraggiante: - Se non conosci la formula, prova a ripetere con me: Luinil, albae lux vocatur ad spiritum…- continuando a modulare la propria voce fino a farle assumere un tono quasi ipnotico, il ventenne la invitò ad imitarlo. Sheila esitò, poi tentò obbedientemente di memorizzare la litania: -… incantatem solis astris rifulgo… Luinil, albae lux vocatur...-
-… ad spiritum incantatem solis astris rifulgo… Luinil, albae lux vocatur… Luinil, albae lux vocatur…-  le esili perdite d’acqua che penetravano ritmicamente dalla volta della galleria sotterranea s’immobilizzarono a mezz’aria, mandando bagliori come scaglie di diamanti o lucciole impegnate in una coreografia di danza, poi si condensarono ordinatamente in un unico punto luminoso davanti al viso stupefatto di Sheila, palpitando e solidificandosi fino a creare una specie di sassolino fluorescente; Willy lo afferrò e lo porse alla ragazza, mentre era ancora caldo e malleabile, e quello, come una lampada lava o una lanterna, rischiarò meglio il percorso che si snodava davanti a loro, tra scale e ghirigori, fino a terminare con un anonimo portoncino d’acciaio scorticato. - Molto brava.- commentò il cameriere, con il volto addolcito dall’ammirazione. - Sul serio, sono colpito. Adesso direi che possiamo anche proseguire... per di qua!-
Il bofonchiare rissoso del resto della compagnia continuava ad aumentare di volume, alle loro spalle, ma Sheila era troppo su di giri per badarci, figuriamoci per richiamare i ragazzi alla discrezione:
 - Sei… sei una strega anche tu?- chiese a Will, incalzante, come se lo stesse supplicando di rispondere di sì e allo stesso tempo temesse quell’eventualità. - Voglio dire, hai dei poteri magici?! Come fai a conoscere…?-
- E’ complicato.- ammise lui, rimettendosi in marcia. - Dal ramo materno, discendo da una delle famiglie magiche più prestigiose di New Orleans. Mia madre, Coraline, era una delle streghe più in gamba del Quartiere Francese. Lì, la pratica degli incantesimi è proibita dal tiranno della città, il vampiro Marcel, ed è legata indissolubilmente al potere dei nostri Antenati. Una volta abbandonata la città, il legame coi sepolcri degli Anziani viene infranto, e noi siamo ridotti ad essere poco più che comuni mortali. Ciò non vuol dire che i nostri Grimori siano costretti a fare la muffa, mentre siamo via, anzi… lo studio è sempre stato un buon modo di sentirsi a casa quando, per un motivo o per un altro, non ci si può più mettere piede.-
- Ma, a quanto ne so, anche Sophie proviene da quel posto.- si ricordò Sheila, aggrottando le sopracciglia. - Come mai il suo maledetto potere non svanisce come dovrebbe, mentre è a Mystic Falls?-
- Perché la sua magia non è più Ancestrale e pura come quella dei Francesi, ormai.- rispose William, con un po’ di asprezza. - L’Espressione che lei esercita non necessita altra fonte di potere che si discosti dalla sua malvagità, per essere innescata.- il ragazzo le segnalò con un cenno la presenza di una pozzanghera scivolosa, poi proseguì: - Nel caso in cui te lo stessi domandando, è in Louisiana che sparivo, da bambino, quando non ero qui a farmi ospitare da mia nonna. I miei genitori avevano l’abitudine di tornare spesso da quelle parti, nonostante non fossero esattamente il luogo più sicuro in cui vivere.-
- Che cosa gli è accaduto?- bisbigliò Sheila, notando la sfumatura di tristezza con cui Willy aveva terminato la propria frase e provando ad indovinare quale fosse la ragione di quel tacito rancore.
- Sono stati attaccati da un branco di schiavi oscuri che la Deveraux aveva spedito di proposito alla nostra porta.- rivelò il giovane, parandosi davanti al portoncino, finalmente giunto a destinazione. Sheila sentì un moto di nausea chiuderle ermeticamente la gola: - Li voleva fuori dai piedi, questo è sicuro. Se non fosse stato per Eve, che ai tempi si trovava da quelle parti in cerca dei fratelli Mikaelson, nemmeno io sarei sopravvissuto.-
- E’ terribile.- mormorò la Bennett, mortificata.
Lui annuì, poi fece scattare la serratura, con la mano un po’ tremante sulla chiave. In un secondo, spalancò l’uscio grigiastro con destrezza:
- In compenso, è da quando loro non ci sono più che mi preparo per essere pronto al ritorno degli Inferi. E, al momento, non vedo l'ora di fargli dare un’occhiatina a… questo!- la luce artificiale che ferì i loro occhi fu talmente improvvisa ed abbagliante che soltanto un già pratico Prince si sentì in diritto di sorpassare il resto del gruppo, mentre gli altri, intontiti ed accecati, cercavano di ripararsi la faccia con la mano.
- Benvenuti… al Laboratorio.-
Lentamente, le loro pupille si abituarono al fulgore, giungendo a contemplare, alla fine, uno spettacolo decisamente singolare: si trovavano in un ambiente unico che richiamava molto da vicino un incrocio tra una biblioteca ed un reparto militare.
Su uno sfondo imponente di librerie ingombre di volumi dai bordi muffiti, rinforzati da placche metalliche oppure imbottiti da fascicoli e rotoli di pergamena, si stagliavano delle teche traboccanti di oggetti acuminati, dall’aria semplicemente letale: spadoni dai bordi affilati, scimitarre dalle lame ricurve e scintillanti, lance con punte d’osso o di metallo e persino delle faretre stracolme di frecce.
Archi e balestre erano appesi in bella mostra sotto una navata più in fondo, accanto ad una sfilza di paletti di legno di ogni forma e dimensione, mentre, poco più in là, si poteva scorgere una minuziosa collezione di fiale e boccette, dai contenuti mollicci ed anche piuttosto inquietanti.
Ovunque, sulle aste, sui coltelli, sui calderoni e sulle copertine dei libri, era stampato o dipinto a mano un esagramma bluastro, il simbolo di Re Salomone.
E del Lapislazzuli Stellato. (2)
- Urca, urca!- strabuzzò le palpebre Mattie, con la stessa espressione rapita che avrebbe assunto di fronte ad una dispensa di biscottini al cioccolato fondente, i suoi preferiti. - Mi sento come se fossi finita sul set di Supernatural… oppure su quello del secondo film degli Shadowhunters, quello che non hanno ancora girato… avete presente?! (3) WAAH!- mentre i Mikaelson si avvicinavano sfrecciando alla serie di equipaggiamenti e munizioni, con aria critica e urgente, pronti a scegliere la loro futura arma, e Sheila si guardava intorno con gli occhi scuri fuori dalle orbite, come se fosse sul punto di svenire, la biondina si sfregò le mani, fremendo dal desiderio di toccare ed analizzare qualunque cosa fosse nei paraggi, e si dondolò sui talloni: - Allora… qual è la prossima mossa?-
- Andiamo a prendere Demi.- rispose Nick, senza neanche pensarci, prendendo un pugnale di fattura finissima e fissandolo alla cintura dei propri pantaloni.
- E la mia Profezia.- aggiunse Prince soave, raccogliendo un contenitore con un tappo color zaffiro e spolverandolo con una plateale riverenza: uno stampino di ceralacca era impresso sulla sommità della confezione bitorzoluta e rappresentava in modo abbastanza chiaro lo schizzo di un teschio. Tutto ciò era davvero POCO rassicurante. - … e poi, giacché ci siamo, facciamo una strage infernale. Ah-ah, infernale!-
- Andiamo.- tagliò corto Nick, dopo aver nascosto nelle tasche del cappotto qualcos’altro di potenzialmente utile, dirigendosi verso l’uscita. Eve zampettò dietro di lui, strofinandogli la sommità della testa contro il palmo della mano abbandonata lungo il fianco, ma Mattie, prima che entrambi sparissero di scena, si frappose tra il figlio di Elijah e la porta, per un’ultima volta. - Nana, per favore…- sussurrò lui, debolmente, senza riuscire a guardarla in faccia. -… non c’è più tempo per…-
 
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- STA’ ZITTO UN SECONDO, lo so che devi andare.- chiarì lei, con le iridi lucenti, grondanti di rassegnazione. Aveva cominciato a tormentarsi la catenella che teneva al collo, quella da cui penzolava l’anello di rubini di Elijah, e quello era uno dei tanti motivi per cui Nick, al momento, era incapace di sostenere il suo sguardo carico di speranza. - E voglio che tu lo faccia. Perché Demi ha bisogno di te e…- la voce le venne quasi meno, ma non bastò a farla desistere. -… e tu di lei.-
Prince e Sheila, dai due lati opposti dello stanzone, si lanciarono un’occhiata significativa, per poi distogliere all’istante lo sguardo, fischiettando quasi, pur di simulare indifferenza:
- Solo che devi promettermi una cosa. Altrimenti imbraccerò uno di questi randelli dentati e te lo suonerò sulla testa come se fosse un clarinetto... un clarinetto pesante.- proseguì seria la Lockwood; si sfilò la collanina dorata e, mettendosi in punta di piedi, fece sì che fosse Nick, stavolta, ad indossarla. Tutti e due ebbero un flash istantaneo del momento in cui si erano salutati in quel modo, fuori dall’infermeria, dopo la lezione di Storia che aveva sconvolto le loro giornate: ‘’Voglio che lo tenga tu.’’ le aveva confessato lui, consegnandole spontaneamente il monile, prima di correre ad affrontare il pericolo di un eventuale rifiuto da parte di Prince. ‘’Così saprai che verrò a riprendermelo.’’ – Tu devi giurarmi che tornerai. Assieme alla mia migliore amica, certo, ma sano e salvo. Perché rivorrei indietro il tesssoro, è chiaro? Mia madre dice che dona in modo particolare alla mia carnagione e lei non è solita dispensare complimenti alla sottoscritta. Inoltre, è l’unica roba al mondo simile ad una grossa, appetitosa ciliegina che non mi papperei all’istante, solo perché, beh... perché è davvero poco commestibile MA, prima di tutto, perché ti appartiene. E custodirla è diventata una cosa davvero importante, per me.-
Come te.
Quasi percependo quel pensiero silenzioso aleggiare nell’aria, il ragazzo chiuse la propria mano sulla pietra preziosa che Mattie stava sfiorando con la punta delle dita, stringendole entrambe nella propria presa delicata. Qualcosa nelle sue iridi di petrolio si spense, mentre annuiva lentamente, ma la sua voce suonò comunque calma e rassicurante.
- Farò del mio meglio. Hai la mia parola.- mentre lui si allontanava, assieme a Prince e alla Lupa, la biondina cercò di sentirsi sollevata, ma non ci riuscì: senza alcun preavviso, un groppo di lacrime e terribili presagi le aggredì le vie respiratorie, annebbiandole quasi del tutto la vista.
Oh, ma che ti prende, testa di profitterole?
Non è mica un addio, questo qui… andiamo, non lo è.
Te l’ha promesso.
- OHHHH, mi salverò anch’io, tesoro, sta’ tranquillah! E grazie tante per l’interessamento!- le fece l’occhiolino il principe, sfarvallando ironicamente le dita da pianista in un cenno di saluto, prima di chiudersi il portoncino alle spalle. Matt si riprese giusto in tempo per fargli un gestaccio e per strappargli una risatina roca e scandalizzata; poi, svoltando l’angolo più fosco e tortuoso del tunnel in salita, fianco a fianco, i tre insoliti licantropi del clan Labonair partirono risolutamente per la missione.
 
***
 
Le palpebre di Demi ebbero un fremito, senza che lei riuscisse a schiuderle subito: il mondo confuso e lattiginoso dietro il velo scuro della sua incoscienza si tingeva continuamente di strascichi di volti mostruosi, di sangue nero e viscoso e di urla stridule che la reclamavano, e la teneva inchiodata all’oblio, senza darle pace.
Le sembrava di aver perduto la capacità di muoversi, eppure sentiva i propri denti battere all’impazzata: quel gelo incombente, innaturale, mai provato prima, non aveva nulla a che vedere con la rigidità della temperatura esterna, ma le nasceva da dentro, dal profondo, soffiandole senza pietà raffiche di ghiaccio, sale e veleno tra le crepe ancora sfrigolanti del cuore.
Avrebbe tanto voluto mettersi ad urlare dalla frustrazione, ma il suo corpo si rifiutava di rispondere ai comandi, anche a quelli più semplici: Demi avvertiva soltanto un sordo dolore dalle parti del braccio, là dove la lama di Shane era affondata, strisciando, per ottenere il proprio tributo, ed un bruciore selvaggio e crescente sul collo, appena sotto l’orecchio, là dove il Marchio del Diavolo infuriava e s’ingigantiva, padrone ormai quasi incontrastato di tutte le sue emozioni.
Sotto quell’influsso malefico, ogni cosa, ogni stimolo, si tramutava in un’illusione mentale orribilmente realistica, popolata con regolarità dai volti delle persone che le amava di più al mondo. Veder sfilare i visi dei propri cari tra i suoi pensieri sarebbe stato un sollievo, se solo essi non fossero stati intrappolati, proprio come lei, in un incubo interminabile: c’era Sheila, pallida e moribonda, che si accasciava mollemente sul pavimento, vittima di un uso sconsiderato e fatale della sua stessa magia; e Mattie, che veniva aggredita alle spalle da un mostro ringhiante e senza volto, che strillava il nome del suo migliore amico, sperando di vederlo comparire in suo soccorso, mentre la sua gola veniva dilaniata dai morsi feroci della creatura… e poi, e poi, inevitabilmente, venne il turno di…
- Nick…- sussurrò Demi, con il pianto che le strozzava la voce. Riusciva quasi a rivederlo mentre varcava la soglia del Pensionato, diretto verso la Ferrari, col sole che gli accarezzava i capelli castani e le mani affondate nelle tasche, le spalle curve ed il bel viso rivolto verso il basso, mentre si allontanava a malincuore da lei. Quell’immagine era come un balsamo profumato sulle ferite, ma lo Stigma era riuscito comunque a rendere sfumati e lontani i suoi contorni, come se niente di tutto quello che la ragazza stava tentando disperatamente di tenersi stretto al cuore fosse mai accaduto per davvero. Come se non si fosse mai sentita felice in vita sua.
E poi, come se non bastasse, altri presentimenti continuavano a torturarla, prendendosi gioco delle sue paure: se il giovane avesse saputo che cosa le era successo, se ne sarebbe dato la colpa… avrebbe tentato in tutti i modi di trovarla e, pur di raggiungerla, si sarebbe cacciato nei guai… avrebbe rischiato di farsi del male, sarebbe…
-… oh, no, Nick, no… ti prego, no, no…-
 
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- Svegliati.- la richiamò all’improvviso una voce sgradevolmente familiare, risucchiandola fuori dal dormiveglia fino a riportarla in superficie. Come se fosse appena riemersa dal pelo dell’acqua, Demi annaspò e batté freneticamente le ciglia, mentre il mondo reale si dilatava con violenza di fronte a lei, riprendendo forma e consistenza: si trovava in una specie di foresta… anzi no, in una macchia di verde incolta, selvatica ed annerita.
La brezza puzzava di bruciato, come se qualcuno, in passato, avesse tentato di dare fuoco a quelle sterpaglie, e l’odore acre della devastazione era mischiato a quello della calce, della muffa e dell’abbandono.
Il naso cominciò a pizzicarle, mentre la sagoma deprimente, scomposta e fumante di quella che un tempo doveva essere stata una modesta casetta le si insinuava con prepotenza nel campo visivo.
Attraverso il vetro anteriore di una decappottabile.
- Mentre piagnucolavi su tua madre e su Damon eri parecchio più divertente.- ammise la stessa voce di poco prima, femminile e spruzzata d’arroganza. - Ma la faccenda stava degenerando ed era giunta l’ora di darci un taglio.- Demetra percepì una rabbia cieca ed incendiaria scuoterle il petto con la potenza di un tuono ma, quando fece per stringere e per sollevare i pugni, si rese conto di avere entrambi i polsi legati con una corda ruvida e resistente. Rebekah, dal sedile del guidatore, attraverso le proprie labbra carnose, le rivolse un sorriso canzonatore e quasi pietoso:
- Bentornata tra noi, piccola D. Dormito bene?-
- Non… mi chiami… non…- penetrare con le unghie nel palmo della mano fece provare alla sedicenne un guizzo di acuta sofferenza dalle parti del gomito già ferito, ma le consentì anche di sfogare un po’ della propria furia, aiutandola a restare lucida. Uno scambio equo, dopotutto: - Perché sono qui? Che cosa vuole da me? Parli chiaro… oppure chiuda quella bocca!-
- Dritta al punto, vedo. E sgarbata.- lodò la professoressa Mikaelson, senza esternare alcun genere di turbamento. Il suo tono era quasi sollevato: -  Mi ricordo di quando trovavo certe qualità affascinanti, specie in un tipo bello, tenebroso e complicato come Damon Salvatore. In seguito i miei gusti in fatto di uomini sono radicalmente cambiati, ma la persona che volevo al mio fianco è diventata polvere prima ancora che io potessi confessarle i miei sentimenti.- mormorò, socchiudendo i suoi grandi occhi turchesi, gonfi di un rimpianto infinito come il tempo. La ragazza sentì la stilettata impietosa del suo rancore trafiggerle l’anima e deglutì: era impossibile non sentirsi toccati da tutta quell’antica, inestinguibile afflizione, e persino lei ne fu destabilizzata, nonostante si imponesse di mantenere uno sguardo fiero, addirittura impertinente: - Vedi, Demi, da te… io non voglio niente. Non subito, almeno. Direi persino che ti ammiro, con questo tuo caratterino ed il tuo essere così impavida e testarda… mi ricordi me stessa alla tua età. Così innocente, piena di sogni. Sai… se i membri della tua famiglia non fossero stati così egoisti, forse avrei avuto una bambina tutta mia anch’io. Magari forte e coraggiosa come te.- le artigliò il viso con una mano, le sue unghie laccate che le sfioravano appena le guance, senza farle male, solo tenendola più vicina, mentre la osservava ferocemente: - Magari l’avrei cresciuta in quella casa laggiù… la vedi?- le fece girare di scatto la testa verso le rovine putrescenti e fumanti della casupola dei Donovan, poi la costrinse a restare immobile, a rimirare quei detriti, fino a quando la loro cruda entità non le si fu insidiata nelle cornee. Demetra, senza fiato, si sforzò di non battere le ciglia roventi: - Chissà. Forse, tra quelle mura, avrei potuto dare e ricevere amore.-
- Lei ne ha avuti ben due, di figli.- ringhiò la Salvatore, con la voce impastata a causa della difficoltà di muovere la mascella. - Si chiamano Prince e Nick Mikaelson.- pronunciò i loro nomi con veemenza, mentre le tornavano in mente i racconti malinconici del figlio di Elijah e ripensava al modo in cui il principe era stato costretto a scappare di casa, indifeso, solo per poter sfuggire alle atroci sevizie della Deveraux. In un battibaleno, una collera funesta tornò a farla tremare, fino all’osso: - Avrebbe potuto essere una buona madre, per loro, quando ne avevano più bisogno, ma invece di provare a ricostruire la sua famiglia, lei ha preferito distruggere quella degli altri!-
- STA’ ZITTA!- urlò la vampira, facendola trasalire. Mollò la presa sulle gote di Demi con un impeto tale da lasciarle impressi nella pelle i calchi rossastri delle sue dita, e le strappò un gemito, prima di tornare ad aggredirla: - STUPIDA RAGAZZINA, NON PARLARE DELLE COSE CHE NON CAPISCI!-
- L’unica cosa che non capisco.- replicò Demetra, con i lisci capelli neri che le scivolavano sul viso dolorante, sfiorandole le guance infiammate con la loro fresca consistenza. - E’ come lei possa essere caduta così in basso.- ‘‘Che stai facendo?! Smettila di provocarla, smettila subito! O saranno guai!’’ le urlò da dentro una vocina disperata, che somigliava vagamente a quella di Elena. O a quella di Damon. Questo particolare le fece saltare i nervi, se possibile, ancora di più: ne aveva davvero abbastanza di fare la brava bambina. Ne aveva abbastanza di tutto e di tutti. -… perché non posso credere che un ragazzo così semplice e buono ed onesto come Matt Donovan nutrisse sul serio dei sentimenti per una persona meschina e senza scrupoli come lei!-
Il cambiamento nei tratti di porcellana di Rebekah fu così repentino che la sedicenne riuscì a malapena a distinguere le vene scure e pulsanti che si erano andate a raggrumare attorno ai suoi zigomi, prima che la bionda la agguantasse per la gola:
- Oh, ti pentirai di ogni singola parola.- sibilò l’Originale, scandendo le sillabe in un ringhio che non aveva più nulla di umano. Il lampo d’odio contenuto nelle sue iridi era accecante, forse persino più del baluginare biancastro delle sue zanne appena sfoderate: - Eccome se te ne pentirai, piccola, disgustosa…-
-… ma lui l’ha fatto.- ansimò Demi, sfruttando a fatica gli ultimi residui d’aria che le erano rimasti nei polmoni. La morsa di Rebekah vacillò di un millimetro, mentre lei si accigliava, senza riuscire a capire. -… Matt provava qualcosa per lei. In qualche modo, forse, l’amava… o perlomeno si augurava la sua felicità. C-credeva… che lei… se la meritasse.- gli occhi blu della ragazza divennero ben presto lucidi ed arrossati a causa della mancanza di ossigeno, ma Demi non si arrese e, divincolandosi spasmodicamente sul sedile dell’auto, lottò contro le funi che le serravano i polsi, fino a riuscire ad acchiappare, con la punta delle dita, l’orlo di un foglietto che le spuntava a malapena dalla tasca dei pantaloni. – So… che è così… io l’ho… letto.- soffocò, estraendo il frammento di carta e lanciandolo alla cieca verso la sua aguzzina, nella speranza che lo raccogliesse.
Quest’ultima esitò per un secondo, incredula e diffidente, come se sospettasse un tranello, poi, però, senza avere altra scelta, si decise a mollare di malagrazia il collo della giovane, piegandosi con una foga cieca ed ansiosa verso il basso, per recuperare lo stralcio di pagina piovuto sullo zerbino, come se quello fosse il primo sorso d’acqua pulita che avesse avuto la fortuna di scorgere dopo un interminabile pellegrinaggio nel deserto.
Demetra vide con sollievo che, sulla superficie del bigliettino, corrosa dagli anni e sbavata d’inchiostro, era ancora perfettamente leggibile la firma del mittente, la stessa che lei aveva notato in camera di Damon, subito dopo aver estratto la reliquia da sotto il cuscino: TTAM.
Matt.
La sorella di Klaus si zittì all’istante, lisciando con una delicatezza quasi religiosa il foglio dalle sue pieghe stropicciate e fiondandosi avidamente sul suo contenuto, mentre Demi si accasciava sul posto, esausta, raggomitolandosi su un fianco e mettendosi rivolta verso lo sportello, nel tentativo di riprendere fiato dopo quei terribili istanti di asfissia.
Il cuore le batteva forte contro le costole, quasi sfondandole lo sterno.
Ma si trattava di un ritmo ben scandito, controllato: la scarica di adrenalina che le avevano iniettato nel sangue la consapevolezza di essere in pericolo e la paura di essere uccisa le stava scorrendo dentro, lenta ed inesorabile come lava bollente.
Come fuoco.
Già, il fuoco… era proprio ciò di cui aveva bisogno e Demi, pur rischiando deliberatamente le penne nel tentativo di ottenerlo, ci era riuscita: aveva innescato l’unico meccanismo di difesa sovrannaturale che potesse tornarle utile in una simile, drammatica situazione, e lo stava lasciando crescere a dismisura, silenziosamente.
Perciò, mentre ansava debolmente nell’angolo, con la gabbia toracica invasa, ribollente di vapore acqueo, la ragazza tossicchiò uno sbuffo denso ed argentato.
E sorrise.
 
***
 
- La cara zietta Bex è un dannatissimo genio del male, lo sai?- rimbrottò Prince, a metà tra l’ammirato e l’infuriato, tenendo aperto lo sportello della Ferrari per il tempo necessario a far scendere Eve. La povera Lupa, costretta a restarsene accucciata e mugolante sui sedili posteriori, aveva appena avuto la sua prima, traumatica esperienza con la guida spericolata di Nick, e sembrava più che entusiasta di poter tornare finalmente a solcare, con le proprie grosse zampe pelose, un terreno che fosse solido e stabile: - Ma tu guarda! Da qui in poi ci toccherà proseguire a piedi!- annunciò, accennando seccamente al sentiero bloccato di fronte a loro: due giganteschi tronchi d’albero erano stati sradicati e posti orizzontalmente lungo il fitto pendio boscoso, impedendo così il passaggio di qualsiasi autovettura. - Tanto meglio! Sono sempre andato matto per le scampagnate!- gracchiò, tetro, fissandosi una cintura trapunta di un motivo alternato di paletti e pugnali ben stretta in vita. - Pffff… avrà comandato a quel balordo di Shane di fare questo casino, spero! Non ce la vedo proprio a sporcarsi le mani... o le scarpette. Questa è roba da domestici!-
- Vorrà dire che correremo.- concluse Nick, facendosi scivolare la catenina di Mattie sotto il colletto della camicia. Il metallo era stranamente tiepido, come se avesse assorbito tutto il calore del suo corpo, e quel dolce tepore parve rassicurarlo un po’. Prince arricciò il naso in una smorfietta, annuendo senza troppo entusiasmo, poi inserì una caterva di proiettili di legno acuminato nel caricatore di un prodigioso fucile a doppia canna. Per un secondo di preparazione, il silenzio tra loro regnò sovrano. Poi il minore dei Mikaelson s’inumidì le labbra: - Tu… credi che lei stia bene?- sussurrò dal nulla, quasi inudibile. Prince lo osservò attentamente, dall’alto in basso, senza preoccuparsi di fingere di non aver capito a chi l’altro si stesse riferendo. Fece girare l’otturatore rotante dell’arma con un gesto da vero esperto, poi puntò il proprio sguardo smeraldino dritto negli occhi straordinariamente vulnerabili del fratello:
- Credo che stia combattendo.- rispose, sincero, con una nota indecifrabile nella voce. - E’ quello che ha sempre fatto, in fondo, dalla prima volta in cui le ho messo gli occhi addosso. Non si fermerà, non adesso. Il termine ‘’sconfitta’’ non fa parte del suo vocabolario.- due profonde, nostalgiche fossette gli si schiusero sulle guance, mentre le poche ore trascorse assieme a Demi e alla sua tenacia, dopo il salvataggio al Memoriale di Tina, gli tornavano alla mente con irruenza. Poi il biondo scrollò le spalle, rabbuiandosi, memore anche del modo spaventoso in cui la serata precedente si era conclusa: - E’ una fortuna, comunque, che lei sembri essere nata per farlo. Per lottare, intendo dire… per difendersi. Questo, se non altro, ci darà un po’ più di tempo...- il suo tono si arrochì pericolosamente e lui dovette correre ai ripari: -… tempo per addestrarti alla sottile e nobile arte di uccidere un’Ombra o un Demone, ad esempio. Mmh?-
- Sono tutt’orecchi.- mormorò il ragazzo dai capelli scuri, incamminandosi verso la selva, così pallido e silenzioso da apparire quasi incorporeo. Prince, compiaciuto dalla sua totale, insperata accondiscendenza, si schiarì la voce con aria d’estrema importanza, cercando di concentrarsi solo ed esclusivamente sul presente:
- Splendido. Dunque, ecco, vediamo… uhm… sì, d’accordo. Regola numero uno…-
 
///
 
-… e regola numero ottantaquattro…-
- Oh, ti scongiuro, dacci un taglio!- sbottò Nick dopo qualche minuto di estenuante tortura, scavalcando un cumulo di rami contorti e lanciando uno sguardo esasperato al fratellastro, il quale era già balzato davanti a lui con un movimento leggero ed aggraziato, degno di un gatto selvatico particolarmente pieno di sé.
-… mai farsi mordere.- cantilenò Prince, come se non l’avesse sentito. Il vento friniva quieto tra la vegetazione, facendosi via via più denso ed asprigno mentre si avvicinavano al luogo in cui il casolare dei Donovan era stato divorato dalle fiamme, e si impigliava tra le chiome ribelli dei ragazzi, increspando anche il pelo lucido e foltissimo di Eve. - I denti e la saliva di un’Ombra sono le armi più pericolose che possiede. E’ coi morsi che trasmettono il loro veleno e, una volta entrato in circolo quel siero, non c’è Cura al mondo che possa impedire ad un essere vivente di diventare come loro. Le unghiate ed il contatto fisico di altro genere durante uno scontro corpo a corpo, invece, non implicano necessariamente il…  Nicklaus.- adesso sembrava stizzito, con i bei zigomi arrotondati che gli sporgevano leggermente dalla pelle del viso, disegnando sui suoi tratti una smorfia imbronciata e curiosa insieme: - Mi stai ascoltando?!-
- Sssst.- sussurrò Nick dopo un istante, alzando una mano per invitarlo a tacere. La Lupa Mannara drizzò il muso e ne arricciò gli angoli in un ringhio muto, scoprendo una schiera minacciosa di zanne d’avorio lucido, in allerta. Il principe chiuse la bocca, poi avvicinò di scatto le dita alla propria cintola ingioiellata di armi, afferrando l’elsa di una sciabola dalla lama bluastra ed estraendola senza un suono dalla guaina di cuoio. - C’è qualcuno laggiù.- mormorò il figlio di Elijah, stringendo nel pugno destro un pezzo di legno intagliato a mo’ di paletto e in quello sinistro lo stesso pugnale ricurvo che aveva scelto al Laboratorio, fino a farsi sbiancare le nocche dalla tensione. 
- Ma non mi dire.- lo schernì l’altro, beffardo, incrociando gli occhi grigi di Eve e inviandole un segnale telepatico privato che la portò ad avanzare per prima tra le erbacce, annusando circospetta l’aria, sempre più appestata da un nauseabondo puzzo di zolfo, sale e di quello che sembrava essere sangue rancido. - Sono almeno in tre.- avvertì Prince, con una calma talmente assoluta da far sentire Nick a disagio con il proprio cuore martellante ed il velo di sudore freddo che gli attaccava la stoffa sottile della camicia alla schiena. - E si tratta solo di Ombre, per fortuna. Tzè! Shane deve essersi risparmiato le cartucce demoniache per un’occasione più speciale di questa. Beh, meglio per noi.- il suo tono diventò un soffio, mentre i muscoli delle sue braccia si tendevano, rapidi, guizzando sotto la maglia. - Ce n’è una a testa per ciascuno. Ci sarà da divertirsi parecchio.- le sue iridi lucenti cercarono quelle di Nick, imperscrutabili e serie come poche volte il ragazzo aveva avuto l’occasione di vederle; così accigliato e concentrato, con quell’espressione grave ed intensa, il figlio di Klaus sembrava quasi somigliare di più al proprio padre adottivo rispetto a quello biologico. Un evento così anomalo che per poco Nick non si sentì mancare: - Ti ricordi che cosa ti ho detto prima?-
- I punti deboli di quelle creature sono gli occhi, la gola ed il cuore.- recitò il minore, solenne ed impaziente, cercando di moderare il proprio respiro ansioso fino a renderlo regolare ed impercettibile quanto quello del fratello. - Trafiggere queste parti del loro corpo li mette fuori combattimento, ma solo per un lasso di tempo limitato. Ogni volta che vengono tramortiti, si risvegliano con una forza duplicata rispetto a quella precedente. Unicamente il fuoco è capace di distruggerli in modo definitivo.-
- Molto bravo... se tu fossi Eve, ti darei un biscottino.- sorrise Prince, buttandola sull’ironia per mascherare quello che, in teoria, sarebbe dovuto essere un commento orgoglioso. La loro Licantropa venne di nuovo fuori dai cespugli, subito dopo aver udito il proprio nome, e lanciò ad entrambi uno sguardo battagliero e significativo che Nick interpretò come un ‘’via libera’’. Inspirando profondamente per farsi coraggio e richiamando l’immagine di un certo oceano sconfinato ed indifeso per il quale sarebbe valsa la pena compiere qualunque tipo di sacrificio, il ragazzo si decise a muovere un passo. Un secondo più tardi, però, avvertì una stretta convulsa tirarlo con urgenza all’indietro, trascinandolo per un gomito: quando fu di nuovo occhi negli occhi con Prince, notò che quest’ultimo aveva la mascella contratta, come se volesse dirgli qualcosa ma non fosse sicuro di essere in grado di farlo. Le sue pupille erano dilatate ed un inedito senso di preoccupazione le invadeva. O forse, si disse Nick, quello era solo il frutto irreale della sua fantasia, il riflesso di ciò che avrebbe voluto vedere in quel momento, prima del salto nel vuoto: - Tu non ti farai perdere di vista.- scandì però Prince, cogliendolo di sorpresa con la propria veemenza. Il suo tono era freddo e micidiale, già quello di un predatore pronto a colpire, eppure qualche particolare sul suo bel viso sembrava tradire quella facciata, mostrandolo giovane e vulnerabile come mai, dal giorno in cui Hayley ed Elijah erano stati assassinati, si era più concesso di apparire: - Hai capito?-
Nick annuì meccanicamente, quasi suo malgrado, con i grandi occhi scuri attoniti, increduli.
- Bene.-
Come se si fosse appena riavuto da un incantesimo, Prince batté ostentatamente le ciglia e distolse lo sguardo, tornando ad indossare la propria maschera da arma letale. Quando finalmente lasciò andare la presa sul gomito del fratello, si impegnò scrupolosamente per riuscire a spingerlo appena un po’ più lontano, giusto per essere in vantaggio di qualche centimetro mentre si lanciavano all’attacco. Nick recuperò l’equilibrio senza difficoltà, poi, mentre il suono ovattato delle zampe di Eve che solcavano il terreno che gli rimbombava nelle orecchie come un’ipnosi, ricordandogli chi era davvero e quanto alta fosse la posta in gioco, si mise a correre a perdifiato tra i rovi.
 
***
 
Elena percepiva il proprio cuore pompare con un ritmo folle, accelerato, spezzato. Mentre il tragitto cosparso di grovigli selvatici che la separava dalla meta si accorciava, il terrore nel suo sterno continuava ad aumentare, anziché smorzarsi; con il fiato corto ed il petto pesante come uno straccio imbevuto di dolore e di terribili auspici, senza badare alle frustate che le foglie secche le rifilavano sul viso, graffiandolo e colpendolo, la Gilbert corse come una sola volta le era capitato di fare nella vita, prima di allora. La sensazione di aver già vissuto un incubo del genere, a quel punto, era talmente palpabile che le sembrava quasi di udire lo scrosciare della pioggia battente nelle proprie orecchie.
Dov’è Damon?
Rebekah l’ha preso.
E’ una trappola!
Ricordare e ripercorrere sulla propria pelle madida, satura di sudore e d’angoscia, la notte in cui tutto era finito ed in cui tutto aveva avuto inizio era la peggiore tortura che la vampira potesse sopportare: sentiva scorrere sulle proprie guance, tese nello sforzo della corsa, il peso schiacciante delle mille verità taciute fino a quel giorno ed avvertiva vibrare su ogni centimetro del proprio corpo le stesse carezze, i brividi, le lacrime e gli addii silenziosi che avevano segnato in modo tanto indelebile i momenti in cui, sedici anni fa, si era precipitata a salvare Damon, strappandolo alle grinfie della sorella di Klaus… prima di perderlo per sempre.
Ancora una volta, per una crudele ironia della sorte, era proprio Rebekah ad avere con sé l’unica persona al mondo la cui semplice esistenza le impediva di arrendersi e persino di smettere di respirare, una volta per tutte: Demi.  
A quel pensiero il cuore di Elena si contorse, implodendo quasi.
Demi, la sua bimba indifesa, testarda ed intraprendente, che era diventata una donna prima che lei potesse anche solo accettare l’idea della sua crescita e della sua voglia così insaziabile di essere trattata alla pari dalle persone che più amava…
Demi che ormai sapeva, che aveva trovato per caso le tracce inequivocabili della propria infanzia nell’unica stanza del Pensionato che lei e Stefan le avevano sempre proibito di esplorare…
Demi che aveva affrontato sgomento, bugie e delusione da sola, facendo a pezzi, tra gli altri oggetti, anche e soprattutto lo specchio di se stessa, forse per farsi compagnia, mentre ogni certezza le crollava addosso col fragore assordante dei vetri infranti…
- DEMETRA!- ansimò Elena, inciampando in una radice divelta ma continuando a correre, coi rami che le laceravano le maniche della maglietta e le tiravano i capelli: c’era uno strano involto informe adagiato mollemente tra i cespugli sporchi di fuliggine, con una specie di manto scuro a coprirne e a smussarne i contorni più scomposti. Era corpo umano, pallido e minuto, disteso innaturalmente prono, forse privo di sensi, con il volto immerso nel verde. - OH, NO… OH MIO DIO… OH, DIO…- con delicatezza ma anche con urgenza, Elena afferrò le spalle della ragazza inerte, svenuta o forse morta sul terreno, e la voltò per guardarla in faccia, nonostante i suoi occhi traboccanti di lacrime le impedissero di avere una visione nitida e precisa del mondo circostante.
Il suo stomaco ebbe un sussulto violento, a metà tra l’agghiacciato ed il sollevato: di fronte a lei c’era sì il volto di una sedicenne, scarno e bianco come latte, con delle vene bluastre che gli circondavano le tempie e la gola in una ragnatela fitta ed inquietante… ma non era quello di sua figlia. I capelli della fanciulla in questione erano rossicci e spettinati ed i suoi zigomi erano sporgenti e spruzzati di quelle che un tempo dovevano essere state lentiggini ma che, adesso, sembravano soltanto dei lividi in lenta via di guarigione.
Le sue labbra carnose, strette in una smorfia sofferente, erano nere come l’inchiostro.
- Kayla…- sussurrò la Gilbert, inginocchiandosi d’istinto, mentre i frammenti taglienti della propria voce che le s’impigliavano tra le corte vocali: quella era Kayla Stone, la figlia del proprietario della Biblioteca Comunale, nonché ex migliore amica di Tina O’Neil, la sfortunata coetanea di Demi che era stata assassinata da un vampiro soltanto qualche tempo prima, a pochi metri da quello stesso luogo. Mossa a compassione dalle condizioni raccapriccianti della salma, Elena ricacciò un groppo d’orrore e disgusto e cercò di scuotere il corpo pesante ed immobile della povera ragazzina: -… Kayla, puoi sentirmi? Santo cielo, puoi almeno…?-
L’unica risposta che le soggiunse fu un respiro rantolante, poi le palpebre chiuse di Kayla si spalancarono di colpo: l’iride era di un blu elettrico così lucente da mettere i brividi e la sclera era nera ed opaca, senza vita, chiazzata di sangue. Elena cacciò un urlo penetrante, staccando le mani dalla creatura ed indietreggiando precipitosamente, fino ad incespicare nei propri piedi; con uno sguardo famelico e privo di qualsiasi umanità, la mostruosità la puntò, pronta a balzarle addosso a denti scoperti, ma, prima che potesse raggiungerla, la vampira aveva già acchiappato alla cieca un grosso masso appuntito e glielo aveva scagliato contro, riuscendo a colpire con forza inaudita la sua tempia. Ringhiando, Kayla, o ciò che di bestiale restava di lei, si rimise in sesto in un istante sorprendentemente breve, poi prese a rincorrere la vampira come un segugio, mentre quest’ultima tentava disperatamente di darsi alla fuga.
- NOOO!- gemette Elena quando si sentì catturare e trascinare giù, fino a schiantarsi con la schiena sulla terra dura, rocciosa ed irsuta. Avvertì le unghie violacee e scheggiate della creatura trafiggerle i polsi mentre quest’ultima tentava di immobilizzarla, poi vide che delle zanne bavose e simili a quelle di un comune vampiro calavano implacabilmente su di lei, illuminate di rosso rubino dal sole morente.
Ma, proprio quando tutto sembrava perduto, inaspettatamente… accadde.
Ci fu uno stridio acuto e spaccatimpani, poi qualcosa di enorme, piumato e splendente si tuffò in picchiata sulla faccia sfigurata di Kayla Stone.
Elena vide la ragazza aprire la bocca incenerita senza poter emettere alcun suono, mentre un turbinio di penne e di artigli le strappava gli occhi e la pelle della fronte, costringendola ad allentare di slancio la presa sulla Gilbert e a mulinare le braccia sul proprio capo, nel vano e caotico tentativo di mettersi al riparo dall’assalto.
Dall’assalto del corvo.  
Mentre l’Ombra stramazzava al suolo, temporaneamente annientata, con le orbite vuote e gocciolanti, l’uccello si librò con estrema destrezza nell’aria, il becco ancora grondante di sangue denso e viscoso, e spalancò le ali, liberando uno sprazzo di luce accecante dinanzi a sé.
- Damon!- esalò Elena, incredula, vedendoselo comparire davanti, scarmigliato e sudato, con la mascella contratta ed il giubbotto di pelle lucido di liquido rosso nerastro, ma reale. Lui, che ancora stava fissando con aria bellicosa e stravolta il cadavere della Stone, sollevò lentamente lo sguardo ceruleo verso di lei. Fu come se una parte delle nubi covate in esso fosse stata rischiarata da un’alba nascente ed infallibile. Senza nemmeno stare a pensarci, con la gola stretta ed il cuore impazzito, Elena si gettò tra le sue braccia, affondando la fronte nell’incavo del suo collo d’alabastro e stringendolo forte a sé, come se allontanarsi di un solo millimetro significasse dover precipitare nel baratro più oscuro e brulicante dell’inferno. - Che cosa ci fai tu qui, eh? Come hai fatto a trovarmi, Damon?!- la sua voce sapeva di pianto e di sollievo, di dolore e di speranza, e tremava. - Ti avevo detto di non seguirmi! Ti avevo detto di restare dov’eri! Ti avevo detto che…-
 
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- La compulsione di Rebekah è stata spezzata da tempo.- le sussurrò lui, in un soffio roco ma deciso. Le sue mani le cinsero la schiena, sfiorandole le scapole ed i capelli dapprima coi palmi aperti, poi con la sola punta delle dita. - Nessuno può più dirmi di lasciarti andare quando non voglio assolutamente farlo, adesso, ricordi? Nessuno. Neppure tu.- Elena sentì quelle parole riecheggiarle dentro come una carezza rassicurante ed inspirò profondamente per farsi coraggio, sciogliendo appena l’abbraccio per riuscire a guardare dritto negli occhi il suo salvatore.
La loro meravigliosa ed inconfondibile sfumatura cerulea le provocò una fitta nell’anima.
Era così buffo che i ruoli fossero stati scambiati dal fato: per tutti quegli anni aveva rivisto il fantasma del suo amore perduto attraverso le iridi cristalline di Demi, mentre ora era proprio lei a mancarle come l’aria e a fare capolino nella forma sicura della mascella di Damon, in quella deliziosa del suo labbro inferiore.
- Dov’è… dov’è Stefan?- bisbigliò d’un tratto la vampira, distogliendo con forza lo sguardo da quest’ultimo cruciale dettaglio per tornare alla realtà. Una ruga colpevole comparve tra le sopracciglia nere del maggiore dei fratelli Salvatore.
- Ha cercato di fermarmi.- spiegò Damon, asciutto, come se questo bastasse a chiarire la faccenda. Elena batté le palpebre, confusa ed improvvisamente spaventata, mentre lui si affrettava a fare spallucce, sollevando entrambe le mani per difendersi: - Niente di grave, sta’ tranquilla. L’ho solamente… ucciso.-
- DAMON!- sbottò la vampira, severamente, mettendosi le mani nei capelli.
- ELENA.- la scimmiottò lui, scoccandole un’occhiataccia assai significativa. – Risparmiami la parte in cui mi dici che avrei dovuto ascoltare i consigli di tuo marito mentre mi chiedeva di rispettare la tua sacrosanta decisione e di lasciarti venire qui a morire, ti prego. E’ una lezione che non imparerò mai e, se proprio vuoi saperlo, non ci tengo neanche, a farlo. Non mi importa di ciò che è giusto o sbagliato, m’interessa solo che, alla fine della giornata, tu e Demi usciate vive ed incolumi da questa storia. Fine.- siccome l’inquietudine ed il senso di colpa sui tratti di lei non accennavano a scomparire, le rivolse un sorriso storto: - Lo sai che non è morto morto. Bon-Bon e JerEmo saranno con lui, quando si sveglierà. Non vorrei essere al loro posto, a dirla tutta...-
- Rebekah vuole vedermi da sola.- gli confessò la Gilbert, sconfitta, tormentandosi le dita in grembo e cercando di concentrarsi su qualcosa che si discostasse sul suo attuale stato di momentanea vedovanza. - Mi ha lasciato un biglietto in cui diceva che, se uno di voi due mi avesse accompagnata, avrebbe fatto del male a Demi.- tirò su con il naso, stringendosi nelle spalle, desolata, poi scosse la testa: - Per quanto vorrei averti accanto a me al suo cospetto, Damon, non posso permetterle di averla vinta. Tu non puoi farti vedere, non puoi e basta. Al solo pensiero che Demetra sia in balia del suo volere, io…-
- Shhhh.- fece Damon, posandole un indice sulla bocca, quasi senza toccarla davvero. Le ciglia folte e ricurve di lei fremettero mentre tornava a fissarlo, in attesa, come se lo stesse supplicando di portarla fuori da quel baratro di d’impotenza. - Ho un piano. Prima di venire qui, la WitchyBennett e io abbiamo sistemato un paio di cosette.- prima che Elena potesse chiedergli spiegazioni, un movimento spasmodico ed agonizzante dalle parti degli arbusti la fece trasalire: in qualche modo assurdo ma innegabile, i lineamenti tumefatti di Kayla sembravano essersi ricomposti, le sue ferite erano quasi completamente rimarginate. La Gilbert si rese conto di stare stritolando il braccio sinistro di Damon. - Andiamocene. Subito.- suggerì lui, cercando di mascherare lo stupore ed il ribrezzo con un tono neutro davvero poco convincente. – Non so cosa siano queste diavolerie né da dove spuntino fuori, ma sono convinto che non ci conviene averle attorno, specie se abbiamo già un’Originale incazzata con cui fare i conti. Ti spiegherò tutto per strada, ok? Muoviti.- nonostante fosse diventato alquanto intransigente, le sue dita pallide ed affusolate s’intrecciarono attorno a quelle di lei con una dolcezza quasi timida, esitante. Elena, invece, le strinse nelle proprie con decisione ed annuì, lanciandosi nuovamente nel folto della selva. Con Damon al suo fianco, il seno in tumulto ed il vento che le ululava forte nelle orecchie, si sentì più madre e più guerriera che mai ed i suoi pensieri, come non succedeva ormai da anni ed anni, si fusero silenziosamente con quelli identici del vampiro, ‘’come due fiamme che s’immergono l’una nell’altra, fino a formarne una sola.’’ (4)
Stiamo arrivando, bambina mia. Tieni duro. 
 
***
 
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‘’Cara Elena,
o Stefan, o Caroline, o chiunque trovi questa lettera per primo… sì, persino tu, Damon. Una parte di me sa bene che vi risulterà impossibile comprendere ciò che ho fatto. Vi conosco tutti da abbastanza tempo per immaginare quanto questo mio gesto disperato vi lascerà spaesati, ma non mi pento: questa mia scelta era necessaria alla sopravvivenza di ognuno di voi, perciò sono convinto che ne sia valsa la pena. Ho amato la mia vita, con tutte le sue infinite, pazzesche sfumature, ma non avrebbe senso trascorrerla senza i miei amici accanto. Senza gli occhi dolci di Elena che intuiscono il mio umore senza che io dica una parola, senza le pacche fraterne di Tyler sulla schiena, senza il bisogno di sentirsi rassicurata di Caroline, senza la risata sarcastica e la bontà d’animo dei Salvatore. Per la gente della città sono un poveraccio qualunque con un bel carattere ed un futuro roseo davanti a sé, ma per voi… io voglio essere semplicemente ciò che sono sempre stato: Matt. Non un eroe, non un martire… solo un pezzo di passato al quale ripenserete con un sorriso, quando sarete abbastanza vecchi da starvene rannicchiati su una sedia a dondolo accanto al camino acceso, circondati dalle persone che vi ameranno quanto io vi avrei amati, se solo il destino non si fosse accanito contro di noi. Ho trovato la dose Cura che Elena aveva destinato a Damon. Era nascosta nella sua stanza, qui, al piano di sopra del Pensionato. Per me è giunto il momento di andare. Morirò, e tutto tornerà com’era un tempo. Vi dono la mia umanità come fosse un addio. Sarà la mia fine, ma un nuovo inizio, per voi. Voglio che ne siate felici e sono certo che, in qualche modo, lo sarete eccome. Chiuderei gli occhi con serenità, se solo non fossi preoccupato per una persona in particolare… Rebekah. Lei non riuscirà ad accettare la mia decisione e non la biasimo. Quando non ci sarò più, e Klaus sarà sepolto in una cripta, ed Elijah sarà svanito assieme alla sua donna e al figlio che hanno intenzione di proteggere, non ci sarà più nessuno, accanto a lei, che la conosca per davvero. Che abbia visto ciò che di bello e di innocente si porta dentro, pur nascondendolo dietro la facciata spietata che i suoi genitori le hanno cucito addosso più di mille anni fa, senza neanche chiederle il permesso. Lei non è un mostro. Non lo è mai stata. E’ facile dimenticarsi di qualcosa, quando ormai non vive più nessuno che si ricordi com’era fatta, ma io voglio che ve lo ricordiate: lei vuole essere umana, vuole solo essere felice, come tutti voi. E, per farlo, è necessario che mi dimentichi… che mi perdoni.
Rebekah, se stai leggendo, ti scongiuro… fallo per me.
Trova qualcuno da tenerti stretto al cuore, qualcuno da proteggere anche a costo della vita.
Qualcuno che meriti di sapere quanto amore hai ancora da dare.
Perdonami, e vai avanti.  
E’ questo il mio ultimo desiderio.
Perdonami… e torna a vivere.
Senza di me.
Matt.’’  
 
La vampira bionda non osò muovere un solo muscolo per un intervallo di tempo straziante, infinito; la lettera le rimase aperta sulle sue ginocchia, tra le sue dita insensibili, mentre il mondo smetteva di esistere, spegnendosi attorno a lei come una lampadina fulminata. La rilesse tutta d’un fiato, ancora ed ancora, seguendo con i polpastrelli le particolarità tipiche della calligrafia un po’ appuntita di Matt e accarezzando i punti in cui macchie d’inchiostro e d’acqua salate avevano sbiadito le parole, rendendole quasi indecifrabili. Le sue lacrime, copiose ed inarrestabili, imbrattate di mascara, si erano aggiunte a quelle limpide ed ormai asciutte che il giovane Donovan doveva aver versato su quel foglio prima di avvelenarsi, trovando il loro posto là, esattamente dove avrebbero dovuto essere per tutto quel tempo.
- L’ho recuperata nella camera di mio…- la frase si infranse come un’onda su uno scoglio prima che Demi potessi pronunciarla per intero: -… di Damon. E’ stata nascosta lì per tutti questi anni. In attesa.- la ragazzina si era voltata di nuovo sul fianco destro, tornando a guardare in faccia la sua rapitrice, con le iridi azzurro cielo che luccicavano appena. Sotto il suo sguardo attento, la faccia segnata e triste di Rebekah sembrò trasfigurarsi, come se, d’un tratto, un raggio di sole latteo e diretto avesse spazzato via dai suoi tratti le ombre e le sofferenze di una vita intera. Alla Salvatore parve assurdamente giovane ed indifesa, una ragazza insicura come tante altre, come lei, come quella che Matthew aveva descritto tra le righe, bisognosa d’amore e di comprensione. Un’adolescente millenaria, condannata a perdere tutto ciò che aveva amato più e più volte nel corso dei secoli, fino a quando, esasperata dal dolore, non aveva deciso che smettere di importarsene era la via più sicura verso la pace interiore. Una pace che, comunque, non sarebbe mai arrivata. - Non voleva questo, nel suo futuro… Matt si aspettava di meglio, per lei. La prego, mi lasci libera.- dopo aver pronunciato ciò, Demi si zittì, esitando persino a respirare, terrorizzata com’era dall’idea di interrompere la lenta metamorfosi dell’Originale. Con gli occhi chiari resi più intensi e profondi dal pianto e dalla consapevolezza, Rebekah la fissò a lungo, intontita, quasi guardandole attraverso, piena, traboccante di un qualcosa di tiepido e dolce che ricordava molto da vicino il desiderio… o la tenerezza.
- Lo rivoglio. Lo voglio di nuovo qui, accanto a me. Tu mi servi.- mormorò, con un filo di voce. Tremava così forte da trasferire un pizzico di quel tremito incontrollato anche nel braccio dolorante di Demi. Senza che quest’ultima se ne accorgesse, infatti, la vampira l’aveva afferrata per un gomito, strattonandola appena per essere certa di avere su di sé tutta la sua attenzione. Demetra impallidì, soffocando un gemito, ma restò incatenata dalle sue pupille dilatate, incapace di reagire: - Non capisci? Non c’è nulla che io desideri di più al mondo che rivederlo, anche solo per un attimo, dopo tutto questo tempo. Anche se forse finirebbe per odiarmi, sapendo tutto quello che è accaduto mentre cercavo di sopravvivere alla sua assenza, io correrei il rischio non una ma dieci, cento, mille volte. Riesci anche solo immaginartelo, un amore simile?-
- Io sì.- rispose una voce alle loro spalle, femminile, decisa, inconfondibile. Demi sentì le viscere che le si contorcevano come serpenti mentre girava appena il viso, individuando e riconoscendo, senza difficoltà, la figura alta e delicata di sua madre sovrastare le macerie del recinto esterno di casa Donovan. Nel ricambiare il suo sguardo implorante, una traccia di fragilità le attraversò i lineamenti, prima che Elena tornasse rigida, per rivolgersi alla sua nemica: - Rebekah.- sibilò, lapidaria. - Giù le mani da mia figlia.-
 
///  
 
- E’ un piano folle, quello di Damon.- esalò Bonnie, dondolandosi nervosamente sul posto e mordicchiandosi le unghie mentre osservava il corpo senza vita di Stefan che giaceva inerte sul divano del suo salottino. Avrebbe tanto voluto poter ascoltare un suo parere a proposito di ciò che lei e Jeremy stavano per fare, ma sapeva perfettamente che sarebbero trascorse delle ore prima che il vampiro potesse a riprendersi da ciò che il fratello maggiore gli aveva fatto. E loro avevano i minuti contati: - E’ assolutamente folle!- ripeté, come se potesse sul serio servire a qualcosa.
- Lui è già stato costretto a lasciarle, una volta.- mormorò Jeremy, passandole il Grimorio delle Bennett e sedendosi a gambe incrociate sul tappeto color prugna sul pavimento di fronte a lei. Aveva ancora in mente il saporaccio dell’antidoto alle erbe che la strega gli aveva ordinato di bere per annullare al più presto gli effetti del sangue vampiresco in circolo nel suo organismo e così, quando lei gli scoccò un’occhiata confusa, si passò una mano tra i capelli, scoraggiato: - Demi ed Elena.- chiarì, monocorde. - Damon non permetterà che accada di nuovo ciò che è successo sedici anni fa. Non si farà da parte. Sarebbe troppo da sopportare, persino per uno come lui. E’ normale che voglia tentare anche l’impossibile, pur di riuscire a tirarle fuori da questa situazione con Rebekah!-
- Certo! Ma scagliare con successo un Incantesimo di Essiccazione ai danni di un’Originale, dopo anni ed anni di rifiuto totale della magia, sarà molto più complicato!- ansimò Bonnie, sfogliando il librone delle sue antenate con una furia cieca, come se volesse strapparlo di proposito e ridurlo in mille pezzetti.
- Aspetta.- la bloccò il fratello di Elena, posandole le dita su un polso. La donna sollevò lo sguardo, incrociando quello improvvisamente teso e preoccupato di lui: - Non sei sicura di potercela fare? E’ questo il problema? Sarebbe… troppo, per te? Perché se è così, io non ho intenzione di…-  
- Non è per me che sono preoccupata.- sussurrò lei, accorata. Le sue gote s’imporporarono e Jeremy socchiuse la bocca in una minuscola ‘O’ piena di incredulo stupore. - Per rendere efficace quel sortilegio devo fermare un cuore, lo sai.- lentamente, Bonnie scese dal trespolo del bracciolo su cui si era appostata per vegliare il minore dei due fratelli Salvatore e s’inginocchiò sul pavimento, accanto a Jeremy, che la fissava intensamente. - E’ passato molto tempo dall’ultima volta in cui l’ho fatto. Avevamo bisogno di incatenare Klaus nella cripta ed era necessario che non fosse soltanto il pugnale d’argento conficcato nel petto, a trattenerlo laggiù. Sono riuscita a riportarti indietro, quella volta.- timidamente, le sue dita bronzee, rese un po’ callose dai lavori domestici che era stata costretta ad affrontare nel tempo, per crescere da sola una figlia senza padre, si posarono sulla maglia grigio polvere dell’uomo che aveva davanti. Il dolce battito cardiaco di Jeremy palpitò contro il suo palmo mentre tornava a guardarlo dritto in faccia, quasi supplichevole: - E se qualcosa dovesse andare storto?-
- Tu… tu hai paura che io possa non risvegliarmi più?- chiese lui, con voce strozzata. Ma era impossibile!
- So che non potrei sopportarlo.- confessò Bonnie, con le iridi nere che luccicavano appena, come se fosse sul punto di scoppiare a piangere ma si stesse sforzando di non farlo, per non peggiorare la situazione già abbastanza critica. Jeremy le strinse forte la mano che lei gli teneva appoggiata sul petto, con una presa calda e tenera.
 
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Le sue pulsazioni stavano galoppando ed era una bellissima sensazione per entrambi, esserne straordinariamente consapevoli:
- Se l’Incantesimo di Rianimazione non funzionasse, non sarebbe colpa tua.- disse lui, con un tono sommesso ma sincero. - Sto accettando ogni pericolo di mia spontanea volontà perché, esattamente come Damon, ho piena fiducia in te. Non mi hai mai deluso, Bonnie, mai. Non lo farai neppure oggi. Ne sono sicuro.- mentre la Bennett tirava su con il naso, annuendo debolmente, con l’aria di chi si avvicina al patibolo a testa alta pur di non allarmare gli spettatori dell’esecuzione, Jeremy la sentì balbettare tra sé:
- E’ solo che… se soltanto ci fosse un altro modo… più prudente per…-
- Non c’è, purtroppo.- piano piano, sfiorò la fronte della donna con la propria, socchiudendo le palpebre per godersi quell’attimo rubato all’emergenza del momento. Da quanto tempo desiderava farlo? Jeremy non riusciva a ricordarselo. Per sedici anni le era stato accanto, facendole compagnia, prendendosi cura di lei quando era in difficoltà ed instaurando con Sheila uno splendido rapporto, eppure non si era mai più permesso di avvicinarsi in quel modo, nonostante l’avesse spesso desiderato. Bonnie, cogliendolo alla sprovvista, non si ritrasse, invitandolo così a proseguire: - E’ la mia unica possibilità di proteggere mia sorella e Demi, non posso gettarla via. Dobbiamo almeno provarci.- la strega trattenne il respiro, lanciandogli uno sguardo da sotto le ciglia scure, il calore corporeo di Jeremy che scaldava tutte le sue insicurezze: - Lo farei anche per te, se i vostri posti fossero stati scambiati. Dio, lo farei anche per Sheila… lo sai.-
- Lo so.- Bonnie gli sorrise, stranamente consapevole e grata, poi gli circondò il collo con le braccia. Le loro labbra si toccarono in un bacio che aveva il gusto nostalgico e trionfale di mille altri mai sbocciati prima, di un confine che finalmente veniva abbattuto, del timore e della voglia di restare l’uno al fianco dell’altra ancora una volta, nonostante le intemperie, più uniti che mai. Quando si staccarono, lo sguardo un po’ vacuo della Bennett si allacciò a quello sognante, acceso e fiducioso di lui per ritornare lucido e determinato. - D’accordo, allora.- inspirò profondamente, mentre lui si sdraiava supino sul tappeto. - Cominciamo.- aspettò che lui le facesse un cenno di conferma, prima di sollevare le mani sul suo torace, con i nervi di tutto il corpo in fibrillazione: - Ocoros Mecante, Aleora Subsitos… olo Santire, Dis Et Brav… Ocoros Mecante, Aleora Subsitos…-
 
///
 
- Lascia andare Demi, Rebekah.- ripeté la Gilbert, avanzando di un paio di passi verso la decappottabile della vampira; guardare la propria figlia attraverso il finestrino posteriore e notare quanto i suoi bei capelli fossero arruffati ed il suo viso esangue e malconcio, reso, se possibile, ancora più bianco dal contrasto con la tonalità corvina della chioma, era quasi una fonte di sofferenza fisica, per lei. I flashback continui della stanza delle torture di villa Mikaelson e del sangue di Damon raggrumato sul pavimento e sulle catene che lo tenevano avvinto al soffitto mentre le sue carni venivano lacerate da un attizzatoio non smettevano di aggredirla, nauseandola. Sarebbe morta, piuttosto che consentire alla storia di ripetersi. - E’ me che volevi attirare, quella notte.- sussurrò, rauca, il vento sollevava sciami di foglie secche e croccanti sotto i suoi stivali, facendoglieli turbinare caoticamente attorno. - E’ me che vuoi ancora. Beh, sono qui. Facciamola finita, ma lascia mia figlia fuori da tutto questo. Liberala ed io ti giuro che non ci saranno conseguenze, per te.-
- E’ una minaccia?- sorrise la sorella di Klaus, senza un briciolo di gioia. Strofinandosi la manica dell’impermeabile purpureo sulle gote arrossate, solcate dai segni neri ed acquosi del suo pianto, cancellò bruscamente le tracce della propria precedente debolezza e Demi assistette, immobile ed impotente, al repentino svanire di ogni illusione: il gelo aveva avuto ancora una volta la meglio nel cuore dell’Originale e le aveva restituito il suo solito aspetto splendido e temibile, pericoloso, simile a quello di una spada sguainata. Elena non rispose, si limitò a sporgere il mento in avanti, serrando la mascella. - Accidenti, fai sul serio. Hai per caso un paletto di quercia bianca, con te? Ah, no. Li ho bruciati tutti sul Wickery Bridge tanto tempo fa.- fece Rebekah, spalancando con forza la portiera e sgusciando fuori dalla propria auto con una mossa misurata, quasi eterea. Restando intrappolata nell’abitacolo e voltando la testa all’indietro fino a sentire male dalle parti del collo, Demi seguì le ciocche di platino che ondeggiavano sulle spalle della vampira, ipnotiche, lucenti, come la pelle di un rettile pronto a colpire, anche se per difendersi. La sorella di Klaus si posò le mani sui fianchi: - Non vedo quale possibilità tu abbia di batterti contro di me senza restarci secca, Elena. A meno che tu non abbia un piano di riserva.- si guardò intorno, circospetta, come se volesse individuare la presenza di qualcuno nascosto tra i cespugli ed annusò l’aria: le sue iridi ebbero un guizzo di sorpresa e riconoscimento così subitaneo che Elena trattenne il respiro, in preda all’ansia di essere stata scoperta. Le labbra piene della sua avversaria, tuttavia, si stirarono presto in un altro ghigno amaro, quasi consapevole: - Illuminami a proposito dell’ennesimo modo che hai escogitato per strapparmi il cuore dal petto, ti prego. Sei per caso riuscita a tirare i miei nipoti dalla tua parte? Perché sento il loro odore. So che Nick e Prince sono in giro, nascosti da qualche parte.-
Demi deglutì bruscamente, con il petto che s’infiammava dallo stupore, trasformandosi in un reticolo muto ed incandescente d’incredulità, timore e gratitudine. Dall’altra parte, sua madre batté le palpebre, palesemente perplessa.
- Ammettilo. Li hai portati qui per usarli come diversivo, non è vero?- la incalzò la bionda, tagliente come un rasoio.
- Non so di che cosa stai parlando.- mormorò Elena e la sedicenne sentì che era confusa, ma sincera. - Non metterei mai in pericolo dei ragazzini senza colpa per raggiungere i miei scopi, al contrario di te! Se loro sono sul serio nei paraggi, ti assicuro che io non ho nulla a che fare con tutto ciò!-
- Ed io dovrei crederti? Ah!- ringhiò Rebekah a gran voce, cogliendo la palla al balzo. - Non ho nessuna intenzione di dar retta ad una donna che per sedici anni non ha fatto altro che raccontare bugie alla sua stessa figlia!-
A quelle parole, il calore confortante che stava avvolgendo l’inconscio di Demi dall’arrivo di Elena si tramutò di colpo in un turbine ghiacciato e lei si accasciò appena sul posto, con gli occhi vacui che le pullulavano di lacrime incontenibili, proprio come quando aveva lasciato l’Ala Ovest del Pensionato, con la mente straziata da mille, assurde domande sulla propria identità.
- Rebekah.- supplicò la Petrova, come da un altro universo, lanciando un’occhiata furtiva e mortificata alla figlia prima d’irrigidirsi dal terrore. Aveva la bocca secca ed impastata dal panico: - Ti scongiuro, Rebekah… non farlo.-
Gli occhi turchesi e dorati della vampira millenaria sfavillarono mentre le puntava un dito contro:
- Confessa, allora.- la sfidò, spietata, con un cenno alle proprie spalle. - Diglielo. Dille che l’hai sempre ingannata a proposito del suo vero padre ed io te la restituirò, sana e salva. E vi lascerò in pace, una volta per tutte.-
‘’Nega ogni cosa, mamma, ti prego. Fallo adesso.’’ si ritrovò a pensare Demetra, mordendosi l’interno della guancia fino a sentire il sapore metallico del sangue sulla lingua. ‘’Mamma, per favore, dille che non è vero… dille che non mi hai mai mentito, che tutta la mia vita non è mai stata un’enorme menzogna… che io non sono una menzogna…’’
Ma, nonostante le sue preghiere, la smentita che la Salvatore attendeva ed agognava con ogni fibra vigile del suo essere non arrivò mai.
E, pian piano, quel silenzio strozzato divenne un’inaccettabile certezza.
Un pugno gelido nello stomaco.
Una scarica elettrica lacerante dalle parti dello Stigma Diaboli.
 
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- Come…- la voce di Elena si ruppe, come se lei stesse annaspando alla disperata ricerca di aria, ma Demi riuscì solo ad immaginare quel particolare: non sollevò il capo per tornare a fissare la Gilbert. Non riusciva a farlo. Voleva soltanto scomparire.  -… come puoi essere così… c-così crudele?-
- Non lo so. Non riesco a smettere.- sussurrò Rebekah, a denti stretti. A Demetra parve di aver udito quella frase smorzata, ma non era più così sicura che ci fosse qualcosa di reale in tutto quello che le stava accadendo. Stava precipitando, naufragando, risucchiata da una corrente di tenebra che le impediva persino di respirare. Stefan non era suo padre. Non era suo padre l’uomo che le aveva rimboccato le coperte da bambina, quello che sapeva perfettamente cosa prepararle a colazione quando era di cattivo umore, quello che l’aveva vista crescere e sognare ad occhi aperti, ridere ed imbronciarsi, che l’aveva accompagnata al cinema lasciandola sgranocchiare i popcorn al formaggio anche fuori dall’intervallo e le aveva insegnato ad andare in bicicletta quando aveva il terrore di capitombolare giù per l’ennesima volta, finendo lunga distesa sull’erbetta del loro cortile. Non era suo padre. Lei era stata una figlia, per lui, eppure non poteva più definirsi tale. Perché era nata da Elena… e dal suo amore per Damon.
Perché, proprio come aveva detto Shane, era una b…
’Bambina.’’ era incredibile, inammissibile, come la voce di lui le rimbombasse nel cervello, adesso, dapprima come un fioco gracchiare, poi sempre più forte, più umana, più distinta. Era quasi come avere Damon accanto a sé, come sentire il suo respiro tra i pensieri. ‘’Demi. Bambina mia. Riesci a sentirmi? Avanti, so che puoi farcela. Demi… non ascoltarla. Non puoi arrenderti, piccola, capito?! Sono qui. Guardami. Sei abbastanza forte. Ritorna da me, Demi, fallo prima che sia troppo tardi…!’’
Con uno sforzo immane, la ragazza si accorse che non doveva aprire gli occhi per tornare al presente, solo battere le ciglia bagnate: era rimasta a fissare il vuoto senza vedere nulla, con un pianto incessante e quasi involontario ad inondarle la faccia, trasportata in un’altra dimensione dall’effetto del Marchio che esultava atrocemente sulla sua pelle, simile ad un oceano di acido corrosivo versato su di essa.
Mentre annaspava, le grida di Rebekah e di Elena che riecheggiavano come registrazioni su dei nastri sbrindellati, qualcosa attirò la sua attenzione. Un frullo d’ali, lo sfolgorio nero di un becco affilato, familiare. Il suo cuore si sfaldò in un milione di frammenti, come fosse di fragile cristallo, alla vista di un inconfondibile cumulo svolazzante di piume ed artigli a qualche centimetro dalla propria testa:
‘’Tu lo sapevi!‘’ soffio telepaticamente al corvo, senza neppure sapere come, semplicemente seguendo un istinto che già una volta, a casa di Sheila, l’aveva portata a comunicare con Damon in quel modo, come se al mondo esistessero soltanto loro due, e tutto l’universo fosse un ridicolo contorno. Non le importava che lui fosse venuto a salvarla, che fossero in pericolo e che avessero i minuti contati prima che la loro nemica giurata si accorgesse della presenza dell’uccello accanto al suo preziosissimo ostaggio: la loro complicità, il senso di bisogno e di appartenenza che Demi aveva provato fin dalla prima volta in cui il vampiro aveva incrociato il suo cammino, i momenti di tenerezza inaudita che avevano condiviso, il conforto e le confidenze che si erano scambiati, tutto si stava sgretolando malamente proprio sotto il suo naso, mentre Damon armeggiava con le funi che le legavano i polsi, nel tentativo di liberarla il più in fretta possibile. ‘’Tu lo sapevi e non me l’hai mai detto! L’hai sempre saputo, è così? Da quanto tempo va avanti questa messinscena? Hai finto anche tu, Damon, quando per tutto il tempo eri… eri…’’
‘’Non è come credi.’’ bisbigliò lui, strattonando la corda una simile veemenza da sfilacciarla completamente e restituendo la piena libertà di movimento alla ragazza, mentre il sangue tornava finalmente ad affluire nelle estremità dei suoi arti superiori. ‘’Ma non c’è tempo per discuterne adesso. Ora tu esci da questa macchina e corri più veloce che puoi, mi hai capito?! A Rebekah ci pensiamo noi. Possiamo farcela, Bonnie ci sta aiutando. Ma sarà tutto inutile se tu non fili via immediatamente. Demi...’’ la voce si fece perentoria. ‘’… devi scappare.’’
‘’Come hai fatto TU?!’’ subito dopo esserselo lasciato scappare, lei si sentì morire.
Era la sola spiegazione ragionevole che fosse riuscita a raccontarsi in quegli istanti di pura follia, anche se l’idea che potesse trattarsi della teoria giusta era in grado di strapparle a morsi l’anima: Damon se n’era andato sedici anni prima, senza lasciare alcuna traccia di sé. Forse sua madre aveva sposato Stefan quando già aspettava un figlio... un matrimonio riparatore, dunque, di convenienza. In quel caso, lei, Demetra, non sarebbe stata altro che un errore del passato a cui porre rimedio, un qualcosa da tenere nascosto tra le spire di una nuova, rispettabile vita.
E Damon, il suo Damon, che era sempre stato così indescrivibilmente magnifico, con lei… lui… non l’aveva voluta.
L’aveva abbandonata, prima ancora della sua nascita.
Per qualche ragione, se n’era andato via.
- … perché?- cercò di domandargli ad alta voce, ma dalla sua gola venne fuori solo un tetro gorgoglio senza senso.
‘’Corri e non voltarti indietro.’’ le ordinò ancora il corvo, senza guardarla, con un tono così stridente da assomigliare al suono di unghie rabbiose su una lavagna. Qualcosa le diceva che doveva aver intuito le sue supposizioni, perché sue orbite avevano perso il loro bagliore naturale ed ora erano ridotte a due tunnel di dolore senza fine, eppure Damon non voleva, non poteva risponderle. La sua priorità assoluta era che fuggisse a gambe levate, lontana dal pericolo: ‘’Vai da quella parte, dove sarai più al sicuro. Ci sono delle strane creature nella foresta, dei mostri abominevoli, e non voglio che ti trovino. Fa’ attenzione. Non posso perderti, non di nuovo.’’
Demi avvertì quelle ultime parole inaspettate alitare con dolcezza sulle ceneri fumanti della sua coscienza e si aggrappò alla flebile scintilla di speranza che ne scaturì, con tutte le forze che le erano rimaste. Mentre il corvo si librava nel cielo, sfiorandole una guancia con la punta delle proprie piume, come per incoraggiarla, lei aprì con cautela lo sportello e si trascinò giù, rimettendosi in piedi nonostante le gambe molli ed intorpidite.
Damon era già sparito con un balzo, volatilizzandosi all’orizzonte.
Sua madre e Rebekah, invece, continuavano a gesticolare e a strillare, distratte, isolate dal resto dell’ambiente, gettandosi addosso cascate di rancore incandescente senza esclusione di colpi.
Era il momento.
Doveva andarsene.
Doveva mettersi in salvo.
Come avrebbe voluto Elena.
Come Damon l’aveva supplicata di fare, il tono sempre spavaldo impregnato di un’inedita, dilagante paura. Come quella di un vero padre, del padre che non le era mai stato concesso di conoscere, di amare, di stringersi al petto nelle avversità.
Scacciando via quel pensiero con rabbia crescente ed imponendosi di non perdere la calma, Demi stava comunque per farlo, per obbedire
… quando, d’un tratto, un lamento animale, prolungato e straziante, le assordò le orecchie, trafiggendole i timpani col proprio struggente fragore.
Proveniva dal lato diametralmente opposto rispetto a quello che avrebbe dovuto imboccare per non esporsi ad ulteriori rischi, e, con il petto che implodeva vertiginosamente, Demetra lo riconobbe: si trattava di un ululato.
Poco lontano da lì, dunque, nella parte più infida della selva, forse braccato ed in trappola, forse morente, c’era un Lupo che chiedeva aiuto.
- Nick...- quel nome le affiorò istintivamente, forse persino scioccamente, sulle labbra, senza che potesse farne a meno: lui era ancora lì, da qualche parte, tra quegli arbusti contorti e bruciacchiati. Sua zia aveva avvertito la sua presenza nei paraggi solo pochi minuti prima e, per assurdo, pareva che anche Prince fosse assieme al fratellastro, per tormentarlo, per dargli manforte oppure, molto più probabilmente, per fare un po’ tutte e due le cose, come suo solito.
In quel momento d’improvvisa consapevolezza, Demi capì che non ci sarebbe stata un’altra scelta possibile, per lei. Che non sarebbe mai stata in grado di resistere a quel richiamo, nonostante fosse una cieca follia anche solo pensare di inseguirlo.
I suoi piccoli pugni si chiusero spasmodicamente su se stessi, immobilizzandosi decisi ai due lati dei suoi fianchi.
Con gli occhi che ardevano come pire cerulee, la ragazza cercò di localizzare un battito d’ali corvine tra le nuvole, per l’ultima volta, senza riuscire a trovarle. Forse era destino che non ci fosse occasione, per lei, di scusarsi, quando, in fondo, non era neppure così dispiaciuta: non era mai stata una figlia modello. Si era sempre sentita quella che mandava tutto a monte, che non faceva mai la cosa giusta. Si era sempre cacciata nei guai, sentendosi fuori posto, inventandosi frottole e comportandosi da egoista avventata quando c’erano di mezzo i sentimenti.
Se solo Damon le fosse stato accanto abbastanza a lungo, l’avrebbe saputo.
Avrebbe saputo che gli assomigliava così tanto da sentirsi impazzire, divorare dal bisogno di fare a modo suo, per sentirsi ancora padrona di una vita ormai evanescente, senza volto o consistenza, che le si era rivoltata contro così.
Ispirando profondamente nella brezza agrodolce, fino a quando i suoi polmoni roventi non si furono gonfiati d’aria, d’urgenza e vapore, la Salvatore udì l’eco del latrato sofferente che tornava a farle visita tra i pensieri. Poi si lanciò a tutta velocità in avanti… verso la direzione sbagliata.
 
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-… non ho alcun desiderio di ferirti, Rebekah.- mormorò Elena, con la voce acuta, rotta; le sue guance lisce e delicate erano asciutte ma anche stranamente lucide, come se fossero fatte di cera, pronte a sciogliersi, da un momento all’altro, sotto l’effetto della sua veemenza bollente. - Non più. Abbiamo sofferto abbastanza. Da sedici lunghi anni, Matt è morto. E tu non sai perdonarci, perché lo amavi. Ciò che troppo spesso dimentichi è che anche noi tenevamo a lui, che tutti quanti abbiamo subìto la tua stessa perdita, portandone dentro il peso!- scosse appena il capo, mantenendo il corpo teso, febbricitante, davanti a quello immobile dell’Originale. - Ma non è certo polverizzando ciò che lui ci ha donato che renderai più accettabile il suo sacrificio! Lui avrebbe voluto…!-
- Lo so, cos’avrebbe voluto.- la interruppe la bionda, scoprendo con uno scatto sibilante i suoi canini. La Gilbert s’impose di non indietreggiare, nonostante il proprio istinto le stesse urlando a squarciagola di farlo immediatamente, di correre ai ripari davanti al pericolo al più presto, per evitare che il netto dislivello di forza tra loro due la finisse per schiacciarla come un moscerino alla prima occasione. - Ho appena letto la sua lettera d’addio, che ha aggiunto un motivo in più alla già infinita lista dell’odio che nutro per te. Non sei altro che una disgustosa bugiarda, Elena!- le sue mani tremanti tirarono fuori un pezzetto di carta straccia dalla tasca, sventolandoglielo bruscamente davanti al viso tirato, stravolto. - Come hai osato tenere per te questo segreto? Io avevo il DIRITTO di leggere le sue ultime parole… forse mi avrebbero… forse…-
- Volevo consegnarti quel biglietto!- mentre grosse lacrime perlacee colavano sulla faccia affranta di Elena, le iridi di Beks continuarono a mostrarsi come specchi di ghiaccio liquido e lampeggiante. - Al suo funerale... mi sono chiesta dove fossi. Mentre guardavo mio fratello gettare una manciata di terra sulla sua tomba, ho sperato di vederti. Non poteva neanche immaginare quanto terribile fosse ciò che stavi attraversando e desideravo darti conforto, offrirti il mio aiuto, assieme a quell’ultimo frammento. Ma tu avevi già catturato Damon!- Elena giunse le mani, tormentandosi nocche fino a farle sbiancare, in preda al rimorso, e  Rebekah sbarrò gli occhi, agghiacciata. Lasciò cadere il foglietto, il quale volteggiò nel vento per qualche istante, prima di atterrare sul terreno tra loro, delimitando un confine che non sarebbero mai state capaci di superare senza conseguenze. - Ti ho odiata per questo. Ho creduto che soltanto un mostro potesse fare una cosa del genere per amor di vendetta. E così ho dimenticato ciò che il mio migliore amico mi aveva così caldamente raccomandato di tenere a mente: che tu eri soltanto persa. E vulnerabile. E sola, così dannatamente sola da voler cancellare per sempre dalla faccia della terra l’unico amore che sapevi sarebbe sopravvissuto indenne a tutta quella disperazione. Il mio, cioè.- la Petrova si tamponò le palpebre con una manica, cercando di ritrovare il contegno. - Ci siamo incolpate a vicenda per anni. Siamo state delle stupide, spezzate da ciò che ci era stato portato via. Non sai quanto ho desiderato poter cambiare il corso delle cose, nonostante sapessi che era troppo tardi…- con le labbra indolenzite e screpolate, si avvicinò alla vampira, ancora un po’, così da poterle sfiorare le braccia con le dita. -… non ha senso tentare di negare il passato. Posso solo dirti che… beh, io…- era difficile per lei dirlo, specie quando non era così sicura del fatto che le sue mani sarebbero rimaste attaccate ai polsi ancora per parecchio, sotto lo sguardo diffidente, arcigno ma attento della sorella di Klaus, ma, alla fine, riuscì a pronunciare le parole che le premevano sul palato, amare come fiele, eppure così necessarie: -… posso provare a lasciarmi alle spalle tutto il male che ci siamo fatte fino ad oggi.-
La porcellana del viso di Rebekah impallidì così tanto da diventare quasi trasparente, come vetro soffiato.
- Vuoi dire che tu potresti… perdonarmi?- un fremito allibito attraversò i suoi zigomi dolci ed eleganti, troppo sporgenti, constatò Elena, segno di uno stato di un’infinita stanchezza, sia fisica che interiore. Nel fondo delle sue pupille c’erano i residui del rifiuto, le sue ciglia dorate imbevute di lacrime erano come le piume di un pulcino arruffato.
- Purché tu prometta di fare lo stesso.- sospirò Elena, deglutendo a fatica. - Vogliamo sul serio mettere fine a questa faida, in un modo o nell’altro, e, credimi, questa è l’alternativa migliore che abbiamo, quella che sistemerebbe tutto senza dover aggiungere altro dolore al dolore. La mia alternativa.-
Rebekah si raddrizzò precipitosamente sulla schiena, affilando lo sguardo con un lampo di sospetto che le balenava in testa:
- Vogliamo porre fine?- ripeté, esitante, stridula, soffermandosi sulla parte di quella frase che non le quadrava affatto. - Come sarebbe a dire ‘’vogliamo’’?! Chi altro c’è…?-
La Gilbert provò l’impulso di mordersi la lingua e, quasi suo malgrado, lanciò un’occhiata furtiva alle spalle dell’Originale, verso l’auto che era stata la prigione di Demi, tradendosi; seguendo il suo sguardo, infatti, la vampira dalla chioma color del grano di rese conto di ciò che era accaduto: la Prescelta era fuggita, liberata da qualcuno che aveva approfittato della sua della sua ingenua, recidiva voglia di ascoltare e di credere alle farneticazioni della Petrova, e lei aveva perso per negligenza il suo unico vantaggio in quella disputa.
Ci era cascata ancora una volta, nel ridicolo trucchetto della compassione, e, prendendone atto, mentre si dava della sciocca sentimentale, la bionda si sentì invadere dal risentimento più violento e furente. Accorgendosi di un lieve movimento tra gli arbusti, come di qualcuno che scompariva come un fulmine tra le foglioline, scattò in avanti con un ringhio furibondo, ma si sentì trattenere:
- Rebekah, non…!-
- Tu!- urlò l’Originale, spingendo Elena lontano, come se fosse fatta d’aria, e facendo sì che si schiantasse con la schiena contro il cofano della macchina, ammaccandolo brutalmente nell’impatto. La madre di Demetra si afflosciò in avanti con un debole gemito, mentre la sua avversaria le balzava addosso, come un uragano. Era fuori di sé: - Ne ho abbastanza di te! Dei tuoi giochetti, delle tue trappole, della tua insopportabile faccetta da traditrice! Vuoi davvero che finisca?! Lo vuoi davvero?!- la sua mano, ripiegata come un artiglio, sfondò la cassa toracica della Gilbert, affondando nel suo petto fino ad afferrare il caldo, sferzante pulsare del suo cuore. Elena emise un debole rantolo soffocato ma non si azzardò a contrattaccare, completamente in balia del suo potere: - Suggerisco di fare come dico io, per una volta, se non ti disturb… AAAAAAH!-
Il grido di Rebekah riecheggiò tutt’intorno, in un lancinante crescendo d’intensità, poi si spense di botto, come se il vento avesse inghiottito la sua voce; lei lasciò andare la presa sul muscolo cardiaco di Elena senza opporre più alcun genere di resistenza e le sue dita sporche di sangue scarlatto caddero inerti lungo i suoi fianchi armoniosi.
Il suo mento arrotondato si abbassò lentamente mentre chinava il capo per osservarsi lo sterno, come se si aspettasse di vedere un pugno chiuso spuntare da esso dopo averla trapassata da parte a parte, ma Damon, tornato umano e pallido di rabbia e d’apprensione, dopo essere apparso alle sue spalle, si era limitato ad insinuarsi solo superficialmente tra le sue scapole, senza esagerare.
Gli importava di mantenere quel contatto fisico e sanguinolento per il tempo necessario a far agire l’Incantesimo d’Essiccazione della Bennet, e nulla di più.
 
… Ocoros Mecante, Aleora Subsitos…
… Olo Santire, Dis Et Brav…
… Ocoros Mecante, Aleora Subsitos…
 
- Nick…- con un boccheggiare ansimante, l’Originale avvertì il proprio viso coprirsi di crepe e di fenditure color grigio cenere, mentre la vita defluiva da lei come una nuvola di polvere soffiata via, disperdendosi chissà dove. -… Prince…- la sua pelle divenne simile al ferro, i suoi boccoli persero ogni lucentezza e le sue gambe cedettero, trascinando il suo peso in avanti. Damon la trattenne, accompagnandola mentre crollava, più per essere sicuro che la magia non fosse interrotta che per carità. Elena, invece, con gli occhi velati ed il fiato corto, si avvicinò abbastanza da notare una lacrima d’argento che pioveva giù, tra l’erbetta, dal viso ormai quasi bluastro di Rebekah. -… ditegli… che mi dispiace… m-mi dispiace… così tant…-
Riuscì a dire solo questo, con un singulto che le rimaneva intrappolato in gola.
Poi, tramutandosi in una statua di pietra ed infelicità, la vampira tacque definitivamente, ed il suo silenzio cupo e senza ritorno si allargò a macchia d’olio, calando come un sipario sopra di loro.
 
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Elena posò i polpastrelli tremanti sugli occhi sbarrati e vuoti di Rebekah, facendo scorrere delicatamente le sue palpebre verso il basso. Se non fosse stato per il suo colorito livido e per le venature profonde che le solcavano l’incarnato, poteva quasi sembrare che lei stesse dormendo, ora, avvolta in una pace del tutto sconosciuta al suo cuore mentre quest’ultimo era ancora vivo e palpitante. La Petrova ricordò di aver compiuto quello stesso gesto colmo di pietà anche sul corpo senza vita di Matt, quando l’avevano trovato riverso sul pavimento del Pensionato, con la boccetta di veleno stretta nel palmo ed un sorriso pacifico stampato sulle labbra, e si sentì stringere la gola dal senso di colpa.
- Elena…- le sussurrò Damon, chinandosi piano verso di lei. Non si era accorta di essere caduta in ginocchio accanto al cadavere dell’Originale, né di avere la maglia imbevuta del sangue che continuava a gocciolarle giù dallo squarcio profondo e slabbrato che aveva nel petto. Annaspando, Elena realizzò con orrore che la bionda aveva tentato di strapparle via il cuore a mani nude, per la seconda volta dopo sedici anni. L’aveva scampata per un pelo. Stavolta erano riusciti a fermare in tempo la sua follia. Stavolta erano riusciti a rimanere insieme, a combattere l’uno al fianco dell’altra. Confortata dalla consapevolezza di essere sopravvissuta a torture e condanne di gran lunga peggiori, in passato, si sentì stranamente leggera, come se stesse fluttuando. La voce ansiosa di Damon le giunse come da molto lontano: -… sei ferita, molto gravemente… c’è mancato poco… perché questa roba non si rimargina subito, dannazione…!-
- Dev’essere… l’effetto… della Cura…- bisbigliò lei, fiocamente. -… anche se siamo ritornati vampiri… per qualche ragione i nostri poteri restano comunque influenzati da essa… siamo più lenti a riprenderci dagli scontri… più deboli… più…-
- Non ti affaticare, allora, shhh...- Damon aveva il viso contratto, ma i suoi occhi azzurri la osservavano con il solito, impetuoso fervore. -… è finita. Rebekah se n’è andata.- le scostò una ciocca color cioccolata dalla fronte, poi la strinse tra le braccia, cullandola appena, come avrebbe fatto in ogni momento, se solo la donna che giaceva immobile accanto a loro non li avesse divisi con un meschino inganno, molto, forse troppo tempo prima. - Non ci farà più del male, mai più.- sospirò, senza riuscire a celare il velo di trionfo che gli arrochiva la voce. - Sono il cattivo di turno se ammetto di esserne… felice? Intendo dire… un cattivo molto più cattivo del solito?!-
Gli occhi di Elena luccicarono, poi si persero nel vuoto:
- Dentro di lei c’era… un lato oscuro… che non si poteva in alcun modo placare.- mormorò, malinconica, sconfitta. Senza che potesse fermarlo, lo sfogo umido e trasparente del suo pianto colò rotolando sul tessuto del giubbotto di lui, grondante di sollievo ma anche di rimorso: - Se non avessi avuto Demi… se tu fossi morto, forse… sarei impazzita di dolore anch’io, proprio come lei.- dopo aver detto questo, Elena tacque e gli si aggrappò al petto, striandolo di sangue e respirando affannosamente contro di esso.
Il vampiro la cinse con più vigore, per rassicurarla:
- Un motivo in più per essere contenti del fatto che io sia qui, allora!- ironizzò, parlando con le labbra premute contro i suoi capelli. Lei, senza lasciare la presa, annuì debolmente: - Demi è scappata.- annunciò Damon, dopo mezzo secondo. - La troveremo. Le parleremo. Darà di matto, ed io con lei, ma le cose miglioreranno con il tempo... vedrai, andrà tutto, tutto beniss…-
- L’ho vista… andarsene… via.- fremette la Gilbert, sollevando la testa per guardarlo dritto negli occhi. Intuendo la ragione celata dietro quel suo sguardo ansioso, lui si sentì rizzare i peli sulla nuca: - Non ha intrapreso il sentiero che le avevi indicato tu, ossia quello libero dalle creature come Kayla Stone… è scappata di là, alla ricerca dei fratelli Mikaelson… ne sono sicura. Con loro qui intorno, starà provando raggiungerli…- il maggiore dei Salvatore socchiuse la bocca per lo sgomento, mentre le sue pupille si dilatavano fino all’inverosimile, per accogliere una miriade di emozioni contrastanti dentro di sé: muta comprensione, ira, tenerezza, spavento e rimprovero, tutti riflessi che ardevano già anche nelle iridi scure della Gilbert. - … avrà pensato che quei due siano finiti nei guai per colpa sua… e l’ha seguito, Damon, Demi ha inseguito il verso del lupo...-
Il vampiro batté le ciglia, attonito, poi trovò giusto la forza necessaria a prendersi la faccia tra le mani, prima di imprecare:
- MA PERCHE’… PERCHE’ ABBIAMO MESSO AL MONDO UNA FIGLIA COSI’ TESTARDA?!- se avesse avuto qualcosa da prendere a calci o da ridurre in poltiglia l’avrebbe fatto, senza neanche pensarci due volte, tanto per sfogare la frustrazione.
- Ha il cuore spezzato.- ansimò Elena, cercando scaglie d’azzurro cielo tra le dita serrate di Damon. - Ed è sconvolta. Non è una buona combinazione.- deglutì, poi accarezzò i dorsi delle mani del vampiro, per far sì che lui li allontanasse dal volto. La sua espressione era determinata, pur nella devastazione, e lo catturò: - Tu riesci a capirla meglio di chiunque altro, da sempre, in un modo che io e Stefan non riusciamo neppure ad immaginare. Devi andare. Corri a cercarla, subito, prima che una di quelle bestie approfitti della situazione per farle del male. Ha bisogno di te, ora più che mai. Ha bisogno di suo padre.-
Damon annuì, freneticamente, frastornato, e fece leva coi palmi sull’erbetta imbrattata di cenere per rimettersi in piedi, più in fretta che poteva:
- Tu verrai con me.- dichiarò, facendo per aiutare Elena a rialzarsi a sua volta. Quando lei non reagì, lui si accigliò, mentre una ruga esterrefatta che gli si scavava sulla fronte: - Non posso lasciarti qui in queste condizioni, in un covo di… cosi ripugnanti, con il cadavere di una Barbie accanto come unica protezione, non se ne parla neanche per…!-
- Ti rallenterei soltanto. Devo recuperare le forze.- fece la Gilbert, senza più guardarlo. Lui aprì la bocca, poi la richiuse, cominciando a capire: - E poi… Demi non vorrà rivolgermi la parola. Lo sappiamo entrambi che è così. Ed ha ragione.- Damon fece per contraddirla ma lei gli lanciò un’occhiata penetrante, facendolo ammutolire: - Se qualcuno ha la possibilità di farsi ascoltare da lei, quello sei tu. Troverai il modo. Io chiamerò Bonnie e Jer, li aspetterò qui. Mi nasconderò, starò bene. Non c’è tempo da perdere… vai.- la sua voce si frantumò, mentre lo spingeva via con tutte le forze che aveva in corpo, ma senza più fiato nei polmoni. Damon percepì tutto il dolore covato sotto quel comando, tutto il sacrificio che le stava costando la decisione di mandarlo via e soprattutto quella di non seguirlo nella ricerca della loro figlia, facendosi da parte per il suo bene, e l’amò, l’odio e l’ammirò con tutto se stesso, per questo.
- VAI!-
Avrebbe potuto, voluto fare di tutto: afferrarla per le spalle e scuoterla fino a farla rinsavire, dirle che sentirla parlare in quel modo sapeva d’addio e che lui non riusciva a sopportarlo… e invece si voltò di scatto, perché era furioso, perché sapeva benissimo che la moglie di suo fratello aveva ragione e non voleva farsi vedere da lei in quello stato, non ora, non mentre la sua mascella si tendeva fino a far male ed i suoi occhi traboccavano.
Mosse un paio di passi incerti verso l’ignoto, mentre una solitudine orribilmente familiare tornava a strangolarlo.
L’impulso di voltarsi indietro era irresistibile, quasi doloroso, eppure doveva soffocarlo.
Resistergli.
Perché soltanto una cosa poteva essere più forte, persino più intensa di quell’amore: Demi. Il suo bisogno indescrivibile, viscerale di lei, che lo aveva riportato a casa quando ogni altra magia aveva miseramente fallito.
‘’Devi trovarla. Ad ogni costo. Ha bisogno di suo padre.’’
Una folata di vento lo avvolse ed il suo corpo atletico e snello si trasfigurò in quello minuto, flessuoso e rapace del suo alter ego piumato. E, mentre Damon svaniva, rapido come una freccia nera scoccata verso il verde più selvaggio, la Petrova restò a fissarlo, circondata da strazio, polvere e macerie. Poi, senza farsi attendere troppo, i suoi singhiozzi inconsolabili riecheggiarono nel folto della radura, frangendosi contro le mura pericolanti e carbonizzate di casa Donovan come un’onda divoratrice su uno scoglio acuminato.    
 
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Gli uggiolii sofferenti che Demetra aveva captato poco prima di mettersi a correre si erano trasformati in dei latrati bellicosi e feroci, facendosi sempre più vicini a mano a mano che la ragazza avanzava nel bosco, ma lei non ci aveva fatto troppo caso. Facendosi spazio tra le foglie che le s’impigliavano ai capelli, risplendendo come smeraldi o topazi lanceolati in mezzo al nero lucido delle sue ciocche, lei proseguì lungo il cammino, accelerando ad ogni passo e beandosi della sensazione di libertà e pericolo che il vento, l’umidità e la lontananza da casa Donovan le soffiavano dritto in faccia.
Gli abiti le premevano sulla pelle in tensione, dandole sollievo, ed il contenuto delle tasche rigonfie dei suoi pantaloni le sfregava contro le cosce, confortandola: in camera di Damon, sul fondo del baule pieno di armi, aveva trovato delle fialette colme di soluzioni alla verbena e allo strozzalupo, e si dava il caso che qualcuna tra esse fosse sopravvissuta alla sua furia distruttrice, finendo per accompagnarla in quel viaggio.
Forse non sarebbero servite a molto, si disse, ma erano un punto di partenza.
Mentre i ringhi animaleschi continuavano ad indicarle la strada da percorrere, Demi sentì un odore pungente di carne marcia e bruciata imputridire l’aria e si mise un braccio davanti alla bocca, affondando il naso nella stoffa squarciata del proprio maglione, nello sforzo di trattenere un conato.
Un guizzo inanimato vibrò poco lontano, facendola sobbalzare sul posto, poi svanì nel nulla più assoluto.
Con il cuore in gola, Demi si avvicinò al punto in cui qualcosa si era mosso e sbirciò oltre il tronco di un grosso albero raggrinzito, sprofondando fino alle caviglie nel soffice letto di muschio ai suoi piedi: qualcuno stava lottando strenuamente poco più avanti, girando in tondo in uno spiazzo rigoglioso che somigliava ad un’arena e facendo rimbombare ovunque i propri ululati agghiaccianti.
Si trattava di un enorme, prodigioso, terrificante lupo, simile ad un orso per via delle sue dimensioni sconcertanti, con il pelo spruzzato di sfumature color crema e caffè dalle parti della schiena ed una sfilza di denti digrignati in una smorfia famelica, e di un essere umano giovane ed allampanato, con gli abiti imbrattati da strati di terra e sangue scuro, così denso da ricordare l’inchiostro.
Era un ragazzo, un adolescente alto e smilzo con un’aria stranamente, inconcepibilmente familiare.
Demi non riusciva a vederlo in viso, ma avvertì comunque uno spasmo violento dalle parti dello stomaco quando l’animale si lanciò con un balzo contro di lui, rotolando assieme al proprio avversario inerme tra i cespugli e rispondendo ad ogni suo tentativo di rivalsa con un morso impietoso, lacerante, micidiale.
La mano bianca e tremula della Salvatore corse ad afferrare la boccetta di strozzalupo che aveva di riserva ma, sentendosela scivolare tra le dita sudate, lei non ebbe il tempo di stapparla né di fare qualcos’altro di utile per allontanare il lupo dal ragazzo: quest’ultimo si liberò da solo, scalciando via la creatura pelosa con una forza che avrebbe fatto invidia ad un qualunque vampiro di cento anni o poco più.
Mentre la bestia atterrava tra l’erbetta, mugolando, Demi riuscì finalmente a distinguere i tratti dell’altro combattente ed inorridì all’istante, riconoscendolo: aveva dei comunissimi capelli ramati ed una mascella forse un po’ squadrata, ma le sue labbra erano nere e livide e lo rendevano alquanto inquietante, l’ombra paurosa e slavata del diciottenne pieno di vita e di energia che lei ricordava di aver incontrato al Memoriale di Tina O’Neil solo la sera prima.
Era Adam Stone, il socievole fratello maggiore di Kayla, lo stesso tipo che si era offerto con una certa indesiderata confidenza di accompagnarla al bancone delle bibite di Willy Doge. Ma non c’era più nulla di naturale nel suo sguardo vuoto, lattiginoso e crudele, né nel suo modo meccanico di muovere gli arti.
Era un automa, una specie di spettro corporeo.
Un mostro.
Ma chi lo aveva ridotto in quello stato?
Chi mai avrebbe potuto fare una cosa simile…?!
‘’Bevendo questo, potrò finalmente crearne degli altri.’’ la voce sadica e soddisfatta di Shane le affollò i pensieri prima che lei potesse sopprimerla, mentre la ferita sul suo avambraccio, provocata dal pugnale maledetto del Professore, pulsava più intensamente, rivelatrice: ‘’In fondo non c’è niente di meglio del sangue di un Marchiato per radunare un fedele esercito direttamente dall’Inferno…’’
Con gli occhi talmente sbarrati da sentire le palpebre doloranti, Demi assistette incredula allo scontro finale tra il lupo e ciò che restava di quello che un tempo era stato un membro della famiglia Stone: la belva si rimise in equilibrio sulle quattro zampe e, radunando le ultime forze, mentre l’orrendo esperimento di Shane le si scagliava contro, riuscì a spiccare un salto debole ma aggraziato. Le sue fauci raggiunsero fortuitamente ma con successo la gola di Adam, chiudendosi attorno ad essa come due tenaglie, e a quel punto la Salvatore distolse lo sguardo.
Uno schianto secco riverberò in lontananza, seguito da una quiete affaticata ma vittoriosa, e la sedicenne intuì che la battaglia doveva essersi definitivamente conclusa.
Senza fiato, si aggrappò con i polpastrelli alla corteccia dell’albero, per non crollare a sua volta, scioccata da ciò che aveva appena visto ed ascoltato.
Un altro innocente.
Un altro innocente era stato costretto a diventare un’entità orripilante dalle stesse persone senza scrupoli che stavano dando la caccia a lei.
Il povero Adam, come Tina, come Kayla, era capitato nel mirino di Sophie e Shane per causa sua, perché lei, la Prescelta, aveva attirato la loro avida malvagità fino al centro di Mystic Falls…
Sopraffatta dal rogo spietato che lo Stigma Diaboli le stava appiccando sul collo, beandosi del suo rammarico, Demi si lasciò sfuggire un flebile quanto involontario gemito di dolore, un attimo prima di mordersi forte la lingua, conscia di averla combinata davvero, davvero grossa.
Le orecchie enormi ed appuntite del Lupo, infatti, si erano mosse immediatamente, attirate da quel sibilo soffocato, ed il suo naso umido aveva cominciato ad analizzare ogni singola fragranza presente nei dintorni. Ben presto i suoi occhi argentei erano scattati dalle parti della quercia che nascondeva la ragazza dietro la propria ombra e, con il muso insudiciato dal sangue disgustosamente bruno del fratello di Kayla che fremeva minaccioso, l’animale aveva mosso un passo zoppicante verso di lei, poi un altro, ed un altro ancora.
La Salvatore, con la gola riarsa come sabbia, strappò via con un’unghiata l’involucro della propria ampolla traboccante di aconito liquido e, rabbrividendo, la tenne sollevata sopra la testa, pronta a scagliarla in avanti.
Non appena la creatura fosse venuta abbastanza vicina, lei l’avrebbe fatto…
Avrebbe gettato l’infuso urticante sulla faccia triangolare ed altera Lupo, e poi…
Ecco, c’era quasi… poteva percepire il fiuto ansimante della bestia che scuoteva i ciuffi d’erba secca tra di loro…
Non ancora… più vicino… così…
ADESSO!
Ma qualcosa la acchiappò per un polso, trattenendola prima che potesse agire. La presa le risultò tiepida ma forte, indissolubile, e la fece trasalire. Concentrata com’era nel trattenere il fiato per non farsi scoprire prima del tempo e protesa fino all’esasperazione nell’ansia di un imminente attacco, non si era accorta della presenza di qualcun altro alle sue spalle. Colta alla sprovvista ed in fibrillazione, Demetra lasciò che il suo istinto tirasse fuori l’unica arma che le era rimasta e, voltandosi con impeto, si sentì pronta per liberare il proprio scudo di nebbia rovente.
Ma, prima che qualsiasi difesa potesse frapporsi tra lei e l’individuo che le si era avvicinato così di soppiatto, il mondo smise di ruotare attorno al proprio asse, concentrandosi solo in un paio di iridi nere e profonde come la notte, che la scrutavano incredule:
- Demi, sei…!- il corpo della ragazza reagì prima di qualsiasi ragionevolezza e lei si gettò a capofitto tra le braccia di Nick Mikaelson, come un pesce moribondo di ritorno nell’oceano, facendolo quasi cadere all’indietro e mandandolo a sbattere contro l’albero accanto a loro. La schiena di Nick aderì al tronco con un tonfo leggero, poi le sue mani la tirarono a sé, circondandola, cercando il suo viso, le sue guance e affondando tra i suoi capelli per tenerla più vicina a sé. ‘’Ti ho trovato, ti ho trovato, ti ho trovato…’’ Il sollievo, la disperazione, la sorpresa ed il desiderio di restare ancorata al presente si riversarono completamente nel bacio affannato che lei gli posò sulla bocca socchiusa, mentre il ragazzo sospirava appena e si lasciava travolgere da quell’entusiasmo, ricambiandolo con la sua solita, disarmante dolcezza, fino ad abbandonarvisi.
-… al sicuro.- concluse Nick a fior di labbra, non appena ebbe ripreso a respirare. Era pallido e scarmigliato, con due sottili graffi color rubino sullo zigomo destro, ma a lei non era mai sembrato più bello, più caldo e più reale di così. -... sei al sicuro.- le ripeté, ancora esterrefatto, appoggiandosi col mento sulla testa morbida di lei, mentre la Salvatore gli si rannicchiava convulsamente contro il petto. - Eve è con noi… non ti farà del male.- la Lupa sbucò opportunamente tra le sterpaglie, rilassando subito tutte le rughe intimidatorie che le erano comparse sul muso, poi emise un mormorio di conferma, abbassando le orecchie alla vista dei due ragazzi abbracciati e cercando di riprendersi dagli sforzi patiti durante la battaglia. Nick sollevò delicatamente il viso di Demi verso il proprio, e lo trovò rigato, zuppo di lacrime: - E’ tutto finito… ti riporterò a casa, vedrai… la tua famiglia si prenderà cura di te… saranno così in pensiero, tuo padre…-
- Non voglio tornare a casa.- lo interruppe lei, con voce roca, supplice. Lui sbarrò gli occhi, senza capire: - Mi hanno mentito su tutto, sempre… mia madre, tutti quanti…- non voleva mostrarsi così vulnerabile e ferita, ma la consapevolezza del fatto che, finché ci fosse stato Nick, non sarebbe stata inghiottita dal buio, le dava la spinta per esternare anche solo un po’ della cruda devastazione accumulata nelle ultime ore. - Da Rebekah…- gemette, fievole, furiosa. -… è da Rebekah che sono venuta a saperlo, capisci?! Che Damon non è… che lui non è mai stato mio zio, lui… non posso crederci… è mio… m-mio…- si bloccò, scuotendo il capo. -… non so più chi sono. Voglio solo scomparire. Voglio restare così per sempre. Quando tutto quest’incubo sarà finito, posso svegliarmi tra le tue braccia?-
Il ragazzo annuì lentamente e tacque, ma la sua stretta divenne all’improvviso più intensa, quasi spasmodica, confortante. Lei premette la fronte contro la sua spalla, mentre il tepore silenzioso del corpo di Nick scioglieva un po’ della sua paralisi interiore e le restituiva un brivido di vitalità nelle vene. Non c’era nulla che potesse dirle per consolarla o per cambiare le cose, ma il semplice fatto che lui fosse lì e che la stesse cingendo in quel modo le diede la forza di inspirare profondamente, per calmarsi.
Poi una folata di vento li investì in pieno entrambi, costringendo il giovane a sussultare e a ribaltare precipitosamente le loro posizioni, in modo da farla stare al riparo, nascosta e schiacciata contro il legno duro della quercia. Allibita, da sopra la sua spalla, Demetra vide qualcosa di simile ad un uragano sfrecciare a poca distanza da loro:
- LARGO, LARGO! TZE’! QUI C’E’ GENTE CHE STA LAVORANDO!- gridò una voce familiare, accompagnata da un baluginio di riccioli biondo oro e dallo splendore roteante di una lama color zaffiro impegnata in una danza ipnotica e micidiale tra le foglie. Prince, con la faccia lucida di sudore illuminata a festa dal ghigno di un bambino portato al parco divertimenti, si materializzò come un fulmine a ciel sereno al loro cospetto ed affondò la grossa sciabola che teneva in pugno contro il petto della creatura con cui stava duellando. Questa schivò il colpo, schizzando da un lato, lontana dalla sua portata, e Demi ebbe giusto il tempo di individuare uno sventolio di abiti femminili strappati, di capelli purpurei impiastricciati di sangue nero.
Kayla.
- OH-OH! Un pubblico più ampio per assistere alla tua disfatta, Ombra, mia cara!- gongolò il figlio di Klaus, per nulla infastidito, roteando su se stesso con una grazia ed un’agilità davvero impressionanti, frutto di anni ed anni di crudele, straziante addestramento. Si voltò all’indietro per intercettare lo sguardo sconvolto di Demi e le strizzò l’occhio con aria maliziosa, ignorando il fatto che un livido violaceo si stesse progressivamente allargando sotto di esso, poi tornò ad affrontare Kayla, più agguerrito che mai: - Non farmi fare brutta figura, altrimenti… no, scusa, facevo per dire. Credo che finirà malissimo in ogni caso, per te, perciò… MUA-AH!-
- Non sei costretta a guardare.- sussurrò Nick, ansiosamente, continuando a proteggere la Salvatore col proprio corpo. Lei abbassò d’istinto lo sguardo, accorgendosi che anche il suo ragazzo, proprio come il fratello, esibiva una cintura orlata di armi sui fianchi. Parecchi spazi, nel cuoio, erano visibilmente vuoti, là dove fino a poco prima erano stati incastrati dei paletti appuntiti. Anche lui si era battuto in quel modo? Perché? Che cosa diamine stava succedendo…?! - L’intera famiglia Stone è stata ridotta in quelle condizioni. Fratello, padre, madre... tutti contagiati e mandati fin qui come un esercito demoniaco. Abbiamo eliminato i suoi genitori poco fa…- Demi trattenne il fiato e lui si fece scuro in viso. -… non c’è stato niente che potessimo fare, era già troppo tardi. Nessuna cura è utile, quando la trasformazione è ultimata. Erano gli schiavi di Sophie e Shane, ormai, nient’altro che il guscio vuoto di ciò che erano un tempo.- le spiegò lui, mestamente. Non c’era traccia della gioia selvaggia di Prince nel suo tono rassegnato, e Demi si sentì commossa dalla sua costernazione. Le smorfie orrende della sua ex compagna di classe la squartavano dentro, facendole venire voglia di urlare: - Mi dispiace tanto. La morte è stata una liberazione, per loro. Quelle povere anime hanno smesso di essere intrappolate dalla magia nera ed hanno trovato la pace.-
Demetra gli credette, ma il senso di oppressione dalle parti del suo petto non accennò a diminuire:
- Perciò…- bisbigliò, mentre il figlio di Klaus faceva leva su una grossa roccia e si scontrava a mezz’aria con la mostruosità, spingendola con un calcio fino all’altra parte della radura e concedendosi un breve secondo di autocelebrazione. Con grande sorpresa della ragazza, gettò via la spada, lasciando che si conficcasse, tintinnando, nella terra nuda, poi cominciò ad armeggiare con una bottiglietta piena di polvere blu, completamente disarmato: -… a-adesso, tu e Prince siete diventati degli inseparabili… AcchiappaFantasmi?!-
- … fuochino.- mormorò Nick, con l’ombra di un sorriso ad increspargli la bocca. Incrociò l’occhiata allarmata che Eve gli stava lanciando e Demi capì che stavano comunicando in qualche modo a lei sconosciuto, forse sfruttando lo stesso sistema che lei e Damon usavano inconsciamente per scambiarsi i pensieri, quando lui era ‘il corvo’. Il suo stomaco fece una capriola, mentre il figlio di Elijah le afferrava la mano e la trascinava tra i cespugli, lontana dal luogo in cui Prince e Kayla stavano per darsi il colpo di grazia. Lei esitò e, nonostante le sue gambe stessero obbedendo all’impulso di fuggire e di rifugiarsi, si divincolò da quella stretta decisa:
- Che cavolo pensa di fare, Prince, eh?!- ansimò, osservando la scena dello scontro con la coda dell’occhio. Il biondo era ancora inerme, concentrato sulla boccetta che si dondolava tra le mani, come un giocoliere spavaldo. L’Ombra brutale della Stone, nel frattempo, gli si stava avventando contro ad una velocità pazzesca, spingendo la Salvatore a strillare a pieni polmoni: - Crede di poter vincere senza neanche brandire una mannaia o un coltello o una qualsiasi arma che…?-
- FUOCO!- confermò Prince, spargendo con un unico gesto, brusco ma infallibile, la polvere di lapislazzuli verso la creatura fedele a Sophie Deveraux. Le particelle sfavillanti, volando e ronzando come uno sciame di vespe inferocite, circondarono il corpo ed il viso di Kayla, aggredendolo, e, in men che non si dica, le diedero letteralmente fuoco. Fiamme impietose le divorarono le carni ceree ed i capelli sfibrati dall’Espressione, ma non venne fuori un solo lamento dalle sue labbra annerite. Eppure Demi, respirando fino a tossire il fumo, il sale e lo zolfo che esalavano dal piccolo incendio, comprese che la vita dell’amica del cuore di Tina O’Neil era davvero giunta all’epilogo.
 
///    
 
- Non è una vera festa senza i fuochi d’artificio, dico bene?!- fischiettò Prince, spolverandosi allegramente la giacca dalla cenere e ravvivandosi i capelli con un gesto altezzoso delle dita affusolate. Si diresse verso il luogo in cui si erano nascosti il fratello e Demi, camminando sicuro come un divo tra la folla in delirio, ma la Salvatore venne fuori dalla tana prima che potesse raggiungerli, con gli occhi azzurri lampeggianti e gonfi di lacrime trattenute:
- Non c’è bisogno di gongolare tanto.- sbottò, superandolo con una spallata ‘’casuale’’ ed affrettandosi a raggiungere il cerchio scuro ed ancora fumante dietro di lui, là dove l’unica testimonianza dell’esistenza di Kayla Stone si riduceva ad un mucchietto di cenere densa e ferrigna. Nick comparve alle sue spalle ed intercettò lo sguardo profondamente offeso del figlio di Klaus, prima che lui si voltasse per tornare a fissare la ragazza:
- E grazie tante per avermi evitato di fare la stessa fine di quell’ombra bavosa, Prince, mio eroe!- sbuffò quest’ultimo, facendole spudoratamente il verso e fissandola scioccato mentre s’inginocchiava sull’erba carbonizzata, lambendola con la punta delle dita, come in una carezza. Fu tentato di fare a Nick un gesto mulinante con l’indice, per chiedergli se ci fosse qualche rotella fuori posto nella mente acuta della sua fidanzata, poi decise che era meglio chiedere delucidazioni alla diretta interessata: - Insomma, qual è il tuo problema?- soffiò, irritato.
- La conoscevo.- mormorò Demi, senza girarsi. - Non meritava questa fine orrenda. Nessun essere umano se la meriterebbe.-
- Anche per me è un piacere rivederti, amore.- improvvisò Prince, come non l’avesse sentita, rispondendo alla conversazione ideale che stava avvenendo solo e soltanto nella sua testa. A proposito, faceva male. PapàOmbra gli aveva procurato un bel bernoccolo, prima di finire arrostito. - Anche se ti preferivo con il vestitino corto che indossavi ieri sera, decisamente. Questo look trasandato non è adatto ad una principessa.- in un paio di passi raggiunse la sciabola che era rimasta infilzata in una zolla e la estrasse, rimettendola nella fodera. Lei gli lanciò un’occhiata assassina, ma Nick ignorò pazientemente le allusioni del fratello, dirigendosi verso la ragazza.
Le sue mani delicate le sfiorarono le spalle:
- Dobbiamo andare.- mormorò, aiutandola a rimettersi in piedi e scrutando Prince con un cipiglio di rimprovero, come se l’altro fosse l’essere più insensibile sulla faccia della terra. Il biondo parve prenderlo come un complimento, perché ghignò e fece un gesto di congedo con le mani, rinunciando alla conversazione: - Sei esausta. Lo siamo tutti. Non c’è bisogno di prendersela con lui, ha cercato di fare del suo meglio per aiutarmi a trovarti.- le sussurrò, onestamente, cogliendola di sorpresa:
- Ha collaborato con te?! Per me?- gli domandò Demi a bassa voce, sgranando le palpebre. Non sapeva se sentirsi lusingata o terrorizzata da quella faccenda. Nel dubbio, continuava ad essere intrattabile, come un vulcano sull’orlo dell’eruzione.
- In realtà.- li corresse prontamente l’altro, scrollando le spalle, per minimizzare. - Sono venuto fin qui solo per la Profezia della Clessidra. Ma tu sei un magnifico effetto collaterale, intendiamoci. Anzi, al posto tuo, sarei davvero super gentile con me. E’ la terza volta che ti salvo la vita in meno di ventiquattr’ore, o no? Mi merito un premio.- inarcò le sopracciglia, con un cenno palesemente ammiccante: - Puoi scegliere quale. Un insignificante pezzo di pergamena vecchio di mille anni, oppure, beh... posso farmi venire qualche idea migliore, se per te non è un problema…-
Le gote vellutate della Prescelta s’imporporarono davanti al suo sorriso abbagliante, mentre le ringhiava a denti stretti:
- Senti, carino. Tu e la tua arroganza da strapazzo non otterrete proprio un accidente di…!-
Nick si passò una mano sul viso, ma smise di ascoltare quel battibecco sempre più furente quando si rese conto che Eve si stava agitando al lato destro di Prince, tirandogli la manica della maglia col muso e mugolando nervosamente. Il ragazzo dalla chioma dorata, però, troppo impegnato a ribattere a tono alle rispostacce che Demetra gli rifilava, non le stava prestando la minima attenzione.
’Eve.’’ la cercò telepaticamente il figlio minore di Hayley, cercando di intuire cosa ci fosse che non andava. ‘’Dimmi. Che cosa succede?’’
‘’Il ragazzo Stone, quello che ho azzannato alla gola poco fa...’’ spiegò la Lupa Mannara, precipitosamente, la voce interiore che le tremava dall’apprensione. Tra le sue riflessioni c’erano anche degli spasmi di dolore provenienti dalle parti della sua zampa anteriore, che la Labonair non sarebbe stata in grado di appoggiare a terra per un bel po’, forse nemmeno in caso di necessità. ‘’… si è risvegliato. Non è eterno, quel tipo di ferita, lo sai, si rimargina in fretta… Prince deve appiccare l’incendio, prima che…’’
‘’… prima che l’Ombra faccia del male a qualcun altro.’’ terminò Nick al suo posto, con un fremito d’ansia e di presagio che gli zampettava sulla spina dorsale, spingendolo a scattare in avanti, verso il fratellastro, il quale era paonazzo dalla rabbia davanti all’irremovibilità dispettosa di Demi:
- Non vedrai neanche uno stralcio di Profezia fino a quando non avrai sputato il rospo sul come e sul perché intendi usarla…-
- Prince.- lo chiamò Nick, afferrando il biondo per il gomito e scuotendolo appena, quando bastava per ottenere tutta la sua piccata attenzione su di sé. I loro occhi dal taglio e dal colore così diverso trasudarono un’intesa talmente assoluta da far sentire la Salvatore una comparsa sul palcoscenico di quell’attimo decisivo: - Non è finita qui. Prendi la tua polvere e diamoci una mossa. C’è ancora un Infero a piede libero, da quella parte, e qualcuno potrebbe essere in pericolo…-
L’aria densa, satura di tensione fu squarciata da un urlo improvviso, stridulo e lacerante.
Ma non si trattava di un grido umano, bensì di un verso animale, soffocato… gracchiante.
- DAMON!- prima che uno qualunque dei due fratelli Mikaelson potesse fermarla, Demi si era già lanciata all’inseguimento di quello stridio rapace, col cuore che le martellava nelle orecchie, nelle vene dei polsi, della giugulare. No, non poteva essere, non Damon… Quando si sporse di nuovo oltre la quercia rugosa, completamente dimentica del risentimento e del senso di tradimento e delusione che aveva provato a causa della scoperta dell’identità del proprio vero padre, la ragazza vide con orripilata chiarezza ciò che stava accadendo: il corvo aveva un’ala evidentemente spezzata, mentre Adam Stone, ritornato in piedi, con lo squarcio nella sua laringe ricucitosi come per magia, esibiva un’orbita oculare sfondata, trafitta con ogni probabilità dal becco lucido dell’uccello.
Tuttavia, a quanto pareva, un solo occhio cavato non era sufficiente a mettere un’Ombra fuori combattimento e quest’ultima stava tornando all’attacco, imbufalita.
Damon planò di nuovo in picchiata ma venne colpito da una manata violenta, che lo mandò a sbattere contro il ramo legnoso ed acuminato di una betulla, a pochi metri da Demi. Lei fece per avvicinarsi, ma si sentiva le ginocchia immobilizzate dalla paura. Era terrorizzata, non tanto per quello che sarebbe potuto accadere a lei se soltanto si fosse fatta vedere da Adam, quanto, piuttosto, dall’eventualità di accorgersi che Damon non sarebbe stato più in grado di rialzarsi come se nulla fosse successo. Forse, con quel pezzo di legno conficcato nella schiena, lui non avrebbe avuto la forza di sorriderle rassicurante, di dirle che avrebbe fatto il sedere a strisce a chiunque avesse tentato di separarli. Forse si sarebbe lasciato andare, arrendendosi, convinto che lei lo avesse rifiutato, scappando via senza dare ascolto alle sue raccomandazioni.
‘’Oh, ti prego, non mollare… per favore… per favore, papà…’
- Demi…-
Con un gemito rantolante, il corvo si smaterializzò in un fulgore di luce opaca e sbiadita, e al suo posto riapparve la sagoma scomposta del vampiro dalla pelle candida come neve, come quella della sua bambina, la quale si sentì superare con un balzo dall’ormai familiare turbine di abiti, armi e rissosità che era tornato ad impossessarsi di Prince Mikaelson.
Damon cercò di tirarsi su ma i suoi muscoli non risposero ai comandi, facendolo ribollire di furia, mentre il figlio di Klaus era costretto a tener testa ad Adam con molte più difficoltà rispetto a quelle che aveva riscontrato con Kayla.
… ogni volta che si risvegliano dal loro stato di morte apparente, le Ombre si risvegliano con una forza duplicata rispetto a quella precedente…
- Prendi questo.- ordinò Nick alla Salvatore, passandole sottobanco un paletto della propria scorta e stringendole con veemenza le piccole dita attorno all’impugnatura. Lei avvertì che la sua voce grave tradiva un senso d’imminente separazione e cominciò a scuotere la testa: - Eve t’indicherà la strada di ritorno. Usalo, se è necessario. Colpisci al cuore.- le posò le labbra sulla fronte, in un gesto così rapido da risultare impercettibile, poi si lanciò per dare una mano al fratello, il quale teneva sollevata la spada bluastra sulla testa, ma non riusciva a parare con successo tutti gli affondi dell’Ombra potenziata.
- Io non vado da nessuna parte, senza di voi.- protestò Demi, a mezza voce.
Fu un attimo: la punta della lama di Prince si ruppe come se fosse di cristallo ed il giovane fissò la propria arma dimezzata come un amante tradito, prima di essere sbalzato via da un prodigioso pugno di Adam. Nick lo vide rotolare nell’erba con il labbro inferiore spaccato in due ma, prima che potesse gettarsi sul nemico per difenderlo, capì che l’Ombra, privata della vista solo per metà, non aveva intenzione di occuparsi né di lui né del figlio di Klaus, per il momento.
Il suo unico, spaventoso occhio sano dalla sclera multicolore si puntò sul responsabile del suo parziale accecamento, che era riuscito a rimettersi in piedi debolmente, facendo leva con il braccio non penzolante sul tronco dietro di sé, per poi scivolare nuovamente verso il basso, il sangue scarlatto che sgorgava copioso dalla punta del ramo che gli aveva perforato la gabbia toracica in seguito all’impatto contro l’albero.
Damon.
Anche Demi intercettò lo sguardo avido di Adam ed immaginò alla perfezione quello che sarebbe successo di lì a qualche istante, senza però riuscire a sopportarlo.
Fu per questo che, d’istinto, si gettò con un urlo tra la bestia infernale e suo padre.
Prince, stordito e riverso sul terreno incolto, ebbe la netta, orribile sensazione di aver già vissuto in prima persona quella scena: anche lui, da piccolo, nonostante fosse ossuto ed inerme ed avesse fatto una promessa vincolante, si era lanciato tra l’incantesimo letale di Sophie ed il corpo di sua madre, nell’illusione di riuscire a salvarla dalla fine che qualcuno, lassù, aveva già scritto per lei nel giorno stesso in cui aveva scoperto di essere incinta di un mostro.
- NOOOOOOOOO!-
A quei tempi, Prince non ce l’aveva fatta a proteggerla… proprio come Demi adesso.
A sbalzarla lontana dal pericolo mortale, infatti, proprio come Elijah aveva fatto con lui, era arrivato Nick, i suoi capelli castani contro il sole morente del tramonto inoltrato. Fu Nick ad essere aggredito ed acciuffato dall’Ombra sibilante di Adam Stone al posto di Damon e, mentre la Salvatore ruzzolava tra i cespugli, al riparo, ed il vampiro riusciva a liberarsi dal legno che l’aveva infilzato, fu nel collo delicato del minore dei Mikaelson che calò il morso incurabile e maledetto dell’Infero.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
///
 
 
NOTE del TESTO:
 
(1) Eve Labonair è un personaggio di ‘’The Originals’’, trasmigrato nel ‘’DD’’ come Sophie Deveraux. Era la Lupa Mannara di mezza età, con le trecce bionde, amica e protettrice di Hayley nonché fan di Elijah, uccisa da Oliver nella puntata 1x19.
 
(2) Le armi incantate/segnate dall’Esagramma degli Elementi o costruite con estratti di lapislazzuli o zaffiri sono in grado di scalfire e sconfiggere più rapidamente le creature dell’Inferno.
(3) Ispirazioni recenti, penetrate nell’immaginario del ‘’DD’’, che ringrazio di cuore.
(4) Citazione di L.J. Smith.
(5) Alcune formule magiche pronunciate da Sheila e da Bonnie sono state inventate da me, altre provengono direttamente dal telefilm ‘’The Vampire Diaries’’.
 
NOTE dell’AUTRICE:
 
Eccomi qui. E’ l’1.56 ed io sono in lacrime davanti al pc. La mia Serena mi ha abbandonata ma sono sicura che domani mattina sarà a pezzi quanto me. Ho scritto ad Annina, che mi ha suggerito di prendere latte e biscotti e di andare a dormire. Ma non è facile farlo dopo aver scritto il capitolo più lungo (40 pagine) e, per me, più straziante di sempre. Vi avevo annunciato una tragedia, ma non sono sicura di come la prenderete, una volta capito che si trattava di Nick. Sono curiosa e terrorizzata. Specialmente da Ely, che ama il suo Niko come nessuno e che, in questo momento, starà cercando di scovare il sistema più efficace e rapido per uccidere attraverso lo schermo di un computer.
Che dire?
Sono stranamente soddisfatta di ciò che la storia è diventata. Dei progressi che ho registrato, del calore che ho ricevuto fino a questo momento. Scrivere questo capitolo mi ha regalato un’emozione profonda ed ininterrotta, perché era tutto molto, molto più ‘’romanzesco’’ del solito. Spero che vi sia piaciuta questa ennesima svolta fantasy e che vi abbia fatti divertire, appassionare e soprattutto commuovere in ogni scena, specialmente in quelle più drammatiche. Fatemi conoscere le vostre opinioni al riguardo, con lo stesso entusiasmo con cui avete lasciato le bellissime recensioni al mio #cap36. 
Ora che Nick è stato morso, che Prince è così vicino a recuperare la Profezia per i suoi ignoti scopi, che Mattie sente la voce della Lupa Eve nella propria testa, che William Doge si è rivelato un esperto di Occulto, che Demi conosce la verità su Damon e che le Ombre spopolano a Mystic Falls… che cosa accadrà?!
 
Alla prossima.
Voglio dedicare queste 40 facciate all’uomo meraviglioso e ricco di talento che ha ispirato tutta la mia vita e che tutti noi abbiamo perso tragicamente l'11 agosto 2014. Addio, Robin Williams, ci manchi davvero moltissimo.
Un bacio ed un milione di grazie a tutti voi,
Evenstar75 <3
  
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