Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Nimel17    23/09/2014    2 recensioni
Seconda classificata al contest "Can you paint with all the colours of the wind?" di visbs88
Cosa porta l’Uomo Nero ad Arendelle? E se avesse incontrato un’altra persona, prima di Jack Frost, con i poteri del ghiaccio?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elsa, Sorpresa
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAP. 1
 
In the dark of the night, evil will find her
In the dark of the night, just before dawn!
 
In the dark of the night, terror will strike her!
Terror’s the least I can do!
In the dark of the night, evil will brew!
 
Soon she will feel that her nightmares are real
 
Pitch
 
L’Uomo Nero non si era mai sentito così potente. Da anni faceva visita alla primogenita della famiglia reale di Arendelle, nutrendosi delle sue paure e insicurezze, diventando per lei una sorta di ombra… sorrise alla sua scelta delle parole, accarezzando un suo demone che gli galoppava intorno.
Aveva visto i poteri di Elsa crescere con lei, che probabilmente non si rendeva nemmeno conto del suo potenziale. Con la principessa al suo fianco, sicuramente prima o poi sarebbe riuscito a vendicarsi dell’abisso di solitudine e debolezza in cui l’Uomo nella Luna l’aveva gettato, preferendogli quei meravigliosi Guardiani.
Quegli stolti credevano di poter cancellare la paura dal mondo… talvolta Pitch quasi desiderava che vi riuscissero, così poi avrebbero capito che, senza di lui a instillare terrore nei loro piccoli cuori, i bambini non sarebbero arrivati sani e salvi all’adolescenza, diventati troppo audaci per il loro stesso bene.
Fino a una decina di anni prima, il suo sogno era tornare ai cari Secoli Bui, quando tutti erano così disperati, così infelici… povere anime sfortunate. Quelli sì che erano bei tempi per lui, la sua potenza era allora praticamente illimitata e i bambini credevano all’Uomo Nero nascosto sotto i loro letti o nei loro armadi, facendo addirittura controllare ai loro genitori.
Che soddisfazione vedere le loro faccine sgomente che lo fissavano mentre gli adulti dicevano “Vedi? Non c’è nessuno qui.”
Sbagliato. C’era lui, venuto a donare i suoi incubi.
Tuttavia, da qualche tempo, non rimpiangeva più così tanto quel periodo, per quanto glorioso fosse.
Razionalmente, si diceva che l’Uomo nella Luna avrebbe creato altri Guardiani per sconfiggerlo se fosse riuscito a restaurare l’antica egemonia, quindi era meglio attenersi al suo… lavoro.
Sapeva, però, che la verità era che la principessa gli aveva fatto comprendere che dominare non era più la sua priorità.
Voleva che la sua esistenza venisse riconosciuta come reale. Voleva essere parte di qualcosa. Dopo ci avrebbe pensato lui a seminare la paura nei sogni dei marmocchi, ma la cosa importante era che non sarebbe più stato solo e dimenticato, grazie ad Elsa.
Solo qualche giorno prima c’era stata la sua incoronazione e da allora lui attendeva che lo chiamasse, come avevano stabilito. Una regina non aveva la stessa libertà di una ragazzina chiusa nella sua stanza, e per una volta Pitch aveva deciso di mostrarsi accomodante nei suoi confronti.
Strinse le labbra in una linea sottile, improvvisamente di cattivo umore.
Quando il re e la regina erano morti in quel naufragio, Elsa era ridotta malissimo. L’aveva trovata nella sua camera ghiacciata, con tanto di neve che scendeva a fiocchi, e l’aveva consolata.
Consolata!
Lui non era uno spirito affettuoso come Babbo Natale o la Fata dei Denti, eppure gli era sembrata la cosa più naturale da fare, inginocchiarsi al suo fianco e posarle una mano sulla spalla scossa dai singhiozzi.
Scacciò quei pensieri e si concentrò sul fatto che, ora che Elsa era regina, altre angosce sarebbero entrate in lei. Presto sarebbe stato in grado di ricreare i Fearlings, le loro ombre simili a fantasmi dotati di artigli sarebbero tornate a spaventare i bambini durante la notte e lui li avrebbe sorvegliati. Da quando aveva riacquistato parte dei suoi ricordi come Kozmotis Pitchiner non aveva più avuto il coraggio di ricreare quella particolare categoria di demoni utilizzando quelle deboli e innocenti creature come materia prima, ma questo non voleva dire che non avrebbe potuto usare i sogni di Sandy, allo stesso modo in cui aveva dato origine ai suoi Incubi.
Sbuffò. La consapevolezza che una parte del generale viveva ancora in lui l’aveva rammollito, l’aveva vincolato a dei principi (non poteva fare a meno di storcere la bocca ogni volta che pensava a questa parola), quindi aveva deciso di sfruttarne i vantaggi: Kozmotis era stato un grande soldato e la sua abilità strategica gli era tornata utile, invece di colpire con attacchi caotici, seppur potenti.
“Padrone…”
Pitch si voltò verso l’Uomo Incubo, che se ne stava in disparte.
“Dimmi. Notizie da Arendelle?”
“C’è una quantità enorme di paura, paragonabile solo a quella in tempo di guerra o nelle cacce alle streghe.”
“Onyx!”
Il suo fedele destriero Incubo si materializzò alle sue spalle, strofinando gli zoccoli per terra.
“Si va ad Arendelle. Veloce.”
Cosa poteva essere successo di così drastico in pochi giorni? Doveva per forza riguardare Elsa in qualche modo… aveva già avuto una dichiarazione di guerra? Se qualche reame avesse scoperto dei suoi poteri, era plausibile. Nessuno voleva una regina che regnava da sola e per di più in possesso di magia come vicina.
Fermò Onyx davanti ai cancelli del palazzo reale e una rapida occhiata ai dintorni gli bastò per comprendere la gravità della situazione: la neve scendeva copiosa, i sentieri e l’acqua nelle fontane erano ghiacciati, la temperatura era gelida… nonostante fosse pieno luglio.
Tutta Arendelle era ricoperta di un bianco lucido, intenso.
“Oh, Elsa, Elsa… qualcuno ha fatto la bambina cattiva, qui.”
Chiuse gli occhi e si sforzò d’ignorare quella paura collettiva e opprimente dei paesani per cercare una traccia del terrore unico della giovane donna, ma invano. Benchè fosse leggermente nauseato, ascoltò il panico della gente: era talmente forte e abbondante da risultare come un nutrimento forzato.
L’oggetto degli incubi di molti era Elsa, che aveva perso il controllo dei suoi poteri durante il banchetto della sua incoronazione. Entrando in diverse case, lesse dai loro sogni che la principessa Anna era morta dopo essere stata colpita dal potere della sorella in pieno cuore, e ora il re era un certo principe Hans delle Isole del Sud.
Pitch camminò per riflettere, le mani dietro la schiena e fluttuante sui tetti. I suoi piani erano distrutti, solo perché non era stato abbastanza cauto da sorvegliare la ragazza! Era prevedibile lo scoppio, dopo la tensione della folla, della cerimonia e senza dubbio della compagnia della sorella minore.
Questo però significava anche… che Elsa era sola.
Aveva solo lui.
Alzò lo sguardo e osservò il paesaggio innevato: ora poteva sentire il richiamo della sua paura, che aveva per lui un sapore freddo e rinvigorente.
Proveniva da una montagna più a nord. Pitch socchiuse gli occhi e osservò meglio: era quasi certo che la sua vista acuta non lo ingannasse e che sulla vetta del monte ci fosse un palazzo.
Sorrise e richiamò Onyx, spingendolo verso la foresta.
Qualche lupo ebbe il coraggio di affacciarsi, ma bastarono gli occhi dorati del cavallo e del cavaliere per farli scappare con la coda tra le gambe. Mano a mano che si avvicinava, percepiva sempre più forte il terrore della fanciulla e si accorse di essere ansioso per l’incontro.
La verità era che non sapeva esattamente cosa aspettarsi.
Onyx nitrì e s’impennò un paio di volte per poi fermarsi e l’Uomo Nero si riscosse dai suoi pensieri.
Da quanto tempo non rimaneva sorpreso da qualcosa? Dalla sua caduta ad opera dell’Uomo nella Luna, probabilmente, eppure quello che i suoi occhi registrarono lo sbalordì: un castello fatto interamente di ghiaccio, candido e luminoso, si elevava come per rivaleggiare con la sommità della montagna, riccamente decorato d’incisioni e abbellito ulteriormente dai riflessi lunari.
Possibile che fosse stata Elsa a crearlo?
Spinse Onyx sulla scalinata, anch’essa di ghiaccio, poi scese davanti ad una porta grandissima recante il simbolo di un fiocco di neve. Vi appoggiò la mano e spinse leggermente, per poi entrare.
Si trovò subito a suo agio, perché quello che doveva essere il pianterreno era completamente immerso nelle tenebre e solo al piano superiore c’era qualche zona illuminata dalla luna.
“Pitch? Sei tu?”
La voce tremante apparteneva ad Elsa, senza dubbio, ma quando il Re degli Incubi la scorse  in cima alle scale, non ne fu tanto sicuro: la giovane donna che conosceva era controllata dallo chignon serrato alla punta delle scarpe, posata e ragionevole.
Ora, davanti a lui, c’era una nuova Elsa, con i capelli dorati acconciati in una treccia che le scendeva lungo la schiena, con un abito d’un azzurro chiarissimo che le lasciava scoperte le spalle e che scendeva aderendo alle sue gambe per poi allargarsi sul pavimento ghiacciato, con il volto che non cercava più di nascondere pensieri ed emozioni e col suo potere che creava una specie di aura intorno a lei.
“Regina Elsa.”
La giovane donna impallidì a quell’appellativo e iniziò a scendere con calma le scale.
“Non sono una regina. Il primo tentativo si è rivelato un vero disastro. Ho rivelato a tutti i miei poteri, ho causato un inverno perenne, ho ucciso per errore Anna… io non volevo, non volevo!”
Pitch la guardò crollare a terra in ginocchio con le mani sul viso e le spalle scosse dai singhiozzi, ma si sforzò di rimanere lucido e impassibile.
“Questo è un palazzo e fa di te, sua creatrice, una regina.”
“Una regina senza sudditi.”
“I tuoi cittadini saranno la neve e il vento.”
Lei pianse più forte e l’Uomo Nero si chinò sospirando ad appoggiarle le mani sulle spalle.
“Temevo che sarebbe successo, prima o poi. Non hanno mai creduto in te.”
“Sta’ zitto!”
“Io ti capisco, Elsa.”
“Ho detto sta’ zitto!”
All’improvviso Pitch si ritrovò gettato all’indietro da un’esplosione di neve, ma riuscì ad atterrare in piedi. Una rabbia mai provata prima lo invase e la vide riflessa negli occhi fiammeggianti della fanciulla: come poteva respingere il suo aiuto?
“Credi che non sappia come ti senti?”
Fu costretto a schivare di lato una serie di lame appuntite di ghiaccio e rispose allora con un attacco della sua sabbia nera. Lo scagliò con forza, mirando tuttavia non a lei ma ad un punto che le era vicino.
“Credi che non sappia cosa si provi ad essere rifiutati da tutti, ad essere additati come un mostro?”
Elsa contrattaccò con una tormenta che gli tolse la visuale per pochi istanti, ma riuscì a spazzarla via.
“Credi che ignori come ci si senta a non essere creduti? A desiderare di far parte di una famiglia?”
“Basta!”
Pitch si dissolse nell’ombra per riapparire sopra di lei, evitando l’apice dell’impeto del suo potere, ormai fuori controllo. Il lampadario al centro del salone oscillò pericolosamente, per poi cedere e schiantarsi a terra in mille pezzi. Alcuni vetri mancarono per poco Elsa, che tuttavia sembrava essersi calmata: stava respirando profondamente, era stanca e, perduta l’adrenalina, subentrava in lei l’abbattimento. L’intera stanza era diventata per qualche istante di un bianco accecante, alternato con il colore scuro della notte. Lui allora si materializzò alle sue spalle e la cinse in un abbraccio confortante.
“Ora sei libera, sei padrona di te stessa! Non sarai più costretta a trattenerti!”
“Ma sarò sola.”
L’Uomo Nero intrecciò le sue dita con quelle di lei e abbassò la bocca fino a raggiungerle l’orecchio.
“In tutti questi anni passati a vivere nell’ombra, mia cara Elsa, ho creduto che nessuno potesse capire come mi sentivo. Ora, però, sono felice di dire che mi sbagliavo.”
La sentì abbandonarsi contro il suo petto e sorrise.
“Non dobbiamo essere per forza soli. Io credo in te.”
“Ho paura, Pitch.”
“Lo so.”
“Di giorno riesco a contenermi, ma la notte, nella notte prima dell’alba, il male mi trova e vedo chiaramente i miei incubi che si realizzano!”
“Io vivo in una notte eterna, mia regina. Non è solo un luogo di paure.”
Lei scoppiò in una risata secca.
“Detto dall’Uomo Nero!”
Pitch si scostò bruscamente, colpito da quelle parole. Aveva ragione, chi era lui per parlare?
Ma non poteva permettere alle sue insicurezze d’interferire con quella che poteva essere la realizzazione finale dei suoi progetti e desideri, così le circondò le spalle con un braccio e le indicò il buio davanti a loro.
“Dimmi, Elsa, quando eri piccola e soffrivi per il tuo isolamento, quando esattamente ti sfogavi, piangendo sul tuo cuscino?”
“Di notte.”
“E dopo, dopo, non ti sentivi forse meglio?”
Lei annuì e lui potè leggere una nuova incertezza nei suoi occhi.
“Nell’oscurità notturna non era forse facile fingere di essere una bambina normale?”
Fu la fanciulla stavolta a sottrarsi alla sua presa e ad allontanarsi, stringendosi le braccia e camminando a capo chino.
“Cosa stai cercando di dirmi, Pitch?”
“Che non esistono solo il bianco e il nero, il bene e il male, Elsa. Che puoi trovare aspetti negativi nelle cose belle e bellezza in quelle oscure.”
“Che potrei adattarmi a vivere in un’eterna notte…?”
“Con me.”
Lei tacque e alcune ciocche di capelli dorati le ricaddero sul viso, rendendogli impossibile leggere la sua espressione. Le prese la mano e la strinse fra le sue.
“Dimentica la vita che prima ti apparteneva, Elsa, e potrai cominciarne una nuova! Abbandonati a questo nuovo mondo e non respingere più il tuo potere… sii tu a dominarlo, invece di soccombervi! E dopo…”
La vide chiudere gli occhi, ma non come se si sentisse schiacciata da un peso e questo gli diede speranza.
“Dopo, potrai diventare mia. La Regina degli Incubi.”
“Perché?”
La domanda lo colse di sprovvista, anche se era perfettamente logica e naturale. Si era aspettato grida d’orrore, un’altra battaglia, ma non quell’interrogativo, pronunciato con un tono dolce e basso.
“Ogni re ha bisogno di una regina… E il freddo non mi ha mai dato fastidio.”
“Perché?”
Cosa poteva risponderle? Sperava ardentemente che quello che sentiva si limitasse all’empatia, perché l’amore era debolezza e non era nemmeno certo di poterlo provare. Lei sembrò comprendere.
“Tu vuoi che io diventi ciò che desideri che io sia, vuoi plasmarmi come uno dei tuoi incubi. Non t’importa nulla di me.”
“Non è vero!”
La sua replica fu più violenta di quanto intendesse, ma non ne poteva negare la verità delle parole.
“Non è vero. Sono stato al tuo fianco per anni…”
“Per servirti delle mie paure…”
“Non solo e tu lo sai. Sono stato il tuo confidente, il tuo unico amico. Lo ammetto, provare… affetto per te non era nei miei piani, ma è successo. In quanto al plasmarti, voglio solo che tu sfrutti le tue potenzialità, per farti capire quanto potrai essere felice, dopo.”
Notò che aveva ancora gli occhi serrati e ne fu felice. Non voleva che potesse leggergli l’ansia che stava incrinando il suo abituale autocontrollo.
“Devi solo temermi, amarmi, fare come ti dico, e io sarò il tuo schiavo. Lasciati guidare da me.”
Abbassò il viso vicino al suo e attese, consapevole che nei seguenti istanti si sarebbe compiuto il suo futuro.
Elsa sollevò finalmente le palpebre e lo guardò fisso, le iridi di un blu così scuro da sembrare quasi nero e le pupille dilatate.
“Così sia.”
 
Citazione iniziale: “In the dark of the night” da “Anastasia”.
 
 
  
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