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Autore: xX__Eli_Sev__Xx    24/09/2014    1 recensioni
[Seguito della One-Shot "You abandoned me"; spoiler X-Men DOFP]
Charles, Erik, Logan e Hank tornano a villa Xavier per tentare di localizzare Raven. Ad aiutarli ci sarà Charlotte Xavier, sorella di Charles, anch'essa mutante.
Durante le ricerche e gli allenamenti per migliorare i suoi poteri, Charlotte scoprirà cose che avrebbero dovuto rimanere nascoste, segreti mai rivelati e così potenti che sconvolgeranno totalmente la sua vita.
Nella corsa contro il tempo per salvare l'umanità e impedire al terribile futuro descritto da Wolverine di avverarsi, ognuno degli X-Men dovrà fare i conti con il proprio lato oscuro e mettere da parte l'orgoglio e l'odio per salvare, non solo le persone amate, ma l'umanità tutta.
Genere: Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Dottor Henry 'Hank' McCoy/Bestia, Erik Lehnsherr/Magneto, James 'Logan' Howlett/Wolverine, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The second chance


CAPITOLO VENTICINQUE

 
 Dopo tre giorni di torture ininterrotte, Trask chiese a Charles di fermarsi.
 «Credo che possa bastare. Adesso dovrebbe essere più incline a parlare.» si avvicinò alla ragazza, ancora stesa sul letto e ormai stremata. Erano giorni con non mangiava ed era visibilmente dimagrita. «Allora, tesoro.» riprese stringendo una mano intorno ai suoi capelli per farla voltare verso di sé. «Dimmi dove si trovano gli altri mutanti e potrei essere clemente.»
 «Perché non… lo chiede… al professore?» sussurrò lei, senza fiato.
 «Perché per averlo in mio potere ho dovuto rinunciare a scavare nella sua mente.» spiegò lui, in tono pratico. «Allora? Dove sono?»
 «Vai all’inferno…» replicò l’altra.
 «Molto bene.» riprese Trask «Professor Xavier, sa cosa deve fare.»
 Charlotte dovette reprimere un gemito di dolore quando lui penetrò nuovamente nella sua testa.
 
 Erik si svegliò di soprassalto.
 Aveva sognato Charlotte. Ancora. Trask le stava facendo del male. La torturava e la faceva soffrire per sapere dove si nascondevano gli altri mutanti. Voleva trovarli, studiarli e ucciderli, proprio come aveva fatto con Angel, Azazel e tutti gli altri.
 Magneto sentiva il cuore galoppare nel petto e il respiro così irregolare che la cassa toracica gli doleva ogni volta che inspirava.
 Scese da letto e aprì la finestra per fare entrare un po’ d’aria. Se Charlotte fosse stata lì l’avrebbe abbracciato, l’avrebbe fatto sentire meglio con parole di conforto e invece… invece era con Trask. E probabilmente stava soffrendo, torturata da quell’essere spregevole.
 Avrebbe dovuto trovarla. Charlotte non avrebbe potuto resistere ancora a lungo. Era forte, ma non invincibile. E se Trask le avesse fatto del male, l’avrebbe ucciso. Non si sarebbe fatto sfuggire un’occasione del genere un’altra volta. Non avrebbe esitato.
Nessuno avrebbe potuto fermarlo, nemmeno Charles, dato che se n’era andato.
 Perché li aveva lasciati soli a cercare Trask?
 Erik non poteva credere che avesse abbandonato la sorella per fuggire chissà dove. Lo credeva diverso… credeva che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei… e invece si era rivelato ben diverso da come lo ricordava.
 
 «Erik! Raven!» Hank era nel suo studio, davanti ai computer e stava osservando un punto luminoso su uno degli schermi. Stava lampeggiando da un po’ indicando un punto a nord della Casa Bianca.
 «Che succede?» chiese Raven, entrando di corsa e avvicinandosi. Erano giorni che tentavano di localizzare Charlotte, ma non avevano avuto nessun risultato.
 «Ho travato Trask.» affermò lo scienziato.
 Erik entrò subito dopo. Osservò lo schermo e sentì il cuore accelerare. Forse c’era ancora una speranza. «Dov’è?»
 «A pochi chilometri dalla Casa Bianca.» affermò Hank «E Charlotte si trova sicuramente lì con lui. Deve essere lì.»
 Raven annuì e si voltò verso Magneto. «Andiamo.»
 
 Charlotte aprì gli occhi. Era ancora nel laboratorio di Trask.
 Inspirò profondamente e sentì un dolore pungente alla cassa toracica. Tutte quelle torture l’avevano provata mentalmente, ma anche fisicamente. Aveva dolori ovunque, in ogni singola parte del corpo, non riusciva a pensare, tantomeno a camminare per poter tentare di scappare. Non sarebbe nemmeno riuscita ad arrivare alla porta e avrebbe ottenuto il solo risultato di peggiorare le cose.
 Solo in quel momento, voltandosi verso destra, si accorse che accanto a lei c’erano due aiutanti di Trask.
 Questi quando si accorsero che era sveglia, la liberarono dalla morsa delle cinghie in cuoio e la trascinarono fuori attraversando i dedalo di corridoi. Svoltando a destra e poi a sinistra, poi nuovamente a destra. Raggiunsero la cella sotterranea in cui si era risvegliata la prima volta e la gettarono al suo interno, con poca gentilezza.
 Le sue ginocchia cozzarono con il pavimento in pietra producendo un rumore secco. Quando i due chiusero la porta a chiave lasciandola sola, Charlotte si sollevò lentamente sulle braccia e quando riuscì a mettersi in piedi si trascinò fino al materasso. Si sdraiò su un fianco e si rannicchiò per tentare di ripararsi dal freddo che permeava quel posto.
 Perché mi fai questo, Charles? Perché?
 Poco dopo si addormentò, la mente in subbuglio e i pensieri aggrovigliati.
 
 Si svegliò di soprassalto qualche ora più tardi.
 Aveva sognato la morte dei suoi amici e Charles che la torturava, per l’ennesima volta.  Anche nel sogno non riusciva a fare nulla per salvarli o per impedire a suo fratello di continuare con le torture. Era troppo debole e non solo nel sogno, ma anche nella realtà. Era troppo debole per fare qualsiasi cosa, troppo debole per resistere ancora a lungo.
 Lacrime silenziose scesero lungo le sue guance.
 
 «Rieccoci qui, bambolina.» disse Trask entrando nella cella e facendo sobbalzare la mutante, che scattò a sedere, gli occhi spalancati dal terrore, pronto a tutto. «Allora, vuoi dirmi dove si trovano i tuoi amici?»
 «No.» disse lei von voce ferma. Non gli avrebbe rivelato nulla. Nemmeno se avesse continuato a torturarla. Peggio di così, in fondo, non poteva andare. Se l’avesse uccisa le avrebbe risparmiato altre sofferenze e non avrebbe mai scoperto dove i suoi amici si nascondevano.
 «Sei sicura?» chiese. «Potresti pentirtene.»
 «Vai al diavolo, Trask.» sbottò voltandosi verso la porta per evitare il suo sguardo.
 «D’accordo. L’hai voluto tu.» disse lui e rivolse un cenno del capo a uno dei suoi collaboratori, fermo fuori dalla porta della cella. Questo entrò e Trask lo osservò per un momento, poi ghignò. «Sai cosa fare, Alan.» e detto questo, uscì.
 E Charlotte rimase sola.
 L’uomo la stava osservando curioso e con una strana espressione sul volto. «Allora, piccola.» cominciò, sedendosi sul bordo del materasso. «Trask mi ha detto che devo convincerti a parlare.»
 Lei non rispose. Continuò a guardare la porta e attese.
 «Sicura di non volerci dire nulla?»
 Charlotte non rispose, si portò le ginocchia al petto e serrò gli occhi. Non avrebbe mai rivelato dove si trovavano i suoi amici, piuttosto si sarebbe fatta uccidere.
 «D’accordo.» sbottò Alan «Allora cominciamo!» sembrava entusiasta, qualsiasi cosa stesse per farle. Scostò un lembo della giacca e prese il coltello che teneva infilato nella cintura. Lo rigirò più volte tra le mani e poi sfiorò il volto di lei con la punta della lama.
 Charlotte dovette resistere all’impulso di ritrarsi a quel tocco. Non doveva e non voleva dar loro la soddisfazione di vederla impaurita. Perciò rimase immobile.
 L’uomo ad un tratto, le sfiorò la guancia con le dita, poi le circondò il collo con una mano. «Sicura di non volermi dire dove sono i tuoi amici mostri?» chiese aumentando la presa sul collo di lei. Non ricevendo risposta altro che ansiti strozzati, impugnò il coltello e lo fece scorrere sulla base del collo di lei.
 Una ferita si aprì sulla sua pelle nivea e cominciò a sanguinare.
 «Davvero?» chiese ancora.
 «Vai al diavolo.» ribatté lei con voce strozzata.
 «Molto bene.» la afferrò per un braccio e la fece cadere dal materasso.
 Lei atterrò sulla schiena e il respiro le si mozzò; tentò di alzarsi reggendosi sui gomiti, ma lui la raggiunse e la fece alzare in piedi prendendola per un braccio, bloccandola poi contro la parete. «Ti pentirai di non aver collaborato, bambolina.»
 Lei ansimò. Non poteva lasciare che quell’uomo le facesse del male. Non poteva semplicemente lasciarsi uccidere da loro. Doveva provare a scappare. Doveva fare qualcosa. Chiuse gli occhi e tentò di calmare il battito cardiaco, regolarizzare il respiro e concentrare tutte le sue forze per un ultimo sforzo.
 Forza, Charlotte. Devi andartene di qui.
 Quando fu sicura di poter evocare le sue katane, aprì le mani e si concentrò. Queste, pochi secondi dopo, comparvero. Strinse le mani intorno all’impugnatura e con un colpo secco, dopo essersi liberata dalla sua presa, trafisse Alan all’altezza dello stomaco.
 Lui gemette, cadde a terra in ginocchio e poi sulla schiena, esanime.
 La ragazza poggiò la schiena contro la parete, tentò di prendere fiato e quando fu sicura che le gambe potessero reggerla, avanzò verso la porta. Non avendo tempo per cercare le chiavi si concentrò e trapassò le sbarre, concedendosi poi un sospiro di sollievo e un sorriso. Era libera. Finalmente libera… non poteva crederci.
 Corse più veloce che poté trapassando pareti e porte chiuse, non avendo il tempo di provare ad orientarsi in quel labirinto. Tuttavia, si ritrovò in un corridoio che era identico a tutti gli altri. Si guardò intorno e lo percorse velocemente tenendo le spade tra le mani nel caso ne avesse avuto bisogno per difendersi.
 Quando incontrò due guardie, le neutralizzò in pochi secondi e poi ricominciò a correre. Doveva esserci un’uscita… doveva esserci per forza.
 Svoltò bruscamente a destra e si ritrovò davanti all’ufficio di Trask.
 Grazie al cielo, si disse. Da lì avrebbe saputo continuare e avrebbe potuto trovare l’uscita molto più facilmente. Si fece coraggio e proseguì diritto. Quando svoltò a sinistra, dietro l’angolo si trovò davanti Charles.
 Si bloccò. «Charles…» sussurrò. Non poteva lasciarlo lì. Doveva provare a convincerlo ad andare con lei. Doveva portarlo via con sé. «Charles, ti prego, dobbiamo andare via. Torna in te.»
 «Sono in me, Charlotte.» ribatté lui. «E tu non andrai da nessuna parte.» allungò una mano davanti a sé. Quando la mosse, la ragazza cadde a terra in preda al dolore.
 Charlotte non gridò. Sapeva bene che non avrebbe fatto altro che attirare lì altri amici di Trask, perciò si portò le mani alle orecchie e si morse il labbro inferiore.
 «Basta, Charles, per favore.» lo implorò.
 Lui rise e inaspettatamente si alzò dalla sedia a rotelle.
Charlotte sobbalzò, stupita. Come poteva camminare e, al contempo, avere i suoi poteri? Era impossibile. Trask aveva forse trovato una cura? No. No, era impossibile, non poteva averla trovata…
 Charles si avvicinò a lei e le sollevò il volto con due dita. «Non riuscirai a fermarmi, nemmeno implorandomi.» sibilò. «Con me non funziona.»
 Una lacrima le rigò una guancia.
 Charles, prese una delle spade ancora sul pavimento e la osservò rigirandola tra le mani.
 «Non sei utile a Trask e se ti lasciassimo andare, tu correresti tra le braccia di Erik.» disse «Non posso permetterti di scappare, ma la tua presenza, qui, è diventata alquanto scomoda.» e detto questo, la trafisse con la spada all’altezza dello stomaco.
 Charlotte gemette dal dolore e cadde sulla schiena. «Char… les…»
 «Scusami, sorellina, ma è necessario.»
 
 Tutto si dissolse. Charlotte era ancora inginocchiata nel corridoio, ma il fratello era ancora immobile sulla sedia a rotelle. La stava osservando e sul suo volto era dipinta un’espressione impassibile.
 «Perché fai questo, Charles?» domandò lei, tra i gemiti.
 «Perché è quello che ti meriti per avermi disubbidito.»
 «Charles…»
 «Sta’ zitta!» altri ricordi si sprigionarono.
 Erik.
 Hank.
 Logan.
 Raven.
 Lei e Charles.
 I loro genitori…
 No, basta… pensò la ragazza Smettila… ti prego…
 «Charles, per favore…» gemette ancora «Smettila…»
 E poi sentì del passi dietro di lei e il suo cuore smise di battere.
 L’avevano trovata. L’avrebbero riportata in quel laboratorio per farle chissà cosa.
 «Prendetela.» disse Charles.
 E due uomini l’afferrarono per le braccia e la sollevarono da terra.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Ciao a tutti! Eccomi qui con il 25esimo capitolo! È un po’ concitato, lo so, ma dovevo rendere l’idea della fuga!
A Venerdì con il prossimo!
Kiss, kiss, Eli
[Revisionato il 24/03/2016]
 
   
 
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