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Autore: BlueButterfly93    24/09/2014    2 recensioni
(REVISIONE STORIA COMPLETATA)
MIKI: ragazza che, come il passato le ha insegnato, indossa ogni giorno la maschera della perfezione; minigonna e tacchi a spillo. È irraggiungibile, contro gli uomini e l'amore. Pensa di non essere in grado di provare sentimenti, perché infondo non sa neanche cosa siano. Ma sarà il trasferimento in un altro Stato a mettere tutta la sua vita in discussione. Già da quando salirà sull'aereo per Parigi, l'incontro con il ragazzo dai capelli rossi le stravolgerà l'esistenza e non le farà più dormire sogni tranquilli.
CASTIEL: ragazzo apatico, arrogante, sfacciato, menefreghista ma infondo solamente deluso e ferito da un'infanzia trascorsa in solitudine, e da una storia che ha segnato profondamente gli anni della sua adolescenza. Sarà l'incontro con la ragazza dai capelli ramati a far sorgere in lui il dubbio di possedere ancora un cuore capace di battere per qualcuno, e non solo..
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Lo scontro di due mondi apparentemente opposti, ma in fondo incredibilmente simili. Le facce di una medaglia, l'odio e l'amore, che sotto sotto finiranno per completarsi a vicenda.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ubriaca d'amore, ti odio!'
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Capitolo 10

Al ballo di Natale, come Cenerentola






Nelle settimane precedenti il ballo di Natale nulla mutò. Nella mia quotidianità non ci fu alcuna novità. Gli unici miei dialoghi pacifici avvenivano con Nathaniel, Lysandre e Rosalya con la quale avevo scoperto di avere molte cose in comune. Eppure con nessuno dei tre riuscivo a sbilanciarmi. Continuavo ad avere la convinzione che tutti prima o poi mi avrebbero voltato le spalle, mi avrebbero ferita o addirittura usata per qualche losco scopo. Sapevo che non tutti fossero come Castiel o Ciak, ma non riuscivo proprio a fidarmi pienamente di nessuno e sebbene qualcuno mi dimostrasse cordialità o lealtà io continuavo con la mia testardaggine ad utilizzare la mia corazza d'indifferenza come difesa. 

Nathaniel, mesi prima mi aveva fatto intuire di piacergli, ma visto e considerato che non riaprì mai più l'argomento -nonostante ne avesse avuto occasione- pensai di aver capito male quella sera di Ottobre ormai lontana. In Italia i ragazzi a cui piacevo si erano sempre e solo limitati a commentare sgarbatamente qualche parte del mio corpo esposta dai vestiti poco casti. Sapevo di poter generare quei tipi di commenti, ma poco interessava. Quella era la mia maschera e grazie ai miei vestiti riuscivo a recitare, a mentire, a non ferirmi, quindi non mi lamentavo delle reazioni suscitate nei ragazzi. Ma nessuno prima d'allora, prima di Nath, aveva mostrato quel genere d'interesse nei miei confronti, sembrava quasi che riuscisse a guardare aldilà dell'apparenza e delle mille maschere, sembrava mi leggesse dentro; infatti ero rimasta lusingata dalle sue parole anche se sapevo di non poter ricambiare perché incapace di avere un qualsiasi tipo di relazione con lui o con qualsiasi altro ragazzo. Il biondo non sembrava essere il tipo da relazioni di solo sesso, quindi di conseguenza non poteva interessarmi. 

Castiel... Castiel invece pareva essere tipo da quel genere di relazioni e più volte avevo pensato a lui sotto quel punto di vista, ma la situazione si era complicata ed era meglio lasciar perdere. Con il rosso mi limitavo ai semplici dialoghi necessari tra due compagni di classe costretti ad essere vicini di banco. Le prime due settimane dopo l'uscita dell'ultimo giornalino -che raccontava la mia storia- aveva cercato di stuzzicarmi con le sue battute orribili ma non vedendo alcuna risposta o cambiamento da parte mia, aveva gettato la spugna lasciandomi perdere ed iniziando a trattarmi con indifferenza come faceva con ogni persona del genere femminile o maschile che non fosse Lysandre. Perché io non ne valevo la pena. Non ero poi così importante o speciale per lui come invece tutta la scuola, mesi prima, ostinava ad affermare. Ero entrata nel suo cerchio di amicizia ristretto, ero stata privilegiata, ma poi avevo deciso di mia spontanea volontà di uscirne e lui non aveva poi chissà quanto insistito per riavermi come amica. Non sarei stata in grado di riparare un mio eventuale cuore rotto, con Castiel c'erano alte probabilità che sarebbe accaduto. Mi aveva baciata, sedotta, derisa, presa in giro, il tutto nel giro di un mese, io gli avevo lasciato fare ogni cosa senza muovere un dito ed era grave per una come me. Mai, mai mi ero lasciata avvicinare da un ragazzo come avevo lasciato fare a lui; mai il mio cuore, la mia mente e il mio corpo avevano bramato le labbra e il fisico di un ragazzo come invece era accaduto con Castiel e questo non potevo permettermelo. Quindi addio Castiel e addio quasi amicizia con lui. 

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Nella settimana precedente la vigilia di Natale i normali studenti di ogni liceo del mondo potevano iniziare a godersi le tanto attese vacanze invernali, ma ciò non accadeva per gli studenti del fantastico e strabiliante liceo Dolce Amoris. Tutti gli alunni effettivamente iscritti in quella scuola furono, infatti, costretti a recarsi ogni giorno, con propri mezzi, nel luogo dove si sarebbe tenuto il famoso e tanto atteso ballo per aiutare ad organizzare ogni cosa alla perfezione come continuava a sostenere la preside. Da settimane ormai, avevo iniziato ad odiare la parola "perfezione", la sentivo ripetere di continuo da chiunque, era snervante. 

Ogni giorno il Professor Faraize nonché vicepreside della scuola, si occupava di far firmare ogni alunno all'entrata e all'uscita di quel posto. Davamo l'impressione di essere degli imputati sottoposti all'obbligo di firma, ma dettagli. 

Con la Tour Eiffel facente da sfondo romantico, ogni giorno avevo assistito almeno ad un ragazzo che s'inginocchiava davanti ad una ragazza invitandola al ballo; se quell'ultima rispondeva affermativamente le veniva dato un bracciale con un fiore dello stesso colore della spilla posseduta dal ragazzo che si era proposto a lei. Ridicolo. Non la proposta, quella era anche carina, ma non riuscivo a capire il senso di quel fiore donato alle ragazze; lo vedevo come segno di possessività, come avvertimento a chiunque altro ragazzo che quel territorio era già stato marchiato. Quasi come se le donne in questione fossero un trofeo da mostrare, un semplice oggetto da collezione. Schifoso; ancor di più perché quei maledetti bracciali e spille di fiori venivano donati dalla scuola.  

Nella mia classe, all'opposto, era stata ribaltata ogni tradizione. Erano state le donne ad invitare i ragazzi. Ambra -della quale avevo scoperto da poco essere la sorella gemella di Nathaniel- aveva chiesto a Castiel di accompagnarla al ballo davanti a gran parte della scuola. Mossa sbagliata. Se avesse conosciuto bene il rosso avrebbe dovuto sapere quanto odiasse quei gesti plateali e soprattutto pubblici. Infatti il ragazzo, da convinto orgoglioso qual era, aveva liquidato la proposta di Ambra con un NO secco per di più mandandola a quel paese. Ma la bionda dopo la terribile scena non si era scomposta neanche davanti alle risate e prese in giro degli spettatori alla scena; aveva sorriso falsamente continuando ad aiutare l'organizzazione del ballo come se quel rifiuto non fosse mai avvenuto. Anche Melody, per evitare il pericolo che Nathaniel invitasse la sottoscritta, anticipò ed eliminò ogni tradizione o romanticheria invitando il biondo. Perlomeno lei era stata maggiormente riservata rispetto ad Ambra, facendo la fatidica domanda quasi a bassa voce ma nonostante quella scelta da apprezzare, Nathaniel non le aveva risposto affermativamente e né aveva rifiutato. 

Per quanto riguarda la sottoscritta, beh... non avevo ricevuto nessuna proposta. Ma ringraziai il cielo per quella vicenda, non sarebbe stato gentile o facile rifiutare un ipotetico ragazzo. Sapevo bene che dal ballo sarebbero sorti altri tipi di pretese ed io non ero pronta né ad appuntamenti e neanche ad un eventuale rapporto di solo sesso sebbene fino a quel momento avessi sostenuto il contrario. Mi sentivo tanto, troppo fragile per qualsiasi approccio. 

Per quanto riguarda l'unica persona rimasta della mia famiglia e cioè zia Kate, con lei in quelle settimane avevo avuto una breve tregua dalla guerra, apertasi dopo la sua pretesa di obbligarmi a rivelare la separazione dei genitori di Castiel a quest'ultimo. Kate pareva aver compreso le mie ragioni, per fortuna. 

-

Era il giorno prima del tanto atteso ballo di Natale quando decisi, dopo gli insistenti messaggi mandatami da Rosalya, di uscire dalla confortante casa Rossi per recarmi ad acquistare un vestito decente per la sera dopo. 

Quel pomeriggio presi la MasterCard donatami da zia Kate ed uscii dalla villa con il buon proposito di voler stupire tutti con il mio outfit. Avevo una forte fissazione per i vestiti eleganti ed ampi, Ciak ne sapeva qualcosa, ma non avevo mai avuto occasione d'indossarne uno. 

"Già Ciak... l'ex migliore amico che conosceva quasi tutto di me. Colui che molto probabilmente non avrei rivisto per molto tempo ancora. Colui con il quale non riuscirò mai più a chiarire, a riavere quel rapporto di pura amicizia perché innamorato di me. Sembra quasi impossibile da credere, non avevo mai recepito quei tipi di segnali da parte sua, non mi ero mai accorta di niente, eppure è questa la realtà. Non riavrò mai più indietro il mio Ciak" pensavo mentre l'autobus mi trasportava verso la Leigh Boutique.

Quella famosa Boutique si trovava in centro città, impiegai circa mezz'ora per raggiungerla. Quando scesi dall'autobus dovetti camminare per qualche minuto e fortunatamente riuscii a trovarla senza dover chiedere informazioni. Era un negozio con l'insegna in bella vista e parecchio grande contenente il nome del posto in corsivo e viola. Situato in un palazzo antico ed elegante d'al di fuori apparì ben fornito, me ne accorsi dalle enormi vetrate che facevano intravedere i bei vestiti. Senza attendere ancora entrai e rimasi ammaliata dalla bellezza di ogni cosa. La moquette e le pareti erano sui toni del viola, richiamavano l'insegna posta fuori. Ma la cosa che più attirò la mia attenzione furono ovviamente i meravigliosi vestiti appesi sui manichini e guardaroba in oro. 

«Oh... finalmente ti sei decisa a venire» mi fece sobbalzare la voce armoniosa e allegra di Rosalya. 

Quella infatti era la boutique di famiglia di Leigh, il ragazzo di Rosalya nonché fratello di Lysandre nonché amico di Castiel. Cosa c'entrava ora quella testa rossa?! Per quale motivo mi era venuto in mente?! Sbuffai scuotendo la testa per eliminare quel soggetto dalla mia testa. Non dovevo pensarlo; era acqua passata. 

«Cosa c'è che non va?» mi chiese quasi preoccupata Rose toccandomi la spalla destra e mettendosi di fronte a me. 

«No... nulla. Non ne potevo più dei tuoi messaggi insistenti ed ora eccomi qui» allargai le braccia mostrandomi e finsi un sorriso. Non mi andava di raccontarle di Castiel. 

«Sì certo; continua a fingere pure con te stessa che un bel vestito ti sia indifferente, ma sai di non poterlo fare con me» affermò facendomi l'occhiolino e voltandosi alla ricerca di qualcosa. 

Senza permettermi di replicare afferrò la mia mano e mi trascinò nel reparto dei vestiti da gala, il genere di vestito che avrebbe fatto al caso mio. Restai sbalordita davanti a tutti quei begli indumenti, senza il suo aiuto non sarei stata in grado di scegliere. 

«Più o meno quanto vorresti spendere?» mi chiese pensierosa mentre si portò pollice e indice sul mento spostando gli occhi su vari vestiti. 

 «Non ho un prezzo ben preciso... ma-» non mi fece finire di parlare che subito le s'illuminarono gli occhi, si mise a saltellare sul posto battendo le mani. Era elettrizzata all'idea di potersi sbizzarrire con me e finalmente uscì una risata sincera dalla mia bocca. Era contagiosa quella ragazza. 

Rosalya era un'aspirante stilista, amante della moda, passava il suo tempo libero ad aiutare i genitori del ragazzo e Leigh compreso a gestire il negozio. Con il tempo scoprii di avere tante cose in comune con lei oltre la moda, in più amavo la sua allegria contagiosa ed eccentricità, sarebbe potuta essere un'ottima amica se solo avessi abbattuto la mia corazza. 

Quel pomeriggio c'erano altri commessi, assunti appositamente nel periodo di Natale per la maggior affluenza di clienti nel negozio, e Rose quindi si poté dedicare totalmente a me. L'elemento che contraddistingueva quella boutique dalle altre della città era la produzione propria dei vestiti. All'interno dell'enorme stabilimento, in un reparto apposito, vi erano dei sarti che cucivano qualsiasi tipo di modello o taglia chiesta dal cliente. Sarei diventata loro cliente abituale. Ovviamente per mancanza di tempo mi fece provare dei vestiti già confezionati, in tutto forse venti modelli. In poche parole passammo tutto il pomeriggio nei grandi ed eleganti camerini viola. Scattammo anche qualche foto per ricordo. 

«Finalmente ho trovato una mia simile. Non ti lascerò scappare facilmente, sappilo!» mi confidò tra una prova di vestito e un altro. 

Forse avrei dovuto rivedere le mie regole in fatto di amicizia. Magari avrei potuto fare un'eccezione per lei. Rosalya non avrebbe potuto ferirmi in alcun modo, giusto? 

«Anch'io sto bene in tua compagnia» le sussurrai quasi arrossendo e abbassando il volto sorrisi sinceramente. Non ero abituata a quelle dimostrazioni d'affetto neanche con le ragazze presunte amiche. In Italia ogni ragazza stava ben attenta a non avvicinarsi a me, quasi come se avessi la peste. 

L'unico fattore che non riuscivo a comprendere di Rose era il suo continuo parlarmi di Nathaniel. Sapevo fossero conoscenti di vecchia data. Eppure non erano amici. Lui stesso mi aveva detto di non averne. Evidentemente avevo perso qualche pezzo del puzzle

«Nath non è male nel suo modo di vestire invece, che ne pensi?!» mi chiese dopo avermi parlato dei ragazzi della nostra classe senza alcun senso nello stile.

«Mmm... penso abbia bisogno d'indossare meno camicie bianche. Per il resto se si lasciasse andare di più, sarebbe perfetto!» nell'ultima parte sembrava quasi non stessi parlando del suo modo di vestire ma di ben altro; infatti arrossii di colpo e Rose se ne accorse. 

«Qui qualcuno a quanto pare si è presa una bella cotta per Nathaniel, eh?!» urtò volutamente il mio braccio con il suo gomito più volte per accentuare quello che aveva ammesso. 

«No, ma che dici?!? E' un bel ragazzo, ma non fa per me» cercai di essere sincera il più possibile senza entrare nei particolari, non le avevo confessato di non esser nata per le relazioni. Se l'avessi fatto avrei dovuto raccontare più cose di quelle già pubblicate nel dolce journal e ciò non sarebbe mai dovuto accadere; con nessuno. 

«Se vuoi posso aiutarti, non devi vergognartene. Alcune ragazze della scuola sono pazze di lui, è una cosa normalissima vista la sua bellezza evidente!»

«Non voglio fare colpo su di lui. Davvero n...» mi bloccò iniziando a ridere. Ero diventata un pagliaccio, per caso?!

«Oh credimi, hai già fatto colpo più di qu... Oops!» si tappò la bocca con le mani senza concludere la frase ma continuando a ridere. 

Corrugai la fronte per non esser riuscita a collegare le sue risate a quella strana piega che aveva preso il nostro discorso, ma lasciai perdere. Era tardi. Dovevo tornare a casa. Avevo promesso a zia Kate di aiutarla nelle faccende domestiche. Mi tolsi di fretta l'ultimo abito indossato, stando attenta a non strapparlo e dopo aver indossato nuovamente i miei vestiti, mi diressi verso la cassa a pagare. 

Potevo ritenermi soddisfatta. Avevo trovato il vestito adatto a me.

Rosalya si calmò, mi confezionò il vestito e dopo aver pagato con la mia carta la salutai dandoci appuntamento per la sera dopo, al ballo di Natale. Lei sarebbe stata accompagnata da Leigh, ovviamente. 


*****


Ed ecco finalmente giungere la famosa sera del ballo di cui tutti continuavano a parlare dappertutto. Anche sui social network non si faceva altro che commentare e pubblicare foto di anteprime sui relativi vestiti o cose simili. 

Era il 24 Dicembre ed ogni studente del Dolce Amoris, dal più scettico al più romantico, impiegò l'intero giorno per sistemare alla perfezione ogni aspetto di sé stesso. Dai capelli alle scarpe; dagli accessori al vestito; dalla pedicure alla manicure. Quell'evento venne considerato il migliore dell'anno come accadeva nelle scuole americane per il ballo di fine anno. 

Inizialmente parecchi studenti si erano lamentati perché costretti a doverci partecipare, ma sotto sotto tutti erano curiosi di vedere come si sarebbe svolto. Per quel che avevo capito era il primo anno che la scuola organizzava un evento di quella portata. Per di più davanti la tour Eiffel e non nell'istituto. Il Dolce Amoris, per come mi avevano raccontato, era famoso per l'organizzazione di concerti in cui si esibivano le band del posto, tra cui quella di Castiel; ma mai per balli scolastici o cose del genere. 

Anch'io nonostante inizialmente avessi recepito malamente la notizia del ballo, alla fine -giusto il giorno prima- avevo mutato umore su quell'avvenimento divenendo quasi contenta di parteciparvi. Così iniziai i preparativi nel tardo pomeriggio. Quella sera la maggior parte delle ragazze avrebbero voluto stupire per il trucco e risaltare per i loro vestiti; io al contrario avrei optato e puntato tutto sulla semplicità. Ogni giorno giungevo a scuola con parecchia pelle scoperta e con una consistente quantità di trucco; quella sera invece avevo scelto di non essere provocante, avevo scelto di essere semplicemente me stessa. La vera Micaela Rossi. Ormai tante carte erano state scoperte, parte del mio passato anche, e gli studenti del Dolce Amoris non avevano passato il loro tempo ad insultarmi, o a compatirmi come credevo; più i giorni passavano e più tutto ritornava alla normalità, non ero più la novellina o la ragazza disagiata, orfana. Ero semplicemente Miki, una ragazza caratterialmente riservata e dal modo di vestire eccessivamente provocante. Ero ciò che mostravo, ma nessuno giudicava e fui contenta di giungere a quella conclusione visto che in Italia non era così. 

Visto da un certo punto di vista la sera del ballo di Natale potrebbe aver rappresentato una sorta di prova per me ed il mio modo di mostrarmi. Per una sera avrei mostrato un altro mio lato, l'unico vero, forse. 

Lasciai i capelli ramati sciolti e con i boccoli che cadevano sulle spalle. Optai per un trucco leggero: una sottile linea di matita ed uno strato di mascara nero con i brillantini dorati; sulle labbra applicai un rossetto dal colore naturale. Ero semplice e perfetta, senza alcuna apparente maschera. Sapevo di aver sostenuto il contrario nell'ultimo mese, infatti il fatto di voler cambiare modo di vestire o di trucco, per una sera, non avrebbe significato che avrei lasciato avvicinare maggiormente le persone. Ero convinta potessero ancora ferirmi tutti, nessuno escluso. La mia corazza, quindi, era ancora in piedi ed era possente, parecchio possente. 

Terminato il trucco indossai quell'abito scelto il pomeriggio prima insieme a Rosalya. Stranamente a come ero abituata a vestire, copriva quasi tutte le parti del corpo. L'unico scollo presente era dietro la schiena, la quale restava scoperta poco più della metà. Il vestito era blu con delle sfumature e brillantini arancio tendenti al dorato. Pensavo non stessero bene questi colori insieme, ma dopo aver visto questa meraviglia dovetti ricredermi. Aveva un corpetto strettissimo fino alla vita. Dalla vita in giù la gonna scendeva a campana. Era davvero ampio, un vero e proprio vestito regale oserei dire. Il corpetto fin sotto al seno era color arancio, intrecciato al collo. Il resto del vestito era blu con dei diamanti dorati. Intorno alla vita un fiocco abbelliva e rendeva particolare il tutto. Era incredibilmente perfetto per quella serata. Indossai le scarpe blu e finalmente mi ritenni pronta.

«Bella della zia... vieni qui!» disse quasi commossa zia Kate entrando nella mia stanza. 

Si avvicinò e mi abbracciò. Non mi allontanai da quell'abbraccio, dopotutto avevo esagerato ad aggredirla nei mesi passati. Lei non aveva colpe tranne che per il fatto di essersi innamorata di un uomo sposato. Ma soprattutto di quell'uomo sposato. Non sapevo bene come erano accadute le vicende, ero stata io stessa a chiedere a zia di non raccontarmi niente. Non riuscivo proprio a metabolizzare la realtà; zia Kate aveva contribuito a rovinare la famiglia di Castiel. E già quella verità mi bastava. Ma nonostante ciò non potevo accusarla della codardia di Isaac. Era lui l'unico colpevole, l'unico soggetto senza attributi incapace di raccontare al figlio la questione.  Più della madre, spettava a lui e solo a lui. Lui non era stato capace di trattenersi dal tradire la moglie, lui aveva chiesto il divorzio. Restava il fatto che io non riuscissi a comprendere il motivo per il quale tutti avessero così paura di rivelare la verità al rosso. Insomma... non era un bambino e avrebbe preso la notizia con maturità, giusto? Certo non sarebbe stata facile d'accettare, ma erano pur sempre i suoi genitori quale reazione avrebbe potuto avere? 

«Se avessi la corona sembreresti una vera principessa...» mi destò dai pensieri la voce squillante della zia. La ringraziai mentalmente. Castiel e la sua famiglia non erano problema mio. Non dovevo affliggermi per il rosso; dopo la sua reazione al mio aiuto capii che non ne valeva la pena e dovevo continuare a stare sulla strada dell'indifferenza. 

«Ora non esageriamo! E' già abbastanza questo vestito» risposi ovvia mostrando l'abito ampio. 

«Oh no, no» aggiunse scuotendo la testa «aspetta qui, torno subito!» terminata la frase si allontanò da me scomparendo dalla porta. Non riuscivo a capire cosa le stesse accadendo. Non era mai stata così premurosa, attenta ed emotiva. 

-

«Ecco!» riapparve dalla porta dopo circa cinque minuti con in mano una piccola corona dorata. Sotto i miei occhi sorpresi e increduli la posizionò tra i miei capelli in modo da non permetterle di cascare. «Adesso sì che sei pronta...» lasciò la frase in sospeso, poi poggiò le sue mani sulle mie spalle e mi trascinò verso lo specchio per permettermi di ammirare il lavoro ultimato.

Diedi un'ultima occhiata allo specchio che mostrava la mia figura intera, effettivamente dovetti ammettere che quella piccola corona dava quel tocco di magia in più; era perfetta per quel genere di vestito. Mi sentii una vera principessa per un istante. C'erano però delle differenze ben evidenti tra me e le vere principesse. Le vere principesse avrebbero raggiunto il ballo con una carrozza, un cocchiere, dei cavalli e soprattutto ad aspettarle ci sarebbe stato un principe. Io, invece, il massimo che avrei ottenuto dalla serata sarebbe stato un passaggio in macchina da parte della zia e una sbornia grazie alle bottiglie di alcolici che i miei compagni di classe avrebbero introdotto al ballo di nascosto. Per ovvie ragioni era stata vietata l'intromissione di qualsiasi tipo di bevanda alcolica, ma Alexy e Armin -i due gemelli- avevano sostenuto, più volte, di avere un metodo tutto loro per introdurre l'alcol. Ero scettica sulla riuscita del loro piano, ma pregai per loro affinché non si cacciassero nei guai e riuscissero a presentarmi il mio amato principe azzurro per quella sera, cioè l'alcol. Ovvio. Io stessa non avevo desiderato alcun tipo di accompagnatore se non una bottiglia di un buon liquore fruttato. 

Il suono del citofono interruppe i miei pensieri «Oh! Hanno suonato. Vado io» disse pensierosa zia Kate. Ancora si trovava nella mia stanza, me n'ero quasi dimenticata fosse ancora lì. 

Scesi le scale curiosa di capire chi fosse. Non veniva a farci visita mai nessuno, mi stupii di sentire il suono di quel citofono proprio la sera della vigilia di Natale.

Quando riconobbi l'appartenenza della voce ad una persona di mia conoscenza mi nascosi, dietro un muro per non esser vista, curiosa di ascoltare quella conversazione. 

«S-Salve Signora R-Rossi, ecco... i-i...io sono qui p-per...» balbettante si portò la mano sinistra dietro la testa come usava fare nelle situazioni imbarazzanti. Sorrisi per la tenerezza di quella visione. 

«Calma ragazzo. Respira. Con calma, dimmi tutto» cercò di tranquillizzarlo zia Kate. Tratteneva a stento le risate per l'evidente difficoltà del ragazzo davanti a lei.

«Sì, mi scusi. So che è tardi e s-spero lei non sia già impegnata con qualcun altro m-ma...» Non riuscivo a capire cosa ci facesse davanti alla porta di casa mia. Sarebbe già dovuto essere al ballo e con la sua accompagnatrice, per giunta. Io, perlomeno, sapevo ne avesse una.

«Ma...?» zia Kate metteva ansia. Tanta, tanta ansia. Doveva smetterla. 

Poi smisi di guardare il volto del ragazzo per ammirare il resto del suo corpo. Tra le mani stringeva un bellissimo mazzo di fiori colorato. Indossava un vestito elegante e nero da sera. La cravatta sembrava richiamare gli stessi toni e colori del mio vestito. E non credevo potesse essere una coincidenza. Quel vestito, il mio vestito, era un pezzo unico. 

"Ehi... Un attimo. Ho visto bene?" "Sì che hai visto bene, deficiente. Non sei né vecchia e né cieca!" nella mia mente risuonò la mia stessa voce. Era forse la coscienza di cui tutti i libri parlavano? Stavo diventando matta. "Sì, proprio così. Sono la tua coscienza; sto cercando di farti svegliare, Bella addormentata nel bosco. SVEGLIA!" "Non sto dormendo!" "Oh sì invece, non sei neanche capace di capire l'evidenza!" 

Scossi la testa per eliminare quelle voci e ritornai ad ascoltare la conversazione. 

«M-ma vorrei chiederle se sarebbe disposta a concedermi l'onore di accompagnare sua nipote al ballo che si terrà questa sera...»

"Oh..." 

«Giovanotto, non ti sembra di essere leggermente in ritardo per un invito al ballo che tra l'altro potrebbe già essere incominciato?!?» zia Kate voleva a tutti i costi metterlo in difficoltà.

«Oh... quindi presumo sia già andata o che comunque sia già stata invitata. Sono in ritardo, dovevo immaginarlo» abbassò il volto pronunciando con tono sconfitto quelle parole. La sua dolcezza mi fece sussultare il cuore. 

«Sì, esattamente! Avresti dovuto immaginarlo» scherzò zia Kate, ma lui continuò a non accorgersene.

«Zia, smettila di scherzare» decisi di uscire allo scoperto per porre fine alla tortura di mia zia nei confronti di quel povero ragazzo. 

Appena mi vide spalancò gli occhi, mi guardò partendo dalla testa fino ad arrivare ai piedi e poi arrossì. Quello era il suo modo di dirmi che fossi carina con quel vestito. Vista l'evidente vergogna provata già solo per trovarsi in quella situazione, non avrebbe mai aggiunto altro. 

Ma furono proprio quei suoi atteggiamenti impacciati a spingermi di accettare l'idea di avere un accompagnatore per quella sera. Lui sarebbe stato quello giusto, cercai di convincermi. 

Forse per una sera, dopotutto avrei potuto concedermi uno strappo alla regola. Avrei potuto concedermi un ragazzo biondo che in quel momento ammirava ammaliato la mia figura con i suoi occhi color del miele. Quella sera, dopotutto, avrei potuto concedermi la compagnia di Nathaniel Daniels. Lui lo meritava.  





NATHANIEL

Dopo un mese intero impiegato ad interrogarmi e torturarmi con mille domande senza risposta, alla fine avevo deciso. Dovevo smetterla di avere il terrore di mio padre, di quello che avrebbe potuto fare se avesse scoperto che fossi interessato ad un'altra ragazza diversa da Melody. Lei non occupava più i miei pensieri da qualche mese ormai, ed era giusto che sia Mel che i miei genitori accettassero la mia decisione. E non sarebbe stato fondamentale sapere con certezza se Miki avesse o meno una certa esperienza con i ragazzi o da che genere di famiglia provenisse. Lei mi piaceva per davvero, come non era mai accaduto con nessun'altra. Mi piaceva senza costrizioni e avrei accettato qualsiasi cosa di lei, anche il fatto di non essere il suo primo ragazzo. Sin da quando si era trasferita a Parigi, da quando aveva varcato la soglia dell'aula delegati, c'era stato qualcosa in lei ad avermi colpito e non mi riferivo all'aspetto fisico, ma a quell'aria d'ingenuità e mistero che l'accerchiava. Per una volta decisi di non accantonare le sensazioni positive provate quando lei era nei paraggi, ma di farle prevalere seguendo gli istinti. 

Ero stanco dei comandi impostami da mio padre ed avrei iniziato la mia ribellione proprio grazie a Miki. Lei e solo lei mi spingeva ad avere quel genere di coraggio, senza neppure conoscere la mia storia, lo faceva involontariamente. Dopo aver letto la sua storia sul giornalino di Peggy non potei fare a meno di pensare a quanto avesse sofferto e di conseguenza a quanto meritasse di sorridere, di vivere finalmente una vita serena. Ed io, se solo lei me lo avesse permesso, sarei stato disposto a renderla felice e spensierata. Non conoscevo i suoi sentimenti nei miei confronti, ancora era troppo presto per parlarne; avrei voluto fare le cose con calma, magari chiedendole di frequentarci... E quale occasione migliore per dichiararsi esplicitamente se non il ballo scolastico? Quell'evento era capitato a pennello, avrebbe reso la mia dichiarazione maggiormente romantica. Sapevo di essermi deciso leggermente in ritardo, sapevo che molto probabilmente una ragazza bella come lei avesse già ricevuto altre proposte, ma quella sera mi sentii parecchio positivo. Così decisi di precipitarmi davanti la porta di casa sua per chiederle se fosse disponibile per essere accompagnata al ballo da un semplice ragazzo sbadato e ritardatario come me. Incrociai le dita e pregai che lei fosse ancora in casa. Mi ero impegnato molto ad organizzare tutto per il meglio.

Quel pomeriggio ero stato contattato da Rosalya che mi aveva fatto precipitare al negozio di Leigh, il suo ragazzo, di tutta fretta perché doveva parlarmi. Inizialmente non avevo capito fosse qualcosa legato a Micaela, ma quando mi ritrovai a parlare con lei venni a conoscenza del suo piano. Mi consegnò il mio vestito con una cravatta che a detta sua era coordinata e uguale ai colori del vestito della bella ragazza dai capelli ramati. Poi mi assicurò che Miki provasse un evidente interesse nei miei confronti e che di sicuro quella sera l'avrei trovata a casa senza nessun altro accompagnatore. Ma io avevo imparato a non fidarmi troppo dei miei coetanei, parecchie volte mi avevano giocato brutti scherzi. Quindi eccomi qui, in ansia e in attesa di scoprire la verità, sotto casa sua.

-

Dopo quel brutto scherzo giocatomi da sua zia Kate tirai un sospiro di sollievo. Miki non aveva ancora acconsentito ad essere accompagnata da me al ballo, ma visto il suo sorriso capii di avere buone possibilità. 

Eravamo davanti la porta di casa, lei dentro ed io fuori. Il freddo secco di Dicembre si percepiva sulla mia pelle, ma dopo averla vista nel suo splendido vestito quasi non lo sentii più, anzi al contrario mi sentivo avvampare per l'emozione di averla a pochi passi da me. Quel vestito luccicante le copriva quasi ogni parte del corpo al contrario dei suoi vestiti abituali. Sembrava un essere innocente, come se nessuno mai l'avesse sfiorata prima, un essere troppo prezioso e fragile per questo mondo. Quella ragazza mi confondeva l'anima.  

«Ehm... Hai s-sentito per caso il discorso di poco fa?» le chiesi riferendomi alla proposta di essere il suo accompagnatore per quella sera. 

Lei rispose acconsentendo con la testa senza spiccicare parola. Poi sorrise e finalmente parlò «Pensavo ci andassi con Melody» arrossì ed abbassò il volto.

Anche lei come me parve essere imbarazzata, quasi come se non si fosse mai trovata in una situazione del genere. M'incoraggiai e finalmente decisi di atteggiarmi da uomo qual ero. Non potevo mostrarmi debole, non più, non avrebbe mai accettato di stare con un ragazzo incapace di dialogare con l'altro sesso. 

Approfittandomi del fatto che sua zia ci avesse lasciato soli, mi avvicinai a Miki e le sollevai il volto delicatamente per permetterle di guardarmi negli occhi.

«È te che voglio come mia dama per questa sera, nessun'altra!» le sorrisi e lei m'imito. Mi parve d'intravedere persino i suoi occhi illuminarsi davanti a quelle mie parole sussurrate, ma non ne fui sicuro. 

Dopodiché mi schiarii la voce e, ponendo entrambe le braccia dietro la schiena, assunsi una postura dritta per mostrare maggiormente l'ufficialità di quel momento. «Signorina Micaela Rossi, mi farebbe l'onore di essere la mia dama per questa sera?» m'inchinai e le porsi il mazzo di fiori che tenevo stretto tra le mani da più di mezz'ora ormai. 

Era giunto il momento. Tra qualche secondo avrebbe dato una risposta affermativa o negativa. Mi sentivo l'ansia accrescere ogni istante di più e scaricai tutta la tensione nel mazzo di fiori, quasi stritolandolo. Le mani erano sudate.

Poi la risposta arrivò.





MIKI

Accettai il mazzo di fiori offertomi da Nathaniel, lo posai su un mobiletto situato accanto all'entrata e senza pensare, d'istinto, mi precipitai tra le sue braccia rispondendo affermativamente alla sua richiesta. 

Non avrei voluto pensare a nient'altro per una sera, né al futuro e né alle mie regole. 

Mi voltai per salutare zia Kate ed informarla sulla mia decisione, quando la intravidi dietro lo stesso muro utilizzato precedentemente da me per ascoltare la sua conversazione con il biondo. Quindi intuii fosse a conoscenza già di ogni cosa. Sorrisi e scossi la testa come reazione alla sua tendenza di spiarmi. Ultimamente lo faceva spesso. 

La salutai e, indossando una pelliccia per ripararmi dal freddo di Dicembre, raggiunsi Nathaniel ancora immobile fuori dalla porta.

Uscendo dal cancello della villa mi ritrovai davanti uno spettacolo. Ero incredula. Non riuscivo a credere ai miei occhi. Parcheggiata proprio davanti al mio cancello c'erano una carrozza, un cocchiere e due cavalli bianchi. Strabuzzai gli occhi e spalancai la bocca, dopodiché mi pizzicai la guancia per capire se stessi dormendo, sognando o se fosse tutto vero e a giudicare dal lieve bruciore che sentii sul lato di guancia pizzicato, capii fosse tutto reale. 

La carrozza era totalmente bianca ed in ferro, con quattro ruote enormi. La parte superiore era a forma di zucca, quasi come se richiamasse la vecchia fiaba Disney: Cenerentola che mi ostinavo a guardare quasi ogni giorno da piccola, quando la mia vita e la mia famiglia erano quasi normali. I sedili all'interno erano di velluto rossi. 

Mi girai cercando Nathaniel e lo trovai accanto a me impegnato a fissarmi con un'espressione soddisfatta sul volto. 

«Oh mio Dio, Nath... WOW! Davvero non so che dire. È... È bellissima, meravigliosa, stupenda!» per poco non saltai dalla gioia provata in quel momento. Stava fuoriuscendo la parte infantile e romantica ancora nascosta nella vera Miki. Mi venne spontaneo non recitare dopo quelle dimostrazioni. Lui non rispose, mi sorrise semplicemente.

Ebbi quasi la sensazione che Nathaniel mi conoscesse da molto più tempo, quella sera, era una sensazione inspiegabile forse dettata dal fatto che avesse indovinato molte delle poche cose capaci di stupirmi.

«Principessa Miki, venga la sua carrozza la sta aspettando» mi sussurrò posizionandosi davanti alla mia figura e inchinandosi leggermente; poi mi porse la mano destra mentre l'altra la portò dietro la schiena e come un vero galantuomo 
-quando poggiai la mia mano sul suo palmo- mi aiutò a salire sulla carrozza.

Quando Nathaniel salì sul mezzo particolare e antico finalmente partimmo con destinazione la Tour Eiffel. 

«Grazie di tutto, Nath...» dissi ancora sognante

«Non devi ringraziarmi. Come ogni principessa che si rispetti, anche tu meritavi di avere la tua fiaba e la tua carrozza, io ho solo contribuito a rendere tutto reale».

«No Nath, dico sul serio.. Sarà costata tantis-» mi bloccò.

«Nulla è troppo dinanzi a te.» Si era immedesimato bene nella parte del principe romantico, pensai. 

Lasciai cadere il discorso ed iniziai a guardarmi intorno. La carrozza camminava lentamente, non sentii neanche l'aria sferzarmi il volto a differenza di come accadde sulla moto di Castiel mesi prima.

"Eh no eh, signorina. Non ti permetto di pensare a quella testa di rapa anche mentre sei con il principe azzurro fatto in persona" risuonò nella testa la mia coscienza pronta a rimproverarmi. Ma quella volta dovetti darle ragione. 

Eliminai ogni pensiero sul rosso e mi concentrai sulla strada. Notai parecchie macchine o passanti guardarci ammaliati, alcuni addirittura arrivavano a salutarci. Effettivamente non doveva esser spettacolo di tutti i giorni veder passare una carrozza particolare come lo era quella affittata da Nathaniel. A pensarci -seppur mi ci ritrovassi seduta sopra- non riuscivo a metabolizzare che un ragazzo come Nath, nonostante le nostre molteplici incomprensioni, avesse organizzato una sorpresa del genere proprio per me. La ragazza orfana. La ragazza delle minigonne. 

Nessuno spiccicò parola fino al nostro arrivo alla Tour Eiffel.

«Oggi nessuno riuscirà a rovinarti questo giorno, piccola Miki. Te lo prometto!» mi soffiò accanto all'orecchio quelle dolci parole. Quasi ci credetti. 

E se fosse lui quello giusto? 

Scossi impercettibilmente la testa cercando di non pensarci. Non dovevo fasciarmi la testa con i miei soliti problemi, dovevo smetterla, l'avevo concesso a me stessa per quella sera, me l'ero promesso. 

«Eccoci giunti a destinazione, Signori. Buona serata e Buon Natale!» finalmente sentii la voce del cocchiere che ci comunicò del nostro arrivo. 

Nathaniel fu il primo a scendere dalla carrozza poi porgendomi la sua mano fece scendere anche me. Mi comunicò che al ritorno non ci sarebbe stata la carrozza ad aspettarci, era comprensibile. 

Appena alzai il volto per ammirare la magia di quel posto restai spiazzata nel notare parecchie persone intente a fissarci. Evidentemente erano stati avvertiti del nostro arrivo e avevo giusto un'idea della persona colpevole ad aver generato quella confusione. Rosalya. Aveva abilmente consegnato la cravatta a Nathaniel coordinata al mio vestito, gli aveva esplicitamente confessato che non fossi stata invitata al ballo da nessun altro, molto probabilmente aveva consigliato l'affitto della carrozza. E, ciliegina sulla torta, aveva in qualche modo calcolato i tempi e comunicato a tutti del nostro arrivo in modo da far posizionare molte persone intorno al tappeto rosso, situato al centro dell'enorme prato verde. Come ogni persona aveva fatto al proprio arrivo anche noi avremmo dovuto percorrere quel tappeto rosso per poi giungere alla fine, dove era posizionato un libro enorme contenente le firme di ogni studente della scuola partecipante al ballo, e dove avremmo dovuto firmare anche noi appena arrivati. 

Così Nathaniel, senza preoccuparsi dello sguardo di ogni persona fisso su di noi, posizionò delicatamente il mio braccio sotto al suo e mi condusse lungo il tappeto rosso.





CASTIEL

Il ballo di Natale. Quale preside sana di mente organizzerebbe un evento patetico del genere? Ma ovviamente la preside del mio liceo non essendo sana di mente aveva ben pensato di organizzare quella festa da poppanti proprio durante la notte della vigilia di Natale. Si poteva essere più ottusi di così? 

In più la settimana prima del ballo, avevo dovuto sorbirmi inviti su inviti di ragazzi che chiedevano alle ragazze di essere accompagnati al ballo. Si scambiavano anche dei bracciali e spille a forma di fiore che fungevano da promessa. Patetico! 

Ambra si era persino permessa a chiedermi di essere il suo accompagnatore. L'avevo liquidata con le mie solite e garbate parole, in questo modo avrebbe imparato la lezione. Avevo dato troppa confidenza a quella biondina e di conseguenza aveva iniziato a pretendere "di più", ma l'avevo messo in chiaro sin dall'inizio, non ero il tipo da relazioni; non più. Non dopo di lei. Non ero il genere di ragazzo adatto per quel genere di cose e tantomeno fare coppia per il ballo scolastico non sarebbe mai rientrato nelle mie intenzioni; non mi sarei mai e poi mai recato sotto casa sua ad aspettarla, con una macchina particolare affittata chissà dove per l'occasione. 

Infatti alla fine, avevo indossato uno smoking nero, una camicia rossa, una cravatta nera -che avrei tolto non appena ne avessi avuto occasione- e mi ero recato, da solo, verso quella pagliacciata di ballo a bordo della mia Harley Davidson. Lei sì che era la mia accompagnatrice ideale. 

Dopo la richiesta di ritiro della denuncia da parte di Peggy, molte ragazze avevano ricominciato a girarmi intorno e di conseguenza avevo maggiore scelta, divertimento e sfogo personale. Ero di nuovo il donnaiolo popolare della scuola, ne andavo fiero. 

Ma c'era un problema. Un problema tartassava la mia mente da ben tre mesi. O meglio... una persona. Solo una ragazza non era ancora entrata nel mio letto, Micaela. Le avevo tentate tutte ma più mi avvicinavo, più lei si allontanava. Le mie intenzioni non erano le più buone e forse lei lo avevo capito, vero, ma sapevo che anche lei volesse da me ciò che desideravo io da lei. Lo avevo percepito quelle poche volte che avevo sfiorato la sua pelle, quando al mio tocco rabbrividiva, quando appena mi avvicinavo al suo viso lei chiudeva gli occhi, quando...

"Ok basta, altrimenti l'alzabandiera non risponderà più delle sue azioni" mi risvegliò la coscienza. Quando pensavo a quella ragazza perdevo ogni tipo di controllo e cognizione, sapevo fosse solamente perché non ero ancora riuscito nel mio intento di entrarle nelle mutandine e dovevo sbrigarmi a sedurla altrimenti sarei diventato matto. 

Così avevo programmato tutto per quel giorno. Sapevo che al ballo fosse sola, che non avesse nessun accompagnatore, quindi l'avrei sedotta per tutta la serata con il mio fascino ed il mio umorismo, sapevo non ne fosse ancora completamente immune sebbene volesse farmi credere il contrario. 

Con un piano preciso nella mente dopo esser arrivato al luogo dove si sarebbe tenuto il ballo, scesi dalla mia amata moto e partii alla ricerca del mio bersaglio. 

Ma nel mio cerchio visivo apparì Lysandre e non lei, la mia preda. 

«Ehi, hai visto Miki?» non mi preoccupai neanche di salutarlo o di guardare la sua accompagnatrice, avevo fretta d'iniziare il mio piano.

«Oh ciao anche a te amico, è un piacere vederti. Io benone, tu come stai?» 

«Smettila di fare il simpatico, Lys. Non ho tempo ora per i convenevoli» iniziai ad innervosirmi.

«A proposito: complimenti per il tuo look, stai molto bene» continuava ad evitare la mia domanda, che bell'amico! Sapeva cosa dovessi fare sebbene lui mi avesse consigliato tutt'altro, ma non potevo ascoltarlo, non quella volta. 

«Sì, pronto per la ghigliottina» da sempre avevo definito e ritenuto quei completi eleganti come un'impiccagione e continuavo a sostenerlo. Erano davvero scomodi e soffocanti, soprattutto la cravatta. 

"Ehi un attimo, mi sta distraendo dal mio obiettivo?!?"

«Comunque dovresti sapere che odio chi non risponde alle mie domande!» riacquistai un tono intimidatorio.

«Smettila di cercarla continuamente!» cercò d'imitare il mio tono duro facendomi sorridere. 

«Non dirmi cosa devo o non devo fare» apprezzavo il suo modo di consigliarmi, ma in quelle settimane stava esagerando. 

Sospirò rumorosamente «non l'ho ancora vista, ma sicuramente sarà sola visto che qualcuno non ha auscultato il mio consiglio» 

«Auscultato? Sei serio?»

«Dai questo termine era comprensibile...» persino la sua ragazza lo guardò di sbieco. 

«E a proposito: dissoluto, saluta la mia ragazza!» 

Quando capì di aver utilizzato un termine non presente nel mio vocabolario si spiegò alzando gli occhi al cielo e sospirando: «Dissoluto, scostumato, immorale, turpe»

«Va bene ho capito. Ciao Heloise, è un piacere vederti» lei di rimando sorrise e mi salutò.

Heloise aveva quattordici anni, frequentava l'ultimo anno di scuole medie quindi era due anni più piccola del mio amico. Si erano conosciuti in una mostra d'arte; sebbene fosse appena un'adolescente le piaceva dipingere e di conseguenza amava qualsiasi forma d'arte. Aveva una carnagione chiara, ma non troppo; capelli neri ed occhi celesti. Quando erano insieme era strano guardare i capelli chiari del mio amico accanto a quelli scuri di lei, l'altezza generosa di lui e la bassa statura di lei. Era una coppia particolare, la loro. Ma dopotutto stavano bene insieme, lui sembrava tenerci a lei, le aveva dedicato e scritto anche qualche poesia, poi trasformata in canzone da me e gli altri componenti della band. Ero contento per lui; Heloise sembrava essere un tipo apposto, ma soprattutto l'amore provato per quel ragazzo d'altri tempi si leggeva nei suoi occhi anche a distanza. Sapevo ci avesse messo un bel po' di tempo per conquistare Lysandre. Inizialmente l'aveva ritenuta troppo immatura per lui sebbene perfetta fisicamente, ma poi ai suoi occhi risaltarono anche le qualità della ragazza che insisteva a volerlo a tutti i costi; impiegò quasi cinque mesi per conquistarlo ma ne valse la pena, alla fine aveva perso la testa per lei. 

«Quindi? Cosa avresti intenzione di fare con la dama ramata?» Lysandre qualche volta affibbiava quel nomignolo a Miki a causa del colore dei suoi capelli.

«Sai qual è il mio intento da mesi, ormai»

«Non ti sembra troppo tardi? Magari se l'avessi invitata al ballo avrebbe cambiato idea, avreste potuto riappaci...»

«Non è mai troppo tardi. Le starò comunque addosso tutta la serata e lei cadrà ai miei piedi!»

«Ehm... non vorrei intromettermi, ma la convinzione fotte la gente!» la voce sottile di Heloise mi risvegliò dalle immagini di una Miki tra le mie lenzuola. Guardai quella piccola ragazza dai capelli neri tra le braccia di Lysandre e seguii il suo sguardo. 

I suoi occhi chiari guardavano in direzione del tappeto rosso, dove gran parte della scuola e della gente presente era intenta ad ammirare qualcuno. Mi avvicinai al luogo d'interesse senza ascoltare le parole di Lysandre che in quel momento risultarono incomprensibili e mi sentii mancare la terra sotto ai piedi per lo stupore. 

«Cosa dicevi amico? Non è mai troppo tardi?! Oh sì... lo vedo, lo vedo» disse il mio amico posando una mano sulla mia spalla. Mi scansai e percorsi tutto il tappeto rosso man mano che la ragazza dai capelli ramati lo percorreva insieme al suo accompagnatore. 

Il suo sguardo non aveva ancora intercettato il mio fin quando giunsi alla fine del tessuto rosso dov'era posizionato il libro delle firme e dove l'afflusso di gente diminuiva; fu lì che mi vide e quando lo fece mi sentii qualcosa al centro dello stomaco. Ero arrivato tardi. Anche i suoi occhi mi trasmettevano quel rimprovero che poco prima aveva pensato di farmi Lysandre. 

Abbassai lo sguardo, incapace di sostenere il suo, ed ammirai lei nel suo vestito elegante blu. C'era troppa stoffa, più di quanta ne indossasse quotidianamente, apparve innocente e ingenua davanti ai miei occhi, ancora più eccitante. Quando si voltò senza un accenno di saluto mi diede il colpo finale. La sua schiena era scoperta. Quella bianca e liscia schiena in attesa di rabbrividire e di essere toccata da me. Da nessun altro. 

E neanche da Nathaniel. Quel segretario delegato di merda. Per quale motivo puntassimo sempre le stesse ragazze non lo sapevo, ma era una continua lotta con lui. E pensare che un tempo era il mio migliore amico... Scossi la testa e mi recai nuovamente verso la mia moto dopo aver firmato su quel patetico libro e dopo aver intravisto Miki sulla pista da ballo con quel damerino insignificante. Mi poggiai contro la mia Harley Davidson stando attento a non rigarla e fumai ben quattro sigarette, una dietro l'altra. In situazioni di forte stress arrivavo a fumare anche un pacchetto intero. E in quel momento ero tanto, parecchio nervoso. Odiavo quando qualcuno s'intrometteva nei miei piani e odiavo ancor di più quando a farlo era Nathaniel. Dovevo trovare un modo per allontanarlo da Miki, per smascherarlo. Lui non era il santo che faceva credere di essere. 

Poi la mia testa rossa ebbe un'illuminazione quando una ragazza bionda, con un vestito elegante dorato ma corto, attraversò il mio campo visivo. Ambra, era lei la soluzione al mio problema. Terminata l'ultima sigaretta e ripetendo il piano nella mia mente mi diressi verso quella ragazza.

Le toccai la spalla e quando si voltò le parlai «Ci ho ripensato. Questa sera staremo insieme!» dissi secco. 

Davanti alla mia affermazione le brillarono gli occhi «Oh tesoro!» Ambra si fiondò ad abbracciarmi, ma non persi tempo e la scollai subito di dosso. 

Insieme avremmo attirato la rabbia e l'attenzione del delegato. Lui, ogniqualvolta ci vedeva insieme, non perdeva tempo per attaccarmi o lanciarmi occhiate; quella sera lo avrei cotto per bene. Sapevo mi vedesse una minaccia per sua sorella ed era capitato lo sfidassi di proposito stando con lei quando lui poteva vederci. Mi divertiva. 

«Hai visto tuo fratello con la novellina?» subito partii all'attacco. Sapevo già cosa mi avrebbe risposto la biondina.

«Chi non li ha visti, dovresti dire... Lei ha tutta l'attenzione su di sé mentre io passo inosservata. La odio! Nath ha fatto chiamate su chiamate per avere quella maledetta carrozza!» 

"Canestro! Ambra necessitava d'attenzione sin dalla nascita e chi ero io per non permetterle di averla?!" sorrisi beffardo. 

«Se stessimo accanto a loro tutta la serata, la gente capirebbe chi è sempre stata la vera Regina» terminai facendole l'occhiolino e mostrando la sua figura per farle capire che lei fosse la vera "regina". Stavo recitando, ovviamente. 

«Oh, sei un genio!» mi gettò nuovamente le braccia al collo. Misi tutta la forza posseduta in corpo per non allontanarmi da quell'abbraccio; Ambra mi serviva, dovevo tenerla cara. 





MIKI

Mentre mi ritrovavo a volteggiare in un ballo lento tra le braccia di Nathaniel, iniziai a guardare con attenzione il risultato del lavoro fatto da tutta la scuola per sistemare quel prato e renderlo il più elegante possibile. Sopra le nostre teste erano state appese, in alto, delle lanterne bianche in modo da illuminare creando un'atmosfera romantica intorno a tutta la pista da ballo. Ai lati della pista vi era il buffet su dei lunghi tavoli con tovaglie dorate e bianche posti tutti in fila e dietro ai quali vi erano degli addetti camerieri pronti a servire la cena. Poi per richiamare il Natale sopra ogni tavolo era stato posto un centro tavola formato da una candela, delle pigne con contorni d'oro e palline dorate. 

Era stato allestito anche un tendone nel caso in cui il clima avesse deciso di giocare brutti scherzi provocando un temporale. Ma per fortuna quella sera non era presente neanche una nuvola.

Dal lato opposto vi era un piccolo palco dove veniva suonata musica dal vivo e dove successivamente sarebbero stati eletti il Re e la Reginetta del ballo. 

A fare da sfondo a tutto l'ambiente, alle spalle di quell'enorme prato, vi era ovviamente la maestosa Tour Eiffel illuminata e accanto a questa un enorme albero di Natale. 

-

Dopo aver cenato con varie leccornie offertaci dalla scuola, finalmente riuscii ad intravedere Rosalya con il suo Leigh, si trovava insieme ad Alexy ed Armin, i gemelli. Mi avvicinai a loro ed anche Nathaniel mi seguì.

«Eccoti finalmente. Sei inavvicinabile questa sera, la regina d'Inghilterra è più ricercabile di te» mi disse salutandomi Rosalya. 

Risi alla sua battuta. 

«Oh, Alexy ma poi siete riusciti ad intrufolare l'alcol?» gli chiesi dopo aver salutato i due gemelli. Come immaginato non c'era alcuna traccia di bevande alcoliche, per compensare però servivano degli ottimi punch analcolici. 

«Non prendere questo discorso, guarda. L'intelligente di mio fratello aveva nascosto una piccola bottiglia di vodka nelle mutande. Si ostinava a dire che non si vedesse, mentre al contrario si notava. Insomma neanche un attore porno ha un pacco così visibile... e invece lui continuava a dire ai bodyguard di avere un pisello prosperoso e che per questo era stato persino chiamato alla trasmissione de "lo Show dei Record". Ma ti pare?! Ti lascio immaginare com'è andata a finire!» mi raccontò Alexy lanciando una scappellotto dietro la testa del fratello gemello, Armin, accanto a lui. La mia risata s'incrementò. Quei due insieme erano troppo comici. 

«Un mese di punizione, baby!» concluse Armin facendomi l'occhiolino e fingendo di spararmi con una pistola formata con il pollice e l'indice della sua mano. Mi comunicò quella notizia come se fosse una cosa di cui vantarsi. 

Intanto Rosalya si portò una mano sulla fronte e scosse la testa, poi guardò il cielo «Gesù ti ringrazio per avermi fatto fare dieci minuti di ritardo» chiaramente si riferiva al fatto di non aver assistito alla scena raccontata qualche secondo prima da Alexy, altrimenti se ne sarebbe vergognata perché vista la sua stretta amicizia con i gemelli, soprattutto con Alexy, sicuramente se lei non avesse ritardato sarebbero entrati insieme al ballo.

«Comunque questo vestito è stupendo su di te» cambiò discorso Alexy, parecchio irritato dal fratello, e mi ammirò sorridendo sinceramente. 

«Oh grazie! Tutto merito della consulente qui presente; nonché mia futura stilista personale» mostrai Rose e mi avvicinai a lei poggiando la testa sulla sua spalla in segno di affetto. 

«Lo so, lo so. Saresti stata persa senza di me»

Mi girai verso Nathaniel, trovandolo sorridente ma leggermente a disagio. Non era abituato a dialogare con i suoi coetanei.

«Ora noi andiamo in pista, ci vediamo dopo» salutai tutti mandando un bacio ad ognuno, e con la scusa di voler ballare tolsi Nathaniel dalla situazione d'imbarazzo in cui si trovava. 

Quando fummo nuovamente al centro della pista, notai un'espressione ansiosa e tormentata sul suo volto «Tutto bene?» così gli chiesi. 

«Ehm sì... veramente no. Ok, ce la posso fare» sbuffò e poi fece un grande respiro.

«Cosa succede? Ho fatto qualcosa di sbagliato?» corrugai la fronte non capendo il suo improvviso cambio d'umore. 

«No, davvero. Solo... finora abbiamo ballato, scherzato, sorriso ma è giunto il momento di parlarti seriamente» mi guardò dritto negli occhi e quelle parole ebbero un brutto effetto su di me. Una fitta colpì il mio stomaco generando ansia. 

Mi prese entrambe le mani e si avvicinò maggiormente al mio viso. 

Per un attimo pensai mi stesse per baciare. 

Ma non lo fece. Invece si preoccupò di avvicinarsi a me per sussurrarmi delle parole. 

«Ci sono sensazioni che non si possono spiegare, fantasie che non si possono raccontare...»

 «In tutto questo ci sei tu. Emily Bronte. Leggi anche tu i suoi romanzi?» rimasi stupita anche se c'era d'aspettarselo da uno come lui. 

«Sì e non trovando altre parole adatte, ho utilizzato una delle mie citazioni preferite. La verità è che tu mi piaci Miki, sul serio. Mi piaci tu, come persona.»

Restai senza parole. Nessuno prima d'allora mi aveva fatto una dichiarazione. Lui sembrava essere davvero interessato a me. Mi sarei potuta fidare di lui?

Non ero convinta di voler rispondere affermativamente, ma quando le regole che mi ero autoimposta iniziarono a ronzarmi per la testa le scacciai avvicinando il mio volto al suo con l'intenzione di baciarlo. 

Ma lui non volle baciarmi e anzi capendo il mio gesto portò le sue labbra sulla mia fronte, baciando quella al posto delle labbra. Ma che?

«Facciamo le cose con calma, ok? Iniziamo a frequentarci, poi andando vedendo» 

"Io continuo a non capirti. Perché hai scansato le mie labbra?"

«Vorrei che il nostro primo vero bacio testimoniasse il nostro fidanzamento».

Strabuzzai gli occhi per le parole appena udite. Speravo stesse scherzando, ma quando gli si scurì il volto davanti alla mia reazione capii che quelle parole le pensava realmente. 

In poche parole ero circondata dagli eccessi, una via di mezzo era troppo d'avere? C'era Castiel capace di spogliarti, baciarti e ucciderti anche solo con uno sguardo pur non conoscendo il tuo nome. E poi c'era Nathaniel perfetto fuori, con valori ben stabiliti, incapace di sfiorarti e che prima di baciarti doveva conoscere vita e miracoli della persona. 

Castiel e Nathaniel.

Il fuoco e il ghiaccio. 

Inferno e paradiso. 

Perché avevo ripensato a Castiel? Maledetto! 

Alla fine non risposi alla sua richiesta d'iniziare a frequentarci, non ne ebbi neanche il tempo. La sua attenzione fu catturata da qualcun altro. 

Spostai anche il mio sguardo in direzione del suo e capii ogni cosa.  

Castiel e Ambra stavano ballando un lento proprio accanto a noi. Castiel ballava. Impiegai tutta la forza per non lasciar scorrere lo sguardo lungo il suo corpo perfettamente fasciato da quel completo elegante. Ma come potevo spostare lo sguardo, evitare di guardarlo? Era come una calamita. 

Indossava una camicia bordeaux con due bottoni aperti, una cravatta nera slacciata e sopra a questi una giacca e dei pantaloni color grigio fumo che erano talmente stretti da delineare splendidamente e perfettamente le sue spalle ed il suo fondoschiena. Mi schiaffeggiai mentalmente. 

"Miki contieniti! Sei con Nathaniel. Non puoi guardare il sedere di un altro" ripetei quel mantra nella mia testa per cercare di placare i miei ormoni.

«Ehi mi stai ascoltando?» 

"Oops! Cosa avevi detto, Nath? Mi ero distratta giusto un attimo."

«Sì, certo ti sto ascoltando. Dicevamo?!?» finsi un sorriso e mi sentii avvampare. Se solo avesse potuto leggere nei miei pensieri...

«Non riesco a vedere mia sorella rovinarsi con un tipo come Castiel. Lui non è più quello di un tempo, ma lei non lo capisce»

«Nath, tu l'hai già avvertita, da buon fratello. Ora sta a lei capire cosa è giusto o sbagliato per sé stessa. Non puoi costringerla a non frequentarlo, lei lo farebbe ugualmente magari di nascosto, sarebbe solo peggio in questo modo» cercai di farlo ragionare. Il suo volto scuro e lo sguardo pieno di astio non promettevano nulla di buono. 

Sapevo che Castiel non fosse il ragazzo adatto ad una come Ambra, lei molto probabilmente -al contrario del rosso- era davvero infatuata di lui e in cuor mio immaginavo non potesse finire bene quella storia perché prima o poi si sarebbe stancato di lei. 

«No. Non posso lasciar perdere! Tu non puoi capire» si voltò verso di me guardandomi di sbieco, come se avessi colpe. 

«Cosa non posso capire, eh Nath? Non puoi imporre agli altri il tuo pensiero. Se a lei sta bene farsi usare, lasciala stare» quasi urlai ma fortunatamente non mi sentì nessuno a causa della musica alta. Odiavo quando non riusciva a vedere la realtà per com'era. Secondo la sua testa solamente il suo pensiero era esatto. 

«Fanno continuamente sesso. Se solo lo scoprissero i miei, lei... lei... Ah! Lascia stare!» portò entrambi le mani sulla testa e si tirò leggermente i capelli morbidi in segno di disperazione. Stava lottando con sé stesso, non sapeva se darmi ascolto o meno. 

«Nathaniel ti ricordo che siamo nel 2014 e non nel 1800. Sono cose normali queste da una certa età in poi...» ebbi la sensazione di star parlando con una persona anziana e non con un mio coetaneo. Avevamo una concezione della vita totalmente diversa.

«La nostra famiglia ci ha imposto dei valori ben precisi e siamo tenuti a rispettarli!» finì quella frase e si diresse verso Ambra e Castiel; non erano molto distanti da noi. Lo seguii. Un'ipotetica rissa sarebbe stata la fine per entrambi i ragazzi. 

«Castiel, lascia stare mia sorella!» afferrò le mani del rosso e le tolse dal corpo di Ambra. Stavano ballando prima della nostra intrusione.

Ambra urlò senza riuscire a spiccicare parola attirando l'attenzione di qualche ragazzo accanto a loro. Invece sul volto di Castiel si dipinse un ghigno come se non aspettasse altro che l'arrivo di quel momento. 

«Non devi venire di certo tu a dirmi con chi devo o non devo stare...» lo sfidò.

«Lei è mia sorella. È mio diritto proteggerla da quelli come te!»

«E sentiamo: come sarebbero quelli come me?»

«Stronzi, egoisti, manipolatori, poco raccomandabili, depravati. Vuoi altri termini?»

«Meglio essere me piuttosto che te, questo è sicuro.»

«Sì certo, convinto! Comunque hai sentito l'avvertimento. Inizia a ronzare lontano da mia sorella»

«Altrimenti cosa mi fai?»

«Tu prova a non ascoltarmi e poi vedrai» stava fuoriuscendo un nuovo lato di Nathaniel. Non l'avevo mai visto così aggressivo e sicuro di sé. 




CASTIEL

Mi avvicinai a Nathaniel per non far sentire alle due ragazze presenti, la mia proposta e gli parlai a bassa voce nell'orecchio. 

«Ascolta e se facessimo un patto? Non te lo chiedo perché ho paura di te, che sia chiaro, ma semplicemente perché converrebbe anche a me. Io mi allontano da Ambra, all'istante, solo se tu ti allontanerai da Miki»

«Miki? Cosa c'entra adesso lei? Miki non ha più nulla a che fare con te, ormai da parecchio tempo. Non dovresti neanche nominarla»

«Perché tu puoi nominarla, invece? Fino a prova contraria, e fino a questo momento, lei risulta essere più mia che tua» 

«Cosa intendi?»

«Sapessi...» mi leccai le labbra ed alzai le sopracciglia per enfatizzare ciò che volevo fargli credere. 

Ebbi l'effetto desiderato quando chiudendo le mani a pugno si precipitò verso di me pronto per colpirmi in pieno volto. Non aspettavo altro. Ma la bella ed innocente Miki lo fermò giusto in tempo.

«Grande, Castiel! Sei stato capace anche di rovinarmi questo giorno. Ti ringrazio!» Miki mi urlò quasi in faccia per poi voltarsi e andarsene a braccetto col segretario delegato. 

Fino a prova contraria il suo amato stava per colpire me e non il contrario. Io avevo generato il piano, vero, ma lei questo non poteva saperlo. 





MIKI

Ci allontanammo dalla pista da ballo per dirigerci verso un luogo poco più appartato. Stavo trascinando Nathaniel insieme a me. Da quando ero atterrata a Parigi, anzi ancor prima di atterrarci, già dall'aeroporto di Roma oserei dire, quella maledetta testa rossa di Castiel aveva contribuito a portarmi problemi su problemi, guai su guai. E neanche la sera della vigilia di Natale si era risparmiato. Non poteva andare a ballare lontano da me? No. Doveva rischiare di provocare una rissa, altrimenti non era contento. 

«Ehi ma che ti prende, si può sapere?» incrociai le braccia al petto e mi rivolsi nervosa anche nei confronti del biondo. Alla fin dei conti era stato lui ad avvicinarsi a loro. 

«Vuole sia te che lei ed io non posso permetterglielo» rispose abbassando il volto quasi sconfitto.

«Ma cosa dici? Al massimo vorrà tua sorella. Io e Castiel non siamo neanche più amici, condividiamo solo il banco a scuola perché forzati a farlo, altrimenti passeremo il nostro tempo ad azzanna-» 

«Miki sii sincera con me, te ne prego, cosa c'è stato tra te e Castiel?» alzò il volto guardandomi. Poi interrompendomi fece quella domanda. Trasalii per un momento, poi mi ricomposi.

«Proprio niente, guarda!» risi sarcasticamente e nervosa. Non riuscii ad aggiungere altro.

E se il rosso gli avesse già raccontato del nostro bacio? Io sarei risultata una menzognera.

Nathaniel aprì la bocca per controbattere ma fu bloccato da una voce femminile.

«Tuo padre non sarà contento di sapere che mi hai lasciata sola tutta la serata per appartarti con questa sgualdrina» ovviamente era Melody che mostrò la mia figura con le sue mani per poi incrociare le braccia al petto e mettersi davanti a noi. 

Istintivamente feci una smorfia schifata. Mi urtava il sistema nervoso quella ragazza per quanto insistesse nel volere a tutti i costi Nathaniel anche se lui più volte era stato chiaro con lei. 

Non sapevo cosa c'entrasse il padre di Nathaniel in tutta quella storia e non ero neanche curiosa di scoprirlo. Ero solamente stanca. Volevo allontanarmi da ogni tipo di problema o discussione per stare in pace e godermi l'atmosfera romantica e natalizia che avrebbe dovuto portare quel ballo.

Così non risposi neanche all'offesa di Melody e anzi decisi di lasciarli soli per chiarire. 

«Ascolta Nath, io vado a sedermi da qualche parte. Sono stanca. Voi chiarite e parlate pure con calma. A dopo!» non lo lasciai replicare e non feci neanche caso all'espressione di vittoria dipinta sul volto di Melody. Non m'importava niente. 

Erano bastate quelle discussioni, quelle persone, per farmi dimenticare di ogni gesto carino fatto da Nathaniel nei miei confronti. La carrozza, il mazzo di fiori, la sua gentilezza surreale sembravano quasi un sogno, come se non fossero mai accaduti. E mi tornò inevitabilmente il malumore, quel malumore che mi aveva fatto compagnia per un intero mese e che mi aveva fatto allontanare da ogni persona. Forse era destino che io non potessi vivere una vita tranquilla e felice. 

Girovagai per circa dieci minuti senza una meta stabilita tra i corpi sudati dei ragazzi e delle ragazze che si stavano scatenando, poi trovai una panchina bianca vuota situata poco più lontano della pista da ballo, accanto ai bagni. Mi sedetti poco garbatamente e feci fuoriuscire dalla bocca tutta l'aria trattenuta fino a quel momento. Ero nervosa. Parecchio.

«Ehi come mai sei sola soletta? Dove hai lasciato il tuo cavaliere?» Rosalya sorpresa si sedette accanto a me dopo avermi vista. Era anche lei sola, senza Leigh.

«Potrei farti la stessa domanda» mi voltai verso lei forzando un sorriso. 

«L'ho lasciato con suo fratello, proprio lì» mi mostrò il punto dove vidi Lysandre insieme a quella che pensai fosse la sua ragazza, Leigh ed altri ragazzi mai visti. «Ero anch'io con loro, poi ti ho vista tutta sola e ti ho raggiunta» concluse accarezzando la mia spalla.

«Quindi vuoi dirmi cosa ti prende o...» lasciò la frase in sospeso.

«O?»

«Vuoi continuare a fare la dama misteriosa?»

«No, è solo che... non riesco a passare neanche una serata tranquilla. Sembra quasi io mi attiri i guai» forse parlare con lei mi avrebbe aiutata, forse dopotutto di lei potevo fidarmi realmente. 

«Raccontami cosa ti turba, piccolina» accarezzò i miei capelli.

Decisi di raccontarle ogni cosa sia di Castiel che di Nathaniel. Non potevo tenermi tutto dentro. Quando conclusi la narrazione degli avvenimenti mi sentii sollevata, il peso sentito al centro dello stomaco si era alleviato. 

 «A te le soap-opere ti fanno un baffo proprio» disse per sdrammatizzare, Rose. Sorrisi. 

Rosalya era proprio una brava ragazza. Forse mi sarei affezionata a lei per davvero, forse saremmo diventate realmente amiche, forse...

Interruppe i miei pensieri la voce della preside che salita sul palco iniziò il suo discorso.

«Buonasera Signori e Signori; studenti e studentesse del Dolce Amoris, spero la serata stia proseguendo per il meglio e che stiate gradendo ciò che la nostra scuola ha da offrirvi. Comunque sono qui per comunicarvi che da questo momento apro ufficialmente le votazioni per il Re e la Reginetta del ballo. Ciascuno di voi indicherà due nomi: uno maschile e uno femminile nei fogli che vi verrano distribuiti dai professori agli appositi banchi. Potrete votare per la Reginetta tra: Eleonore MorinMicaela Rossi, Ambra Daniels e Odette Boyer. Potrete votare per il Re tra: Castiel Black, Fabien Garcia, Nathaniel Daniels e Adrien Thomas. I nomi dei candidati sono stati scelti dal comitato studentesco capitanato da Peggy Lefevre. E a proposito un ringraziamento speciale va a tutti loro per la disponibilità e diligenza mostrata ogni giorno, grazie! Le votazioni resteranno aperte per un'ora e trenta minuti a partire da adesso. Vi ricordo che ai candidati sarà vietato votare. A tutti gli altri auguro buona votazione e buon proseguimento di serata. A dopo!»

Ero tra le candidate. E chi se lo sarebbe aspettato? Certo, c'era stato lo zampino di Peggy. Evidentemente doveva aver proposto i candidati in base alla popolarità di quel periodo. Ed io che ero finita per ben due volte nel giro di pochi giorni sulla copertina del dolce journal, evidentemente ero da considerare popolare sebbene non per cause proprio piacevoli. 

«Wow! Castiel, tu e Nathaniel. Il triangolo perfetto!» rise Rosalya.

«Io aggiungerei anche Ambra per ovvie ragioni. Quindi il quadrato perfetto!» era meglio sdrammatizzare in questi casi.

Dopo quasi mezz'ora trascorsa a chiacchierare, ancora sedute su quella panchina, sentimmo dei rumori sospetti provenire dal bagno.

«Ma cos'è?!» Rose si alzò subito e si avvicinò alla struttura di legno costruita appositamente per il ballo. Erano obbligatori per legge, i bagni, in qualsiasi evento di qualsiasi natura.

Io non mi scomodai, restai sulla panchina. Poi però Rose si voltò verso di me, mi fece segno di raggiungerla e si portò entrambe le mani sulla bocca per trattenere le risate. 

Mi alzai e la raggiunsi per capire cosa volesse e cosa avesse visto di così divertente. 

«Ma che? Stanno girando un film porno, per caso, qui dentro?!» mi disse appena le fui vicina. Le feci segno di non urlare e stetti attenta ai rumori. 

Effettivamente era palese cosa stessero facendo grazie ai gemiti maschili e femminili che si udivano chiaramente provenire da dentro uno dei tre bagni presenti. Chiunque fosse chiuso in quel posto di sicuro non stava facendo caso al luogo. Insomma... Sit trovavano pur sempre in dei bagni movibili e per giunta al ballo scolastico, avrebbero dovuto avere essere un minimo di contegno.

«Vai, sì, continua... Sì» pronunciò una delle due voci chiuse in quel posto.

"Un attimo! Ma io conosco quella voce..."

«Ambra!» sussurrammo per non farci scoprire dai diretti interessati, strabuzzammo entrambe gli occhi e ci portammo le mani sulla bocca per lo stupore. 

Ma io al contrario di Rosalya dopo qualche secondo chiusi gli occhi. Perché se era Ambra la donna, allora l'uomo quasi sicuramente era...

"Fa' che non sia lui, fa' che non sia lui" ripetei mentalmente quel mantra ed incrociai le dita, mentre una strana ansia s'impossessò del mio stomaco. 

Non riuscivo a capire il motivo per il quale stessi reagendo in quel modo. Non avevamo alcun tipo di confidenza da mesi ormai, non eravamo mai stati nient'altro che quasi amici, ero persino a conoscenza del genere di rapporto esistente tra lui ed Ambra e allora perché sentivo il bisogno incessante di piangere ed urlare al sol pensiero di saperlo insieme a lei?

«Mi-Miki, sì... Miki» aprii di scatto gli occhi. 

Poi un colpo al cuore.

«O mio Dio!» Rose mi guardò incredula e riportò entrambe le mani sulla bocca. Non sapeva se ridere o meno. 

Io ero sbalordita, scioccata, sconcertata. Quel nome, il mio nome pronunciato dalla sua voce; dalla sua voce durante un atto sessuale con un'altra donna che aveva chiaramente un nome differente dal mio. Avevo sentito bene? 

«Stronzo maiale, io sono Ambra. A-M-B-R-A. Non Miki, cazzo! Cosa ti ha fatto quella lì?» sentimmo uno schiaffo sicuramente provenire da Ambra in direzione della guancia di Castiel. In quel momento Ambra mi fece pena e tenerezza allo stesso tempo. Era infatuata o forse addirittura innamorata di un ragazzo che non la considerava minimamente. Forse aveva ragione Nathaniel, sua sorella andava difesa perché sola non riusciva a farlo evidentemente. 

La mia mente si riempì di troppa confusione ed io non ero in grado di sopportarla, così decisi di aver sentito abbastanza. Afferrai il braccio di Rose e la trascinai lontano da quel maledetto bagno di legno. Sebbene Ambra andasse realmente allontanata da Castiel, in quel momento non potevo di certo entrare nel bagno e portarla via di forza. In più non avevo intenzione di ascoltare il mio compagno di banco concludere il suo atto sessuale.

«Ehi... Volevo sentire!» mi rimproverò Rose perché avevo interrotto il suo spionaggio. 

«Quando torni a casa, stanotte, cerchi un film hard e sei apposto» la liquidai. 

«Non volevo sentire quelle cose, ma altre e sai a cosa mi riferisco, scemina» mi buttò un leggero schiaffo sul braccio per rimproverarmi di ciò che avevo insinuato di lei. 

«Cioè... ti rendi conto? Castiel ha chiamato il tuo nome durante un suo atto sessuale» 

«Sì e non ripetermi questa cosa, grazie. Sto cercando di dimenticare» portai entrambe le mani davanti agli occhi e le sfregai sul volto, fregandomi del trucco che probabilmente si sarebbe sbavato. 

«Guarda che per te dovrebbe essere una cosa bella, secondo me. Mentre io, se fossi Ambra inizierei a farmi due conti» emise un risolino quando spostò l'argomento sulla bionda.

Non feci in tempo a risponderle, una voce al microfono attirò l'attenzione generale. 

«Tutti i candidati che concorrono per la corona sono invitati a salire sul palco. Tra qualche minuto avremo i risultati della votazione!»

  
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