File 09.
“ Potrebbe infastidirti, e non poco. ”
Guardandosi
le fasciature restò meravigliato: vide che non erano
impregnate di
sangue, come il giorno precedente; sentendosi fisicamente meglio e
riuscì a mettersi seduto sul bordo del letto senza alcuna
difficoltà; voleva addirittura provare a fare qualche passo,
ma non
appena poggiò il piede sul pavimento l'infermiere
bussò alla porta
ed entrò.
La ferita non richiedeva più bende, ma soltanto un
cerotto di modeste dimensioni; stava guarendo, anche se gli fu
raccomandato il massimo riposo.
Accertatosi delle condizioni
fisiche di Lestrade, prima di persona e poi tramite l'ospedale,
Mycroft decise le dimissioni dell'Ispettore; l'importanza della sua
persona e del suo titolo, prevaleva anche sul Capo Reparto di un
ospedale. Greg stava ritenendosi fortunato ad avere il maggiore degli
Holmes tra le proprie conoscenze... e amicizie. Finalmente avrebbe
rivisto un ambiente familiare e non impregnato di odori chimici.
Riuscì a reggersi con le proprie gambe mentre si alzava dal
letto,
senza provare alcun tipo di fastidio. Prima di rivestirsi, si diede
una lunga rinfrescata nel bagno privato della stanza, guardando per
diversi istanti, la camicia indossata durante la sparatoria:
studiò
i contorni dello strappo provocato dal proiettile, passandovi
l'indice. Ripensò alla sua carriera e alle altre rare volte
in cui
un proiettile gli fece visita in corpo. Prima poliziotto ed ora
Detective, da sempre attento e preparato a qualsiasi situazione,
rispettato da quasi tutti e ritenuto "il meglio che Scotland
Yard ha da offrire". Ripiegandola, mise la camicia nella borsa
che quella mattina trovò sul tavolo della stanza: Mycroft
gli aveva
fatto reperire uno dei completi che aveva portato con sé,
perfettamente stirato e piegato.
La berlina nera era lì, pronta
ad aspettarlo: Greg cercò una posizione più
confortevole per lui,
allungando la gamba sinistra, ringraziando silenziosamente lo spazio
che la macchina era in grado di dare; si appoggiò bene allo
schienale guardando Mycroft silente con la coda dell'occhio: era
impassibile mentre guardava un punto non ben definito davanti a
sé e
a malapena si salutarono quando l'autista gli aprì la
portiera
dell'auto, ma andava bene così. Accennò un
sorriso, unendo le mani
in grembo e giocherellando con le dita.
« Posso farti una
domanda? – uscendo dai suoi molteplici pensieri, Mycroft
annuì
senza guardarlo – Perché stai facendo tutto
questo, per me? »
«
Non sto facendo niente di anomalo. »
« Già il solo fatto di
essertene andato dalla conferenza è stato "anomalo" da
parte tua. »
Accigliandosi, Mycroft alzò leggermente il mento,
zittendo Greg con un gesto della mano. Guardando fuori dal finestrino
dell'auto scura, Lestrade riconobbe il viale, riconobbe il cancello e
riconobbe il portone della residenza Holmes: qualcosa di familiare,
finalmente; poteva respirare dell'aria che non sapeva di ospedale e
medicazioni, beandosi dell'aria fresca che gli solleticava le poche
parti del corpo scoperte, fin quando Mycroft gli intimò di
entrare
in casa, conducendolo verso la stanza degli ospiti, e lì
sarebbe
rimasto fino all'arrivo della equipe di medici a prestargli le dovute
cure.
Se gli sembrarono eccessive le attenzioni dei domestici, non
aveva ancora avuto a che fare con i tre uomini che entrarono con
Mycroft nella stanza: completi dall'aria costosa, così come
le
valigette in pelle che uno di loro appoggiò prontamente sul
mobiletto fondo-letto, estraendone lo stetoscopio, mentre un altro
appuntò parole poco più che comprensibili su di
una cartelletta
clinica e un altro ancora gli lanciava occhiatacce, parlando
sottovoce con il collega. Il tutto, mentre Mycroft, appoggiato a
braccia conserte contro lo stipite della porta, guardava la scena
sogghignando. Le condizioni di Lestrade rientravano nella norma,
anche se, come gli era stato detto in ospedale, necessitava di
massimo riposo, per almeno diversi giorni; non lo
entusiasmò, per
quanto gli piacesse casa di Mycroft, stare rinchiuso notte e giorno
sarebbe stata un'agonia.
Dopo alcune raccomandazioni, che
assomigliavano più a delle minacce, i medici uscirono dalla
stanza,
accompagnati dal padrone di casa. Rimembrò la visita dei
genitori e
la reazione eccessiva del padre, che non aveva più sentito
da
allora; qualsiasi cosa stesse cominciando a provare per Mycroft erano
affar suo e suo soltanto, difficilmente stava capendo ed accettando
lui stesso, ma che piano piano stava facendo: stava bene con lui e,
con il passare del tempo e degli avvenimenti, scoprì di
provare
affetto verso quella persona dall'orribile carattere quale era
Mycroft. In qualche strano modo, si era ritrovato a volergli
bene.
Non avendo più nulla di costruttivo da fare, nonostante gli
avvertimenti, decise di alzarsi da quel letto su cui era stato
costretto da ore e di raggiungerlo. Non prese nemmeno in
considerazione il fatto che Mycroft potesse essere occupato in
qualche chiamata importante con qualche Capo di Stato; facendo meno
fatica di quanto credesse, uscì dalla stanza tenendosi ben
saldo al
muro.
Dal salone provenne un tonfo sordo di alcune scartoffie
buttate sulla superficie del tavolo. Fermatosi qualche attimo per lo
sforzo abbastanza considerevole, Lestrade prese un respiro. Mycroft
trasalì leggermente vedendolo avvicinarsi e gli
lanciò
un'occhiataccia: si erano raccomandati in quattro di rimanere a
letto.
« Tanto faresti comunque di testa tua; usa almeno il
divano. »
Gli indicò distrattamente il sofà con una mano,
mentre con l'altra resse il portatile. Greg sorrise evitando di farsi
vedere, prendendo posto sulla poltrona di Mycroft, ammirando meglio i
dettagli di quel camino, che fino ad allora aveva osservato
distrattamente. In quel silenzio creatosi, nella sua mente si
presentarono i pensieri di quel pomeriggio. Avrebbe dovuto dirglielo?
Sì, e anche al più presto, prima che Mycroft
stesso ci arrivasse.
«
Immagino che tu debba sapere una cosa. »
« Riguardo? »
«
Quando avrai finito, te ne parlerò. Potrebbe infastidirti, e
non
poco. »
« Tutto m'infastidisce, lo sai. »
Appoggiò meglio
la schiena contro lo schienale, assumendo una posizione più
composta
e voltò il capo in direzione di Mycroft: non lo stava
guardando
direttamente, ma l'attenzione era tutta sua; gli venne da ridere,
aveva quasi paura della reazione dell'altro; abbassò lo
sguardo,
socchiudendo gli occhi, inumidendosi le labbra con la punta della
lingua.
« Mi sono accorto di volerti bene. »
Tutto ciò che
sentì dopo, fu solamente il gelido silenzio creatosi,
smettendo
perfino di ascoltare il ticchettio delle lancette dell'orologio a
pendolo che costeggiava il camino. Passarono diversi istanti prima
che Mycroft aprisse bocca.
« Continua. »
« Mi sento bene con
te. – annuì piano, cercando il coraggio di alzare
lo sguardo nella
sua direzione – Fin troppo. »
Mycroft chiuse di scatto il
portatile e Greg, non ricevendo risposta ed avendo terribilmente
paura della reazione dell'altro si alzò, voltandosi verso il
corridoio, limitandosi a fare qualche passo, per poi fermarsi e fare
una piccola smorfia di fastidio dovuta alla ferita.
« Gregory.
Non volevo che arrivassi a questo. Ti sei... infatuato, innamorato di
me? »
Spalancò gli occhi, voltandosi di scatto verso Mycroft,
scoprendogli sul volto un'espressione poco più che confusa.
Lo
guardò a bocca semi aperta, non sapendo bene cosa dire
né fare:
quel momento era diventato assurdo nell'istante in cui Lestrade aveva
cominciato quello stupido discorso. Lo amava? Certo che no. L'amore
era ben diverso da ciò che provava per lui.
« Ho solo detto, –
parlò a bassa voce, inarcando lievemente le sopracciglia e
agitando
lentamente la mano – che sto bene con te. »
Volendosi tirare
fuori al più presto dall'ennesima stupida situazione che
aveva
creato, si diresse definitivamente verso la stanza al piano
inferiore, sentendo provenire dalla sala la voce di Mycroft: si
bloccò con la mano sulla maniglia della porta al suono di
una, sola
parola ed infine entrò nella camera. Curioso come il
silenzio
scandisca così bene i rumori e le parole della notte. Si
coricò e
poco prima di addormentarsi, lasciò elaborare alla propria
mente
l'unica parola che Greg sentì e che lo interdette:
« Grazie.
».
*
Mattinata passata nel letto per via dello sforzo
fatto la sera precedente ed e-mail di New Scotland Yard fuori uso:
qualcuno non voleva farlo lavorare. Sospirò, posando al
proprio
fianco il vecchio portatile. Con molta, moltissima riluttanza,
chiamò
la servitù, richiedendo alcuni titoli da leggere e
scusandosi non
appena questi uscirono dalla stanza. Si chiese se, prima o poi si
sarebbe abituato alla loro perenne presenza e quanto ci avrebbe messo
a capire che servire le persone era il loro mestiere principale.
Aprendo il libro, si chiese anche se avessero qualche tipo di
addestramento speciale, essendo la servitù di uno degli
uomini più
potenti del Paese. Quando alzò gli occhi dal libro, il sole
stava
ormai tramontando; si accigliò quando, posando il testo sul
comodino, notò il piccolo vassoio con il pranzo ormai freddo
poggiatovi sopra; la lettura dovette averlo preso parecchio, tanto da
dimenticarsi perfino di pranzare.
Quando Mycroft rientrò a casa,
gli portò il suo taccuino che aveva lasciato in ufficio la
mattina
della sparatoria, almeno così si sarebbe gestito meglio gli
appuntamenti di lavoro, o almeno quelli risolvibili via cellulare o
computer. Holmes passò tutta la serata insieme a lui, cena
compresa.
Si portò perfino il portatile nella stanza degli ospiti in
modo da
sbrigare le sue faccende da uomo politico direttamente da
lì,
nonostante la presenza di Gregory, che fece lo stesso con il suo.
Quando lo ripose, notò che Mycroft era seduto poco
più distante.
«
Posso avvicinarmi? »
Mycroft acconsentì con un cenno del
capo.
Avevano bisogno di sentirsi leggermente più vicini, sia
mentalmente, che fisicamente. Lestrade strisciò, quanto
più
elegantemente le forze glielo permisero accanto all'altro, che
girò
la testa verso la finestra della camera degli ospiti, divenuta di
Lestrade. Assaporò il profumo: l'acqua di colonia pregiata
utilizzata da Mycroft, mischiato ad un leggero aroma di brandy.
«
Mi piacerebbe un po' del tuo brandy. »
« Per ora puoi
accontentarti di me, ho bevuto il solito, poco fa. »
Greg
accennando un sorriso, colse il suo goffo, ma ben riuscito tentativo
di flirtare di Mycroft, mentre quest'ultimo assunse la medesima
pozione di Lestrade, sdraiandosi al suo fianco con tutta la sua
eleganza.
« Posso baciarti? »
« Era chiaramente un invito.
»
In pochi secondi, Gregory fece leva sul braccio, in modo da non
gravare sulla sua stessa ferita, per raggiungere le labbra di
Mycroft: il suo costosissimo profumo, l'aroma e il gusto di brandy
mischiato al sapore di Mycroft, fecero approfondire quel bacio, quel
tanto che bastava da renderlo più intimo del precedente. Fu
Mycroft
stesso a porre fine a quel contatto, poggiando per qualche istante la
fronte contro quella di Lestrade e deglutì, per poi girarsi
interrompendo ogni singolo contatto, coprendosi. Gregory rimase a
fissarlo per diversi minuti, provando ad immaginare cosa gli passasse
per quella brillante mente che tanto lo affascinava: paura? Forse.
Paura di scoprire che cosa erano in realtà i sentimenti.
*
Aprendo
lentamente un occhio e, accigliandosi non poco vedendo una figura
scura a fianco a sé, rimase molto sorpreso riconoscendola
come
quella dell'Holmes. Domandandosi se si fosse mosso durante la notte,
poiché era ancora nella stessa posizione in cui l'aveva
lasciato, si
mise a sedere, provando a capire se fosse sveglio o no, prendendo
anche quella manciata di minuti per apprezzarne il momento, senza
rendersi conto però, che Mycroft fosse sveglio.
« Rimani, per
una volta che siamo a casa a quest'ora. »
Replicò, poggiando la
schiena contro i cuscini, e guardando l'Ispettore per un attimo, il
quale rimase rigido per diversi istanti seduto sul letto e infine si
rilassò, sdraiandosi e appoggiando una mano sulla
fasciatura.
Gregory guardandolo era contento, finalmente, di non vederlo al
lavoro.
« Credo non capiti da anni, perdere tempo così, a
letto.
»
« Meglio approfittarne. »
Lestrade gli regalò un sorriso,
che Mycroft non ricambiò, non cogliendone il significato: lo
guardò
accigliato e con aria piuttosto confusa. Piano piano, Greg
scivolò,
fino a far toccare la spalla con la sua. Tutto ciò che
voleva, era
passare ancora qualche minuto con il maggiore degli Holmes
così,
senza fare assolutamente nulla, se non scambiarsi sguardi e stupide
parole. Quando finalmente quest'ultimo capì, si sporse
leggermente,
cercando, titubante le labbra dell'altro, che gli porse senza alcun
indugio. Un piccolo ed innocuo bacio che nascondeva un
ringraziamento: quello di essere lì.
« Perché lo fai e mi
permetti di farlo? »
Si alzò dal letto, distogliendo lo sguardo
infastidito da quello di Greg, cercando la sua vestaglia da camera
per poi dirigersi verso la porta. Si aspettava veramente una
risposta? Probabilmente sì, perché non c'era
domanda a cui Mycroft
non sapesse la risposta. Eccetto, forse, quella.
« Lo faccio
perché non mi dispiace farlo. Con te, temo di aver perso un
po' la
ragione. »
E con questo, siccome Mycroft non ammetteva repliche,
perché gli costò tutto
ammetterlo, uscì dalla stanza, obbligando Lestrade al riposo
e
quando quest'ultimo provò ad alzarsi, l'altro lo
bloccò con un
semplice gesto della mano, piazzandogliela ad un palmo dal naso.
«
Non avrei dovuto lasciare che tu leggessi Rimbaud. »