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Autore: acciosnape    24/09/2014    2 recensioni
Ricordava la figura maschile dal completo scuro, gessato, elegantissimo e probabilmente anche costosissimo seduta al fianco sinistro del letto, dove riposava un giovane Sherlock stremato dai sedativi e le mille domande che si pose e che vennero esaudite non appena la figura si alzò e si presentò.
[ Mystrade ispirata ad un roleplay. ]
INCOMPIUTA - ho deciso di riscriverla, modificandone alcuni pezzi, nome compreso e magarli darle un giusto finale. Spero di ripubblicarla presto!
Genere: Angst, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lestrade, Mycroft Holmes, Quasi tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
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File 09.

“ Potrebbe infastidirti, e non poco. ”


Guardandosi le fasciature restò meravigliato: vide che non erano impregnate di sangue, come il giorno precedente; sentendosi fisicamente meglio e riuscì a mettersi seduto sul bordo del letto senza alcuna difficoltà; voleva addirittura provare a fare qualche passo, ma non appena poggiò il piede sul pavimento l'infermiere bussò alla porta ed entrò.
La ferita non richiedeva più bende, ma soltanto un cerotto di modeste dimensioni; stava guarendo, anche se gli fu raccomandato il massimo riposo.
Accertatosi delle condizioni fisiche di Lestrade, prima di persona e poi tramite l'ospedale, Mycroft decise le dimissioni dell'Ispettore; l'importanza della sua persona e del suo titolo, prevaleva anche sul Capo Reparto di un ospedale. Greg stava ritenendosi fortunato ad avere il maggiore degli Holmes tra le proprie conoscenze... e amicizie. Finalmente avrebbe rivisto un ambiente familiare e non impregnato di odori chimici. Riuscì a reggersi con le proprie gambe mentre si alzava dal letto, senza provare alcun tipo di fastidio. Prima di rivestirsi, si diede una lunga rinfrescata nel bagno privato della stanza, guardando per diversi istanti, la camicia indossata durante la sparatoria: studiò i contorni dello strappo provocato dal proiettile, passandovi l'indice. Ripensò alla sua carriera e alle altre rare volte in cui un proiettile gli fece visita in corpo. Prima poliziotto ed ora Detective, da sempre attento e preparato a qualsiasi situazione, rispettato da quasi tutti e ritenuto "il meglio che Scotland Yard ha da offrire". Ripiegandola, mise la camicia nella borsa che quella mattina trovò sul tavolo della stanza: Mycroft gli aveva fatto reperire uno dei completi che aveva portato con sé, perfettamente stirato e piegato.
La berlina nera era lì, pronta ad aspettarlo: Greg cercò una posizione più confortevole per lui, allungando la gamba sinistra, ringraziando silenziosamente lo spazio che la macchina era in grado di dare; si appoggiò bene allo schienale guardando Mycroft silente con la coda dell'occhio: era impassibile mentre guardava un punto non ben definito davanti a sé e a malapena si salutarono quando l'autista gli aprì la portiera dell'auto, ma andava bene così. Accennò un sorriso, unendo le mani in grembo e giocherellando con le dita.
« Posso farti una domanda? – uscendo dai suoi molteplici pensieri, Mycroft annuì senza guardarlo – Perché stai facendo tutto questo, per me? »
« Non sto facendo niente di anomalo. »
« Già il solo fatto di essertene andato dalla conferenza è stato "anomalo" da parte tua. »
Accigliandosi, Mycroft alzò leggermente il mento, zittendo Greg con un gesto della mano. Guardando fuori dal finestrino dell'auto scura, Lestrade riconobbe il viale, riconobbe il cancello e riconobbe il portone della residenza Holmes: qualcosa di familiare, finalmente; poteva respirare dell'aria che non sapeva di ospedale e medicazioni, beandosi dell'aria fresca che gli solleticava le poche parti del corpo scoperte, fin quando Mycroft gli intimò di entrare in casa, conducendolo verso la stanza degli ospiti, e lì sarebbe rimasto fino all'arrivo della equipe di medici a prestargli le dovute cure.
Se gli sembrarono eccessive le attenzioni dei domestici, non aveva ancora avuto a che fare con i tre uomini che entrarono con Mycroft nella stanza: completi dall'aria costosa, così come le valigette in pelle che uno di loro appoggiò prontamente sul mobiletto fondo-letto, estraendone lo stetoscopio, mentre un altro appuntò parole poco più che comprensibili su di una cartelletta clinica e un altro ancora gli lanciava occhiatacce, parlando sottovoce con il collega. Il tutto, mentre Mycroft, appoggiato a braccia conserte contro lo stipite della porta, guardava la scena sogghignando. Le condizioni di Lestrade rientravano nella norma, anche se, come gli era stato detto in ospedale, necessitava di massimo riposo, per almeno diversi giorni; non lo entusiasmò, per quanto gli piacesse casa di Mycroft, stare rinchiuso notte e giorno sarebbe stata un'agonia.
Dopo alcune raccomandazioni, che assomigliavano più a delle minacce, i medici uscirono dalla stanza, accompagnati dal padrone di casa. Rimembrò la visita dei genitori e la reazione eccessiva del padre, che non aveva più sentito da allora; qualsiasi cosa stesse cominciando a provare per Mycroft erano affar suo e suo soltanto, difficilmente stava capendo ed accettando lui stesso, ma che piano piano stava facendo: stava bene con lui e, con il passare del tempo e degli avvenimenti, scoprì di provare affetto verso quella persona dall'orribile carattere quale era Mycroft. In qualche strano modo, si era ritrovato a volergli bene.
Non avendo più nulla di costruttivo da fare, nonostante gli avvertimenti, decise di alzarsi da quel letto su cui era stato costretto da ore e di raggiungerlo. Non prese nemmeno in considerazione il fatto che Mycroft potesse essere occupato in qualche chiamata importante con qualche Capo di Stato; facendo meno fatica di quanto credesse, uscì dalla stanza tenendosi ben saldo al muro.
Dal salone provenne un tonfo sordo di alcune scartoffie buttate sulla superficie del tavolo. Fermatosi qualche attimo per lo sforzo abbastanza considerevole, Lestrade prese un respiro. Mycroft trasalì leggermente vedendolo avvicinarsi e gli lanciò un'occhiataccia: si erano raccomandati in quattro di rimanere a letto.
« Tanto faresti comunque di testa tua; usa almeno il divano. »
Gli indicò distrattamente il sofà con una mano, mentre con l'altra resse il portatile. Greg sorrise evitando di farsi vedere, prendendo posto sulla poltrona di Mycroft, ammirando meglio i dettagli di quel camino, che fino ad allora aveva osservato distrattamente. In quel silenzio creatosi, nella sua mente si presentarono i pensieri di quel pomeriggio. Avrebbe dovuto dirglielo? Sì, e anche al più presto, prima che Mycroft stesso ci arrivasse.
« Immagino che tu debba sapere una cosa. »
« Riguardo? »
« Quando avrai finito, te ne parlerò. Potrebbe infastidirti, e non poco. »
« Tutto m'infastidisce, lo sai. »
Appoggiò meglio la schiena contro lo schienale, assumendo una posizione più composta e voltò il capo in direzione di Mycroft: non lo stava guardando direttamente, ma l'attenzione era tutta sua; gli venne da ridere, aveva quasi paura della reazione dell'altro; abbassò lo sguardo, socchiudendo gli occhi, inumidendosi le labbra con la punta della lingua.
« Mi sono accorto di volerti bene. »
Tutto ciò che sentì dopo, fu solamente il gelido silenzio creatosi, smettendo perfino di ascoltare il ticchettio delle lancette dell'orologio a pendolo che costeggiava il camino. Passarono diversi istanti prima che Mycroft aprisse bocca.
« Continua. »
« Mi sento bene con te. – annuì piano, cercando il coraggio di alzare lo sguardo nella sua direzione – Fin troppo. »
Mycroft chiuse di scatto il portatile e Greg, non ricevendo risposta ed avendo terribilmente paura della reazione dell'altro si alzò, voltandosi verso il corridoio, limitandosi a fare qualche passo, per poi fermarsi e fare una piccola smorfia di fastidio dovuta alla ferita.
« Gregory. Non volevo che arrivassi a questo. Ti sei... infatuato, innamorato di me? »
Spalancò gli occhi, voltandosi di scatto verso Mycroft, scoprendogli sul volto un'espressione poco più che confusa. Lo guardò a bocca semi aperta, non sapendo bene cosa dire né fare: quel momento era diventato assurdo nell'istante in cui Lestrade aveva cominciato quello stupido discorso. Lo amava? Certo che no. L'amore era ben diverso da ciò che provava per lui.
« Ho solo detto, – parlò a bassa voce, inarcando lievemente le sopracciglia e agitando lentamente la mano – che sto bene con te. »
Volendosi tirare fuori al più presto dall'ennesima stupida situazione che aveva creato, si diresse definitivamente verso la stanza al piano inferiore, sentendo provenire dalla sala la voce di Mycroft: si bloccò con la mano sulla maniglia della porta al suono di una, sola parola ed infine entrò nella camera. Curioso come il silenzio scandisca così bene i rumori e le parole della notte. Si coricò e poco prima di addormentarsi, lasciò elaborare alla propria mente l'unica parola che Greg sentì e che lo interdette:
« Grazie. ».

*

Mattinata passata nel letto per via dello sforzo fatto la sera precedente ed e-mail di New Scotland Yard fuori uso: qualcuno non voleva farlo lavorare. Sospirò, posando al proprio fianco il vecchio portatile. Con molta, moltissima riluttanza, chiamò la servitù, richiedendo alcuni titoli da leggere e scusandosi non appena questi uscirono dalla stanza. Si chiese se, prima o poi si sarebbe abituato alla loro perenne presenza e quanto ci avrebbe messo a capire che servire le persone era il loro mestiere principale. Aprendo il libro, si chiese anche se avessero qualche tipo di addestramento speciale, essendo la servitù di uno degli uomini più potenti del Paese. Quando alzò gli occhi dal libro, il sole stava ormai tramontando; si accigliò quando, posando il testo sul comodino, notò il piccolo vassoio con il pranzo ormai freddo poggiatovi sopra; la lettura dovette averlo preso parecchio, tanto da dimenticarsi perfino di pranzare.
Quando Mycroft rientrò a casa, gli portò il suo taccuino che aveva lasciato in ufficio la mattina della sparatoria, almeno così si sarebbe gestito meglio gli appuntamenti di lavoro, o almeno quelli risolvibili via cellulare o computer. Holmes passò tutta la serata insieme a lui, cena compresa. Si portò perfino il portatile nella stanza degli ospiti in modo da sbrigare le sue faccende da uomo politico direttamente da lì, nonostante la presenza di Gregory, che fece lo stesso con il suo. Quando lo ripose, notò che Mycroft era seduto poco più distante.
« Posso avvicinarmi? »
Mycroft acconsentì con un cenno del capo.
Avevano bisogno di sentirsi leggermente più vicini, sia mentalmente, che fisicamente. Lestrade strisciò, quanto più elegantemente le forze glielo permisero accanto all'altro, che girò la testa verso la finestra della camera degli ospiti, divenuta di Lestrade. Assaporò il profumo: l'acqua di colonia pregiata utilizzata da Mycroft, mischiato ad un leggero aroma di brandy.
« Mi piacerebbe un po' del tuo brandy. »
« Per ora puoi accontentarti di me, ho bevuto il solito, poco fa. »
Greg accennando un sorriso, colse il suo goffo, ma ben riuscito tentativo di flirtare di Mycroft, mentre quest'ultimo assunse la medesima pozione di Lestrade, sdraiandosi al suo fianco con tutta la sua eleganza.
« Posso baciarti? »
« Era chiaramente un invito. »
In pochi secondi, Gregory fece leva sul braccio, in modo da non gravare sulla sua stessa ferita, per raggiungere le labbra di Mycroft: il suo costosissimo profumo, l'aroma e il gusto di brandy mischiato al sapore di Mycroft, fecero approfondire quel bacio, quel tanto che bastava da renderlo più intimo del precedente. Fu Mycroft stesso a porre fine a quel contatto, poggiando per qualche istante la fronte contro quella di Lestrade e deglutì, per poi girarsi interrompendo ogni singolo contatto, coprendosi. Gregory rimase a fissarlo per diversi minuti, provando ad immaginare cosa gli passasse per quella brillante mente che tanto lo affascinava: paura? Forse. Paura di scoprire che cosa erano in realtà i sentimenti.

*

Aprendo lentamente un occhio e, accigliandosi non poco vedendo una figura scura a fianco a sé, rimase molto sorpreso riconoscendola come quella dell'Holmes. Domandandosi se si fosse mosso durante la notte, poiché era ancora nella stessa posizione in cui l'aveva lasciato, si mise a sedere, provando a capire se fosse sveglio o no, prendendo anche quella manciata di minuti per apprezzarne il momento, senza rendersi conto però, che Mycroft fosse sveglio.
« Rimani, per una volta che siamo a casa a quest'ora. »
Replicò, poggiando la schiena contro i cuscini, e guardando l'Ispettore per un attimo, il quale rimase rigido per diversi istanti seduto sul letto e infine si rilassò, sdraiandosi e appoggiando una mano sulla fasciatura. Gregory guardandolo era contento, finalmente, di non vederlo al lavoro.
« Credo non capiti da anni, perdere tempo così, a letto. »
« Meglio approfittarne. »
Lestrade gli regalò un sorriso, che Mycroft non ricambiò, non cogliendone il significato: lo guardò accigliato e con aria piuttosto confusa. Piano piano, Greg scivolò, fino a far toccare la spalla con la sua. Tutto ciò che voleva, era passare ancora qualche minuto con il maggiore degli Holmes così, senza fare assolutamente nulla, se non scambiarsi sguardi e stupide parole. Quando finalmente quest'ultimo capì, si sporse leggermente, cercando, titubante le labbra dell'altro, che gli porse senza alcun indugio. Un piccolo ed innocuo bacio che nascondeva un ringraziamento: quello di essere lì.
« Perché lo fai e mi permetti di farlo? »
Si alzò dal letto, distogliendo lo sguardo infastidito da quello di Greg, cercando la sua vestaglia da camera per poi dirigersi verso la porta. Si aspettava veramente una risposta? Probabilmente sì, perché non c'era domanda a cui Mycroft non sapesse la risposta. Eccetto, forse, quella.
« Lo faccio perché non mi dispiace farlo. Con te, temo di aver perso un po' la ragione. »
E con questo, siccome Mycroft non ammetteva repliche, perché gli costò
tutto ammetterlo, uscì dalla stanza, obbligando Lestrade al riposo e quando quest'ultimo provò ad alzarsi, l'altro lo bloccò con un semplice gesto della mano, piazzandogliela ad un palmo dal naso.
« Non avrei dovuto lasciare che tu leggessi Rimbaud. »

   
 
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