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Autore: hinata 92    27/09/2014    2 recensioni
Un ragazzo si presenta dal famoso Professor Elric per trovare risposta a una domanda che lo tormenta.
"Gli incubi possono diventare reali?"
Selim Bradley non ha idea di quanto la risposta possa essere affermativa... e dolorosa...
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alphonse Elric, Altro personaggio, Edward Elric, Pride
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un’oscura verità

 

Il bambino dagli occhi d’oro andò ad aprire la porta della casa dello zio e sorrise: «Papà!»

Edward Elric alzò di peso il figlio: «Ciao! Allora, hai fatto il bravo con gli zii?»

Il bambino annuì: «Bravissimo!»

Mei fece capolino dalla porta della cucina: «Tlanne che non ne vuole sapele di bele il latte… come qualcuno di mia conoscenza…»

Ed fece una linguaccia imbarazzata alla cognata, in un’espressione che sapeva piacere tanto al figlio,  che come previsto scoppiò a ridere.

«Puoi rimanere ancora un po’ con zia Mei? Devo parlare un po’ con lo zio…»

Il bambino annuì e tornò dalla donna, mentre Ed, perdendo ogni traccia di allegria, salì le scale e bussò alla porta dell’ufficio del fratello.

«Avanti.»

Ed entrò nell’ufficio del suo fratellino.

«Fratellone! Sei venuto a riprenderti il mio nipotino?»

Edward sorrise: «Sì, ma non solo… dovevo anche parlare con te.»

«Sono tutt’orecchi. Dimmi come ti posso aiutare… devo di nuovo aggiustare il tetto con l’alchimia?»

Il fratello maggiore fece l’offeso: «Assolutamente no, se si rompesse di nuovo lo aggiusterei io, alla vecchia maniera!»

Al alzò gli occhi: «Salvo poi cadere e romperti l’unica gamba sana, come l’altra volta… e poi Winry mi deve richiamare a salvare il salvabile…»

I due fratelli risero di gusto, poi Ed si fece serio: «Mi hanno chiamato dalla Biblioteca Centrale. Qualcuno sta cercando informazioni sulla Pietra Filosofale.»

Al trasalì: «Cosa?»

Edward sospirò. Da quel giorno di sedici anni prima, aveva completamente rinunciato all’alchimia, come promesso, in cambio del corpo di suo fratello. Ma anche se non praticava più l’antica arte, rimaneva uno dei maggiori esperti teorici al mondo e si dedicava ancora, anima e corpo, a una missione molto specifica: impedire a chiunque di realizzare la Pietra Filosofale, anzi, se possibile, cancellare il suo ricordo dal memoria della gente. Tutte le biblioteche di Amestris e dintorni sapevano cosa fare quando qualcuno cercava di approfondire “l’argomento proibito”.

Alphonse lo guardò sorpreso: «Ma chi…»

«Ancora non lo so. La bibliotecaria ha fatto in modo che torni fra tre giorni per fornirgli i libri che ha richiesto… e a quel punto interverrò.»

«Cosa hai intenzione di fare, fratellone?»

«Dipende da chi è e da cosa vuole fare con quelle informazioni. È vero, non sono più un Cane dell’Esercito, ma se fosse qualcuno con cattive intenzioni…»

Al sospirò: «Capisco.»

«Verresti con me?»

«Io?»

«Certo! Se il nostro misterioso topo da biblioteca fosse un alchimista e non volesse… discutere pacificamente con me, avrei bisogno di aiuto per fermarlo.»

Alphonse alzò gli occhi al cielo: «Dici tanto che non ti dispiace non avere più l’alchimia, e poi alla minima cosa mi chiami… e va bene. Dammi solo il tempo di spostare un appuntamento.»

Ed lo guardò con aria complice e gli diede gomitate: «Appuntamento con chi? Di’ la verità, fratellino, o spiffero tutto a Mei…»

Al arrossì: «Ma che vai a pensare? È solo uno studente a cui do ripetizioni extra!»

L’uomo schioccò le dita, fintamente scocciato: «Peccato… speravo in uno scoop…»

Alphonse rise, ma fece molta attenzione a nascondere il destinatario del biglietto che stava per inviare. A Ed non sarebbe piaciuto neanche un po’.

 

«Buongiorno. Ero venuto qualche giorno fa per dei libri e mi era stato detto di ritornare…»

La bibliotecaria lo guardò altera: «Certo, certo. Solo un attimo.»

Il ragazzo sorrise imbarazzato mentre la guardava allontanarsi.

La donna andò sul retro e parlò con i due uomini che l’attendevano: «È lui.»

Ed e Al si sporsero a guardare.

«Ah, è un ragazzino!»

Al sentì le gambe venirgli meno, nel vedere il ragazzo risistemarsi la fascia, nervoso, saltellando sul posto. Di tutte le persone… proprio lui…

«Al?»

L’uomo scosse la testa, cercando di riprendersi: «Fai andare me, Ed. Per favore.»

«Perché?»

«So come prenderlo. Ed è meglio che non ti veda.»

Ed lo guardò sorpreso: «Lo conosci?»

Al sussurrò soltanto: «Fidati di me.»

Poi uscì assumendo un’aria severa.

«SELIM! COSA STAI FACENDO?»

Il ragazzo trasalì: «Professore! Cosa…»

«Cosa te lo devo chiedere io! Allora? Cos’è questa storia che vai in giro a cercare Pietre Filosofali?»

Il ragazzo rabbrividì. Non aveva mai visto il professore così arrabbiato. Abbassò lo sguardo, in silenzio.

«Guardami, Selim. Guardami e spiegami cosa sta succedendo.»

Selim tremò, mordendosi un labbro. Sembrava quasi sul punto di piangere.

«Selim, per favore…»

Dietro, Ed guardava la scena con attenzione. Selim… dove aveva già sentito quel nome?

«Io… io… volevo solo trovare una cura…»

Al si chinò su di lui: «Di cosa stai parlando?»

Il ragazzo aveva i lucciconi agli occhi: «La mia ombra non migliora… così ho pensato che se riuscivo a trovare una Pietra Filosofale… e a portagliela… lei poteva sistemare le cose!»

A quella rivelazione Alphonse sentì le gambe venirgli meno: «E allora per cosa avremmo lavorato tutti questi mesi?»

«Non facevo altro che deluderla… senza migliorare…»

Il professore scosse a testa: «Non è così. Non è assolutamente così. Sei tu che non hai fiducia in te.»

Ed non sbatteva nemmeno la palpebre. Quel viso… era diverso… la voce era più profonda… però…

Improvvisamente sbarrò gli occhi.

«PRIDE!»

«NO, FRATELLONE, NON FARLO!»

Selim fissò sconvolto l’uomo che uscì da dietro lo scaffale. Assomigliava tanto al professore, aveva gli stessi occhi e gli stessi capelli dorati, tenuti in una treccia. Ebbe una sorta di flash: quegli stessi occhi, quella stessa treccia di capelli biondi, su un ragazzino della sua età… no, più piccolo, forse… che lo attaccava… con un braccio di metallo…

Istintivamente alzò le braccia per parare un pugno che non c’era. Un pugno di molti anni prima…

Prima che potesse pensare o fare qualunque cosa, il professore si parò davanti a lui gridando: «Non è come pensi! Lui è Selim Bradley! E basta!»

L’ultimo arrivato gli urlò di risposta: «Sei il solito ingenuo, Al! Sta cercando la Pietra Filosofale! E tu lo stai aiutando da mesi! Lascia che me ne occupi io!»

«Non sono più un ragazzino da proteggere, Ed! So pensare con la mia testa, ora. E conoscevo tutti i rischi quando ho accettato di aiutarlo. Di dargli una possibilità.»

«Non si può dare una possibilità a un…»

Alphonse divenne rosso di rabbia: «TU HAI DATO UNA POSSIBILITÀ A QUESTO RAGAZZO SEDICI ANNI FA, FRATELLONE! TU L’HAI RICONSEGNATO NELLE BRACCIA DELLA MADRE! SE C’È QUALCUNO INGENUO, QUI, SEI TU CHE NON ACCETTI NEMMENO LE CONSEGUENZE DELLE TUE STESSE SCELTE!»

Selim si prese la testa fra le mani: «Di… che state parlando? Cosa…»

Al guardò il fratello con uno sguardo ben peggiore a quello che aveva riservato al ragazzo poco prima: «Complimenti, fratellone! Hai mandato all’aria il lavoro graduale di mesi che stavo facendo!»

Ed non sapeva più che pensare. Alphonse si limitò a prendere sottobraccio l’allievo e il fratello e a trascinarli fuori dalla biblioteca: «Andiamocene. Qui stiamo solo dando spettacolo.»

 

Selim si guardò intorno, sorpreso. Non avrebbe mai creduto che il professore avesse tanta influenza da poter ottenere una stanza riservata al Comando Centrale solo presentandosi all’ingresso.

Fra i due fratelli l’atmosfera non era tranquilla, proprio per nulla. Il ragazzo era convinto che entro pochissimo avrebbe visto delle vere e proprie scintille formarsi fra i due.

Il fratello del professore sbuffò: «Preferirei risolvere la discussione alla vecchia maniera. Ci chiariamo sempre meglio durante una bella scazzottata.»

Il professor Elric scosse la testa: «Se fosse una questione che riguarda solo noi due sarei d’accordo. Ma non è così, quindi ora te ne starai seduto sul quel divano. Se proprio avrai voglia di menare le mani, lo faremo più tardi, in privato.»

Il ragazzo guardò lo sconosciuto un po’ allibito. Era figlio unico e quindi le dinamiche fraterne gli erano un po’ estranee, era vero, ma tutti i fratelli chiarivano sempre le loro discussioni picchiandosi?

Il professore tornò a rivolgersi a lui: «Bene, Selim. Immagino che tu non abbia capito nulla di quello che è successo.»

Il ragazzo scosse la testa e l’uomo continuò: «Cosa hai scoperto finora sulla Pietra Filosofale?»

«Che… che permette agli alchimisti di fare cose altrimenti impossibili… e che è rossa…»

Alphonse annuì: «Corretto. Una Pietra Filosofale permette a un alchimista di sottrarsi alla Legge dello Scambio Equivalente. Ed è rossa… sai perché è rossa?»

«No…»

«Sai come se ne crea una?»

«No… anche perché io di alchimia non ci capisco niente… volevo solo scoprire se ce n’era una circolazione da potermi far prestare…»

Alphonse sospirò: «Non esistono attualmente Pietre Filosofali, almeno che io sappia. L’ultima l’abbiamo distrutta io e mio fratello con le nostre mani.»

Selim lo guardò stupefatto: «Ma perché? Lei non è un alchimista? Non le sarebbe servita?»

Il professore lo guardò serissimo: «Qual è il prezzo che sei disposto a pagare per liberarti dalla tua ombra, Selim

«Prezzo? Se è una questione di soldi io…»

Edward sbuffò: «Ci sta prendendo in giro, te lo dico io!»

Al fermò il fratello alzando una mano e tornò a rivolgersi al ragazzo: «Saresti disposto a sacrificare migliaia di vite umane per risolvere il tuo problema?»

Selim sbarrò gli occhi, inorridito: «N-no! No! No! Non potrei mai! Io voglio… voglio fare il soldato per proteggere, non per uccidere!»

«Perché questo è il prezzo da pagare per la creazione di una Pietra Filosofale. Questo è il motivo per cui noi indaghiamo su chiunque ne cerchi una.»

«Io… io non ne avevo idea… non volevo… non…»

Il ragazzo iniziò a piangere. Cosa stava per fare? Si sentiva male, gli veniva da vomitare, gli sembrava quasi che se la sua stessa anima stesse andando in frantumi…

Alphonse provò a mettergli una mano sulla spalla, per consolarlo, poi sussultò: «Selim! La tua ombra!»

Il ragazzo guardò il terreno. La sua ombra si era animata di nuovo, ingrandendosi a vista d’occhio.

«C-che succede? Non ha mai fatto così!»

Ed, al bando di ogni etichetta, si alzò i piedi sul divano: «Ci sta attaccando!»

Selim scosse la testa, terrorizzato: «No! Non sono io! Si sta muovendo da sola! Si sta di nuovo muovendo da sola!»

«Pride, lo so che sei tu! Giochiamo a carte scoperte, homunculus!»

Il ragazzo, con lo sguardo perso nel vuoto, ripeté atono: «Homunculus…»

Alphonse tirò un pugno al fratello, sbattendolo a terra: «CHE COSA HAI FATTO?»

Ma tutte le urla e le voci divennero un sottofondo nella mente di Selim. Ricordi sopiti e sepolti nel profondo della sua coscienza sembrarono tornare alla luce, confusi.

 

Lui… un lui che non era lui … un altro lui… bambino… ma che in realtà era una copertura… sotto gli occhi di tutti… una copertura perfetta… per un essere oscuro… fatto di ombra… di mille occhi e di mille mani… e di mille vite rinchiuse in una piccola Pietra rosso sangue… che faceva impazzire la gente… che la uccideva… che tradiva uomini e homunculus… che si divertiva nel farlo… tutto in nome di un Padre… che lo aveva creato… non fatto nascere, creato… nell’orgoglio… e che per orgoglio era stato ucciso da uno dei Sacrifici a cui aveva dato a lungo la caccia… l’Alchimista d’Acciaio… non l’armatura con l’anima, l’altro… che lo aveva sconfitto… e lo aveva fatto rinascere di nuovo… senza Padre, senza odio, senza orgoglio… solo…

 

Selim prese un profondo respiro, come se fosse stato a lungo sott’acqua. Ora ricordava. Ricordava chi era stato. Cosa aveva fatto. E cosa stava accadendo.

«Nosce te ipsum…»

Ecco cosa aveva fatto il Professore per tutti quei mesi. Lo aveva preparato per quel momento. Il momento di accettare la sua parte oscura. La sua ombra. Di accettare Pride.

E tutt’un tratto tutto gli fu chiaro.

«Edward, Pride è nella mia ombra! Ce l’ha con te!»

L’uomo lo guardò sorpreso: «Cosa?»

«Capisco che per te è difficile da accettare, ma Pride è solo la mia ombra, adesso! E come un’ombra ripete i movimenti, solo che non sono i miei movimenti, sono quelli che ha fatto sedici anni fa! Ora che ti ho visto e ti ha riconosciuto, sta ripetendo i gesti dell’ultimo vostro combattimento!»

«Che?»

Selim sospirò: «Combatti con lui un’ultima volta, Alchimista d’Acciaio. Lascia che la tua ombra combatta un’ultima volta con Pride. Non ha la forza di attaccarti davvero, e nemmeno io. Io non sono Pride. Io sono Selim Bradley, la persona nata dall’homunculus che un tempo era Pride. Ma non sono lui, è lui ad essere una piccola parte di me. Ora l’ho capito, ora conosco me stesso, le cose belle e le cose brutte, come mi avevi detto tu, Al… scusi, professore!»

Alphonse sorrise: «Ti ricordi di me, ora?»

Il ragazzo annuì: «L’armatura con l’anima. Era quello il problema di cui mi aveva parlato.»

Edward saltò giù dal divano e si scrocchiò il collo: «Non ho capito tutto, ma basta che ripeta quel combattimento, vero? E va bene, avevo proprio voglia di fare un po’ di movimento per digerire il pranzo.»

Selim guardò allibito per un po’ il combattimento all’aria di Edward Elric. In teoria era tutto stampato nella sua mente, ma vederlo era ben diverso dal ricordarlo.

Movimento? Quello per lui era fare movimento? E pensare che non aveva più sedici anni…

Alphonse guardò anche lui con curiosità. Dopotutto quella scena se l’era persa, all’epoca. E quando la mano di Ed si mosse verso la sua fronte, nel ripetere il gesto che aveva ucciso Pride e creato Selim…

L’ombra tremò, più e più volte, si contorse, si ridusse e ritornò ad assumere la forma di Selim, così com’era. Era finita.

Il ragazzo si sedette sulla poltrona, spossato quasi come se l’avesse fatto lui quel combattimento: «E così tutta la mia vita è una menzogna, dopotutto… mio padre non è un eroe, non è morto per difendere me e la mamma… un buon contrappasso, visto che come Pride ho imbrogliato mia madre per anni… così come papà…»

Alphonse si sedette vicino a lui: «Tua madre ti ha mentito per troppo amore. Un amore così grande da convincere tutti, esercito compreso, a reggerle il gioco per permetterti una vita normale.»

Selim fece un mezzo sorriso: «Non sono arrabbiato, infatti… anzi le sono grato! E sono grato anche a te, Ed, per avermi permesso di vivere sedici anni fa… in un certo senso, forse sei tu il mio vero padre!»

Edward fece una smorfia: «Guarda, senza offesa, ma sono già papà…»

Il ragazzo rise: «Non chiedetemi perché, ma sono sicuro che ora che ho ricordato la vita di Pride, riuscirò a controllare la mia ombra…»

A dimostrazione, la sua ombra si animò leggermente, salutando con la mano, ma restando sempre a due dimensioni.

«Non ci sarei mai riuscito senza di lei, professore.»

«Ora puoi anche chiamarmi Al.»

«Non so cosa sarebbe successo se avessi iniziato a ricordare prima d’incontrarti… o di ritrovarti… cavoli, con questa storia inizio ad avere un po’ di confusione!»

I fratelli Elric risero e Selim arrossì: «Non so con che faccia mi ripresenterò davanti al signor Roy… come Pride l’ho persino accecato…»

Edward gli tirò una pacca sulla spalla: «Ti ha perdonato da un pezzo. Se non fosse così non avrebbe giocato con te per tutti questi anni, no?»

Alphonse annuì: «Potevi scegliere se essere Pride o Selim… e tu hai scelto di essere un semplice ragazzo con un sogno. Farai ancora il soldato?»

«Con ancora più convinzione di prima. Ora so perché devo proteggere questo popolo: per impedire a chiunque autoproclamatosi “Padre” o con qualunque altro nome di usare le persone per i propri scopi.»

Edward aprì la porta: «E allora vai, Selim. Nessuno ti fermerà più.»

Il ragazzo salutò e si allontanò verso casa. I due fratelli si guardarono.

«Cosa ne pensi?»

«Orgoglioso era e orgoglioso è rimasto. Ma è un orgoglio sano, ora. E, soprattutto, questa storia, oltre ad aver calmato Pride, ha fatto crescere Selim. Non è più il ragazzino timido che ha bussato alla mia porta qualche mese fa. Oggi è diventato un uomo. Adesso sì, sono convinto sarà un ottimo militare.»

Edward tirò una gomitata al fratello: «Tu però me l’hai combinata grossa nascondendomi questa storia, sai?»

Alphonse gli restituì la gomitata, con sguardo complice: «Hai ancora la forza di risolvere la questione, fratellone?»

«Stai scherzando, vero? Quello non era un combattimento, era solo un gioco di ombre cinesi!»

E richiusero la porta, per un attimo di nuovo ragazzini, a finire di discutere pacificamente su tutta quella storia.

 

 

Et voilà! Finita! Questo capitolo ha avuto una genesi un po’ complessa. Ho pensato per mesi a un possibile finale, trovando una ventina di soluzioni molto diverse... e visto che non sapevo cosa scegliere, alla fine mi sono messa alla tastiera e ho lasciato muovere le dita, senza sapere neppure io cosa avrei scritto. Spero vi sia piaciuto.

E arriviamo all’angolo dei ringraziamenti per:

·         Tutti quelli che hanno commentato: darkroxas92 e melanita;

·         Tutti quelli che l’hanno messa fra i preferiti: darkroxas92 e Smery_Tigrotta;

·         Tutti quelli che l’hanno messa fra i seguiti: darkroxas92, melanita e thera:

·         Tutti quelli che l’hanno messa fra le ricor... ops, non c’è nessuno! XD

 

Benissimo, non so se tornerò a pubblicare in questa sezione, ma nel caso mi venisse un’idea sarò lieta di rivedervi.

Grazie a tutti! Alla prossima!

 

Hinata 92

  
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