Libri > Sherlock Holmes
Segui la storia  |       
Autore: Padmini    27/09/2014    2 recensioni
{Fan fiction sulla serie di libri Sherlock Lupin e Io}
Dopo mesi e mesi di lontananza, Arsène finalmente riesce a raggiungere i suoi amici, Irene e Sherlock, a Londra, con il circo del padre. I tre ragazzi, che proprio non sanno tenersi fuori dai guai, verranno coinvolti in un mistero che avrà per teatro proprio il circo di Theophraste e dovranno cavarsela tra trapezisti, domatori, maghi e i loro sentimenti.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Irene Adler, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Segreti svelati

 

Lo sguardo di Sherlock era cupo come il suo umore. Ci fissava arrabbiato, le braccia incrociate al petto e le sopracciglia aggrottate. Davanti a lui stava una tazza di cacao che ancora fumava, segno che era arrivato lì da poco. Sebbene fossimo preoccupati per quel suo sguardo truce ci accomodammo, rasserenati dal fatto che stesse bene.

“Dove ...” iniziò Arséne, ma Sherlock gli impedì di parlare.

“Vi ho visti mentre mi cercavate, ma sinceramente non avevo nessuna voglia di essere trovato.” rispose lui, intuendo la domanda che gli avrebbe fatto.

Arséne e io ci guardammo negli occhi per un istante, poi rivolgemmo a lui i nostri sguardi più dispiaciuti.

“Ti volevamo chiedere scusa” mi affrettai a spiegare, prima che mi interrompesse “Ci siamo resi conto di aver sbagliato a prendercela così tanto per ciò che hai detto, in fin dei conti non hai accusato ness-”

“Stai zitta, Irene. Stai zitta.” mi interruppe, leggermente seccato ma pur mantenendo un certo autocontrollo.

Trattenni il fiato e sentii Arséne, al mio fianco, fare lo stesso. Cercai di rilassarmi, anche se mi risultava particolarmente difficile. Sherlock, come al solito, non ci rendeva le cose facili, ma eravamo noi dalla parte del torto, così presi un profondo respiro e mi accomodai davanti a lui, imitata da Arséne. Sherlock doveva evidentemente dirci qualcosa, così per farci perdonare lo avremmo ascoltato fino in fondo, senza interromperlo. Il nostro amico guardò per un attimo la tazza con il cacao fumante e la spostò sul tavolino nella mia direzione.

“Bevila tu, sembri infreddolita” disse e, sebbene sul suo viso ci fossero ancora i segni della tensione che provava nei nostri confronti, il suo tono fu dolce e conciliante “Quello che sto per dirvi fa più male a me che a voi, ve lo posso assicurare.” disse infine, abbandonandosi di più sulla poltrona e chiudendo gli occhi.

Arséne e io ci guardammo negli occhi ancora una volta e quando li vidi sentii un brivido correre lungo la schiena. Arséne, che ai miei occhi era sempre apparso senza paure, era pallido e tremava come una foglia. Aprii la bocca per dire che forse il cacao era meglio se lo bevesse lui, ma la richiusi immediatamente e, presa la tazza, mi ci nascosi per evitare che si notasse il rossore dovuto all'imbarazzo dietro il vapore del cacao. Sherlock sospirò e abbassò lo sguardo. Strinsi le mani sulla tazza quando vidi che, seppur impercettibilmente, gli tremava il labbro inferiore. Immaginai che anche la voce sarebbe stata tremolante, ma era ferma e decisa come al solito.

“Vi ho visti quando siete venuti a cercarmi, ma … ero arrabbiato, deluso, triste ...” iniziò e vidi che stringeva a sua volta le mani sui braccioli della poltrona “Mi sono nascosto per impedirvi di trovarmi, ma soprattutto per verificare un'ipotesi che aveva preso forma nella mia testa la sera precedente. Sapevo che avrei potuto farlo esclusivamente da solo, così mi sono nascosto e ho aspettato che ve ne andaste per continuare le indagini, ovviamente senza farmi vedere dagli agenti.”

Si interruppe nuovamente e si morse il labbro inferiore. Ciò mi fece preoccupare ancora di più perché raramente Sherlock si lasciava andare alle emozioni e se ciò stava accadendo in quel momento doveva essere a causa di un motivo più grande della litigata con noi.

“Per prima cosa ho cercato di immaginare come il ladro sia riuscito a rapinare così tante persone in così poco tempo e soprattutto in un'area tanto vasta. Se si fosse mosso sulle gradinate sarebbe stato notato, così ho scartato quell'ipotesi. L'unica soluzione possibile era che si fosse impossessato dei beni arrampicandosi sugli spalti di legno … ma da sotto. Le panchine sono montate in una struttura di legno che è aperta sulla parte inferiore, ma solo una persona molto agile avrebbe potuto spostarsi rapidamente e silenziosamente e soprattutto rubare i gioielli e il denaro degli spettatori. Appurato ciò mi sono avventurato sotto la struttura e ho trovato un oggetto molto interessante ...”

Si interruppe e tirò fuori dal taschino un gemello ancora leggermente sporco di terra.

“Questo si trovava per terra, sotto la struttura delle gradinate, esattamente dove doveva essere.”

Arséne e io ci scambiammo un'occhiata ma io distolsi lo sguardo, ancora a disagio per il viso pallido dell'amico.

“Ovviamente, sotto la struttura c'erano molte impronte, quelle degli operai che l'avevano montata, ma ce n'era una serie che non aveva nulla a che fare con le altre. Erano più recenti, e proprio seguendo quelle impronte sono riuscito a trovare il gemello. Il ladro, una volta terminato il furto, è fuggito fuori dal tendone, approfittando della distrazione del pubblico che in quel momento era concentrato sullo spettacolo. Ho seguito le tracce sul terreno e dove queste si sono interrotte sono riuscito a ricostruire il cammino percorso dal ladro.”

Non riuscii a trattenermi e, posata la tazza di cacao ormai quasi vuota, mi sporsi verso di lui.

“Quindi vuol dire che sai dov'è la refurtiva? L'hai già trovata?!” domandai, eccitata.

Sherlock annuì tristemente.

“Non solo so dov'è la refurtiva, dal momento che nel sacco che ho trovato c'erano gioielli, orologi e denaro e soprattutto il gemello mancante” disse, indicando quello che stava sopra il tavolo “So anche chi è il ladro. L'avevo sospettato ieri sera, ma dopo ciò che ho visto oggi … non posso che confermare le mie ipotesi.”

Sentii mancarmi il respiro per un istante. Lo sguardo triste di Sherlock si era fatto ancor più tetro e ciò spaventò ancor più del viso atterrito di Arséne. La risposta era lì, davanti ai miei occhi, eppure mi rifiutavo di vederla.

“Vorrei evitare di dire come sono arrivato a queste conclusioni ...” continuò sospirando, ma stavolta fu interrotto da Arséne che, nascosto il viso dietro le mani tremanti, iniziò a mormorare.

“V-va bene. Hai ragione tu. Hai ragione e so anche cosa hai pensato per arrivare a questa conclusione.”

Mi voltai bruscamente verso di lui, ancora cieca a ciò che stava accadendo, una cecità ottusa, dettata dal mio desiderio di equilibrio. Arséne risollevò lo sguardo e mi fissò con aria sinceramente colpevole.”

“È per questo che ho colpito Sherlock, è questo che volevo dirti prima di entrare … io …” esitò un istante, ma presto il coraggio che da sempre lo aveva contraddistinto tornò, ma in forma diversa, permettendogli di confessare il suo crimine. L'orgoglio però gli impedì di far narrare a Sherlock come erano andate le cose e fu lui stesso a dirci cosa aveva fatto.

“Sapevo che il mio spettacolo sarebbe stato l'ultimo, così ne ho approfittato e, come ha detto Sherlock, ho derubato gli spettatori da sotto, per non farmi vedere.”

Si interruppe un istante e si rivolse a Sherlock, come un allievo che guarda verso il professore in cerca di approvazione per una risposta corretta.

“Immagino che tu abbia pensato che abbia accuratamente evitato di rubare nelle vicinanze dei vostri posti perché, nonostante la mia abilità, avrei fatto fatica a distinguervi al buio dagli altri spettatori, vero?”

Sherlock annuì in silenzio, ma era evidente dal suo sguardo che in quel frangente il fatto di essere nel giusto non lo riempiva della minima gioia.

“È andata così. Il tuo ragionamento era giusto. Solo una persona agile, un acrobata, avrebbe potuto fare ciò che ho fatto io, inoltre solo io avrei potuto nascondere la refurtiva in quella vecchia casa abbandonata, e tu lo sapevi … ed è così … Inoltre la mia reazione di poco fa deve averti fatto capire che avevo la coda di paglia, vero?” si interruppe ancora e lo fissò con occhi imploranti “Se farò in modo che la refurtiva venga ritrovata dagli agenti di Scotland Yard … tu non mi denuncerai, vero?”

Sherlock lo guardò dapprima sorpreso, poi contrariato.

“Se avessi voluto denunciarti lo avrei già fatto.” disse con molta serietà “Sono venuto qui nella speranza di potervi incontrare e di poter parlare con te. Volevo che sapessi ciò che avevo scoperto, tutto qui. Sei mio amico, Arséne. Non voglio denunciarti e nessuno saprà ciò che hai fatto a meno che tu non lo voglia. Fai ciò che devi. Se vuoi un consiglio, getta il sacco sulla riva del Tamigi. Non potranno stabilire quando vi sia arrivato e penseranno che sia giunto spinto dalla corrente da un luogo sconosciuto.”

Arséne annuì in segno di approvazione, ma a quel punto Sherlock si alzò e mosse qualche passo verso la porta. Fui io a fermarlo.

“Dove vai adesso?” gli chiesi, in preda al panico di trovarmi in quella scomoda situazione.

Da una parte c'era Arséne, divorato dai sensi di colpa ma che sembrava vedere una luce in fondo al tunnel nel quale si era cacciato; dall'altra c'era Sherlock, ancora scombussolato per aver scoperto che il suo migliore amico era un ladro e per chissà quali altri problemi che andavano forse al di là di quel furto.

“Lasciami, Irene. Voi mi avete chiesto scusa, è vero, ma …” scosse la testa e mi diede le spalle per impedirmi di vedere il suo volto, che in quel momento doveva essere rosso per l'imbarazzo “Non so se sono disposto a perdonarvi. Voi due ...”

Lasciò la frase in sospeso e si voltò. Era effettivamente arrossito, ma anche di rabbia, e vidi nei suoi occhi mille parole che però in quel momento erano per noi incomprensibili. Voleva dire tante cose, glielo leggevo nello sguardo, ma non riuscivo a coglierle. Mi chiesi se mai avesse voluto confidarsi con noi, ma la risposta arrivò anche troppo bruscamente.

“Non cercatemi più, per piacere. È … difficile per me.”

Non ci diede il tempo di rispondere e, pagato per me il cacao, uscì in strada. Lui ora era al freddo e noi davanti al calore del camino, ma stranamente sentii un brivido scendere lungo la schiena, un brivido di paura. Le mie certezze si stavano rapidamente sgretolando davanti ai miei occhi e ciò mi spaventava. Mi voltai lentamente verso Arséne, impaurita da ciò che avrei potuto vedere e soprattutto per il timore di vedere una persona diversa, non l'Arséne che avevo sempre conosciuto e, sentii mancare un battito a quel pensiero, amato.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Sherlock Holmes / Vai alla pagina dell'autore: Padmini