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Autore: Emaggie    28/09/2014    0 recensioni
Un amore platonico...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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Zoe aveva amato. Tanto, ed incondizionatamente. Lui si chiamava Elide ed era sfacciatamente affascinante, aveva un carattere arrogante e indisponente, e non sapeva cosa fosse la paura. Era cresciuto in una grotta, protetto dalle cure e dalle attenzioni di Lada ed Erone, due creature originate dal fumo del vulcano quiescente, che in vista di qualsiasi pericolo lo avvolgevano nelle loro dense nubi, senza concedergli la possibilità di conoscere il male. Perciò Elide si credeva invincibile e forse lo era, nel suo mondo di ovatta, ma non nella realtà: essendo mortale, presto o tardi avrebbe trovato la morte come tutti i mortali, ma né lui, né i suoi due spiritelli, avevano mai preso in considerazione questa pssibilità. Fu la curiosità ad allontanarlo dalla sua sicurezza: un giorno semplicemente abbandonò il suo caldo nido e si gettò nella vana ricerca di nuove emozioni, che non fossero la noia, l'indifferenza, e l'irritazione nei confronti dei suoi due tutori. TUFFO IN MARE Zoe invece era bella nella sua semplicità: non si poteva dire fosse molto intelligente, né che la sua coda argentata da sirena la rendesse particolarmente attraente, o che la sua vocina fosse ammaliante come di dovere, ma il suo carattere timido ed introverso bastò per catturare il cuore di Elide, insieme al nasino all'insù e agli occhi grigi che decoravano il suo visino tondo, incorniciato da lunghi capelli biondi. Si incontrarono per caso, una mattina presto, avvolti ancora dal torpore della notte. Zoe, accompagnata dal suo cavallo Pegasus, si era avventurata per il bosco antistante la riva del mare, ovvero la sua dimora. Godendosi l'odore che emanavano enormi funghi dai colori stravaganti mescolato al profumo di fiori d'ogni tipo, per la maggior parte enormi anch'essi e variopinti, giunse alla spiaggia dalla sabbia fine fine e rosata. Offerto a Pegasus un frutto raccolto poco prima, si accasciò sulla sabbia ancora fredda dalla notte, e si mise ad osservare il cielo. A quell'ora, la Luna era in procinto di scomparire, mentre il Sole risultava ancora una piccola pallina rossa adagiata sulla linea dell'orizzonte, e si chiese se non si fossero mai stufati, quei due astri, di rincorrersi all'infinito senza mai raggiungersi. Elide stava riemergendo dall'acqua, godendosi quella sorta di libertà non vigilata, quando la scorse. Era stupenda. Anzi, era nuda, e per il ragazzo non ancora uscito dall'adolescenza, la bellezza passava decisamente in secondo piano. Lei notò un movimento brusco sulla battigia e si mise seduta, a studiare il nuovo arrivato. Mentre lui si meravigliava della perfezione della giovane, lei si sforzava di comprendere il perché le gambe del ragazzo, seppur a contatto con l'acqua per metà, non si tramutassero in una viscida coda con la pelle grigia e squamata. Il tutto si risolse con l'invidia: anche lei avrebbe voluto non dipender dall'acqua. Il vento cominciava a sferzare i loro corpi e a scombinare i loro capelli, la sabbia si sollevò accecando entrambi e il cavallo iniziò a scalpitare, nervoso, e in Elide si fece largo la consapevolezza che quel venticello fosse il richiamo dei suoi tutori. Si rituffò in mare e le onde scure lo inghiottirono, spezzando il momento magico. Il tempo ricominciò a trascorrere con un ritmo serrato e la Luna salutò il paesaggio incantato, lasciando spazio al Sole che rischiarò il cielo. Il loro fu un tacito accordo: l'indomani si rincontrarono, stessa ora, stesso posto e stessi sguardi, perché nessuno dei due ebbe il coraggio di rivolgere la parola all'altro. Andarono avanti così per settimane: si incontravano all'alba su quella spiaggetta e tra di loro iniziavano con regolarità piccole sfide: chi rideva per primo, perdeva; chi lanciava un sassolino più lontano, vinceva e via dicendo, finché il venticello pungente non richiamava Elide all'ordine. Si parlarono per la prima volta ben due mesi e mezzo dopo: Zoe infatti fu disarcionata da Pegasus, spaventato da una libellula, ed Elide si avvicinò a lei per chiederle come stesse. Da quella volta le loro chiacchierate divennero imprescindibili, tanto che la corrente d'aria d'ammonimento per Elide veniva ignorata bellamente e i loro incontri si verificavano a qualsiasi costo, che uno stesse male, o l'altro avesse impegni importanti, che il mare infuriasse o che diluviasse con tanta forza da sradicare qualcuno di quegli enormi funghi. La loro esistenza era colma di corse sulla spiaggia all'alba, o con l'incantevole luce del tramonto, di pomeriggi passati a perlustrare le grotte nascoste sotto le cascate della zona e intere mattine a cavalcare in quel bosco fatato, conoscendo creaturine che riposavano placide sotto un fiore. Il loro idillio era causa d'invidia per tutti gli abitanti di quella fetta di paradiso: le giovani fate spettegolavano: sparsero la voce che lei frequentasse anche un altro uomo, ma nessuno diede rilievo alla notizia. Gli gnomi abitanti del posto li spiavano e sostenendo di non averli mai sorpresi ad amoreggiare, dichiararono che, a loro parere, tra i due giovani ci fosse solo un forte rapporto d'amicizia. Le sirene ora non rivolgevano più parola a Zoe, invidiando la sorella e bramando le attenzioni che solo lei riceveva. Trascorsero anni memorabili che li coinvolsero fin troppo: non si resero conto, infatti, che il vero nemico non era il malanimo degli altri, ma il tempo che passava. Perché mentre Zoe restava stupenda, col corpo da ragazzina, la pelle di Elide si raggrinziva e i suoi occhi verdi acquistavano una nota sempre più evidente di grigio, il suo corpo si stancava facilmente e non era più capace di cavalcare Pegasus con destrezza. L'era delle folli corse sulla riva del mare, almeno per lui, era terminata. Con Elide impotente davanti al divertimento e alla gioia di vivere, le loro giornate sprofondarono nella tristezza. Zoe restava al fianco dell'amato in qualsiasi situazione, ma non negò mai la voglia di tornare indietro nel tempo per riprendersi la felicità. Elide era umano e in quanto umano, la sia vita ebbe un inizio così come una fine, ma nessuno scoprì mai che fu la vecchiaia a sottrarlo da Zoe, non una malattia. In quel mondo di cascate e magia, la morte si conosceva solo come mito, storielle venivano raccontate ai propri bambini come ammonimento, ma nessuno l'aveva mai propriamente conosciuta. Elide infatti non apparteneva a quella realtà: i suoi due spiriti di fumo, Lada ed Erone, che col tempo avevano poi impersonato il ruolo di genitori, l'avevano ricevuto quand'era ancora in fasce da una strega, che non aveva loro mai rivelato la provenienza del piccolo. Così, mentre tutti lo evitavano come la peste, terrorizzati dalla possibilità del contagio, Elide trascorreva i suoi ultimi giorni con Zoe adagiato sulla sabbia rosa della spiaggia dove il loro amore era sbocciato. Su una cosa gli gnomi avevano ragione: il loro era stato un amore solo platonico, e il cuore di lui arrestò la sua folle corsa durante il loro primo bacio. Lada ed Erone pretesero di custodire il corpo del figlio sotto le cenere vulcano e la sirena accolse l'iniziativa con un cenno della testa, svuotata da qualsiasi emozione. Zoe impiegò quasi trecento anni a superare l'accaduto: più del triplo del tempo che aveva trascorso con Elide, ma nessuno la biasimò mai. Io sono stata su quella spiaggia, e ho lasciato che la sabbia mi raccontasse l'amore dei due giovani che era iniziato e terminato lì.
  
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