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Autore: Ella Rogers    28/09/2014    6 recensioni
La giovane si sporse sul corpo del biondo, in modo da proteggere il suo bel viso dalla debole pioggia incessante.
"Steve, non farmi questo, ti prego."
Gli carezzò la fronte. La pelle del ragazzo era fredda, gelida.
"Apri gli occhi, Steve, avanti" pregò con voce tremante, sotto lo sguardo indecifrabile di Stark.
Cercò di trasferire la propria forza vitale in lui, ma ormai era tardi.
"È colpa mia. È soltanto colpa mia. Se solo fossi stata più forte, invece di crollare in quel modo. Ti ho lasciato da solo, non ti ho protetto e adesso … adesso …"
Prese a scuoterlo per le spalle, disperata.
"Steve, svegliati, ti scongiuro."
Lo baciò e le labbra erano fredde, non più calde e morbide.
Posò la fronte sul suo torace e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
"Mi assicurerò che continui a battere, te lo prometto, a qualsiasi costo."
Era stata la muta promessa fatta a lui e a sé stessa, dopo averlo amato, dopo aver sperimentato con lui cosa significasse essere una cosa sola sia nell'anima sia nella carne.
E lei lo aveva tradito. Perché quel cuore aveva smesso di battere.
Lo aveva ucciso.
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Road of the Hero'
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Svolta Improvvisa
 
Steve riemerse lentamente dagli abissi dell’incoscienza.
Sentiva delle voci lontane. Voci familiari, conosciute.
Si sforzò di aprire gli occhi e la luce che lo accolse gli fece male.
Un lieve formicolio gli invadeva ogni singola fibra del corpo e si stupì di non sentire il dolore artigliarlo con violenza.
Eppure quel mostro lo aveva …
 
“Steve.”

Qualcuno lo stava chiamando e questa volta la voce era arrivata limpida alle sue orecchie, che avevano ricominciato a captare e catturare ogni singolo suono intorno a lui.
Cercò di mettere a fuoco la figura sfocata davanti a sé e quando ci riuscì, la prima cosa che vide furono due grandi occhi blu, luminosi e bellissimi.
Fu immediatamente consapevole che lei l’aveva salvato ancora.
La leggera nebbiolina che ancora permaneva davanti agli occhi cerulei si dissolse. I colori tornarono ad essere vividi e tutto ciò che lo circondava smise di oscillare in modo nauseante, perciò azzardò a mettersi seduto. Fece vagare lo sguardo lungo le pareti semidistrutte del parcheggio sotterraneo, soffermandosi sulle eventuali macchie rosse che davano l’idea di murales raccapriccianti.
Si sentiva ancora parecchio intontito e il formicolio che percepiva sul corpo non sembrava volersi placare, ma non era poi così male. Sempre meglio del dolore.
Tornò ad affondare in quelle iridi buie, che non avevano smesso di osservarlo nemmeno un istante e che ora parevano brillare di una luce nuova, bellissima e calda.
Steve realizzò, però, che qualcosa non andava.
Il viso di Anthea era bianco come la neve e le labbra tremanti avevano assunto un colorito bluastro.
La ragazza era inginocchiata al suo fianco e cercava in tutti modi di nascondere il tremito che le scuoteva il corpo.
Il ventre nudo, le gambe, le braccia e le mani erano macchiati di sangue. I lunghi capelli le ricadevano in morbide onde sulla schiena, ma alcune ciocche le si erano appiccicate alla fronte gocciolante di sudore.
La giovane si rimise in piedi e lui la imitò, sorridendo del fatto che entrambi si erano sforzati di non barcollare troppo.
Tremava come una foglia e Steve dovette sopprimere l’istinto di stringerla tra le braccia, consapevole del fatto che lei non avrebbe apprezzato quel gesto di semplice affetto.
Sembrava così fragile, così bisognosa di protezione.

Tentò di azionare il cervello per dire qualcosa di sensato, ma tutti i suoi neuroni andarono in tilt, assordati dal battito velocissimo del cuore impazzito improvvisamente.
Anthea gli stava cingendo i fianchi con le braccia esili ed aveva affondato il visetto nel suo petto.
Steve sussultò quando lei lo strinse più forte e dovette di nuovo combattere contro l’istinto di abbracciarla, spaventato dall’eventualità di poterla indurre ad innalzare di nuovo quella barriera invisibile, che lei aveva appena rimosso solo per lui.
“Stringimi, ti prego” sussurrò la ragazza, supplichevole.
E lui non se lo fece ripetere.
Le cinse le spalle e la sentì sospirare contro il suo petto, come se quel semplice contatto le avesse strappato via dal corpo un insopportabile dolore che l’aveva fatta stare troppo male per troppo tempo.
“Sei gelida” sussurrò Steve, rendendosi conto che Anthea continuava a tremare tra le sue braccia come un cucciolo infreddolito.
“Lo so” bisbigliò lei.
“Grazie.”
“No, Steve. Sono io che devo ringraziare te.”
 
“Ehi piccioncini, potremmo rimandare a dopo le effusioni amorose, visto che forse, ma dico forse, ci sono cose un tantino più importanti a cui pensare, adesso.”

Anthea si staccò da Steve e dal piacevole calore che emanava il suo corpo, frastornata e traballante.
Quel contatto così intenso con un altro essere umano aveva avuto lo stesso effetto di una dose di ecstasy e sapeva di esserne divenuta dipendente, visto il modo in cui stava già bramando la pelle del ragazzo.
L’intensità delle percezioni sensoriali la stava stordendo a tal punto da minacciare la sua precaria stabilità mentale.
 
Si voltarono entrambi, rossi in viso, rendendosi conto di avere puntati addosso ben quattro paia di occhi.
Stark, che aveva appena mandato in frantumi l’intimità che si era creata tra di loro, aveva stampato in faccia un ghigno che la diceva lunga.
Rogers si passò una mano tra i capelli, sospirando stancamente.
“Ti vedo bene, Stark” disse, cercando di nascondere il sollievo di vederlo ancora vivo e vegeto - troppo vegeto -, dopo che quel mostro gli aveva letteralmente scartavetrato la schiena.
Tony, svestito della sua armatura, diede le spalle al Capitano ed indicò lo strappo nella canotta nera che lasciava intravedere quasi tutta la schiena, la quale era completamente illesa.
“Tralasciando l’esercito di formiche che continua a marciare sulla mia schiena, sto una favola” affermò sorridendo, ma poi si fece improvvisamente serio.
“Se sono vivo, o meglio, se siamo vivi lo dobbiamo a lei. Forse non sei poi così male, Scricciolo.”

Anthea arrossì ancora una volta e sorrise debolmente.
Natasha rivolse alla ragazza uno sguardo colmo di gratitudine.
La Vedova Nera l’aveva osservata guarire tutti i suoi compagni, uno dopo l’atro e con estrema dedizione.
Anthea non si era fermata nemmeno quando le energie erano arrivate al limite e le gambe avevano cominciato a tremarle, minacciando di farla capitolare a terra. Aveva fatto sparire le lacerazioni sulla schiena di Tony e guarito la spalla rotta di Clint, tenendo le mani poggiate sulle parti lese e costringendo la sua energia a migrare nei loro corpi.
La ragazza si era occupata di Steve solo alla fine, anche se i suoi pensieri era sempre stati rivolti verso di lui.
“Per salvarlo dovrò dar fondo alle mie forze” aveva detto semplicemente.
Anthea si era gettata in ginocchio nella pozza di sangue e aveva pressato le mani sul petto quasi immobile del Capitano, svuotandosi lentamente di tutta l’energia che le era rimasta.
Natasha l’aveva sentita sussurrare deboli “Ti prego” e l’aveva vista ricacciare testardamente indietro le lacrime, che avevano minacciato di sgorgarle fuori dagli occhi spenti e stanchi, mentre il volto cadaverico di Steve tornava a colorarsi di un pallido rosa.
La pozza di sangue era evaporata per il calore sprigionato dal corpo tremante della ragazza, le cui labbra erano diventate bluastre a causa del repentino abbassamento della temperatura corporea.
Poi Steve aveva ripreso vita ed Anthea si era voltata a guardarla, madida di sudore, ansimante, ma sorridente.
Le iridi dorate avevano brillato intensamente, prima di tornare ad essere di un profondo blu notte.
Natasha, istintivamente, aveva ricambiato il sorriso di Anthea.
Poco dopo erano state raggiunte da un Tony frastornato e sorretto dall’energica presa di Thor attorno alle spalle.
Dietro di loro era sopraggiunto Clint, che aveva continuato a far ruotare la spalla, ancora incredulo del fatto che fosse completamente apposto.
Stark aveva detto giusto.
La ragazza non era poi così male.
 
“Cosa facciamo adesso?” chiese Barton, consapevole che il peggio doveva ancora venire.
 
“Non farete proprio niente.”

I Vendicatori sussultarono sotto lo sguardo confuso di Anthea.
“Oh merda” si lasciò scappare Tony.

Nick Fury, seguito da un gran numero di agenti dello SHIELD, fece la sua comparsa nel parcheggio sotterraneo, con indosso la sua espressione più truce.
“Preferivo il mostro nero” borbottò Stark, certo che quella del direttore non era una visita di cortesia.
Erano nei guai. Brutti e grossi guai.
Al fianco di Fury camminavano Phil Coulson e Maria Hill, come sempre imperscrutabili.
“Allora, qualcuno ha la decenza di spiegarmi cosa diavolo è successo qui?”
Fury scrutò uno ad uno i Vendicatori, ma poi si accorse che qualcosa nel gruppo stonava.
“Lei deve essere la causa del problema.”

Anthea avrebbe tanto voluto nascondersi da quello sguardo penetrante, che la faceva sentire nuda ed indifesa.
Steve le rivolse un’occhiata, ma la ragazza non riuscì a coglierne il significato e sbuffò frustrata.

“Qualcuno di voi si decide a parlare, prima che io perda la pazienza? Vi avviso che sto per incazzarmi davvero.”
“Beh è complicata da spiegare” esordì Stark, dando di gomito a Capitan America, che se ne stava immobile al suo fianco, senza alcuna intenzione di proferire parola.
Sì, era decisamente troppo difficile da spiegare.
 
“Signore, potremo tornare all’Helicarrier e rimandare la discussione a quando saremo lì” suggerì Coulson, conscio che in quel momento non avrebbero ottenuto nulla dai Vendicatori, fuorché un silenzio imbarazzante e teso.
Anche Tony pareva restio a parlare e il miliardario con le parole ci sapeva fare - eccome se ci sapeva fare.
Fury ringhiò come un grosso animale inferocito e poi si rivolse agli agenti dietro di lui.
“Scortate la ragazzina a bordo del primo jet.”

Anthea, chiamata in causa, sussultò e si voltò a guardare Steve, supplicandolo con gli occhi di fare qualsiasi cosa.
Intanto due agenti si fecero avanti, avvicinandosi a lei, pronti ad allontanarla dalle uniche persone che la facevano sentire al sicuro.
Fece istintivamente qualche passo indietro, ma una leggera pressione sulla schiena la fece arrestare. La mano di Steve bruciava piacevolmente sulla sua pelle, provocandole dolci ed intensi brividi.
“Andrà tutto bene. Va’ con loro e mantieni la calma. Non ti verrà torto un solo capello. Mantieni la calma, okay? Qualsiasi cosa accada non farti prendere dal panico. Ti raggiungerò presto.”
Anthea guardò il Capitano con occhi spalancati e spaventati, ma si limitò ad annuire, decisa a non deluderlo.
Avrebbe fatto come le era stato detto. Avrebbe mantenuto il sangue freddo e tutto sarebbe andato a finire nel migliore dei modi.
I due agenti la affiancarono e la scortarono lontano dai Vendicatori, fuori dai parcheggi sotterranei ed infine in uno dei jet che si stagliavano contro la luce soffusa dell’alba.
 
Poco dopo anche il resto degli agenti dello SHIELD raggiunse i velivoli, seguiti a distanza dai Vendicatori.

“Siamo nella merda” constatò Barton e Natasha annuì, sospirando.
“Sarebbe meglio essere nella merda, credetemi” ribatté Tony, impegnato a progettare nella sua testa un intricato schema di spiegazioni credibili da rifilare a Fury, senza dover scendere nei dettagli.
Lo SHIELD poteva essere davvero fastidioso e Stark odiava tutto ciò che era noioso e seccante.
“Bisogna evitare che sappiano del suo potere. Che sappiano di lei.”
La voce di Steve era atona, priva di qualsiasi nota emozionale.
“O non la lasceranno di certo a piede libero” aggiunse la Romanoff, lanciando un’occhiata interdetta al Capitano, che in quel momento aveva tutta l’aria di uno morto che cammina. La luce ancora fredda del Sole metteva in risalto il pallore del suo volto, segnato da profonde occhiaie violacee.
Steve era giunto al limite delle proprie forze.
Quegli ultimi giorni lo avevano spossato ed ora faticava anche a respirare. Doveva concentrarsi per continuare a porre un piede davanti l’altro, nel tentativo di stare al passo con gli altri. Il corpo lo stava implorando di fermarsi, di smettere di abusare di lui in quel modo assurdo, ma Capitan America fingeva di non sentire quelle suppliche, ignorando la nausea e i forti capogiri.
Era stanco. Ma non poteva permettersi di cedere proprio in quel momento.
Una mano si posò sulla sua spalla e Steve si voltò incontrando gli occhi chiari di Thor.
“Non permetterò che le facciano del male.”
Lo sguardo del dio era serio, determinato, fiero e rassicurante.

Bruce li attendeva ai piedi di uno dei jet, con la camicia azzurrina spiegazzata e in parte fuori dai jeans chiari.
I velivoli azionarono i propulsori, creando ondate di aria calda e producendo un rumore assordante. Si alzarono nel cielo colorato dalle sfumature rosee dell’alba e sparirono all’orizzonte, lasciandosi indietro una New York destata bruscamente dal sonno e coperta da un velo di paura e preoccupazione, tessuto dai ricordi ancora vividi dell’invasione aliena di appena un anno prima.
 
 

                                                             ***
 
 

Camminava per i corridoi in acciaio dell’Helicarrier e l’eco metallica dei suoi passi si confondeva con quella dei due agenti poco più avanti di lei.
Non aveva idea di dove la stessero conducendo, ma aveva la netta sensazione che non l’avrebbero riportata da Steve.
 
Mantieni la calma. Sangue freddo.
 
Svoltarono a destra, poi a sinistra.
I corridoi erano tutti uguali ed Anthea ebbe l’impressione di essere confinata in un intricato labirinto senza via d’uscita.
Le mancava l’aria.
Arrivarono davanti ad una porta di grigio metallo lucido, la quale si aprì, scorrendo verso sinistra. Varcarono la soglia e la ragazza percepì lo stomaco contorcersi.
 
Mantieni la calma. Sangue freddo.
 
La stanza era piccola e bianca, intrisa dell’odore acre di disinfettante.
Nell’angolo a destra c’era un piccolo lettino di metallo, ricoperto da un lenzuolo candido. Dalla parte opposta, appoggiato alla parete, c’era uno scaffale in alluminio, pieno di attrezzi medici.
Il sudore freddo le bagnò la fronte ed il collo, mentre l’aria faticava ad entrare ed uscire dai polmoni.
 
Mantieni la calma. Sangue freddo.
 
“Allora, diamo una controllata alle ferite?”
Anthea si voltò e sgranò gli occhi, terrorizzata.
Un uomo in camice bianco era appena entrato nella piccola infermeria.
La ragazza tremò.
 
Le figure austere coperte da camici bianchi infierivano sul suo corpo con oggetti taglienti ed appuntiti. Le laceravano la carne e si divertivano a veder sgorgare dalla sua pelle lattea il sangue caldo e denso.
 
“Non devi avere paura. Da quello che vedo non dovresti avere nessuna lacerazione grave.”
Il dottore si infilò un paio di guanti in lattice azzurri e sistemò la mascherina sulla bocca.
Si avvicinò allo scaffale e prese del disinfettante, alcune garze sterili e una siringa contenente del liquido giallino.
Anthea osservò una goccia della sostanza percorrere l’ago scintillante, quando l’uomo premette appena lo stantuffo, tenendo la siringa davanti agli occhi.
 
Mantieni la calma. Sangue freddo.
 
Il medico le si avvicinò e nello stesso momento i due agenti lasciarono la stanzetta.
“Stenditi.”
Le fece cenno di raggiungere il lettino.
Anthea non riusciva a muoversi, bloccata dalle immagini raccapriccianti e nitide che le passavano davanti agli occhi.
 
Uomini in camice bianco.
Dolore.
Sangue.

 
“Stai lontano da me” sussurrò la ragazza.
“Avanti, dobbiamo disinfettare quelle ferite.”
L’uomo era ad un passo da lei. L’ago della siringa nella sua mano brillava minaccioso.
Anthea indietreggiò ancora, finendo con le spalle al muro, vicino il grande scaffale.
Il dottore la fissò interdetto.
“Avanti, sentirai solo un leggero pizzico, niente di più.”
La ragazza si pressò contro la parete e pregò che la terra la inghiottisse all’istante. Nel suo personale vocabolario, siringa era sinonimo di dolore.
Quante volte le erano stati iniettati miscugli di sostanze altamente tossiche, con l’unico intento di testare la resistenza del suo corpo a quelle letali armi chimiche. Soffriva per giorni e giorni, a causa di un dolore che divampava implacabile dentro di lei e che si nutriva del suo spirito vitale.
La tenevano legata ad un tavolo di laboratorio, i bastardi, per impedirle di togliersi la vita, che mai come in quei momenti detestava con tutta sé stessa.
L’agonia giungeva al termine solo quando era vicina alla morte tanto bramata, ma costantemente negata. Il corpo reagiva ed estingueva ogni singola goccia di veleno che scorreva nel suo sangue, strappandola dalla piacevole illusione di essere finalmente morta.
Ora i ricordi si mescolavano confusamente con l’immagine di quel medico ignaro, il quale continuava a ripeterle che quella semplice puntura non le avrebbe fatto alcun male.
Purtroppo, i ricordi tendevano a prendere il sopravvento nella sua mente instabile e in lei scattava quel naturale quanto artificiale, poiché creato dalla malvagità dei suoi aguzzini, meccanismo di autodifesa.
Adesso aveva paura, ma non del medico o della siringa.
Aveva paura di sé stessa e di ciò che l’avrebbe costretta a fare quel momento di panico.
Cercò di pensare all’unico punto fermo che possedeva.
Steve.
Mantieni la calma.
Ma il sangue, pompato con forza dal cuore, le ribolliva nelle vene, mandandole in tilt il cervello.
L’istinto animalesco sostituì la razionalità umana.
Il medico allungò una mano verso di lei ed Anthea identificò quel gesto come una minaccia, come il preludio di nuova sofferenza.
La paura e la rabbia le accecarono i sensi.
 
La calma si trasformò rovinosamente in tempesta.
 
 

                                                   ***
 
 

Sedevano tutti intorno ad un grande e rotondo tavolo nero lucido, accasciati sulle morbide sedie girevoli.

“E tu pensi che possa credere che lo sfacelo nei sotterranei sia opera di un gruppo di pazzi armati di lanciamissili che volevano far crollare la Tower solo per far dispetto a te, Stark? Credi davvero che sia così stupido da credere che un branco di terroristi avrebbe potuto far tremare New York e mettere in difficoltà i Vendicatori, tra cui un dio?”
“Sì?” fece Tony, con un sorriso tirato stampato in faccia.
Fury lo incenerì con lo sguardo.
Il direttore si mise in piedi e prese a camminare per la stanza, tenendo le mani dietro la schiena.
“Io so molto più di quanto pensiate e sappiate che è inutile provare a rifilarmi una qualunque cazzata.”
Se la tensione in quella stanza avesse potuto essere convertita in energia, avrebbe illuminato da sola l’intera New York.
“Rogers” - il modo in cui lo pronunciò fece accapponare la pelle del sottoscritto - “si è infiltrato nella base SHIELD che tenevamo d’occhio da diverso tempo, poiché sospettavamo che al suo interno stesse crescendo un organizzazione pericolosa, che è sfuggita al nostro controllo. Si fanno chiamare Demoni della notte.”
“Squilibrati suppongo.”
Stark roteò gli occhi, stanco di aver a che fare con le manie di grandezza di idioti fuori di senno.
Fury continuò, ignorando l’intervento del miliardario.
“Da quello che sappiamo, venerano un certo Padrone. Non siamo certi se questa entità esista o se sia una semplice astrazione, un simbolo adottato dall’organizzazione stessa. Non siamo nemmeno riusciti a capire quale sia il loro obbiettivo. Sono davvero bravi a confondere le acque.”
“Eseguono esperimenti sugli esseri umani. Adam Lewis ha affermato che il loro fine è quello di rendere l’uomo invincibile.”
I presenti rivolsero la loro attenzione verso Rogers, che fissava la superficie lucida del tavolo come se fosse qualcosa di estremamente interessante.
“L’organizzazione ha convinto Lewis a lavorare per lei, rifilandogli la cazzata di voler rendere l’uomo migliore, ma in realtà sta lavorando su qualcosa di più complesso e che fatichiamo a comprendere. Non abbiamo assaltato subito la base compromessa, poiché speravamo di ricavare delle informazioni che ci avrebbero permesso di capire meglio a cosa mirano i Demoni della notte.”
“Sapevate degli esperimenti sugli esseri umani e non siete intervenuti per mettere fine a quelle torture? Ho visto un fascicolo contenete le foto e le informazioni sulle cavie. Erano tutti ragazzi giovani e voi avete permesso a dei pazzi di giocare con le loro vite.”
Steve era indignato e guardava Fury con aperta ostilità, stringendo con forza i pugni appoggiati sul tavolo.
 
Cristo, tutte quelle vite violentemente e prematuramente tranciate.
 
“Non abbiamo avuto scelta. Avevamo bisogno di informazioni per bloccare ed estinguere l’organizzazione.”
Il direttore si piazzò proprio alle spalle del Capitano ed appoggiò le mani sullo schienale della sua sedia.
“A causa delle tue azioni sconsiderate, l’organizzazione ha attivato l’autodistruzione e della base non è rimasto che un cumulo di macerie, sotto le quali sono rimaste definitivamente seppellite le verità che cercavamo da tempo.”
Steve non parlò. Né diede segno di voler in qualche modo replicare.
Fu Bruce a prendere la parola.
“Quindi abbiamo a che fare con un’organizzazione nata proprio sotto il naso dello SHIELD e che da diverso tempo porta avanti esperimenti sugli esseri umani per un motivo a noi sconosciuto.”

“Secondo me abbiamo troppe informazioni.”
Barton nascose la risata sotto colpetti di tosse, guadagnandosi un’occhiata di rimprovero da Natasha.

“Stark, non mi sembra il caso di scherzare. Se il Capitano Rogers-”
Fury venne interrotto, prima che potesse di nuovo accusare Capitan America per le sue azioni sconsiderate.
“Non sarebbe cambiato nulla, Nick, perché quelli vi stanno prendendo per il culo da chissà quanto. Loro sanno tutto di voi e credo anche che sapessero benissimo di essere tenuti sott’occhio. L’azione azzardata di Cap deve averli spiazzati parecchio, visto che li ha spinti a distruggere la base. Non se lo aspettavano e adesso saranno costretti a venire fuori se vogliono recuperare la-”
Stark si bloccò di colpo, mordendosi la lingua.
Cazzo!
“Cosa?” lo incalzò Fury.

Nessuno parlò.

“Cosa è successo nei sotterranei, signor Stark?”

I Vendicatori erano consapevoli che il direttore non li avrebbe lasciati andare, se non avesse ottenuto risposte decenti.
Era difficile però rispondere, omettendo il soggetto della frase.
Bisognava tenere Anthea fuori da quella discussione o la ragazza avrebbe potuto dire addio alla possibilità di vivere libera.
Loro le dovevano la vita e certamente non avrebbero tradito la fiducia della giovane paranormale, solo per sottrarsi a quello snervante ed infinito interrogatorio.

“Volete costringermi a ricorrere alle telecamere della Tower per ricostruire gli eventi di questa notte o vi decidete ad aprire quelle bocche?”
 
Sguardi incerti e perplessi vagarono nella stanza in cerca di un’illuminazione che sfortunatamente non arrivò.
Fury ringhiò e con un gesto brusco fece girare su sé stessa la sedia su cui era appoggiato, così da poter guardare in viso Steve, che rimase impassibile a quello scatto d’ira.
“Allora, Capitano Rogers?”
I loro visi erano ad un palmo di distanza e Steve dovette reprimere l’istinto di sottrarsi a quell’unico occhio scuro, che pareva leggergli l’anima.
 
“Direttore Fury, abbiamo un problema.”
Maria Hill fece capolino dalla porta della stanza e i suoi occhi riflettevano una certa agitazione.
Fury si allontanò dal Capitano, che si accorse solo in quel momento di aver trattenuto il respiro.

“Cosa diavolo è successo ora?”
“La ragazza.”
 
‘Guai grossi’ fu il pensiero unanime dei Vendicatori.
 
 

                                                      ***
 
 

Anthea era sparita.
Il medico che doveva occuparsi di lei, era stato ritrovato privo di vita nell’infermeria. L’osso del collo era stato spezzato con violenta brutalità.

L’Helicarrier era in piena agitazione e tutti gli agenti erano impegnati nelle ricerche della ragazza, che doveva trovarsi ancora nella base sospesa nel cielo.
Gli stessi Vendicatori stavano partecipando alle ricerche, consci del fatto che Anthea era appena entrata a far parte della lista nera di Fury.
 
Steve era preoccupato e sconvolto allo stesso tempo.
Anthea non era riuscita a controllarsi, di nuovo.
Ma per quanto ci provasse, non riusciva ad essere arrabbiato con lei.
Non poteva essere arrabbiato con lei. Non ne aveva il diritto.
Forse sentiva una punta di delusione pizzicare nel petto, ma niente di più.
Sperava di riuscire a trovarla prima di Fury, o era certo ci sarebbero stati altri morti.
Non riusciva a raggiungerla tramite il legame tra le loro menti, poiché Anthea aveva eretto una sottile ma impenetrabile barriera, facendogli capire che non voleva essere trovata nemmeno da lui.
Controllò una stanza dopo l’altra ma di lei non c’era traccia.

“Ti prego, dimmi dove sei. Parlami.”

Ma lei continuò ad ignorarlo.
 
 

                                                       ***
 
 

Bruce stava percorrendo un corridoio poco illuminato e deserto, su cui si affacciavano le porte di stanzette vuote e sgabuzzini poco usati.
Se lui avesse voluto nascondersi, avrebbe scelto proprio una di quelle stanze buie, silenziose ed inutilizzate.
L’isolamento era il suo forte, dopotutto.
La sua attenzione venne catturata da un battere sommesso e il dottor Banner tese l’orecchio, per cercare di capire da dove provenisse.
Arrivò davanti ad una porta di metallo scuro appena socchiusa. La aprì ed entrò senza esitare, ritrovandosi all’interno di un’ampia stanza vuota e buia. Dovette aspettare alcuni minuti per abituare gli occhi all’oscurità e quando riuscì a mettere a fuoco ciò che lo circondava, camminò spedito verso la fonte del rumore, che rimbombava nel vuoto.
 
Anthea era seduta in un angoletto, con la schiena appoggiata alla parete, e muoveva la testa aventi e indietro, facendo sbattere continuamente la nuca contro il metallo freddo.
 
“Se continui così, bucherai la parete.”
Bruce non riusciva a vedere chiaramente il viso della ragazza, ma era certo di avere la sua attenzione da quando aveva messo piede lì dentro.

“Speravo che fosse la parete a bucare la testa.”
La voce di Anthea tramava appena.
“Improbabile.”
La sentì sospirare.
“Ti stanno cercando tutti.”
Banner, invece, aveva una voce bassa e morbida.
“Ho ucciso. Di nuovo.”
“Non dovevamo lasciarti sola.”
“Sono un’assassina. Ho perso il controllo.”
“Ne so qualcosa.”

Bruce le si avvicinò e si sedette proprio al suo fianco. Anthea smise di far scontrare la testa contro la parete e strinse le gambe al petto.
“Non hai paura di me?”
“No e so cosa significa non controllare una parte di sé stessi.”
“Ti riferisci all’Altro?”
Il dottore rimase interdetto.
“Come lo sai?”
“Lo sento ed è molto forte, ma anche alquanto infantile. Vorrei conoscerlo un giorno.”
La voce di Anthea aveva smesso di tremare, così come tutto il suo corpo.
Bruce rise, davvero divertito.

“Come hai imparato a controllarlo?”

Il silenzio si protrasse per qualche secondo.

“Ci è voluto tanto tempo e davvero tanta forza di volontà. All’inizio credevo fosse una cosa impossibile e la voglia di mandare tutto al diavolo era forte. Ma volevo davvero continuare a vivere spaventato da me stesso e da ciò che avrei potuto fare se avessi perso il senno? No.”
Breve pausa per riprendere fiato.
“Ho lottato e non mi sono mai arreso. Alla fine ho in un certo senso vinto ed ho addirittura creato una specie di collaborazione con l’Altro.”
“Ma ancora lo temi.”
“Non ti si può nascondere niente, vero?”
Anthea scosse il capo, sorridendo appena.
“Quello che è dentro di me è davvero pericoloso. Ne sono consapevole perché ho sempre dovuto subire io le conseguenze delle sue azioni. Sono così dannatamente debole e così …”
“Sola.”
La ragazza si voltò verso di lui e Banner rimase ad ammirare quegli occhi profondi, che brillavano di luce propria.
“Avrei detto spaventata, ma sola non stona affatto.”
“Ma adesso ci siamo noi. E fidati se ti dico che passare il tempo con un egocentrico come Tony o convivere con le manie di comando di Steve sarà un’ottima terapia. Con me ha funzionato, almeno. E per una terapia d’urto, basta passare una sola giornata con Thor e il suo interesse per la tecnologia terrestre. Se riesci a non perdere la pazienza con lui, allora stai sicura che riuscirai a controllare qualunque cosa ti tormenti nel profondo del cuore.”

Anthea scoppiò in una risata cristallina e quello scoppiò di ilarità la aiutò a scacciare un parte dei rinnovati sensi di colpa.
Aveva ucciso un altro uomo, ma era inutile piangersi addosso. Chiunque avrebbe potuto giudicare quel suo comportamento quasi sadico - chi mette da parte un assassinio così facilmente se non un malato di mente o un seguace di satana? -, ma non poteva farci nulla, se per lei uccidere e veder uccidere era una cosa talmente normale, da apparire naturale.
Certo, si sentiva un essere ignobile e schifoso ogni volta che spezzava una vita, ma pian piano aveva fatto il callo anche ai sensi di colpa che puntualmente le attanagliavano le viscere.
Forse non sarebbe riuscita a voltare pagina, ma quel forse le bastava a non arrendersi e a perseguire la lotta contro sé stessa e il mondo.
 
“Andiamo.”
“Dove?” chiese Bruce, perplesso.
“Devo prendermi le mie responsabilità. Voglio smettere di scappare e di nascondermi. Accetterò le conseguenze delle mie azioni."
“Sei coraggiosa.”
“No. Sono solo disperata.”

Si alzarono e percorsero la stanza, diretti alla porta ancora socchiusa.
Prima di uscire, Bruce le rivolse un’ultima domanda.
“Perché lo hai ucciso?”
“Ho avuto paura.”
La ragazza non aggiunse altro e Banner si accontentò di quelle parole.
 
 

                                                      ***
 
 

Sguardi allibiti si posarono su di lei e Anthea percepì il loro peso sulle spalle esili.
La ragazza era sporca di sangue rappreso e la maglia gialla in brandelli le copriva a malapena il torace.
Bruce camminava al suo fianco, paradossalmente tranquillo, mentre ogni cosa si agitava tutt’intorno.

“Bruce!”
Steve corse loro incontro e si bloccò ad un passo da Anthea, rivolgendole un’occhiata talmente intensa da costringerla a distogliere lo sguardo.
“Che cosa è successo?”
La ragazza non riusciva a guardarlo in viso e percepiva chiaramente una nota di delusione nella sua voce.
“Mi dispiace tanto” confessò lei.
 
“Le scuse non ti salveranno da un’immediata reclusione.”
Fury sopraggiunse alle spalle di Anthea, come una minacciosa ombra oscura, carica di vibrazioni negative.
“Scortatela nelle segrete. La interrogherò più tardi. Adesso fatela sparire dalla mia vista.”

La ragazza si irrigidì, mentre il corpo si preparava a reagire contro qualsiasi possibile minaccia. Alcuni agenti le si avvicinarono, mettendo mano alle pistole.

“Vi prego non vi avvicinate, non voglio fare del male a qualcun altro.”
Le sue suppliche vennero ignorate.
“Stai tranquilla. Tra qualche istante non nuocerai più a nessuno.”
Steve si parò davanti alla ragazza. Le sue spalle larghe divennero per Anthea un ancora di salvezza e un appiglio per non affondare nell’oscurità.
“Capitano, si faccia da parte” ordinò Fury.
Steve non si mosse.
“Se lascerà che la ragazza rimanga con me, sarò disposto a darle le risposte che cerca.”
“Ha appena ammazzato un uomo.”
“Lo so e so anche che non era sua intenzione. Non è cattiva. Ha salvato tutti noi questa notte.”
Il direttore scoppiò a ridere sguaiatamente.
“Sei impazzito, Rogers?”
 
“Questa non è una novità.”
Stark, seguito dal resto dei Vendicatori, si fece spazio tra il gruppo di agenti formatosi nel corridoio e raggiunse Fury, che stava per avere un esaurimento nervoso.

“Ci lasci spiegare. A questo punto, è inutile continuare a nascondere la verità. Solo, lasci a noi il compito di occuparci di lei.”
Natasha si era fatta avanti ed i suoi occhi brillavano di una luce intensa.

Fury esitò qualche istante, ma consapevole che non sarebbe riuscito né a smuovere Rogers da lì e né a far prevalere il suo comando sulla testardaggine dei Vendicatori, decise di accettare la proposta.
“Le risposte dovranno essere esaurienti o giuro che vi rinchiudo tutti dentro una cella a prova di Hulk e getto la chiave.”
 
 

                                                       ***
 
 

Per la seconda volta si ritrovarono seduti attorno al grande tavolo.
Anthea si era piazzata tra Steve e Clint e giocherellava con una ciocca dei lunghi capelli color miele.
Natasha si era presa la briga di raccontare per filo e per segno gli avvenimenti degli ultimi giorni, basandosi sulla ricostruzione dei fatti che il giorno prima avevano fatto nella Sala Comune.
Fury ascoltò ogni parola, senza mai interrompere la rossa.

“Questo è tutto” concluse la Vedova.

I secondi successivi parvero infiniti ed il silenzio regnò incontrastato.
 
“Quanto tempo hai passato in quella base?”

Anthea aveva temuto quel momento da quando si era svegliata tra le braccia di Steve, nel bel mezzo di una foresta immensa.
Ma non aveva scelta, questa volta.
Era stata risparmiata dal dovere di rispondere a domande insidiose e dolorose la sera prima, nell’altissimo grattacielo che torreggiava su New York, ma adesso non poteva tirarsi indietro.
Si contorceva le mani in grembo, mentre cercava di scacciare i demoni e i fantasmi che vorticavano nella sua testa, urlandole contro accuse che meritava.
Tutti aspettavano una qualsiasi sua reazione ed Anthea decise che non avrebbe prolungato ancora quell’attesa snervante.
Rivolse un ultimo ed inteso sguardo a Steve, poi parlò.

“In quella base solo pochi mesi. Mi spostavano spesso da un continente all’altro, anche se alcune volte nemmeno me ne accorgevo.”
“Da quanto eri nelle loro mani?”
Era Fury a dirigere l’interrogatorio, mentre i Vendicatori si limitavano ad ascoltare. La Hill scribacchiava qualcosa su un’agendina e Phil stava seduto dritto e in allerta alla destra del direttore.

“Più o meno dieci anni.”

Stark rischiò di strozzarsi con il caffè che stava sorseggiando.
“Quanti anni hai?” chiese il miliardario, sconvolto.

Sul viso di Anthea si dipinse un sorriso triste, malinconico e freddo.
“Diciotto, se non vado errato.”

“Avevi solo otto anni?”
Quella consapevolezza gli fece male e Steve dovette trattene la voglia di imprecare contro l’Entità Onnisciente che governava l’universo e che permetteva quelle atrocità.
Quei bastardi.
Avevano abusato di una bambina di soli otto anni.
Steve immaginò quella creaturina dagli occhi grandi e blu che piangeva e gridava nella stanza piccola e buia dove l’avevano rinchiusa.
 
“No. Non ho mai pianto.”

La voce di Anthea risuonò dolcemente nella sua mente e il Capitano si accorse che la barriera tra di loro era sparita.
Erano di nuovo collegati e i loro pensieri, assieme alle emozioni, si mischiavano gli uni negli altri.
 
“Che cosa ti hanno fatto? È per i loro esperimenti che possiedi una forza fuori dal comune e dei poteri paranormali?”
Fury aveva ripreso in mano le redini dell’interrogatorio.
Natasha gli aveva parlato delle capacità di Anthea, ma non aveva detto nulla sulla parte oscura che la ragazza si portava dentro, poiché la Vedova non è era a conoscenza.
Steve e Clint, dopo gli eventi avvenuti nella camera del primo, sapevano dell’Altra, ma tramite un muto accordo avevano deciso di custodire quell’informazione, almeno per il momento. Lo stesso valeva per Bruce, intenzionato a tenere per sé il segreto.
 
“Sapete, non ne sono sicura nemmeno io. Ero troppo piccola per capire fino in fondo ciò che stava accadendo. Ma sono quasi certa che, qualsiasi esperimento abbiano eseguito su di me, non abbia influito su ciò che sono.”

Fury si sporse sulla superficie del tavolo, aggrottando la fronte.
“Stai dicendo che tu sei nata così ?”
“Quello che sono adesso è ciò che sono sempre stata.”
“E cosa sei?”
 
Anthea si morse il labbro inferiore ed abbassò lo sguardo.
Che cosa sono?
La domanda risuonò chiara anche nella testa di Steve, che riuscì ad intuire la risposta prima che lei la pronunciasse.
Non lo sa.
 
“Non lo so.”

Fury scosse il capo, sbuffando.
“Sei comunque instabile e per questo motivo non posso permetterti di lasciare questa base. Sei un pericolo per l’umanità.”
Anthea si sentì punta nell’orgoglio.
“L’umanità ha abusato di me. Se mai, sono gli uomini a rappresentare un pericolo per me e non il contrario.”
La sua voce aveva toccato toni elevati e il corpo le tremava di rabbia.

“Hai dei genitori o dei parenti ancora in vita?”
Coulson alleggerì un poco la tensione sopraggiunta nella stanza.
“Io non ho mai avuto nessuno. Mai.”
 
Silenzio.
 
“Potremmo fare in modo che impari a controllare il suo potere” intervenne Steve, preoccupato per la reazione astiosa della ragazza.
“Sei per caso un mago, Capsicle? Perché qui nessuno di noi sa usare la magia o qualsiasi cosa sia ciò che la ragazza utilizza.”
Rogers assottigliò gli occhi, che si specchiarono in quelli ambrati di Tony.
“Dobbiamo almeno tentare.”
 
Lo schianto di una sedia sul pavimento fece sobbalzare tutti i presenti.
Thor si era appena alzato in piedi con uno scatto, facendo uso della sua grazia da elefante.
“Magia” sussurrò e il suo sguardo fissava il vuoto avanti a sé.
Tony sbiancò all’istante.
“No.”
“No cosa, Stark?”
Steve era perplesso e alquanto sconcertato dalla reazione del miliardario.
“Se si tratta di magia” continuò il dio del tuono.
Anche il volto di Clint perse improvvisamente colore.
“Qualcuno mi spiega?” chiese Natasha, irritata.
Banner si limitava a spostare lo sguardo da un compagno all’altro.
“Point Break non dirlo nemmeno, hai capito?”
“Che cosa non dovrebbe dire, Stark?”
“Sta’ zitto, Rogers. C’è in gioco la salvezza della Terra.”
“Thor, spero che tu non stia pensando quello che penso.”
“Clint mi spieghi di cosa stai parlando?”
“Nat, ti prego non ti ci mettere anche tu.”
“Ma a fare cosa?”
 
“Ho capito!”
La Romanoff si voltò verso Bruce, che pareva decisamente su di giri.
E poi, come un fulmine a ciel sereno, l’illuminazione arrivò e la consapevolezza della nuova scoperta la fece rabbrividire.
“Ci sta pensando davvero?”
“A che cosa?”
Steve ancora non capiva ed il fatto che nessuno volesse dargli delle spiegazioni, lo rendeva davvero nervoso.

Fury, Maria e Phil rimanevano in attesa della bomba che l’asgardiano avrebbe sganciato di lì a poco.
 
“La soluzione è una sola, miei compagni.”
E a nulla servirono le minacce di sfratto da parte di Tony e le suppliche di pietà da parte di Clint.

Anthea non aveva mai distolto lo sguardo dal dio e trepidava nell’attesa di una delucidazione, visto che nella mente di Steve aveva trovato solo una gran confusione.
 
Una sola parola. Quattro lettere.

Tony si accasciò sulla superficie del tavolo.
Clint si lasciò scivolare dalla sedia e finì per terra.
Natasha arricciò la bocca in segno di diniego.
Bruce aveva gli occhi spalancati e gli occhiali che pendevano da un orecchio.
Fury si era strozzato con la sua stessa saliva e tossiva in modo convulso.
Phil e Maria avevano perduto la maschera e i loro volti era segnati da pura e sconvolgente incredulità.
Steve era immobile e nemmeno respirava.

L’eco di quel nome risuonava nelle sue orecchie, come una cantilena agghiacciante.
Passarono interi minuti durante i quali nessuno osò fiatare.
Poi Anthea sbuffò irritata e puntò i grandi occhi sul volto pallido e stanco del Capitano.
 
“Chi diavolo è Loki?”
 
 
 
 
 
 
Note
Eccoci al decimo capitolo!
E adesso cosa succederà? Che ne sarà di Anthea? Per saperlo non vi resta che continuare a seguirmi e vi prometto che mi impegnerò a rendere piacevole il tempo che dedicherete a leggere questa storia.
Ringrazio ancora tutti coloro che hanno inserito la storia nelle seguite, nelle preferite e nelle ricordate.
Grazie sempre a DalamarF16, a Ragdoll_Cat, a Siria_Ilias e a Mina damn stars per le recensioni <3
Alla prossima!
Ella
   
 
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