Fanfic su attori > Tom Hiddleston
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Autore: CinderNella    28/09/2014    3 recensioni
Inizialmente si sentiva un po’ strana per il fatto che avrebbe condiviso una casa con un uomo.
Insomma, Colette aveva detto che quel Tom era simpatico e a modo, ma lei, Colette ed Elspeth erano sempre state con delle ragazze in casa… Tranne il modello. Ma lui non stava mai a casa. Laire era l’ultima aggiunta, una matricola alla loro stessa università e si trovavano benissimo, ma erano sempre state solo ragazze.
E ora Colette le mollava per tornare al suo paese natio e le lasciava in balìa di un tipo che nemmeno conoscevano. Era un po’ ingiusto.
"Ma se Colette lo conosce in qualche modo e dice che è alla mano, gentile e ha viaggiato molto, ci si potrà fidare..." pensò lei, rincuorata.
[...] Tom uscì dal portone, tirando un sospiro di sollievo: quell’Aneira era una tipa stramba. In positivo, ma lo era.
L’aveva convinto a prendere la camera sebbene non fosse la migliore opzione, ma nel suo essere strana gli aveva già fatto sentire la casa come sua, come se ne volesse fare parte.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Duuunque il banner è ancora stato fatto da _Lith_, il titolo del capitolo è ancora ispirato ai titoli dei singoli episodi di FRIENDS e la foto l'ho presa da Tumblr (purtroppo non ricordo il nome dell'account) per poi editarla io. Spero vi piaccia, è uno dei miei capitoli preferiti. Buona lettura *-*








 

The Guy Who Turned Her Down



6. The One With The Cat And The One Night Stand
Per colpa di Tom ora si svegliava presto tutte le mattine. E siccome non le andava di vegetare tra la camera e la cucina rischiando di fare incontri pericolosi – con gente che conosceva Tom, o gente che conosceva la loro ex-coinquilina prima di Colette che ogni tanto ritornava a piazzarsi sul divano in salotto – e quindi usciva per una passeggiata mattutina. Camminava un po’, faceva colazione fuori, anche se non tutti i giorni, e ritornava a casa.
Solo che quella mattina, ad aspettarla alla statua della ballerina sotto casa c’era un imprevisto: pelosetto e batuffoloso, tutto bianco con musetto, orecchie e fine della coda nera.
«Oh mio piccino adorato chi ti ha lasciato qui?» spuntava da una busta di carta e miagolava a perdifiato in attesa che qualcuno lo ascoltasse: Aneira lo prese in braccio – mentre con l’altra mano aveva già le chiavi pronte – e si diresse al portone di casa, iniziando a riscaldare il gattino con la sua sciarpa mentre lui riduceva pian piano i miagolii disperati.
«Tesorino batuffoloso, riavrai una casa a breve.» aprì le porte dell’ascensore e le richiuse, aprendo poi la porta di casa e richiudendosela dietro. Aveva ancora il pelosetto in mano. Lasciò le chiavi in borsa e notò che dalla finestra di Tom entrava la luce: sapeva dove avrebbe fatto le presentazioni per prima.
«Tom, ti presento Mycroft!» aveva spalancato la porta, incurante di quello che avrebbe potuto trovarci dentro e aveva lasciato il piccolo batuffolino sulla spalla di Tom, che si guardò intorno perplesso. Poi notò la ragazza mezza nuda che armeggiava con gli scuri della finestra e sbarrò gli occhi. Per poi pronunciare tranquillamente «Ciao signora ospite. Hai visto, Tom? Avremo un gatto domestico!»
«Come, scusa?» Hiddleston aprì gli occhi e si sedette sul letto con il gattino in braccio – che gli faceva già apertamente le fusa – mentre Aneira era già fuggita in cucina a macchinare qualcosa.
«Oh. Strani risvegli qui. Ma non avevi detto ieri sera che eri un tipo da cane?» commentò solo la ragazza, passandosi pigra una mano tra i capelli.
Probabilmente quel risveglio non sarebbe stato il più assurdo – dopo aver sperimentato quello di Laire e Aneira con un martello – ma sicuramente sarebbe rientrato nella classifica dei più strani: ancora parecchio perplesso si limitò a proferire un “Uhm, sì” per poi seguire Aneira in cucina, solo in mutande e con Mycroft ancora in braccio.
«Quando abbiamo parlato di adottare un gatto?» chiese allora apertamente, scalzo e davanti alla porta.
«Non ne ho parlato con nessuno e l’ho appena preso dalla strada: l’avevano lasciato in una busta di carta e non avrei potuto lasciarlo là. E poi ho sempre voluto un gattino.» si difese lei, versando del tè in una tazza «E non far finta di non essertene innamorato, Mycroft ti sta praticamente abbracciando. Vuoi del tè?»
Tom annuì e andò a sedersi sul divano, scosso: come se fosse un mantra accarezzava la testolina del micino, che sorrideva beato «Ma poi capirei se l’avessi chiamato Draco Malfoy, insomma, il pelo…»
«Ci avevo pensato…»
«Ma Mycroft! Che razza di nome è Mycroft?!» esclamò allora, tenendosi attaccato al petto il micino con una mano mentre con l’altra sorseggiava il tè.
«Come Mycroft Holmes. Magari gli compriamo una targhetta su cui ci facciamo incidere MH, che ne dici?»
Tom scosse la testa e chiuse gli occhi, come se schifasse apertamente quell’idea: «Dobbiamo più che altro comprare la lettiera. E il trasportino. E fare una visita dal veterinario… E non lo chiameremo Mycroft!»
«Ma Mycroft è fighissimo! Come il personaggio del tuo collega…»
«Non chiamerò il nostro gatto come Mark Gatiss! O insomma, non chiamerò Mark Gatiss come il nostro gatto! Oh…» si portò la mano libera dalla tazza al viso, ispirando profondamente «D’accordo, Mycroft. Vediamo, a lui piace? A proposito, è un lui?»
«Non lo so, controlla!» rispose semplicemente Aneira, lasciando cappotto, borsa e sciarpa sull’altra poltrona.
«Come dovrei…?»
«Apri le zampette posteriori e guarda, no?»
«Preferirei aspettare la visita dal veterinario. E dovremmo andarci presto, anche a comprare le cose…»
«Ehi Tom, io vado. Ci sentiamo!» la ragazza che dieci minuti prima era mezza nuda in camera sua ora era tutta incappottata e li salutava dalla porta «Ciao signora ospite!»
«Ohi ciao! Buona giornata…»
«Ti ricordi il suo nome, perlomeno?» alzò un sopracciglio, perplessa, Aneira.
«Certo… solo non ora.» spiegò candidamente Tom, lievemente imbarazzato. Trovò in Mycroft un giusto spettacolo alternativo: si era accoccolato all’altezza del suo stomaco e faceva tante fusa.
«Se vuoi venire dal veterinario conviene andare a vestirti…» alzò gli occhi al cielo Aneira.
«Ma Mycroft mi sta dormendo addosso!» esclamò allora lui, come se quella fosse la cosa più ovvia del mondo da dire: la ragazza scosse la testa e prese il gattino tra le mani «Ora non ti è più addosso. Vatti a lavare e vestire. E per carità, la prossima volta che vuoi uscire dalla camera dopo un rendezvous romantico con una tipa da una botta e via, mettiti perlomeno un paio di pantaloni!» lo riprese Aneira, ma Tom era già da un po’ in bagno. Tanto meglio, si sarebbe coccolata un po’ di più il piccolo Mycroft.
Dopo qualche minuto sentì la porta del bagno aprirsi e Tom arrancare verso la camera, allora si decise a indossare cappotto e sciarpa, pronta ad affrontare il freddo esterno, conscia che il ragazzo sarebbe stato pronto in qualche decina di secondi: poi, con Mycroft nella tasca del cappotto – non sembrava lamentarsi, con la piccola testolina e le zampette che fuoriuscivano da essa – bussò alla porta di Laire «Laire? Abbiamo appena adottato un gattino!»
«Che?!»
«Sì, e quella matta di ‘Nei l’ha chiamato Mycroft!» gridò dalla sua camera Tom.
«Cosa?!»
«Ora io e Tom lo portiamo dal veterinario!» non ottennero altre risposte scioccate – probabilmente non aveva più parole – da parte di Laire e percorsero cinque secondi dopo il corridoio fino alla porta di casa.
«Awww
«Sì, lo so, Mycroft è un amore nella mia tasca. Per curiosità: sai da chi stiamo andando?»
«Ho chiesto a Luke velocemente il nome di un veterinario, mi ha mandato per sms il suo indirizzo.»
«Fammi capire, ma Luke è il vostro tuttofare?» chiese molto perplessa Aneira, prima di entrare in ascensore, ma ricevendo da Tom solo un cenno del capo negativo, accompagnato da uno sbuffo.

«Ma quindi, va tutto bene, ne è sicuro?» la parentesi apprensiva nel tono di Tom faceva sorridere il veterinario e scuotere la testa ad Aneira.
«Sì. L’abbiamo appena sverminato e potete tranquillamente tornare tra una settimana per i prossimi controlli. È stato già sterilizzato… quindi si presuppone che sia stato abbandonato da qualcuno e che abbia passato anche un po’ di tempo per strada. Siete stati davvero buoni di cuore a salvarlo, con questo freddo non so dove si sia potuto riparare…»
Aneira avrebbe avuto qualcosa da ridire in proposito, visto che era stata lei a salvarlo dalla strada, Tom non era nemmeno d’accordo all’inizio. Per i primi cinque secondi, perlomeno. Ma il veterinario li aveva già chiamati “genitori apprensivi”, ci sarebbe mancato solo un comportamento da tali! E poi era stato gentile: aveva dato loro un trasportino che avrebbero potuto restituire la settimana dopo, e Mycroft era comodo lì. Ora dovevano solo comprare la sabbia per la lettiera, il mangime e tutta quella roba lì.
«E va bene solo quella marca di croccantini, non dobbiamo prenderne altre —
«Gliele ho indicate sul foglio, tutte.» il veterinario sorrise comprensivo «Ora non vorrei sembrare scortese, ma c’è una fila di pazienti…»
«Andiamo subito. Grazie mille, di tutto!» si gettò Aneira, sperando che Tom tenesse la bocca chiusa; gli strinse la mano ed uscì con il trasportino nell’altra mano, e Mycroft che miagolava qualcosa. Dopo qualche secondo venne raggiunta da Tom: «Non abbiamo chiesto per le successive sverminazioni…»
«Hiddleston, sul serio, tranquillo. Lo rivedi la settimana prossima, tanto.»
«Perché non sei preoccupata?!»
«Perché sta bene, è in forma e rivediamo il veterinario tra sette giorni. E anche perché c’è già una mamma apprensiva nella coppia, e non sono io!»
«Mi stai dando della mamma apprensiva?» chiese lui, impettito, aprendole la porta per lasciarla passare.
«Ti sei perso sicuramente la parte in cui ci ha chiamati genitori apprensivi, vero?»
«Non ne tenevo conto. Perché è importante sapere tutto prima…»
«Se mai avrai figli, sappi che non saprai tutto prima. O sarai uno di quei padri che leggono i libri “Cosa aspettarti quando stai aspettando” al posto della madre?»
Il verso altezzoso che aveva emesso l’uomo non era per niente virile: ma glielo lasciò fare, era particolarmente rompiballe quando ci si metteva, e lo sapeva benissimo; difatti gongolò soddisfatta.
«Dove stai andando, di grazia? Abbiamo lasciato la macchina da un’altra parte…»
«Al negozio che ci ha indicato il veterinario! Ha detto che questo è buono!»
«Ma venderanno le cose sicuramente al supermercato vicino casa…»
«Ma ci ha consigliato questo e ci ha detto già cosa avremmo trovato!»
Aneira alzò la mano libera al cielo «Va bene, scegli tu. Andiamo in questo negozio»
«Lo vorrai pur far mangiare Mycroft, no?»
«Certo. Ma ai gatti randagi, a casa, io davo il latte con le briciole di pane ammorbidite dentro. E vivevano comunque.»
«Mycroft mangerà bene!»
«E ci credo, con quel nome!» ribatté lei, ben conscia del fatto che era stata lei stessa a darglielo «E poi, sinceramente, non vedo l’ora che ti ritroverai a chiamare Mycroft anche Mark Gatiss, e ci sarà il gatto presente… sarà ilare!» ridacchiò lei.
«A differenza di qualcuno che conosciamo bene io non identifico gli attori con i loro ruoli. Sai, sennò molto probabilmente sarei riconosciuto come Loki.»
«E lo sei, difatti, da mezzo mondo!» esclamò Aneira, sorridendo sorniona.
«Fa nulla, di’ quello che vuoi» aveva detto, gesticolando qualcosa e prendendo un carrellino all’entrata nel negozio… e Aneira era certa che lui fosse uno di quelli che se devono scegliere qualcosa mentre fanno della spesa specifica, ci mettono ore. Sperava vivamente che nel frattempo Mycroft trattenesse i bisognini abbastanza per farli a casa, nella sabbietta della lettiera.
Venti minuti dopo erano usciti dal negozio, “carichi come ciucci” aveva specificato lei. Tom sembrava avesse preso le provviste per l’inverno: diversi tipi di croccantini e anche cibo che avrebbero dovuto mettere in frigo. Per non parlare dei cinque chili di sabbietta. Cinque.
Ovviamente gli aveva lasciato l’onere di portare tutta quella roba, lei già portava Mycroft – e aveva suggerito la metà di quello. Avevano diviso le spese a metà… nella speranza di non dover fare di nuovo una spesa del genere.
«E per tornare al discorso di mamma apprensiva: sei una mamma apprensiva particolare, con la Jaguar.» commentò lei, sedendosi difficoltosamente al posto del passeggero con Mycroft sulle ginocchia.
«Dovrebbe essere un insulto o una sorta di sbeffeggiamento?»
«Non lo so. Però ero ironica.»
«Lo sei praticamente sempre. Tranne quando piangi per qualche film Disney…»
«Qualche film Disney per cui magari piangi anche tu, per caso
«Avevo gli occhi rossi per il raffreddore.» ribatté lui, ingranando la marcia.
«Sì, certo. Proprio per il raffreddore.» terminò Aneira, guardandolo di sguincio e scuotendo la testa: non l’avrebbe mai e poi mai ammesso.
Non riusciva a trovare Mycroft: era stato tutto il giorno con lei – a parte quando se ne andava elegantemente in bagno ad espletare il suoi bisognini – e ora ne sentiva la mancanza. Insomma, erano la coppia perfetta: tutto il giorno a letto, lei a studiare, lui a sonnecchiare o ricevere coccole, e quella loro routine era pressoché quotidiana. Erano passati solo due giorni da quando l’aveva accolto in casa e si erano abituati così. Ogni volta che tornava dall’università lo trovava sulla porta ad aspettarla per darle il benvenuto miagolando. E allora perché in quel momento era sparito?
Una decina di minuti dopo – aveva finito di studiare l’articolo sulla Teoria del Prospetto – si alzò per fare il tè e per andare a cercarlo in giro: le mancava, ma soprattutto voleva sapere che fine avesse fatto.
Quando lo ritrovò in cucina, spanciato sul busto di Tom addormentato come se stesse cercando di abbracciarlo tutto – le zampine anteriori in direzione delle spalle e quelle posteriori verso i fianchi del coinquilino, nemmeno gli stesse cadendo di dosso e dovesse aggrapparsi al maglione del ragazzo – non poté non esimersi dal fare una foto e postarla su Instagram. Erano dannatamente ridicoli e teneri contemporaneamente.
Scosse la testa e mise il bollitore sul fuoco, prendendo una tazza dalla credenza per poi andare allo “Scrigno dei Tè e delle Tisane” per scegliere quale tipo di tè bere: optò per un classico Earl Grey e si sedette di fronte ai belli addormentati, decisa a leggere la copia del National Geographic Magazine di Laire.
Dopo qualche minuto e diverse pagine sfogliate, Tom si svegliò leggermente di soprassalto rischiando di far cadere Mycroft – ma il braccio andò direttamente sul gattino e lo sorresse automaticamente.
«Da quanto sono qui?»
«Non lo so, sono arrivata cinque minuti fa per il tè. Ne vuoi una tazza?»
«Sì, perché no, mi servirebbe.»
«Non hai lo spettacolo oggi?»
«No… a proposito, ho un biglietto per te. Coriolanus. È per Sabato prossimo e c’è anche un’altra mia amica…»
«Okay, perfetto! Ti sei addirittura preoccupato che non andassi da sola?»
«No, in realtà ho solo beccato due piccioni con una fava, come si suol dire. Lei già sarebbe venuta…»
«Okay. Basta che me la presenti prima che mi sieda accanto a lei e chieda in modo molto imbarazzante alla persona accanto a me “Ehi, sei tu l’amica di Tom?” e magari è quella sbagliata.»
Il coinquilino scosse la testa ridendo mentre continuava ad accarezzare Mycroft, che ronfava ancora sul suo stomaco.
«Farò in modo che ti riconosca. Vi incontrate davanti all’entrata dieci minuti prima dell’ora prestabilita?»
«Per ora prestabilita intendi quella che impone il buon senso di stare mezz’ora prima a teatro o dieci minuti prima che inizi lo spettacolo?» Aneira macchinava con il bollitore e metteva l’infusore con le foglie di Earl Grey dentro al suo posto, impostando il timer e tornando alla sua poltrona.
«Ovviamente la prima. Avrei potuto mai intendere la seconda?»
«No, ovviamente.» sfogliò un’altra pagina, mentre alzava platealmente entrambe le sopracciglia a mo’ di sfottò nei confronti del suo interlocutore «A proposito: è una tua amica amica o è una trombamica? Vorrei evitare momenti imbarazzanti in cui le dico della volta che ti ho portato il gatto in camera e c’era la signora ospite…»
Tom scosse nuovamente la testa prima di rispondere: «Amica amica. E comunque sono più che certo che dirai qualcosa di imbarazzante… ma sono anche certo che le piacerai di più proprio per quel motivo.»
«Oh beh. Allora mi è già simpatica, a prescindere.» sfogliando un’altra pagina del magazine e iniziando a leggere l’articolo che aveva sottomano: poi Mycroft si svegliò, si stiracchiò addosso a Tom – non negandogli qualche graffio sul petto, a cui lui rispose non propriamente in modo felice e contento – e corse sulle sue gambe, bisognoso di coccole.
  
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