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(prologue)
By flash
and thunder fire I'll survive
Then
I'll defy the laws of nature
And come
out alive
–
Queen, Seven Seas of Rhye
Quel “no” gli rimbombò a lungo
nelle orecchie.
Forse fu perché il cosmo era ancora
più silenzioso di come se l’era immaginato, ma durante la caduta quella singola
sillaba gli parve più fragorosa dell’esplosione del Ponte.
Il Ponte: ne vide i frammenti
iridati vorticargli intorno confondendosi con le stelle accecanti, e poco sotto
di sé scorse la cupola aurea dell’Osservatorio, spezzata e crepata in più
punti, che precipitava dritta verso un vortice azzurrino di astri e polveri
– lo stesso in cui sarebbe precipitato lui.
La paura che lo aveva attanagliato
un istante prima di allentare la presa su Gungnir era scomparsa, o comunque non
la avvertiva più. Il grumo di rabbia attonita che gli accelerava il respiro, per
quel poco che gliene era rimasto, aveva cancellato tutto il resto, persino la
prospettiva agghiacciante della morte. Eppure quando la nebulosa lo inghiottì
la attese e fu pronto ad accoglierla come se si trattasse di una benedizione e
non di una condanna, e non perché la desiderasse, bensì perché si convinse che
laggiù, ormai, non aveva vie d’uscita o modi per tornare indietro.
E se anche fosse tornato indietro,
pensò confusamente nel chiudere gli occhi, a cosa sarebbe servito?
Si arrese e abbandonò, e svanì nel
chiarore del gorgo siderale.
La schiena
gli doleva e aveva della polvere in bocca: non era esattamente quello che si
aspettava per il proprio risveglio a Helheim, sempre che la Regina dei Morti lo
avesse accolto tra le sue schiere. Di qualunque regno d’oltretomba si
trattasse, tuttavia, nessuno mai aveva narrato che i defunti potessero essere
preda d’indolenzimenti e contusioni, il che significava che le leggende
mentivano o che lui non era defunto affatto.
Aprì la
palpebra sinistra, poi la destra, e si trovò con il viso affondato per metà in
un mucchietto di sabbia ruvida e perlacea; mosse le dita di entrambe le mani e
tastò altra sabbia e un suolo secco e compatto, completamente scevro d’erba o
arbusti; aveva il mantello che, ridotto a brandelli, gli copriva l’altra metà
del volto, e l’impatto doveva avergli frantumato buona parte delle placche
dell’armatura, giacché sentì uno scricchiolìo metallico non appena provò a
sollevare il busto. Oppure erano le sue costole.
Con un basso
ringhio dovuto allo sforzo si puntellò sui gomiti e scrollò la testa gettandosi
un’occhiata intorno. Dinanzi a sé aveva una distesa candida e spoglia fatta di
dune, rocce e pianure che si perdevano fino all’orizzonte lontano e plumbeo e
da cui s’innalzavano a momenti strane colonne di vapori e fiamme lattiginosi.
Ciononostante l’aria era respirabile e quasi fresca, e la notte sembrava
stellata.
In quella udì
dei passi e un clic, e una voce alle
sue spalle intimò:
–
Voltati con calma, amico, ora che ti sei ripreso.
Lui, sorpreso
e ancora disorientato, obbedì trattenendo un rinnovato grugnito di dolore. Vivo
o meno che fosse, tutto lasciava intendere che avesse già attirato l’attenzione
di qualcuno, e non aveva nemmeno avuto il tempo di controllare che i suoi
poteri fossero rimasti intatti.
– Come
accidenti fa a non essersi sfracellato? – soggiunse una seconda voce, più
rozza e grave della prima.
– Me lo
domando anch’io. – borbottò con astio l’asgardiano osservando coloro che
avevano parlato: erano in tre, d’aspetto estremamente eterogeneo, abbigliati in
maniera bizzarra, armati fino ai denti e con robusti scarponi ai piedi. Uno,
probabilmente il proprietario della voce rozza e grave, era nerboruto e
tarchiato, tappezzato di tatuaggi sulle braccia, sul collo e sugli zigomi, e
aveva il cranio rasato e una curatissima barba corta di un improbabile verde;
l’altro era più alto e dinoccolato, dalla pelle rossiccia e i capelli neri
raccolti in una grossa treccia, e portava una benda sull’occhio sinistro.
E il terzo,
quello che gli puntava contro un congegno simile a un’arma da fuoco, era una
donna. Scura come Heimdall e fiera come Sif, con una disordinata chioma
violacea, iridi pungenti e inusuali, bei lineamenti, dava l’impressione di
essere il capo del terzetto e lo squadrava con espressione sorniona.
–
Vediamo se ce lo racconta con parole sue, D’Al. – disse rivolta al
Tatuato, quindi si chinò in avanti: – Non capita tutti i giorni di
incontrare un gonzo piovuto dal cielo senza astronave.
– Magari
la sua navicella è quella, Fouh. – intervenne il Guercio.
Il principe
seguì con lo sguardo la direzione che egli indicava: il relitto
dell’Osservatorio si era schiantato a poca distanza da lui, la guglia
conficcata nel terreno.
–
Allora, amico? – incalzò colei che si chiamava Fouh; – Riesci
almeno a parlare?
–
Lasciatemi recuperare fiato, signori. – Loki li blandì, rauco. –
Posso alzarmi?
La donna
annuì e abbassò appena l’arma: – Sei una faccia nuova e dubito che tu sia
umano, altrimenti lo schianto ti avrebbe ucciso. Da dove arrivi? Non ho mai
visto indumenti come i tuoi, e men che mai un’astronave dorata.
– E io
non ho mai visto una femmina comandare dei tagliagole.
Fouh inarcò
un sopracciglio: – Dalle tue parti le femmine
indossano gonne e restano in casa? Nessuna combatte o uccide?
– Soltanto
due tra quelle che conosco. – replicò l’Ingannatore con un sorriso
storto. Stare in piedi gli procurò un capogiro e fitte più intense al busto, ma
non perdeva sangue e le gambe lo reggevano.
–
Rispondi alle domande, amico! – interloquì perentorio l’uomo di nome
D’Al.
Loki lo
fissò: – Prima ditemi dove sono finito. Precipitare non rientrava nei
miei piani.
– Questo
è il Deserto Notturno di Rhye. – spiegò lei. – Il cielo e le stelle
che vedi sopra di noi sono in realtà una perenne nube scintillante creata dai
gas che la terra di questa zona esala. Non sono tossici, e non chiedermene il
motivo. Non sono un’esperta di scienza.
– Non
lo avrei mai detto.
La pistola di
Fouh scattò di nuovo in alto: – Sfotti, straniero? A quanto pare stai
meglio del previsto. Che razza di alieno sei?
– Uno
pericoloso, o almeno così credevo. Cos’è Rhye?
Il Guercio
ridacchiò: – Un pianeta, che altro? Nella Galassia di Nova. Non la conosci?
– Ho
conosciuto molti mondi e varie galassie, ma non Rhye o Nova. – mormorò il
principe, e un’immagine fugace di Asgard gli piegò le labbra in una smorfia involontaria.
Chissà in quale angolo d’Universo era ubicato quel dannato luogo, rifletté. Di
certo non tra i rami di Yggdrasil, poiché di quelli aveva esplorato ogni
strada, ogni montagna, ogni mare, ogni punto più recondito e li rammentava a
menadito, e dunque era al riparo dalla vista infallibile del Guardiano del
Bifröst. Era libero, era sopravvissuto ed era bloccato: da lì non sarebbe mai
tornato nel Reame Eterno con le sue sole forze.
Agitò
cautamente una mano e una debole luce sgorgò dal palmo, provocando nei tre
individui che lo fronteggiavano un’unanime reazione difensiva:
– Cosa frell è quella roba? Magia? –
sbottò l’uomo con la treccia estraendo fulmineo un pugnale dalla cinta.
–
Fermo, Yudd! – lo frenò la donna. – È così, amico? Sai usare la
magia?
Loki si passò
la mano illuminata sull’intero torace e avvertì il sollievo di lividi ed
escoriazioni che guarivano: – Se vi aggrada definirla tale.
–
Questo damerino parla raffinato, Fouh. – grugnì D’Al.
– Ho
notato. E si ostina a non volerci dire chi è.
Il Dio degli
Inganni prese a sganciarsi la corazza, ormai inutilizzabile, e lasciò che
cadesse tra la sabbia chiara; farsetto, casacca, pantaloni e stivali erano
ancora in buono stato, e tenne la cappa rovinata per ripararsi dal freddo.
–
Accontentatevi di sapere che sono un fuggiasco e che la via di casa mi è
preclusa. Potete chiamarmi Ikol. – si risolse a improvvisare. – E
voi, signora e signori?
Fouh gli
scoccò un ghigno più empatico: – La fuga è un fattore che ci accomuna. Io
sono Fouh e questi gentiluomini sono Yudd e D’Al, e se ti aggrada puoi considerarci dei tagliagole.
– Non
lo siete? – rilanciò lui apprezzando la frecciata. Quella femmina era
sagace.
– Girano
opinioni discordanti al riguardo. – si vantò il Tatuato, e i suoi compagni
risero.
– Siamo
diretti alla prima delle Sette Città di Rhye. – aggiunse la donna
scrutando Loki dritto negli occhi; – Potresti unirti a noi. Non nego che
un tizio con la tua resistenza fisica e i tuoi poteri, per quel che ho visto,
ci sarebbe assai utile.
Fu il turno
del principe di sogghignare: – E io cosa ci guadagno?
– Non
so cos’è che vuoi, amico.
Vendetta. La rivelazione lo colse alla
sprovvista, lampante e definitiva, ma la tenne per sé: d’altronde quale aiuto o
vantaggio poteva ottenere da quei tre sbandati, in quella galassia sconosciuta?
Voleva tornare ad Asgard, voleva farla pagare a Thor e a Odino, voleva
riconquistare il trono perduto, e la situazione attuale non gli dava alcuna
speranza di poter portare a compimento neppure uno di quegli obiettivi.
Malgrado ciò
l’istinto gli suggerì di accettare la proposta di Fouh:
–
Qualcosa mi verrà in mente. – asserì infatti. – Qualcosa troverò.
– Mi
piace il tuo spirito, damerino. – approvò il Guercio.
La donna
dalla pelle scura rinfoderò la propria arma e sfilò una fiaschetta argentea
dalla bisaccia che recava a tracolla per porgerla all’asgardiano: –
Ottima decisione. Sbrighiamoci ad abbandonare questa fottuta desolazione
bianca. Sono due giorni che camminiamo nel Deserto e mi manca il sole.
– Fai
strada, mia signora. – egli concesse con fare ironico e cerimonioso,
bevendo un sorso di quella che ritenne essere una bevanda alcolica e che gli
riscaldò le viscere.
Fouh non se
lo fece ripetere e si avviò verso la striscia indaco che segnava l’orizzonte
con andatura decisa e ancheggiante. D’Al e Yudd dedicarono a Loki un cenno e i
tre la seguirono, affiancati, la sabbia che frusciava sotto le suole e gli
indolenti sbuffi di fumo opalescente a circondarli.
Note
Questa storia
è un azzardo bello e buono.
L’idea è nata
per caso e prende spunto da un mix di cose, prima fra tutte l’omonima canzone
dei Queen citata in apertura: se leggete il testo capirete perché la trovo
perfetta; il resto del mix è composto da Guardians
of the Galaxy, dall’atmosfera sci-fi/punk/pulp di libri come Terra! di Stefano Benni e serie
televisive come Farscape, Battlestar Galactica e Stargate Atlantis e dalla mia
personalissima ipotesi che Loki sia finito in una sorta di galassia punkettona
dopo il “suicidio” scenografico dal Bifröst.
E se cogliete
tutte le citazioncine che ho seminato qua e là siete degli ottimi
nerd :D
I capitoli
saranno nove in tutto, prologo ed epilogo compresi. Fouh, D’Al e Yudd sono
farina del mio sacco e per adesso mi garbano da morire. Spero che il tutto
piacerà anche a voi e che quest’introduzione abbia stuzzicato la vostra
curiosità: se così è fatemelo sapere con una recensioncina e ne sarò
estremamente contenta ;)
Alla
prossima!