Trenta settembre: vivere una bugia.
Stringermi nell’abbraccio delle onde,
inghiottire salsedine e minuscole bolle
d’aria congestionata; ti tremano le mani,
lascia che te le riscaldi: ho i palmi tiepidi,
questa sera, tiepidi e caldi; familiari tanto
quanto i tuoi sorrisi – ed il tramonto è morto ormai.
Guardo l’orizzonte e non distinguo nulla: ogni cosa è
sbiadita, una brutta ferita slabbrata e sanguinolenta;
ma ti ho perso di vista e le tue dita fredde sono
scivolate via, corrose dalla sabbia, e io non ti sento più:
ti ho perso di vista e le tue parole echeggiano ancora
negli angoli più bui e remoti di quest’anima incompiuta:
lasciami ritornare all’acqua, lasciami annegare; no, non
è egoismo; è empatia, è sentimento, è una menzogna che
non so raccontare; ma che mangio, che bevo, che respiro.
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