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Autore: Dregova Tencligno    06/10/2014    2 recensioni
Fogli scritti con sangue nero, immagini che si susseguono e che raccontano di un evento oscuro che solo lui e il suo migliore amico, loro malgrado, riescono a ricordare. La maledizione che li aveva condotti a quel determinato momento della loro storia. Le promesse che erano state fatte, tutte venute meno grazie a un Demone che aveva esaudito il sogno segreto del Ragazzo: rimanere da solo per poter finalmente essere chi è realmente. Ma la libertà ha un prezzo. Vale la pena perdere tutto per qualcosa che non si potrà mai avere con la solitudine? Cosa farà quando vedrà i frammenti del suo passato crollare a picco in un'illusione che simula quella che dovrebbe essere la realtà? Felicità fredda senza affetti o deciderà di combattere per vendicare l'unica cosa che gli rimane, anche se dolorosa: la memoria di quello che è stato? Capirà cosa vuol dire per lui Felicità e Libertà? Qualunque siano le decisioni che prenderà riuscirà a vedere la fine della storia, anche se a volte FINE non acquista il significato che le si è soliti dare. Molte volte essa rappresenta un nuovo inizio.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È così: prima si sbaglia, ci si perde, ci si arrampica sugli specchi per cercare la propria verità, la pietra filosofale, il santo Graal.
Vaga nella foresta delle sue paure e dei turbamenti; questi prendono consistenza, si trasformano e assumono le sembianze di alberi giganti che ostacolano il cammino con le loro radici nere che si fondono, intrecciandosi, in un’estesa ragnatela di sogni infranti.
Le inibizioni scintillano nella notte, divampano, sono belve infuocate con un solo scopo: cacciare.
Le fiere incendiarie si avvinghiano, dilaniano, consumano ciò a cui il Viaggiatore si aggrappa con le unghie e con i denti per continuare a essere se stesso.
Forse, però, questi esseri sanguinari non sono il male peggiore. In lontananza, un fruscio lento e spettrale, sinonimo di orrori, costringe il Viaggiatore a rallentare, ad arretrare e a guardarsi indietro in cerca di una via di fuga, una scappatoia celata ai suoi occhi dalle gocce di sudore che scivolano negli occhi dalla fronte; bruciano, fanno male, ma non è nulla in confronto al vuoto che ha nel petto. Un buco nero, un occhio sopra la sua testa, dal quale cerca di fuggire e nascondersi. Ma come si fa a rendersi invisibile a se stesso?
Il rumore si fa più vicino, come l’uomo alla sua meta e il pericolo a lui. La pelle d’oca sopraggiunge, il respiro quasi si ferma e il sudore si gela sulla cute formando una patina algida che lo fa rabbrividire.
Inizia a cadere una pioggia lenta, sottile, fitta, che colpisce con pungenti aghi le povere e fragili membra del ragazzo. Non è una pioggia normale. Ogni goccia che si posa sul suo corpo inizia ad ardere e s’infiltra in esso, tra apparati e organi, tra tessuti e cellule, fino ad arrivare alla sede dell’anima dove una mano invisibile la afferra e la stritola, la tortura, ma senza darle il destino che essa stessa agogna.
Con la pioggia si alza la nebbia. L’aria è pesante e il velo impedisce di avanzare.
Il Viaggiatore non vede nulla, non c’è nessuno, nessun segnale che possa guidarlo, alcun suono da seguire. Tutto è fermo e freddo.
Gorghi traslucidi increspano la nebbia, fantasmi si risvegliano per tormentarlo… i sentimenti mai palesati, le lacrime mai versate e le catene a cui si è legato…
Frammenti, schegge taglienti di memoria entrano nella carne dirigendosi fino al cuore.
Una mano stretta, un urlo soffocato, una macchia orribile…
La voce fa male, le lacrime sono finite.
Un tonfo, un rantolo, il silenzio…
L’ultimo frammento entra nel cuore, l’ultimo ricordo che conserva della sua precedente vita.
Un corpo accasciato al suolo, gli abiti sporchi di sangue, gli occhi vitrei persi nel vuoto, una penna stretta in mano mentre il diario della sua esistenza giace lontano. Pagine bianche sono mosse dal vento, l’inchiostro scivola dalla carta e si perde nel terreno cancellando tutto ciò che è stato.
Incredulità. È uno scherzo, non può essere altrimenti, ma la salma non si muove, il tempo è congelato.
Rabbia. Per non essere riuscito a impedirlo, per non essere stato più forte.
Follia. Il dolore prende il sopravvento.
Tutto perde senso e il labirinto in cui si trova si trasforma.
La foresta diventa LA CASA, le fiere GLI ARREDAMENTI, la pioggia IL NUTRIMENTO, la nebbia L’ARIA.
La solitudine sempre cercata diventa routine, il Viaggiatore può essere veramente se stesso, nella più assoluta libertà. In passato aveva lottato per restare qualche attimo da solo, aveva cacciato dal suo luogo segreto le persone che lo amavano di più. Amava restare da solo, e continua ad amare questa situazione. Ma, in fondo, è veramente così?
I giorni scorrono, la felicità nasce e diventa una costante, la libertà droga. Tutto sembra essere stato creato per appagare i suoi sensi, per far tacere le sue emozioni mentre un dolce torpore prende il sopravvento.
Ma anche in questo mondo, come in qualsiasi altro, alla fine s’infiltra nella mente un pensiero, anche se non lo si riesce ben a definire, che tormenta l’animo.
Questa sensazione di calore, all’interno dello stomaco non è la prima volta che la prova. C’è stato un tempo in cui non era la felicità la costante, ma questa sensazione che lo faceva sentire bene con se stesso.
No. La felicità non poteva rappresentare la costante della sua vita, un’eterna felicità è solo un’illusione nata da una mente che non vuole vivere. Felicità e Dolore… due facce della stessa medaglia che sono indivisibili. Non si può annullare una senza annientare anche l’altra. E la libertà, così dolce e sinuosa, molte volte sfuggente come il fumo, non può rappresentare una droga. Vorrebbe dire che è semplice ottenerla, invece è una conquista e non vuol dire essere da soli, poter fare quello che si vuole perché non c’è nessuno che può dirti qualcosa.
È tutto sbagliato.
Il Viaggiatore vacilla, per mantenere l’equilibrio fa un passo in avanti, poi uno in dietro. Col piede scalzo calpesta qualcosa che si frantuma sotto il suo peso.
Alza il piede. È un vetro. Il piede sanguina ma non gli importa.
Il frammetto riflette la sua immagine, ma nello stesso tempo anche qualcosa che è avvenuto molto tempo prima. Un momento di un giorno alle porte dell’autunno.
Ripercorre la scena come se fosse veramente il presente.
Se ne deve andare via dal luogo che tanto odia, non è mai riuscito a sentire come casa propria quelle quattro mura in cui il destino lo ha lanciato come fosse stato una palla con cui giocare. È felice, ma allo stesso tempo sente che sta abbandonando qualcosa di importante. È allora che vede. Le lacrime dietro agli occhi dell’amico che gli ha reso più sopportabile l’esistenza e il senso di abbandono. L’abbraccio che finalmente arriva e che non vuole andarsene perché a paura che possa essere il primo e l’ultimo. La promessa fatta con un filo di voce, queste sono quelle più importanti perché vuol dire che ci credi veramente.
I frammenti del vetro diventano sabbia e tutto sparisce riportandolo a quello che è il suo mondo.
È come risvegliarsi da un bel sogno per ritrovarsi a far i conti con una realtà terribile, ci si sente completamente esausti, con la volontà consumata dagli orrori che l’esperienza ha impresso nelle retine degli occhi.
Ogni ricordo che torna a galla inizia a pesare come un macigno. La nebbia torna a turbinare, ma questa volta non mette in scena memorie, evoca mostri del passato: l’uomo nero sotto il letto, la paura di non essere compresi, di non riuscire mai a trovare qualcuno di cui fidarsi, il calore che si teme…
-È vero, ogni persona ha bisogno qualche volta di stare da sola, basta che non diventi un’abitudine. Sono però dell’avviso che non sia vero che solo se si è da soli si può essere se stessi.
-Invece sì, con gli altri bisogna sempre controllarsi, adottare il giusto mezzo.
-Ma è come se mentissi…
-Naaaa… Non credo che tu non voglia mai stare da solo.
-È logico che alcune volte mi isolo. Quando ascolto della musica, quando mi fingo Creativo, quando sono arrabbiato o triste… quando sono in bagno… Però cerco di non rimanere da solo più di tanto, non conosci la mia vita precedente, non ne parlo mai perché non è “bella” come le vostre, ma sappi che per me è giunto il momento di stare in compagnia. E se non ti dispiace preferisco molto la tua, non sono molto bravo a legare con le persone e tu sei l’unico con cui mi sento a mio agio, oltre che con Danzatrice… per questo appena possibile cerco di stare con te. Anche se non sono di buona compagnia.
-Dici così perché vuoi che ti contraddica?
-No, dico così per sapere cosa pensi.
-Allora vuoi che ti contraddica.
-Comunque, per la cronaca, con me, sempre se ti va, puoi essere te stesso. Mi piacerebbe conoscerti per come realmente sei.
Il vetro si incrina.
La nebbia si abbassa, tutta insieme, in una pioggia di sabbia bianca. Le ombra si allungano, si assottigliano, spariscono. Le furie sfrigolano e si disperdono nell’aria in nuvole di fumo mentre la pioggia cessa di scrosciare sulle fronde degli alberi giganti che si sciolgono in pozzanghere purulente.
Il Viaggiatore si sveglia, la maledizione dei ricordi l’ha aiutato a trovare la strada per recuperare il senno.
La terra è arida, piatta, compatta, segnata da fenditure profonde che si diramano da un corpo steso, immobile.
Il dolore ricomincia.
Non c’è più traccia della sua storia, tutto ciò che aveva scritto è andato perduto: ogni impressione, ogni sentimento reso un tempo immortale ora è solo un flebile ricordo custodito nella mente del Viaggiatore.
La lama conficcata nell’addome, incastonata nel suolo come roccia, immersa nel sangue.
Accanto al corpo un essere dall’orribile aspetto, un uomo con dei tentacoli dalla vita in giù, gli occhi rossi, le fauci enormi. Con una delle appendici afferra la spada e la estrae dalla salma.
Un fiotto di sangue imperla il suo corpo squamoso.
Il Viaggiatore non pensa, si avventa sul Demone mirando alla gola. Non ha armi, si affida al suo sesto senso, alle unghie e ai denti.
Un dolore acuto gli smorza il respiro, un tentacolo l’ha colpito in pieno petto. Cade per terra ansimante, le lacrime agli occhi.
-Scusa…- dice il Demone ridendo -… ma perché vuoi sfogare la tua rabbia su di me? Non sono stato io a ucciderlo, sei stato tu, io ho solo reso possibile la realizzazione del tuo sogno.
La lama della spada scintilla tetra a mezz’aria, stretta dal tentacolo verde squamoso.
-Cane…- mormora il Viaggiatore.
-Lo prendo come un complimento.
-Perché…?
-Come “perché”? Solo per farti un piacere, per alleggerirti l’esistenza. Sii sincero con te stesso. Cosa può unirvi? Siete diversi come il giorno con la notte. Ha sporcato il tuo essere ipotizzando, creando storie. Dimmi, non ti ha dato fastidio? Non ti dà fastidio?
-Era mio amico.
Il Demone alza la lama.
Il Viaggiatore chiude gli occhi, è pronto a incassare il colpo.
Nessun sibilo, il tempo scorre, apre gli occhi. Il filo della lama è a un millimetro dal suo collo.
-Non puoi star facendo veramente… Non mi dire che veramente ti sei…
Il Demone gli legge la risposta negli occhi.
-Non posso crederci.
La punta della spada incide la chiusura del mantello che scivola sulla sagoma del Viaggiatore rivelando chi è.
La terra ha inghiottito, l’acqua corroso, il fuoco divorato e il vento spazzato via la sua armatura.
Non è più il Centurione. È un semplice ragazzo con pregi e difetti. È umano.
Il Demone ride, pensando alla storia di quell’essere tremante e infreddolito e a quali metodi usare per torturarlo. Non vuole niente di scontato, che conduca alla morte più o meno velocemente e dolorosamente non gli interessa. Vuole qualcosa che lo faccia divertire.
Essendo un frutto umano anche nella sua mente c’è la creatività.
-Se le cose stanno così.
Il Demone afferra il cadavere e lo lancia ai piedi del Ragazzo. Rimane immobile a godersi la scena.
Quando muore una persona cara ci si sente come quando si sale le scale al buio. Quando si pensa che manchi un gradino e invece il piede affonda nel vuoto. L’orribile sorpresa fa nascere il freddo sulla pelle e un nodo nello stomaco.
Il Ragazzo afferra per le spalle la salma e inconsciamente la scuote, forse sperando di svegliarlo.
Tra le sue mani vede il corpo dell’amico diventare trasparente e intangibile.
Guarda il Demone, si sta trasformando.
I tentacoli diventano gambe, le fauci bocca, gli artigli si ritraggono.
Alla fine della trasformazione il Demone ha assunto le sembianze dell’Improbabile Scrittore, e il cadavere svanisce inghiottito dalle tenebre.
-Sarai in grado di ucciderlo?
Il Ragazzo ride nervoso. –So che non sei lui.
-Ne sei certo? Contengo tutti i suoi ricordi, le sue speranze, i suoi progetti. Ma forse un po’ di ragione te la posso dare. Io sono un lui migliorato. Era troppo fedele a ciò che provava, e non è mai un bene. Conosco tutto ciò che c’è da sapere sui suoi amici, sulle persone che ama… finito con te, toccherà agli altri. Questa è l’ultima cosa che rimane di lui.
Il Demone si piega su se stesso e vomita una sfera luminosa, lo afferra e la lancia verso il Ragazzo che si ritrae per non essere colpito.
La sfera si ferma davanti al suo viso, sprigiona un gradevole tepore e l’aura che emana lenisce il suo dolore e ogni ferita comincia a guarire.
-È la sua anima.
Il Ragazzo allunga una mano per cercare di afferrarla, ma il palmo la attraversa lasciando sulla sua pelle una sensazione fredda.
-Strano come il corpo serva solo a contenere una cosa così piccola e fragile. Tu non sei riuscito a toccarla ma basta che pensi a lei con odio e vedi cosa accade.
La sfera inizia a fremere e a contorcersi. Un rumore di vetri rotti increspa l’aria.
-Basta, fermati!
Il Demone ride.
-Solo se mi uccidi io non farò nulla.
Il Ragazzo si alza a fatica.
-Fallo. Non è così difficile.
Il Demone è davanti a lui, gli afferra la gola e inizia a stringere, le mani del Cavaliere tremano nell’atto.
Il Ragazzo guarda il Demone negli occhi, scorge la stessa luce che vedeva nell’amico. La presa si fa più lenta, poi le braccia gli cadono lungo i fianchi.
-Avevi detto che non ero lui. - Il Ragazzo tace. -Non sai niente su di lui, nessuna piccola sfaccettatura della sua anima, ma non riesci a uccidermi. È più forte di te.
Quando si ha paura le cose non vanno mai nel verso giusto. Essa è s’infiltra nel profondo richiamando mostri che dovrebbero rimanere rinchiusi nell’ombra.
L’Improbabile Scrittore ha solo cercato di avvicinarsi al suo amico, ma ha adottato un metodo sbagliato, gli avvenimenti sono precipitati.
Un mostro che impugna una lunga spada nasce dalla sua mente a causa della paura di essere finalmente compreso da una persona. L’Improbabile Scrittore sa cosa questo vuole dire, cerca di proteggere il Cavaliere ma fallisce nel tentativo e il Demone assaggia un’anima.
“Non hai bisogno di un’armatura per essere Centurione, né di una spada o di uno scudo. Centurioni lo si è dentro, non è un diritto di nascita, lo si diventa. Non ne esistono senza paura, è un pregio dell’uomo, bisogna conviverci e affrontarla quando si fa troppo forte. La si affronta insieme.”
Sente una mano stringere la sua e una piacevole sensazione, come quando si sono salutati con quell’abbraccio che per lui ha voluto dire molto.
Un tremito percorre il corpo del Demone.
Una figura evanescente, biancastra compare al fianco del Ragazzo.
È l’Improbabile Scrittore, quello che ne rimane. Quello che è più importante. La sua anima.
“Allontanati, scappa, mettiti al sicuro…”
Il Ragazzo guarda lo spirito dell’Improbabile Scrittore non capendo cosa stia succedendo.
-Mi spiace per…
“Non mi devi chiedere scusa, dovrei essere io a porgertele. Non sono quello che si può definire un buon amico. Non son riuscito a salvarti un tempo, ma forse posso farlo adesso.”
Il Ragazzo lo guarda. Vorrebbe dirgli tante cose, ma tutte sembrano inutili e senza un significato vero e proprio.
“Ho da chiederti solo un favore. Non provare pena per i morti, fallo per i vivi, soprattutto per chi non è in grado di amare… E non piangere per la mia assenza, ci siamo divertiti insieme, abbiamo fatto grandi cose. Non sono più l’Improbabile Scrittore, sono un Fantasma. Non voglio che lo diventi anche tu.”
Il Fantasma colpisce il Demone, le sue mani affondano nel suo corpo. Afferra l’anima del mostro e la trae verso di sé.
Un’ombra oscura, fetida cerca di divincolarsi dalla sua presa.
“Ricorda una cosa. Ogni giorno muore qualcuno, familiari o amici, ma non me ne andrò mai veramente. Ti sarò accanto quando avrai bisogno di qualcuno con cui parlare, anche se non mi vedrai io ti sentirò…”
Una luce accecante è prodotta dal Fantasma.
“Io sono Andrea, questo il mio vero nome. Questo è l’ultimo atto. Il mio ultimo canto!”
Un’esplosione. La luce si distorce smembrandosi, diventando fiocchi evanescenti che traballano nel buio. Un’energia inimmaginabile viene sprigionata, talmente grande da frammentare l’aria, da infrangere le regole della fisica…
In un istante che sembra durare dieci delle vite del Ragazzo, tutti i ricordi ritornano nella sua mente. Le ore passate insieme, le grida, i pianti, le risate colpevoli di mal di pancia e del fiato corto. I silenzi, le parole, i segreti sussurrati e sempre celati. Abbracci, pacche, linguacce. Brutte figure, sorrisi, imbarazzi. Proprio come quella volta… e anche quell’altra… Ma non ha mai fatto una piega. L’affetto, l’amicizia, l’amore.
 
Il Ragazzo ricorda, il Ragazzo sa, come tutti sanno del resto.
Un sapere che non tutti sanno di avere.
Un segreto custodito nelle segrete dell’anima.
Soltanto se sai guardare sai che soli non si è mai.
Un’ultima volta, forse neppure del resto, il Ragazzo può abbracciare il suo amico e sapere che per Andrea era, è e sarà il migliore amico.
 
 
Questo è l’ultimo frammento, le ultime pagine di un diario perso nel tempo, le uniche sporche tra le loro compagne bianche. Contiene la storia più importante di tutte. A questi fogli ingialliti appartiene il sacrificio dato dall’amore, le lacrime dal dolore e la consapevolezza che nulla è mai finito. Sono chiuse le porte di questa storia, ma, anche se si chiude una porta a chiave, non è detto che non si possa aprire un portone.
Nessuno sa che fine il Ragazzo abbia fatto. C’è chi dice che anche lui sia morto nell’esplosione, ma alcuni asseriscono di averlo visto vagare nelle foreste, impegnato in una perenne ricerca.
Altri dicono che si sia costruito una famiglia, che abbia nella memoria ancora Andrea.
Fatto sta che solo una persona conosce la verità. Forse è bene pensare che il Ragazzo si sia dimenticato degli orrori vissuti? Dell’amico perduto? Delle promesse fatte?
Forse sì o forse no… questo non sta a me dirlo, non è stato scritto col sangue nero sulla parete del tempo.
Certo è che, qualsiasi sia stata l’opinione che il Ragazzo aveva del piccolo Andrea, gli mancherà non averlo più intorno.
Anche se, in cuor mio, so che un giorno ci rivedremo.
 
Questi i ricordi,
questa l’essenza.
Con affetto
Il Fantasma.
 
Il Ragazzo stringe in mano della carta umida e ingiallita dall’usura. Chissà quante mani l’hanno stretta prima di arrivare a lui. L’inchiostro e sbiadito, ma le scritte sono state incise con precisione assoluta. Rimembra ancora il canto udito durante l’esplosione che gli ha salvato la vita, ha riconosciuto la preghiera impressa nella melodia, in quella stessa che lui ha modificato per vedere realizzato il suo sogno.
Fuori fa freddo, ma dentro di sé non ha mai sentito così caldo. È giunto il momento. Chissà cosa dirà quando dovrà riabbracciare un amico creduto perso?
Un’altra promessa sussurrata agli alberi custodi di segreti oscuri e antichi.
Ci sono tante pagine banche che dovranno essere scritte.
   
 
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